Rimborso delle spese legali imputati assolti

Via al decreto con criteri e modalità d’erogazione di rimborsi spese legali degli assolti

Il Ministro della Giustizia Marta Cartabia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze Daniele Franco emanano un nuovo decreto. Tale atto definisce i criteri e le modalità di erogazione del Fondo per il rimborso delle spese legali agli imputati assolti. Dunque, ne si delineano precisamente specifiche e tempi e l’ammontare del fondo è pari a 8 milioni annui.

Rimborso spese legali ad alcuni imputati assolti: ecco il nuovo decreto del Ministero

Innanzitutto, chi è il destinatario del fondo rimborsi? Possono accedere a tale risarcimento le seguenti categorie di soggetti destinatari di una sentenza di assoluzione definitiva pronunciata perché:

  • Il fatto non sussisteva;
  • Non commette il fatto;
  • Il fatto non è reato o la legge non lo prevede come tale.

In particolare, quest’ultima specifica esclude il caso in cui la pronuncia interveniva a seguito della depenalizzazione dei fatti oggetto dell’imputazione.

Invece, chi sono gli esclusiNon possono accedere al fondo:

  • Coloro per i quali anche se alcuni capi d’imputazione li assolvono, altri li condannano;
  • I soggetti che ricevono una sentenza di estinzione del reato per prescrizione o amnistia;
  • Coloro che beneficiano nel medesimo procedimento del patrocinio a spese dello Stato;
  • Chiunque ottenga la condanna del querelante alla rifusione delle spese di lite.

Ciò detto, aggiungiamo che tale rimborso si riconosce nel limite massimo di 10.500 euro. Questa somma si ripartisce in tre quote annuali, a partire dall’anno successivo a quello in cui la sentenza diviene irrevocabile.

Come presentare domanda per rimborso spese legali degli assolti e quali sono i tempi

Chiunque richieda il rimborso (ossia, l’imputato) deve presentare istanza di accesso al fondo esclusivamente tramite piattaforma telematica. A questa si può accedere dal sito giustizia.it con le credenziali SPID di livello due.

Tra gli elementi che dovranno includersi nella richiesta ci sono:

  • Durata del processo, oggetto della sentenza di assoluzione irrevocabile. Questa si calcola dalla data di emissione del provvedimento con il quale si esercitava l’azione penale, alla data in cui sentenza di assoluzione è definitiva;
  • Attestazione che l’importo di cui si chiede il rimborso si versi al professionista legale tramite bonifico. Questo a seguito di emissione della parcella valida per il Consiglio dell’Ordine.

Invece, per quanto riguarda i tempi di emissione, la domanda si dovrà presentare entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui la sentenza è irrevocabile. Tuttavia, per le sentenze irrevocabili nel corso del 2021, le domande potranno presentarsi solo a partire dal prossimo 1° marzo fino al 30 giugno 2022.

I criteri di valutazione delle istanze per il risarcimento delle spese di chi si assolve

Come dicevamo, il fondo non ha valore illimitato, ma pari a 8 milioni annui. Dunque, si darà precedenza a:

  • Quelle istanze dell’imputato irrevocabilmente assolto con sentenza resa dalla Corte di Cassazione (giudice del rinvio). Oppure, all’esito di un processo che dura complessivamente oltre otto anni;
  • Alle istanze rese dal giudice di appello. Oppure, all’esito di un processo che dura più di cinque e fino a otto anni;
  • A quelle rese dal giudice di primo grado. Oppure, all’esito di un processo che dura in tutto fino a cinque anni.

Nell’ambito di ciascun gruppo si darà preferenza alle istanze per processi più lunghi. E, a parità di durata, a quelle con imputati con reddito inferiore. Inoltre, il Ministero effettuerà un controllo di effettiva corrispondenza tra quanto si dichiara e quanto emerge dalla documentazione allegata. Per fare ciò, si avvale del proprio personale o di Equitalia giustizia S.p.A.

Ora, si attende la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Il merito principale per questa innovazione è dell’onorevole Enrico Costa, responsabile giustizia del partito Azione. Infatti, quest’ultimo presentava un emendamento alla Legge di Bilancio e contattava il Ministero affinché emanasse il decreto.

Al proposito, egli commenta:

“è sicuramente importante che la procedura possa partire; tuttavia, a differenza della norma il cui testo era molto snello, mi pare che con il decreto sia stata prevista una eccessiva burocratizzazione per compilare la domanda di accesso al Fondo. Si arriverà al punto che l’imputato assolto dovrà rivolgersi nuovamente all’avvocato e pagarlo per aiutarlo a compilare la richiesta”.

 

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Procedure d’appalto digitalizzate

Aggiornare piattaforme e processi d’acquisto con la digitalizzazione delle procedure d’appalto: ecco l’E-procurement

Nel 2002 l’Italia fu uno dei primi Paesi europei a introdurre delle regole del Codice Appalti, con il D.P.R. 101. Tuttavia, in seguito ogni Ente creava la sua propria piattaforma con modalità, interfacce, procedure, linguaggi differenti l’una dalle altre. Ora, vediamo se con gli obiettivi e i fondi a disposizione del PNRR finalmente si riuscirà ad avere una piattaforma di E-Procurement unica e uguale per tutti.

 

 

E-Procurement: i passi per la digitalizzazione delle procedure d’appalto col PNRR

Successivamente, altri venti anni decorrono dall’attuazione delle regole del Decreto n. 148 del 12 agosto 2021. Questo, riguarda il “Regolamento recante modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici, da adottare ai sensi dell’articolo 44 del D. Lgs. 50/2016” (Codice dei contratti pubblici).

Tale Decreto doveva definire le modalità di digitalizzazione delle procedure di interconnessione e di interoperabilità. Inoltre, intendeva delineare le migliori pratiche su:

  • metodologie organizzative e di lavoro;
  • soluzioni informatichetelematiche e tecnologiche di supporto;
  • metodologie di programmazione e pianificazione.

La strada del Decreto era prontamente preparata da AgID nel dicembre 2016 con la Circolare n.3 “Regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisto e di negoziazione”.

Consip e AgID, dove siamo oggi nella strada di standardizzazione delle procedure d’appalto

Al proposito, Consip annuncia un rinnovamento complessivo del sistema di e-Procurement. Infatti, comunica che la prima fase del rinnovamento prevede un cambiamento nell’architettura applicativa. Il fine è una maggiore integrazione e interoperabilità coi sistemi esterni e la reingegnerizzazione dell’esperienza utente e dell’interfaccia grafica. Così, si consentirà un rilevante miglioramento della fruibilità del sistema.

Ora, si aspetta l’entrata in azione di AgID per definire le modalità di digitalizzazione delle procedure di affidamento disciplinate dal Codice. In effetti, il Decreto non assegna ad AgID limiti di tempo per l’emissione delle linee guida né indica quanto in dettaglio debbano scendere le linee guida AgID. Tuttavia, si auspica che non abbiano ad oggetto i soli dati ma anche procedurefunzionalità e interfacce in modo da semplificare lo sviluppo delle piattaforme e l’utilizzo da parte delle Imprese.

 

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In Tribunale con il Green Pass

Scatta l’obbligo di Green Pass anche per gli avvocati: è quanto prevede l’ultimo decreto

Il nuovo decreto in Gazzetta Ufficiale dal 8 gennaio 2022 prevede nuove misure di contrasto al Covid. Tra queste, si legge dell’obbligo di Green Pass anche per gli avvocati nell’accesso agli uffici giudiziari. Comunque, ne sono esenti i testimoni e le parti del processo. Quindi, vediamo assieme le specifiche nel dettaglio.

Obbligatorio il Certificato Verde anche per gli avvocati in Tribunale, le specifiche del decreto

Innanzitutto, nel decreto si evince che oltre ai magistrati l’obbligo del Green Pass si estende anche a:

  • Difensori;
  • Consulenti;
  • Periti;
  • Altri ausiliari del magistrato, estranei alle amministrazioni della giustizia.

Tuttavia, ricordiamo che le disposizioni non si applicano ai testimoni e alle parti del processo. Difatti, il decreto chiarisce che:

“L’assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde Covid-19 non costituisce impossibilità di comparire per legittimo impedimento”.

Inoltre, il Green Pass base è necessario dal 20 gennaio anche in carcere per i colloqui visivi con i detenuti e gli internati negli istituti penitenziari per adulti e minori. A tal proposito, si specifica che l’obbligo di green pass per accedere agli uffici giudiziari va bene esteso agli avvocati purché sia una misura limitata nel tempo e non danneggi i cittadini.

In merito, il presidente del consiglio dell’Ordine degli avvocati romaniAntonino Galletti afferma che “gli avvocati non vaccinati proveranno a fare ricorsi, e a far valere le loro ragioni”.  Inoltre, Galletti spiega che l’unico modo per fare ricorso sarà quello di subire le sanzioni e poi impugnarle. Eventualmente, per arrivare a sollevare la questione di legittimità costituzionale.

Infine, ricorda l’esempio dalla giustizia amministrativa: tutti i provvedimenti relativi a ricorsi sul Covid, anche quelli sull’obbligo di vaccino per i medici, sono stati di rigetto. Quanto ai possibili interventi dell’Ordine, conclude il presidente del Coa di Roma, “sarà onere di chi non fa il vaccino trovare un sostituto, valuteremo se mettere in piedi un sistema di sostituzioni che possa aiutare i colleghi”.

 

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Il decreto Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale

I settori di intervento e le novità del decreto Milleproroghe pubblicato in G.U.

Il decreto n. 228/2021 Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale. Come ogni anno contiene le disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Il testo del decreto si compone di 25 articoli ed è in vigore dal 31 dicembre 2021; in attesa di convertirsi in legge. Vediamo quali sono le proroghe negli argomenti più significativi.

Gazzetta Ufficiale, ecco le disposizioni del decreto Milleproroghe aspettando la conversione in legge

Alcune tra le materie oggetto di intervento per le quali si dispongono le proroghe sono:

  • Pubbliche Amministrazioni;
  • Competenze del Ministero dell’Interno e di personale del comparto sicurezza e difesa e del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco;
  • Economia, finanza e tributi;
  • Salute, certificazioni verdi COVID-19 per la Repubblica di San Marino, dirigenti medici;
  • Istruzione, università, ricerca ed esami di stato, contrasto alla povertà educativa;
  • Culturaturismo, editoria;
  • Giustizia, giustizia civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e militare;
  • Competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • Infrastrutture, mobilità sostenibili, transizione ecologica;
  • Poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, imprese d’interesse strategico nazionale.

Revisioni auto entro il 31 marzo, così stabilisce il decreto in G.U.

Differisce al 31 marzo 2022 la revisione periodica dei veicoli contemplati dall’art. 80 del Codice della Strada da parte degli ispettori. Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 19 maggio 2017 (GU n. 139/2017) ha il fine di:

  • Mitigare gli effetti che derivano dall’attuazione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
  • Ridurre i tempi di espletamento delle attività.

Rimborso del Bonus Terme in 120 giorni, come da decreto Milleproroghe della Gazzetta Ufficiale

L’art. 29 bis del decreto n. 140/2020 riguarda il Bonus Terme. Qui, si prevede che l’ente termale, dopo aver messo la relativa fattura, possa richiedere il rimborso del valore del buono. Questo è possibile non oltre 120 giorni dal termine in cui erogava i servizi termali.

Le Milleproroghe del settore giustizia, come da decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Si prorogano al 31 dicembre 2022 le seguenti misure in materia di giustizia dal decreto n. 34/2020:

  • Deposito telematico di atti e documenti;
  • Pagamento del contributo unificato con sistemi telematici;
  • Udienze civili in modalità telematica con deposito di note scritte;
  • Deposito di atti e documenti in modalità telematica nel giudizio di cassazione e pagamento telematico del contributo unificato;
  • Udienze civili in modalità telematica;
  • Giuramento del C.T.U. con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo d’ufficio;
  • Colloqui in modalità telematica con i detenuti.

Infine, per i procedimenti tributari e amministrativi si proroga lo svolgimento da remoto fino al 31 marzo 2022.

Concorsi per assunzioni nella PA fino al 31 dicembre 2022: così scrive il decreto Milleproroghe in G.U.

Si prorogano di un anno i concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato col fine della sostituzione dei rapporti di lavoro cessati dal 2009 al 2012.

Inoltre, si istituisce la proroga fino al 31 dicembre 2022 anche per le assunzioni di personale a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato. Questo anche per quanto riguarda:

  • L’ordinamento autonomo;
  • Le agenzie e gli enti pubblici non economici;
  • Gli uffici giudiziari e il sistema delle università statali.

Proroga degli aiuti, ecco cosa si dice in merito nel decreto Milleproroghe in Gazzetta Ufficiale

Si prorogano fino al 30 giugno 2022 i finanziamenti agevolati, le garanzie sui prestiti e i contributi. Questo per quanto riguarda i costi fissi non coperti e sostenuti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2022 in favore degli Enti territoriali e delle Camere di commercio. Tale disposizione è valida in virtù della proroga della normativa quadro.

Invece, si prorogano fino al 30 giugno 2023 in favore dei soggetti suddetti gli aiuti sotto forma di:

  • Sovvenzioni dirette;
  • Anticipi rimborsabili;
  • Agevolazioni fiscali.

 

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Garante della privacy e sicurezza dei dati nella fatturazione elettronica

Garante approva lo schema di decreto su fatturazione elettronica e privacy

Il 22 dicembre 2021 il Garante per la protezione dei dati personali esprime parere positivo sullo schema di decreto del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Tale decreto ha come fine la sostituzione per intero del precedente provvedimento del 30 aprile 2018. Tuttavia, il Garante ritiene necessario apportare alcuni correttivi.

Grande flusso di fatturazioni elettroniche mettono a rischio la privacy, interviene il Garante

Il problema principale della fatturazione elettronica si può evincere da una semplice constatazione. Ovvero, che sullo SDI dell’Agenzia delle Entrate transitano circa 2 miliardi di fatture elettroniche all’anno. Di queste, poco meno della metà è emessa nei confronti dei consumatori persone fisiche. Inoltre, alcuni dati presenti in questi documenti elettronici non hanno finalità prettamente fiscale.

Quindi, il Garante esegue un’analisi delle fatture elettroniche per valutare gli aspetti con maggior impatto sui diritti e sulle libertà degli interessati. In particolare, per quanto riguarda l’emissione di fatture elettroniche nei confronti dei consumatori finali nell’ambito del commercio elettronico. Questo vale anche quando questi documenti non si impongono nella normativa fiscale.

L’analisi del Garante Privacy su fatturazione elettronica e sicurezza dati di settori diversi

Nell’effettuare questa analisi, il Garante si occupava distintamente dei seguenti settori:

  • attività legale;
  • servizi di investigazione;
  • commercio al dettaglio;
  • servizi alberghieri;
  • trasporti, noleggi/riparazioni veicoli e parcheggi;
  • ristorazione;
  • fornitura di energia elettrica;
  • gas;
  • acqua e altre utenze.

Ora, questi sono i settori in cui il Garante rileva dei profili di criticità in relazione ai dati presenti nelle fatture elettroniche. In particolare, quello maggiormente colpito è il settore dei servizi legali.

Infatti, il punto nodale per quanto riguarda i servizi legali è che la memorizzazione integrale dei file XML comporta la concentrazione presso l’Agenzia delle Entrate di miliardi di fatture elettroniche. Queste contengono dati, anche appartenenti a categorie particolari o relativi a condanne penali e reati. Comunque, di ogni aspetto della vita quotidiana, comprese abitudini e scelte di consumo delle persone fisiche.

Rispetto e tutela personale secondo le normative, nei confronti di fatturazione elettronica

Per il Garante:

“Tali trattamenti – in assenza di adeguate misure di garanzia a tutela degli interessati che assicurino, in modo rigoroso, nel rispetto del principio di privacy by design e by default (art. 25 del Regolamento), il trattamento delle sole informazioni necessarie ai fini del contrasto all’evasione dell’IVA, cui l’istituto della fatturazione elettronica è preordinato – determinano un’ingerenza, sistematica e preventiva, nella sfera privata più intima delle persone fisiche, non proporzionata all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito dall’Agenzia e dalla Guardia di finanza.”

Dunque, il Garante ritiene opportuno applicare misure di garanzia per garantire che il trattamento dei dati avvenga in modo conforme al Regolamento UE e al Codice interno che si occupa della tutela dei dati personali.

Inoltre, il Garante sottolinea che non è sempre necessaria l’identificazione del cessionario/committente. Tuttavia, ad eccezione di alcuni casi particolari come quando occorre rispettare gli obblighi antiriciclaggio.

Inoltre, il Garante specifica che:

“la riferibilità a un consumatore dei dati personali presenti nelle fatture, a fini diversi da quelli per i quali sono raccolti (quali, in particolare, l’attuazione delle disciplina dell’IVA), potrebbe portare a trattamenti non corretti, con errata rappresentazione della sua capacità contributiva, e in relazione ai quali potrebbe risultare impossibile (o, quantomeno, difficile) per l’interessato comprovare, a posteriori e a distanza di tempo, l’inesattezza.”

Garante Privacy: i rimedi per tutelare la privacy con la fatturazione elettronica

In seguito all’analisi, il Garante pondera provvedimenti per la tutela della privacy. In particolare, risultano necessarie misure per:

  • Proteggere le informazioni presenti nei campi di descrizione dei beni ceduti e dei servizi prestati. In particolare, in riferimento al settore legale e agli eventuali allegati, i file XML delle fatture elettroniche (con le relative operazioni B2BB2C e B2G);
  • Garantire che i dati contenuti nei file XML delle fatture elettroniche non siano utilizzabili nei confronti del consumatore finale. Oppure, che questo si faccia esclusivamente nel caso di un controllo delle verifiche fiscali;
  • Limitare l’utilizzo delle informazioni nei file XML delle fatture elettroniche alle sole finalità individuate dall’art. 14 del d.l. n. 124/2019. Dunque, sottraendole anche dall’accesso ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 da parte di soggetti diversi dal cedente/prestatore o dal cessionario/committente;
  • Individuare con sufficiente chiarezza il ruolo assunto dall’Agenzia delle Entrate in relazione a tali attività di trattamento;
  • Rappresentare agli operatori economici che l’emissione dei dati comporta anche i trattamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza disciplinati dallo schema in esame. Questa pratica è autorizzata ai sensi del Regolamento unicamente laddove ciò sia previsto da un obbligo di legge (art. 6par. 1lett. c). Ovvero, su richiesta del consumatore finale.

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Cartabia, proposte concrete per migliorare carceri

Cartabiaun messaggio di ringraziamenti natalizi e proposte concrete per migliorare le carceri

In occasione delle festività natalizie la guardasigilli Marta Cartabia dedica un messaggio a istituti penitenziarimagistrati e al personale degli uffici giudiziari. Qui, riconosce il delicato ruolo che ogni soggetto svolge e tanto più in una situazione storica delicata come la corrente. Inoltre, propone di percorrere con ognuno di loro un percorso di rinnovamento con proposte concrete per migliorare le carceri, che giovi all’intera comunità penitenziaria.

Rinnovare il carcere con soluzioni concrete, questa la proposta della guardasigilli Cartabia

«Il mio è un messaggio di vicinanza, oltre che di riconoscenza. Nella convinzione di poter percorrere al vostro fianco un percorso di rinnovamento che giovi all’intera comunità penitenziaria». Queste le parole della Ministra della GiustiziaMarta Cartabia, in occasione delle festività invernali.

Poi, aggiunge che di recente sono terminati i lavori di una Commissione a cui chiedeva di lavorare in merito a un tema che le sta a cuore. Ovvero, elaborare proposte per il miglioramento della vita quotidiana in carcere. Inoltre, Cartabia rimarca che si tratta di proposte concrete e nate dall’esperienza di chi vive il carcere ogni giorno.

Ovviamente, tali proposte si ispirano “ai valori costituzionali, che sempre dobbiamo tenere nel nostro sguardo. Ogni mattina in cui ricominciamo il nostro lavoro varcando le soglie dei cancelli di detenzione”

La ministra ribadiva il suo impegno per risolvere l’emergenza carcere qualche giorno fa in occasione di un incontro con Rita Bernardini, presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino. La Commissione istituita dalla guardasigilli per migliorare le condizioni nelle carceri è capeggiata da Marco Ruotolo, professore ordinario di Diritto Costituzionale.

Al proposito, egli afferma che: “Mi ha chiesto di sospendere lo sciopero della fame per le feste natalizie e mi ha autorizzato di rendere pubblico questo suo auspicio”.

 

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Notifica a mezzo PEC in spam? Il ricorso non è possibile

Notifica a mezzo PEC in spam? Il ricorso non è possibile

Se la notifica a mezzo PEC finisce nella casella di spam, il destinatario può invocare la non conoscenza e/o non conoscibilità della stessa?

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza  n. 17968 del 23 giugno 2021.

NOTIFICA PEC IN SPAM E CANCELLAZIONE

Come riporta il CNF, il caso da cui scaturisce la sentenza riguarda l’ammissibilità dell’opposizione tardiva del decreto ingiuntivo notificato a mezzo PEC (art. 3 bis L n. 53/1994) a partire dal fatto che la mail PEC di notifica era finita nella cartella della posta indesiderata, svuotata dalla segretaria del destinatario senza alcun controllo per evitare “danni al sistema informatico aziendale” a causa di mail malevoli, come già accaduto in passato.

Il ricorrente in Cassazione deduce la violazione degli artt. 647 e 650 c.p.c.
La Corte di Appello, che aveva confermato il rigetto dell’opposizione da parte del Tribunale in primo grado, non avrebbe infatti preso in considerazione il comportamento della segretaria, volto solo a proteggere la società da pericoli informatici. Una scelta dunque inevitabile che rientra nel concetto di “forza maggiore”, il quale consente di giustificare l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.

CASELLA PEC E OBBLIGHI DA RISPETTARE

La Corte di Cassazione ha però escluso tale ipotesi, riferendosi al contenuto dell’art. 20 del DM n. 44/2011, il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione al CAD, il Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. n. 82 del 2005).

A ciò si aggiunge che il DM 44/2011 incarica i “soggetti abilitati esterni privati” (difensori delle parti private, avvocati iscritti negli elenchi speciali, esperti e ausiliari del giudice) del compito di:
– garantire il corretto funzionamento della casella PEC,
– dotarsi di un antivirus per controllare i messaggi in arrivo,
– attivare il filtro antispam per evitare i messaggi indesiderati,
conservare, con ogni mezzo idoneo, le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia,
– dotarsi di servizio automatico che lo avvisi nel caso in cui lo spazio nella propria casella di posta elettronica certificata fosse in esaurimento.

È poi dovere del possessore della casella PEC controllare anche i messaggi nella cartella della posta indesiderata.

Nel caso in questione, la Cassazione ha rilevato che il ricorrente non aveva adottato alcuna misura di protezione contro virus e spam, né stabilito una procedura “alternativa a quella della mera ed immediata eliminazione del messaggio PEC nel cestino, una volta classificato dal computer come spam”.

Per tali motivi il ricorso non è stato accolto.

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L’obiettivo è rafforzare le capacità delle PA in accordo con l’attuazione del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

LE NOVITÀ DEL DECRETO

Le novità contenute nel decreto riguardano:

  • – gli addetti all’ufficio del processo e le modalità d’impiego;
  • – il reclutamento del personale a tempo determinato per supportare la realizzazione dei progetti legati alla giustizia presentati dal PNRR;
  • – le attività di formazione;
  • – il monitoraggio delle attività degli addetti all’ufficio per il processo, misure relative al personale e smaltimento dell’arretrato;
  • – le misure urgenti per il potenziamento della Scuola superiore della magistratura;
  • – le modifiche al Dlgs n. 116/2017;
  • – la parità di genere.

LE MODIFICHE AL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

Le modifiche al Codice del Processo Amministrativo sono contenute nel Capo II (artt. 11-17 quater), “Misure urgenti per la giustizia ordinaria e amministrativa”.

Particolarmente interessante è l’art.17 che tratta le modalità di smaltimento dell’arretrato.

Per favorirne l’elaborazione, il decreto introduce la possibilità di svolgere da remoto le udienze straordinarie dedicate.

È compito del Presidente del Consiglio di Stato emanare un decreto che indichi le linee guida da seguire in tutti gli uffici della Giustizia amministrativa. Nel decreto vanno indicati i compiti degli Uffici per il processo, tra cui la definizione dei casi prioritari e lo scadenziario dei risultati intermedi e finali attesi.

Il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa ha il compito di programmare ulteriori udienze straordinarie, sempre con l’obiettivo di smaltire i lavori arretrati e sempre nell’ottica di rispettare gli obiettivi stabiliti dal PNRR per la giustizia amministrativa.

Inoltre, il Consiglio aggiorna il numero di affari assegnati al presidente del collegio e ai magistrati componenti dei collegi. I magistrati partecipano alle udienze straordinarie su base volontaria.
 Tali udienze straordinarie non possono riguardare i giudizi di ottemperanza, i riti in materia di accesso ai documenti amministrativi e la tutela contro l’inerzia della PA.

Vi invitiamo a leggere il testo completo del decreto n. 80/2021 “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia.”

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Contestazione della parcella dell’avvocato

Contestazione della parcella dell’avvocato

Abusa del processo il cliente che ne fa contestazione generica

La Cassazione attribuisce responsabilità aggravata alla cliente che contesta la parcella presentatale dall’Avvocato. Infatti, non è sufficiente affermare che alcune voci inserite siano duplicate, senza specificarne quali, tanto più se la correttezza formale della parcella è stata assicurata dal parere del Consiglio (CdO). Perciò, viene confermata la sentenza del giudice d’Appello: la ricorrente è condannata al pagamento delle spese e del contributo aggiuntivo.

Parcella dell’Avvocato: il parere del Consiglio ne assicura la correttezza formale

Succede che un avvocato ottenga un decreto ingiuntivo per il compenso relativo alla prestazione svolta per una cliente contro un Condominio. Succede allora che suddetta cliente si opponga al decreto ingiuntivo, ma che il Giudice di Pace ne rigetti la richiesta, andando a confermare il provvedimento. Succede quindi che la cliente si rivolga al Tribunale, che -però- rigettandone l’opposizione, condanna l’appellante al pagamento della somma per responsabilità processuale aggravata (art. 96 c.p.c.).

 

 

Ora, la cliente ricorre in Cassazione, sollevando quattro motivi: l’esame di un fatto decisivo sarebbe stato omesso; il Tribunale non avrebbe valutato molti errori e nemmeno il fatto che la revoca del mandato fosse avvenuta prima della redazione della comparsa; il giudice dell’Appello avrebbe apprezzato erroneamente i fatti emersi dalle testimonianze; si duole per la condanna al pagamento della somma (art. 96 c.p.c., comma 3).

Tuttavia, la Cassazione stabilisce che il ricorso debba essere rigettato in quanto inammissibile (primo motivo) perché si tratta di una richiesta di valutazione di dati probatori acquisiti durante la causa. In secondo luogo, i motivi due e tre riguardano la valutazione delle prove acquisite dagli atti. Infine, nel contestare la duplicazione delle voci citate dall’Avvocato nella parcella, manca la specifica di quali siano effettivamente le voci duplicate; senza contare che l’asseverazione della parcella da parte dal Consiglio dell’ordine di appartenenza assicura la formale correttezza rispetto ai parametri di legge.

 

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Nell’ambito del processo tributario, i messaggi di WhatsApp sono privi di fondatezza probatoria

Processo tributario: messaggi WhatsApp sono utilizzabili?

Nell’ambito del processo tributario, i messaggi di WhatsApp sono privi di fondatezza probatoria

A differenza degli sms, i messaggi WhatsApp non sono archiviati tramite memorizzazione dalle società telefoniche. In effetti, essi vengono archiviati sul singolo dispositivo: di loro non rimane traccia su alcun supporto informatico, né figurativo. Da qui, la sentenza n.105/2021, in cui viene sancita l’inutilizzabilità della messaggistica WhatsApp nel giudizio tributario.

La Commissione Tributaria dichiara che in giudizio, i messaggi WhatsApp sono inutilizzabili

Reggio Emilia. Succede che un cittadino ricorra contro l’Agenzia delle Entrate per un avviso di accertamento a fini Iva relativo al 2016. Nello specifico, l’Agenzia sostiene che il ricorrente sia l’amministratore di fatto e non di diritto di una società poi dichiarata fallita. Infatti, tale qualifica si manifesterebbe nella messaggistica scambiata con gli uffici amministrativi di detta società in merito alle modalità di consegna e pagamenti di forniture.

Quindi, il cittadino ricorre sostenendo illegittimo l’utilizzo dei messaggi WhatsApp: a suo dire, privi di concreta fondatezza probatoria. Dunque, alla sua richiesta d’annullamento dell’atto impugnato, segue la costituzione in giudizio dell’Agenzia, che contesta le doglianze della controparte. Quindi, la Commissione si pronuncia accogliendo il ricorso per fondata inutilizzabilità dei messaggi WhatsApp: essendo archiviati esclusivamente sul dispositivo telefonico, essi non lasciano traccia.

Infine, la Commissione considera infondata anche la tesi che vede il ricorrente amministratore di fatto della società. Infatti, anche considerando la messaggistica WhatsApp e la qualifica di amministratore di fatto, sul ricorrente non graverebbero responsabilità solidali per le sanzioni societarie. Concetto confermato anche da disposizioni di legge e pronunce della Cassazione, applicabile a tutte le società non costituite a fini illeciti.

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