sport costituzione italiana

Lo Sport entra nella Costituzione Italiana

Entra ufficialmente nella Costituzione italiana lo sport, in quanto valore tutelato dalla Carta. La Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge costituzionale, che va ad inserire, con 312 sì, la tutela dello sport nella Costituzione.

Il provvedimento aveva ricevuto in precedenza il via libera da parte del Senato in prima e in seconda lettura. Sempre alla Camera c’era stata un’approvazione unanime lo scorso 4 aprile.

Il testo si compone di un’unica norma all’art. 33 della Camera, in cui si parla sia di arte che di scienza, aggiungendo:

«La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme».

Nel testo originale della Costituzione non c’erano riferimenti relativi all’attività sportiva. Erano previsti soltanto due Statuti speciali, ovvero quello del Trentino-Alto Adige, che assegnava potestà legislativa riguardo le «attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature» e quello del Friuli-Venezia Giulia.

Nel 2001, con la riforma del Titolo V, lo sport entra ufficialmente in Costituzione: nell’art. 117, comma 3, troviamo «l’ordinamento sportivo» tra le materie di competenza.

In ogni caso, nella scorsa legislatura, c’era già stato un tentativo di approvazione della legge costituzionale, che non riuscì a concludere il suo iter visto lo scioglimento anticipato delle Camere. Il contenuto dell’attività sportiva viene declinato su tre direttrici complementari, ovvero il valore educativo, il valore sociale, ma anche la concezione di benessere psico-fisico.


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daspo giulia bongiorno

Violenza sulle donne, Giulia Bongiorno: “Under 14 siano imputabili”

Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia al Senato dichiara in un’intervista a Libero: «La Lega sta lavorando a una serie di proposte sulla violenza dei minori. Tra queste, voglio ricordare quella del Daspo per i minori di 14 anni. Oggi i ragazzi crescono molto in fretta e attraverso la rete e i social acquisiscono in giovanissima età nozioni che un tempo di acquisivano dopo. Il tema è complesso e dovremmo anche pensare alla possibilità di abbassare la soglia di imputabilità, che oggi è fissata a 14 anni».

Prosegue la senatrice: «I casi di violenza sulle donne che in questi giorni riempiono le cronache rappresentano la punta di un iceberg: in tantissime, per i motivi più diversi, scelgono di non denunciare. Non si deve pensare che il fenomeno riguardi solo i casi seguiti dai media, il problema è drammaticamente più ampio».

«La violenza sulle donne, comunque, c’è sempre stata ed è trasversale; investe tutte le classi sociali e tutte le fasce d’età. Per combatterla bisogna comprenderla, e innanzitutto distinguerla dalla violenza comune individuandone la specificità: affonda le radici nella discriminazione, in una concezione della donna come essere inferiore, oggetto, preda; ci sono uomini per i quali il consenso della donna è una questione del tutto irrilevante, anzi inesistente. La violenza sulle donne riguarda anche i più giovani, che a volte sembrano presumere una specie di “diritto all’amplesso”. Credo che in questo siano influenzati dall’uso di internet e dei social network».

Bongiorno, comunque, dice di essere favorevole sia all’educazione sessuale che all’educazione alla prevenzione. «E sono favorevole anche a quello che io chiamo “diritto penale preventivo”: parlare in modo chiaro ai ragazzi delle conseguenze delle loro condotte. Naturalmente, bisogna educarli al rispetto e all’idea che uomini e donne sono diversi ma uguali quando si parla di capacità, diritti e doveri».

La Lega, dopo i recenti fatti di Caivano e Palermo, ha lanciato alcune proposte finalizzate al contrasto della violenza giovanile, come la legge sulla castrazione chimica per coloro che commettono violenze sessuali. Il testo, firmato da Mara Bizzotto, è già stato depositato in Senato, e prevede due ipotesi, ovvero un trattamento obbligatorio e uno volontario.

Precisa la Lega: «I tempi sono maturi per passare dalle parole ai fatti. Sia chiaro: non è prevista alcuna violazione dei diritti delle persone». Ma non sono d’accordo né le opposizioni né Forza Italia. Infatti, il leader di Fi Antonio Tajani spiega come la castrazione chimica non sia affatto nel programma del governo: «Agire sul corpo di una persona non è la soluzione giusta, io sono contrario anche alla pena di morte».

Il disegno di legge prevede inoltre «daspo per i minori di 14 anni e sanzioni per i genitori, multe salate per chi non manda i figli a scuola, inasprimento delle pene, lavori socialmente utili subito o processo senza sconti per chi commette reati».


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rinvio obbligo deposito penale telematico

È stato rinviato l’obbligo del deposito telematico degli atti penali

Martedì 18 luglio 2023 il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha firmato un decreto per istituire una fase sperimentale transitoria, al fine di consentire ai difensori il deposito degli atti sia in modalità telematica che in cartaceo.

Il decreto ha lo scopo di «assicurare, in sede di prima applicazione, le verifiche di piena funzionalità del portale del processo penale telematico». Dunque, l’obbligo del deposito soltanto mediante portale entrerà in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione dei regolamenti, che sono già stati indicati nel DL del 10/10/2022.

L’Unione delle Camere Penali ha espresso un grande apprezzamento per la decisione presa dal Guardasigilli di modificare l’obbligo del deposito telematico, sottolineando anche l’accoglienza dei suggerimenti proposti dal vice Ministro On. Francesco Paolo Sisto e dai penalisti italiani.

Sarà ora possibile testare la reale funzionalità tecnica del portale, formando adeguatamente, nel frattempo, avvocati, magistrati e cancelleria, senza pregiudicare in alcun modo l’esercizio del diritto di difesa.

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Dichiara l’UCP: «Sappiamo che la nostra proposta era ed è condivisa da larghissima parte della magistratura e dalla totalità del personale amministrativo. Vogliamo tutti accelerare la Informatizzazione dell’accesso alla giustizia, ma nei tempi e modi ragionevoli che l’esperienza quotidiana ci ha saputo indicare».

Con il dm del 18 luglio 2023 il Guardasigilli ha disposto:

«L’efficacia del decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, nella parte in cui dispone che il deposito da parte dei difensori degli atti indicati nell’elenco di cui all’art. 1 dello stesso decreto avviene esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico, decorre dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3 dell’art. 87 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n.150. Sino alla scadenza del termine di cui al periodo che precede, negli uffici indicati dal decreto del Ministro della giustizia del 4 luglio 2023, è possibile, in via sperimentale, il deposito da parte dei difensori degli atti elencati nell’art.1 del medesimo decreto anche mediante il portale del processo penale telematico con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia».


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Decreto del Ministro della Giustizia sugli atti da depositare esclusivamente mediante il portale deposito atti penali (PDP) a partire dal 20 luglio 2023 6 Luglio 2023 Redazione Giurisprudenza Penale

Processo telematico ancora più telematico: dal 20 luglio ulteriori atti da depositare esclusivamente attraverso il PDP

Accelera il Processo Penale Telematico: dal 20 luglio, infatti, 103 atti dovranno essere prodotti online attraverso il Pdp, il deposito atti penali da parte dei difensori, nell’ambito degli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale, della Procura europea, della Procura generale presso la Corte di appello, del Giudice di pace, del Tribunale e della Corte di appello.

Tutto questo è previsto dal decreto del ministero della Giustizia del 4 luglio 2023, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 155/23 del 5 luglio, che, oltre a definire le specifiche, ampia considerevolmente il numero di atti che dovranno essere depositati soltanto a distanza.

Il provvedimento, sottolinea Carlo Nordio, permette agli avvocati «di depositare atti nativi digitali e documenti in modalità telematica, senza necessità di recarsi presso gli uffici giudiziari, con significativo risparmio di tempo e di spesa».

Il decreto attua l’art. 6-bis del DL 150/22 previsto dalla Riforma Cartabia nell’ambito del processo penale, delegata al Governo dalla legge 134/21.

Previsto, dunque, un ampio catalogo di atti esclusivamente online. Il deposito degli atti s’intenderà eseguito nel momento in cui viene rilasciata la ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, seguendo le modalità stabilite dal provvedimento del direttore generale di Via Arenula per i sistemi informativi generalizzati.

La produzione dovrà ritenersi tempestiva nel momento in cui risulta eseguito entro la mezzanotte del giorno della scadenza. Non manca l’appello di Aiga: «Ma non lasciamo indietro i giudici di pace. L’entrata in vigore del deposito telematico degli atti è di fatto, ad oggi impossibile da rispettare, a causa delle oggettive problematiche dovute all’assenza dei necessari supporti informatici».

Qui il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Il deposito nel portale del processo penale telematico riguarderà i seguenti atti:

1. Ricusazione del giudice (articoli 37 e 38 del codice di procedura penale);
2. Richiesta di rimessione del processo (art. 46 del codice di procedura penale);
3. Richiesta di trasmissione degli atti a un diverso pubblico ministero (art. 54-quater del codice di procedura penale);
4. Atto di costituzione di parte civile (articoli 76, 78 del codice di procedura penale);
5. Istanza di esclusione della parte civile (art. 80 del codice di procedura penale);
6. Istanza di citazione del responsabile civile (art. 83 del codice di procedura penale);
7. Atto di costituzione del responsabile civile (art. 84 del codice di procedura penale);
8. Atto di intervento del responsabile civile (art. 85 del codice di procedura penale);
9. Istanza di esclusione del responsabile civile (art. 86 del codice di procedura penale);
10. Atto di costituzione del civilmente obbligato per la pena pecuniaria (art. 89 del codice di procedura penale);
11. Istanza di esclusione del civilmente obbligato per la pena pecuniaria (art. 89 del codice di procedura penale);
12. Istanza di citazione del civilmente obbligato per la pena pecuniaria (art. 89, comma 1 del codice di procedura penale);
13. Nomina difensore di fiducia (art. 96 del codice di procedura penale);
14. Nomina del sostituto del difensore (art. 102 del codice di procedura penale);
15. Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore (art. 107 del codice di procedura penale);
16. Istanza di rilascio copie, estratti e certificati (art. 116 del codice di procedura penale);
17. Memorie e richieste scritte (articoli 121, 367 del codice di procedura penale);
18. Procura speciale (art. 122 del codice di procedura penale);
19. Istanza di correzione di errore materiale (art. 130 del codice di procedura penale);
20. Comunicazione del domicilio dichiarato o del domicilio eletto (art. 162 del codice di procedura penale);
21. Comunicazione di mancata accettazione della domiciliazione (art. 162, comma 4-bis del codice di procedura penale);
22. Richiesta per la restituzione nel termine (art. 175 del codice di procedura penale);
23. Ricusazione del perito (art. 223 del codice di procedura penale);
24. Nomina del consulente tecnico di parte (articoli 225, 233 del codice di procedura penale);
25. Memorie del consulente tecnico (art. 233 del codice di procedura penale);
26. Richiesta di autorizzazione all’intervento del consulente di parte (art. 233, comma 1-bis del codice di procedura penale);
27. Opposizione al decreto di rigetto della richiesta di autorizzazione del consulente tecnico (art. 233, comma 1-bis del codice di procedura penale);
28. Opposizione al decreto di perquisizione del pubblico ministero (art. 252-bis, comma 1 del codice di procedura penale);
29. Richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo o probatorio (articoli 257, 322, 324 del codice di procedura penale);
30. Opposizione di segreto professionale o d’ufficio (art. 256, comma 1, 2 del codice di procedura penale);
31. Richiesta di restituzione di cose sequestrate (art. 262 del codice di procedura penale);
32. Opposizione al decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione delle cose sequestrate o respinge la relativa richiesta (art. 263, comma 5 del codice di procedura penale);
33. Istanza di esame degli atti e di ascolto delle registrazioni o di cognizione dei flussi di comunicazioni (art. 268, comma 6 del codice di procedura penale);
34. Richiesta di copia e trascrizione degli esiti delle intercettazioni (art. 268, comma 8 del codice di procedura penale);
35. Richiesta di distruzione delle intercettazioni (art. 269, comma 2 del codice di procedura penale);
36. Richiesta di modifica delle modalità esecutive di misura cautelare (art. 279 del codice di procedura penale);
37. Richiesta di sostituzione, revoca o modifica di misura cautelare (art. 299 del codice di procedura penale);
38. Richiesta di riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva (art. 309 del codice di procedura penale);
39. Appello avverso ordinanze in materia di misure cautelari personali (art. 310 del codice di procedura penale);
40. Ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari personali (art. 311 del codice di procedura penale);
41. Domanda di riparazione per ingiusta detenzione (articoli 314, 315 del codice di procedura penale);
42. Richiesta di revoca del sequestro preventivo (art. 321, comma 3 del codice di procedura penale);
43. Appello avverso ordinanze in materia di sequestro preventivo e decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero (art.
322-bis del codice di procedura penale);
44. Ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali (art. 325 del codice di procedura penale);
45. Denuncia da parte del privato cittadino (art. 333 del codice di procedura penale);
46. Richiesta di informazioni sull’iscrizione nel registro delle notizie di reato e sullo stato del procedimento (art. 335 del codice di procedura penale);
47. Richiesta di retrodatazione dell’iscrizione indagato nel registro delle notizie di reato (art. 335-quater del codice di procedura penale);
48. Notifica del deposito dell’istanza di retrodatazione dell’iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato (art. 335-quater, comma 6 del codice di procedura penale);
49. Memorie sulla richiesta di retrodatazione dell’iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato (art. 335-quater, comma 6 del codice di procedura penale);
50. Querela (art. 336 del codice di procedura penale);
51. Rinuncia alla querela (art. 339 del codice di procedura penale);
52. Remissione di querela (art. 340 del codice di procedura penale);
53. Accettazione della remissione di querela (art. 340 del codice di procedura penale);
54. Istanza di procedimento (art. 341 del codice di procedura penale);
55. Opposizione al decreto di convalida della perquisizione (art. 352, comma 4-bis del codice di procedura penale);
56. Richiesta di sequestro probatorio (art. 368 del codice di procedura penale);
57. Richiesta di incidente probatorio (art. 393 del codice di procedura penale);
58. Richiesta della persona offesa di promuovere incidente probatorio (art. 394 del codice di procedura penale);
59. Deduzioni sulla richiesta di incidente probatorio (art. 396 del codice di procedura penale);
60. Deduzioni sull’incidente probatorio (art. 396, comma 1 del codice di procedura penale);
61. Richiesta di autorizzazione alle indagini difensive presso persona detenuta (art. 391-bis, comma 7 del codice di procedura penale);
62. Memorie sulla richiesta di proroga delle indagini (art. 406, comma 3 del codice di procedura penale);
63. Dichiarazione della persona offesa della volonta’ di essere informata circa la richiesta di archiviazione (art. 408, comma 2 del codice di procedura penale);
64. Opposizione alla richiesta di archiviazione (art. 410 del codice di procedura penale);
65. Reclamo avverso il decreto o l’ordinanza di archiviazione (art. 410-bis, comma 3 del codice di procedura penale);
66. Memorie per il reclamo (art. 410-bis, comma 3 del codice di procedura penale);
67. Richiesta di avocazione al Procuratore generale (art. 413 del codice di procedura penale);
68. Istanza di copia delle intercettazioni indicate nell’elenco depositato dal difensore (art. 415-bis, comma 2-bis del codice di procedura penale);
69. Memorie, documenti e richieste dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini (art. 415-bis, comma 3 del codice di procedura penale);
70. Richiesta al giudice di ordinare l’assunzione delle determinazioni sull’azione penale a seguito del deposito degli atti di indagine (art. 415-ter, comma 3 del codice di procedura penale);
71. Richiesta al giudice di ordinare l’assunzione delle determinazioni sull’azione penale (art. 415-bis, comma 5-quater del codice di procedura penale);
72. Richiesta di acquisizione di prove non rinviabili (articoli 420-quinquies, 464-sexies, 467, 598-ter, comma 3, 721, comma 4 del codice di procedura penale);
73. Richiesta di giudizio abbreviato (articoli 438, 458, 519, 520, 554-ter, 558, comma 8 del codice di procedura penale);
74. Richiesta di applicazione della pena (articoli 444, 447, comma 1, 458-bis, 438, comma 5-bis, 519, 520, 554-ter, 558, comma 8 del codice di procedura penale);
75. Richiesta di giudizio immediato (articoli 453, comma 3, 419, comma 5 del codice di procedura penale);
76. Consenso alla richiesta di applicazione della pena (articoli 446, 447 del codice di procedura penale);
77. Richiesta di sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilita’ (art. 459, comma 1-bis e 1-ter del codice di procedura penale);
78. Opposizione al decreto penale di condanna (art. 461 del codice di procedura penale);
79. Richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis del codice di procedura penale);
80. Programma di trattamento per la messa alla prova (art. 464-bis, comma 4 del codice di procedura penale);
81. Accettazione della proposta di messa alla prova (articoli 464-ter.1, comma 2 del codice di procedura penale);
82. Memorie della persona offesa sulla proposta di messa alla prova (articoli 464-ter.1, comma 3 del codice di procedura penale);
83. Istanza di anticipazione o differimento dell’udienza (art. 465 del codice di procedura penale);
84. Lista dei testimoni, periti o consulenti tecnici (articoli 468, 555 del codice di procedura penale);
85. Richiesta di proporre impugnazione (art. 572, comma 1 del codice di procedura penale);
86. Rinuncia all’opposizione al decreto penale di condanna (art. 589 del codice di procedura penale);
87. Rinuncia all’impugnazione (art. 589 del codice di procedura penale);
88. Appello (art. 593 del codice di procedura penale);
89. Appello incidentale (art. 595 del codice di procedura penale);
90. Richiesta di partecipazione all’udienza (art. 598-bis, comma 2 del codice di procedura penale);
91. Concordato in appello (art. 599-bis del codice di procedura penale);
92. Richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (art. 603 del codice di procedura penale);
93. Ricorso per cassazione avverso ordinanze pronunciate in primo grado e in grado di appello nei casi previsti da specifiche disposizioni del codice di procedura penale;
94. Ricorso per cassazione dell’imputato (art. 607 del codice di procedura penale);
95. Richiesta di rescissione del giudicato (art. 629-bis del codice di procedura penale);
96. Richiesta di revisione (art. 633 del codice di procedura penale);
97. Esercizio del diritto all’oblio (articoli 64-ter disp. att. del codice di procedura penale);
98. Domanda di oblazione (articoli 162, 162-bis del codice penale – 141 disp. att. del codice di procedura penale);
99. Istanza di ammissione a colloqui (art. 18 legge n. 354/1975);
100. Istanza di ammissione al gratuito patrocinio (art. 78 testo unico n. 115/2002);
101. Istanza di liquidazione dell’onorario (art. 82 testo unico n. 115/2002);
102. Ricorso per cassazione avverso il provvedimento di revoca del gratuito patrocinio (art. 113 testo unico n. 115/2002);
103. Istanza di acquisizione dei tabulati (art. 132, comma 3 decreto legislativo n. 196/2003).


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beni da pignorare nordio

Nuovo accordo per la ricerca telematica dei beni da pignorare

«Il 23 giugno è stata stipulata una convenzione tra il ministero della Giustizia e il direttore dell’Agenzia delle Entrate, con l’approvazione del Garante per la protezione dei dati personali, che consente agli ufficiali giudiziari di accedere alle banche dati dell’amministrazione finanziaria, così da rendere agevole la ricerca telematica dei beni da pignorare. Questa è una cosa quasi rivoluzionaria», afferma Carlo Nordio.

Il Guardasigilli Carlo Nordio ed Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, hanno siglato una convenzione per consentire agli ufficiali giudiziari l’accesso alle banche dati dell’amministrazione finanziaria, per rendere più agevole la ricerca telematica dei beni da pignorare.

L’accordo ha ottenuto l’ok da parte del Garante Privacy, e avrà validità per cinque anni. Gli ufficiali giudiziari potranno utilizzare il servizio nell’ambito dei compiti d’ufficio, per poter acquisire informazioni utili per individuare beni da sottoporre ad esecuzione.

L’accesso avverrà attraverso modalità sicure, con un servizio di cooperazione informatica che si appoggia al Sistema di interscambio dati. L’ufficiale giudiziario potrà dunque richiedere l’accesso per tutti i soggetti per cui verrà presentata un’apposita istanza o dopo un’autorizzazione specifica da parte del tribunale.

Successivamente, l’Agenzia verificherà la regolarità della richiesta, inviando la risposta con tutte le informazioni al Ministero. Gli accessi al servizio saranno tracciati, da entrambe le parti.

Una convenzione quasi rivoluzionaria

«Prima della stipula di questa convenzione era previsto che, in mancanza delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l’accesso diretto, il creditore istante potesse ottenere direttamente dai gestori delle banche dati le informazioni contenute nelle banche dati stesse», dichiara Nordio.

«Con questa novella dell’articolo 155, che è stata introdotta nell’ottobre del ’22, è stato previsto che a decorrere dal 28 febbraio 2023, fosse l’ufficiale giudiziario ad attestare che l’accesso diretto alle suddette banche dati non è attuabile per il mancato funzionamento delle strutture tecnologiche. Ecco perché, a seguito della stipula della convenzione gli ufficiali giudiziari possono utilizzare direttamente il servizio di accesso alle banche dati dell’amministrazione finanziaria, nell’ambito dei propri compiti di ufficio, al fine di acquisire tutte le informazioni utili a individuare i beni da sottoporre a esecuzione forzata nell’ambito delle procedure sia mobiliari che immobiliari, nonché nell’ambito delle procedure concorsuali».

Conclude: «Ciò permetterà una più rapida verifica sui beni di proprietà del debitore, consentendo al creditore di velocizzare il recupero del credito vantato; il vantaggio consisterà nella certezza e nella celerità delle ricerca dei beni da pignorare assicurando, quindi, un iter più spedito nella esecuzione dei provvedimenti del giudice in materia civile».


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Italia prima in Europa per over65 in cella e problemi di sovraffollamento

rapporto carceri

Italia prima in Europa per over65 in cella e problemi di sovraffollamento

In Europa, la durata media delle detenzioni è di 11 mesi, mentre in Italia si parla di una media di 18 mesi.

Le percentuali più alte di detenuti over65 si trovano sempre nel nostro Paese: questo è quanto emerge dal rapporto Space, ovvero delle Statistiche annuali penali effettuate dal Consiglio d’Europa riguardo la popolazione carceraria.

Tra il 2021 e il 2022 è aumentato il tasso di detenzione in molti paesi europei: per esempio, in quelli che superano il milione di abitanti, si è registrato un aumento del 2,3%.

Soltanto Estonia, Germania e Bulgaria hanno registrato una diminuzione dei tassi si detenzione. In Italia, invece, si riportano casi in cui la densità carceraria supera i 100 detenuti per 100 posti, registrando uno dei peggiori sovraffollamenti in tutta Europa.

L’età media dei detenuti all’interno degli istituti penitenziari è di 38 anni. Le età medie più basse si trovano in Danimarca (34), in Bulgaria (31) e in Francia (34,5), mentre quelle più alte sono in Portogallo (41), Spagna (40), Estonia (40), Italia (42) e Georgia (44).

Il 16% dei detenuti ha più di 50 anni mentre il 3% ha più di 65 anni. Nei paesi che hanno più di un milione di abitanti, la percentuale più alta di detenuti over 50 si trova in Italia (28%), che risulta anche tra i Paesi con le percentuali più elevate di detenuti over 65, appartenente alla criminalità organizzata con condanna all’ergastolo.

Ergastolo

Nel rapporto c’è anche la diversità della pena a livello di ergastolo tra i Paesi europei.

Un detenuto condannato all’ergastolo in Svizzera è idoneo per la libertà dopo 10/15 anni, in Italia dopo 21/26 anni, in Danimarca dopo 12 anni, in Germania dopo 15 anni, in Svezia dopo 10 anni, in Francia dopo 18/22 anni, in Spagna dopo 25/35 anni e in Belgio dopo 15/23 anni.

Dal rapporto è emerso che il problema dei tempi della giustizia si riflette direttamente sulla popolazione carceraria. Per esempio, a fine gennaio 2022 sono stati censiti 54.372 detenuti, e circa il 30% non sta scontando pene definitive poiché in attesa di giudizio.

Sovraffollamento

Molto presente anche il problema del sovraffollamento. Da gennaio 2020 a gennaio 2021, in Europa era diminuito il numero complessivo dei detenuti, a seguito della riduzione della criminalità sulla strada, viste le restrizioni introdotte dalla pandemia.

Per Marcelo Aebi, professore responsabile del gruppo di ricerca Space, «negli ultimi 12 anni il tasso medio di detenzione in Europa è diminuito lentamente ma costantemente. Tale calo si è intensificato nel corso del 2020 come conseguenza delle misure di blocco per il Covid-19. Pertanto, l’aumento nel 2022 riflette un ritorno alla relativa normalità nella vita sociale e nel funzionamento dei sistemi di giustizia penale europei».

Nonostante tutto, il tasso di detenzione in Europa, nel 2022, risulta essere ancora inferiore rispetto a quello osservato poco prima della pandemia, anche se in Italia persiste un problema di grave sovraffollamento.


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suicidio carcere venezia

A Venezia un detenuto si è suicidato in carcere: per Fp Cgil «lo Stato ha fallito»

Dopo la conferma dell’ordinanza per la custodia in carcere, all’interno di una maxi operazione anti-droga, un uomo di 39 anni di origini tunisine, in semilibertà, sapendo del suo arresto, non ha retto e ha deciso di togliersi la vita.

I rappresentanti della Fp Cgil, con una nota informano del suicidio del detenuto, avvenuto martedì 6 giugno 2023 nel carcere di Santa Maria Maggiore: «Oggi lo Stato ha fallito», si legge.

«Nel carcere di Venezia si è suicidato un detenuto a cui hanno revocato il beneficio della semilibertà. Sicuramente nessuno ne piangerà la perdita e nessuno farà qualcosa per limitare i suicidi in carcere e, come al solito, ci saranno tante parole ma nulla si muoverà».

Stava scontando una pena a causa di fatti di droga, e da un anno aveva riottenuto la semilibertà, uscendo dal carcere per poter andare a lavorare in un cantiere, immaginando un futuro diverso. Quando in cella gli è stata consegnata l’ordinanza per la sua custodia cautelare in carcere per fatti di droga risalenti al 2018, gli è crollato il mondo addosso.

L’uomo ha chiamato la moglie per dirle addio, con una telefonata disperata, che ha allarmato tutti i familiari, che raccontano di aver chiamato per tre volte il carcere chiedendo di poter stare vicini al congiunto. Ma è stato tutto inutile.

Lo strazio e la rabbia dei familiari

Lo strazio dei familiari si fonde con la rabbia. «Questa vicenda non può restare nascosta. Non si può far morire così una persona. Noi avevamo chiamato per tre volte il carcere per dire che stessero attenti, che Bessem voleva uccidersi. Per tre volte ci hanno risposto che andava bene, che avevano capito. Invece», dice la cognata.

«Dopo la notifica dell’ordinanza, Bessem è stato isolato. Alle 12 ci ha chiamato con il telefono che aveva avuto con la semilibertà, che però non può ricevere telefonate. Era fuori di sé. Ci ha detto che non poteva reggere questa nuova carcerazione, che si sarebbe ucciso, che gli dispiaceva di lasciare la moglie sola, ma che non ce la faceva più», continua.

«Abbiamo cercato di rassicurarlo, ma era disperato. Noi, che lo conosciamo, abbiamo capito che la situazione era grave. Bessem sembrava un uomo forte, in realtà era una persona molto fragile. Non potevamo chiamarlo al suo telefono, così abbiamo contattato il carcere», che ha rassicurato i familiari.

«Ma noi non eravamo tranquilli. E alle 15.40 è arrivata la telefonata dell’ufficio matricole. Mi scusi, devo comunicarle una cosa brutta. Suo marito si è suicidato», hanno detto alla moglie, Silvia, «e poi hanno messo giù il telefono. Tutto questo non è giusto! Noi siamo i primi a dire che chi sbaglia deve pagare. Ma non pagare così, con la vita».

Verrà presentata una denuncia

I familiari, ora, hanno intenzione di presentare una denuncia, per chiarire che cosa è successo nelle ultime ore che l’uomo ha trascorso in carcere. Sconvolto anche l’avvocato del 39enne, Marco Borella: «In passato aveva fatto i suoi errori, certo, ma stava pagando. Aveva già scontato due anni e mezzo».

Continua Borella: «Da circa un anno era in semilibertà e lavorava in un cantiere, dove erano molto contenti di lui. Ho le lettere di encomio del datore di lavoro. Tra pochi giorni avrebbe avuto un permesso premio di una settimana e a settembre speravamo di ottenere la messa alla prova per farlo uscire dal carcere. In questo periodo era tranquillo, felice, gli stava andando tutto bene. Fino all’ordinanza di ieri che deve averlo fatto crollare. Era per fatti vecchi, avremmo trovato una soluzione».

Mancanza di investimenti nella struttura

Sembra che in queste ore stia avvenendo una gran protesta dei detenuti, che gli agenti stanno tentando di placare. Spiegano i sindacati: «Come Fp Cgil, più volte abbiamo segnalato la mancanza di personale e di figure di sostegno. Abbiamo fatto presente la mancanza di un’amministrazione penitenziaria centrale, che è scollegata con la realtà».

A Venezia «la stessa amministrazione non ha investito nella struttura, con mancanza di spazi e lavorazioni; il personale è ridotto ai minimi termini con carichi di lavoro ormai insostenibili. Se le carceri sono lo specchio della società, possiamo affermare che siamo alla frutta».

La denuncia di Fp Cgil

Sempre secondo quanto riferito dai sindacati, oggi si sarebbe verificato un altro episodio. Un detenuto, durante un colloquio, nel quale ha avuto un diverbio con un familiare, ha aggredito un poliziotto, rendendo necessarie le cure dell’ospedale.

Fp Cgil denuncia «lo scarso interesse e l’assenza dell’amministrazione penitenziaria che non fa nulla sia per i suicidi in carcere, che per le aggressioni al proprio personale, non investe in progetti di recupero e di tutela mantenendo carceri come quello di Venezia, Santa Maria Maggiore, privi di spazi e in sovraffollamento con situazione acuita dalla cronica mancanza di personale in tutte le figure».

«Chiediamo urgentemente un incontro istituzionale per affrontare e risolvere i problemi della struttura. L’amministrazione penitenziaria prenda atto dello stato di abbandono del personale di polizia e della popolazione detenuta, e agisca di conseguenza».


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Verso la revisione della normativa antiviolenza: processi più rapidi e braccialetto elettronico

Braccialetto elettronico e processi rapidi: in arrivo una procedura più rigorosa per applicare il braccialetto elettronico, la revisione della distanza minima di avvicinamento alla vittima di violenza di genere e domestica.

Verso anche una valutazione più stringente dell’esito dei corsi di recupero destinati ai sex offenders, finalizzati alla sospensione condizionale della pena ma anche dell’eventuale diritto di restare in Italia se i responsabili della violenza di genere sono persone straniere.

“Un tagliando alla normativa attuale”

Sta arrivando la revisione delle norme per poter fronteggiare la violenza contro le donne: l’approfondimento era già cominciato a febbraio, dapprima con la convocazione dell’Osservatorio sulla violenza contro le donne da parte del Dipartimento Pari Opportunità, al quale hanno partecipato le associazioni, e successivamente un tavolo interministeriale avvenuto tra Eugenia Roccella, ministro della Famiglia e delle Pari Opportunità, Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno e il Guardasigilli Carlo Nordio.

La ministra Roccella definisce l’operazione come un tagliando alla normativa attuale, che nel prossimo consiglio dei ministri si concretizzerà, visti gli ultimi casi eclatanti di femminicidi. Nel pacchetto si prevede di rafforzare le tutele per le vittime di violenza domestica e di genere per quanto riguarda l’accesso ai percorsi di giustizia riparativa e per la formazione degli operatori, come le forze dell’ordine, che devono relazionarsi con le vittime.

Un aspetto importante è la reale attuazione della legge 53/2022 relativa alla raccolta dati che permette il monitoraggio dei reati spia. Tra i vari obiettivi delle misure relative all’esame del Governo troviamo anche la velocizzazione dei processi di tali reati. La nuova normativa sulla violenza contro le donne, dunque, punta tutto su tre punti base, ovvero: prevenzione, sicurezza e giustizia.

Bisogna velocizzare i tempi

Nel frattempo, le associazioni chiedono a gran voce alla politica di fare presto: Differenza Donna, per esempio, gestore del 1522, il numero nazionale antistalking e antiviolenza, ha rivolto un appello al premier Meloni e alla ministra Roccella, poiché il piano nazionale antiviolenza è ormai «fermo da troppo tempo».

Differenza Donna chiede anche dei fondi straordinari in supporto alla rete dei centri antiviolenza per aprire delle nuove case rifugio, visto che il fenomeno sembra aumentare sempre più. Telefono Rosa dice che l’esigenza più immediata è quella della realizzazione di una gran campagna informativa che, come puntualizza la presidente Maria Gabriella Cernieri Moscatelli, «deve essere fatta a tappeto su tv e giornali, per far acquisire alle stesse donne la consapevolezza di che cosa sia la violenza di genere, per capire da subito i primi segnali e non sottovalutarli».

Assolutamente fondamentali, per Telefono Rosa, corsi di formazione per operatori che procedano ad educare i giovani nelle scuole: soltanto così si riesce ad intervenire sul cambio culturale che tutti richiedono.

Qualche dato

Dall’inizio del 2023 ci sono già state 23 donne che, dopo aver deciso di porre fine alla loro relazione violenta, sono state uccise dal loro partner. Si pensi anche al recente caso di Giulia Tramontano, una giovanissima donna incinta uccisa dal fidanzato.

Nel 2022 sono avvenuti 319 omicidi. 120 di questi casi, erano femminicidi. Nonostante il numero degli omicidi volontari sia diminuito dagli anni ’90 ad oggi, il numero di donne uccise sembra aumentare.

L’Italia presenta il secondo dato più basso in tutta Europa per quanto riguarda l’incidenza degli omicidi, 0,48 ogni 100mila abitanti, contro una media europea di 0,89, ma anche per quanto riguarda i femminicidi la media è inferiore rispetto a quella europea, ovvero 0,38 contro 0.66.

In ogni caso, i dati non sono rassicuranti. Nel 2020, in Italia, l’85,3% degli omicidi di donne sono stati commessi da familiari oppure da partner ed ex partner, mentre nel 2012 la quota era del 74%.

Nel 2022, ci sono state 33.000 ricerche su Google con le parole “uomo violento”, che comprendevano anche “uomo violento cosa fare”, “come allontanare un uomo violento” e “come comportarsi con un uomo violento”.

Riportiamo di seguito il numero di ricerche effettuate relative a situazioni coniugali e relazionali, come:

  • 3.840 ricerche per “mio marito quando beve diventa cattivo”;
  • 2.520 ricerche per “mio marito ha scatti d’ira”;
  • 2.040 ricerche per “mio marito mi picchia”;
  • 7.080 ricerche per “è normale che il mio ragazzo mi picchi”.

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Tina Lagostena Bassi: quasi cent’anni dalla nascita dell’avvocata che sfidò il maschilismo

Sono passati quasi 100 anni dal 2 giugno 1926, il giorno in cui nacque Augusta Bassi, meglio nota come Tina Lagostena Bassi. Si faceva chiamare Avvocata, un titolo conquistato dopo tanti anni di battaglie.

Tina Lagostena Bassi nasce nel 1926 a Milano, da una famiglia agiata, anche se la guerra cambiò le carte in tavola. Infatti, la famiglia Bassi lascia l’Italia nel 1943 per rifugiarsi in Svizzera.

A 19 anni, Tina sposa un avvocato, Vitaliano Lagostena, un uomo che non intralcia affatto lo spirito anticonformista dell’avvocata. Si dice che Lagostena, dopo avere assaggiato i suoi “manicaretti”, abbia constatato che fosse meglio sostenerla nel suo percorso di studi.

Tina Lagostena Bassi decide di iscriversi all’Università di Genova per studiare Legge. Il carico di studio è intenso, e lo condivide con Paolo Villaggio, che lei definisce «un secchione nel vero senso della parola».

Durante gli studi, diventa mamma per due volte. «Pensavo che tutte le donne avessero gli stessi diritti, gli stessi privilegi di cui ho goduto io. Volevo studiare, ho chiesto di studiare, mio marito mi ha detto di sì, era contento, i miei mi aiutavano con i bambini. Era una vita felice, facilissima. Poi ho scoperto che non era così per tutte».

Una vita speciale

Nel 1951, Tina Lagostena Bassi si laurea in diritto penale, e diviene allieva di Giuliano Vassalli, il futuro presidente della Corte Costituzionale, ricordato anche per aver ideato l’evasione di Giuseppe Saragat e Sandro Pertini dal carcere di Regina Coeli durante la Resistenza romana.

A Parma, le viene offerta la cattedra di diritto della Navigazione, ma dopo un anno decide di lasciare l’incarico per dedicarsi a tempo pieno alla professione. «Ho pensato che era giusto che i miei privilegi venissero messi al servizio delle donne che privilegi non ne avevano, per aiutarle a conquistare i loro diritti».

Tuttavia, Tina si rende immediatamente conto del maschilismo presente nelle aule di giustizia. Nella sua autobiografia, Una vita speciale, racconta degli episodi emblematici. Durante un’udienza, per esempio, un collega asserì, dopo averla guardata con disprezzo, che «le donne dovrebbero stare a casa a fare la calzetta».

Il massacro del Circeo

Ma il trattamento peggiore era riservato alle donne vittime di violenze sessuali, considerate colpevoli a prescindere, sbagliate, adescatrici, libertine. Tina decide di combattere per loro, e crede fermamente nella necessità di riformare il codice Rocco.

Lo stupro, per l’avvocata, non deve assolutamente più essere considerato come reato contro la morale comune, ma come reato contro la persona.

In quegli anni ci fu il processo per il massacro del Circeo, e Lagostena Bassi assiste Donatella Colasanti, che si costituì parte civile. Un processo che si concluse con una sentenza storica, nonostante durante le udienze si sia tentato di screditare più volte la reputazione di Colasanti.

«Donatella ha avuto una vita così difficile da farmi pensare che forse era stata più fortunata Rosaria, la sua amica uccisa al Circeo», disse l’avvocata.

Il processo per il massacro del Circeo fu il primo in cui le donne erano presenti in aula, partecipando, interagendo, mobilitandosi. «Per me è stato un grande momento di presa di coscienza, sentire il modo in cui in tribunale venivano trattate le donne da quel mondo di avvocati e magistrati uomini. Sembravano quasi solidali con i violentatori perché cercavano di addossare la colpa alle vittime».

Processo per stupro

Da qui, nasce l’idea di documentare per la prima volta in assoluto un processo per stupro, per poter denunciare tutte queste aberrazioni. Il documentario fu trasmesso dalla Rai, e l’impatto sull’opinione pubblica fu fortissimo.

La vittima del processo era Fiorella, una giovane che accusò quattro uomini di averla violentata per un pomeriggio intero, dopo essere stata attirata in un casolare per sostenere un colloquio di lavoro.

Gli imputati dissero che Fiorella era una ragazza di facili costumi, che si offrì a pagamento: ma nulla di tutto questo era vero. «Se questa ragazza se ne fosse stata a casa, se l’avessero tenuta presso il caminetto, non si sarebbe verificato niente», sostenne la difesa.

Le arringhe di Tina Lagostena Bassi si infuocarono sempre più. «E’ una prassi costante: il processo alla donna. E scusatemi la franchezza, se si fa così, è solidarietà maschilista, perché solo se la donna viene trasformata in un’imputata, solo così si ottiene che non si facciano denunce per violenza carnale».

«Io non voglio parlare di Fiorella, secondo me è umiliante venire qui a dire che non è una puttana. Una donna ha il diritto di essere quello che vuole, senza bisogno di difensori. Io non sono il difensore della donna Fiorella. Io sono l’accusatore di un certo modo di fare i processi per violenza».

I quattro imputati ricevettero una condanna irrisoria, per poi venire quasi subito rilasciati con la libertà condizionata. Ma l’avvocata ripara quei torti nel 1994, quando viene eletta alla Camera dei deputati con il Polo per le Libertà.

Dopo essere diventata membro della Commissione Giustizia e coautrice della legge contro la violenza sessuale nel 1996, continua a combattere contro il maschilismo e a lottare per la dignità delle donne, processo dopo processo, norma dopo norma.


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Quanti casi di ingiuste detenzioni ed errori giudiziari ci sono stati nel 2022?

Nel 2022 in Italia si sono registrati 547 casi complessivi tra errori giudiziari e ingiuste detenzioni, registrando una diminuzione di -25 rispetto al 2021. 

Questo è quanto rilevato dall’associazione Errorigiudiziari.com, ovvero il primo archivio completamente online riguardo i casi di ingiusta detenzione e di errori giudiziari. I dati presenti sul sito sono aggiornati al 31 dicembre 2022. 

Si registra una tendenza inversa, invece, per quanto riguarda risarcimenti e indennizzi, che risultano essere in crescita: siamo di fronte a 37 milioni e 330 mila euro, che sono 11 milioni e mezzo in più rispetto all’anno precedente. 

I dati sulle ingiuste detenzioni, invece, riguardano le persone che hanno subito una custodia cautelare in carcere oppure agli arresti domiciliari per poi venire assolti. Secondo Errorigiudiziari.com, nel 2022 ci sono stati 539 casi, per una spesa complessiva relativa agli indennizzi corrispondente a 27 milioni e 378 mila euro. 

Si tratta di un leggero calo dei casi rispetto al 2021, di -26, di fronte ad una spesa che invece è aumentata, di circa 3 milioni di euro. Dal 1992 al 2022 sono stati registrati 30.556 casi: dunque, in media, circa 955 innocenti in custodia cautelare all’anno, per una spesa di 846 milioni e 655 mila euro di indennizzi – che corrisponde ad una media di 26 milioni e 460 mila euro all’anno. 

Sempre secondo quanto rilevato da Errorigiudiziari.it, ci sono stati 8 casi di errori giudiziari nel 2022, uno in più rispetto al 2021. Per errore giudiziario si intende una persona che, dopo essere stata condannata con una sentenza definitiva, viene in seguito assolta dopo un processo di revisione. 

Tra il 1991 e il 2022 sono avvenuti 222 errori giudiziari, ovvero una media di 7 all’anno. La spesa corrispondente ai risarcimenti è salita sino a 76.255.214 euro, ovvero, una media di 2 milioni e 460 euro all’anno. 



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