A che punto siamo con il diritto internazionale dello Spazio?

La formazione del diritto internazionale dello spazio risale a poco prima della prima guerra mondiale. Fu il sorvolo della Manica avvenuto nel 1909 da Louis Bleriot a far emergere la questione della necessità di adottare norme giuridiche relative allo spazio aereo a livello internazionale.

Parigi, quindi, l’anno seguente, ospitò i rappresentanti di 18 Stati che discussero riguardo lo status giuridico dello spazio aereo, chiedendosi se ci potessero essere considerazioni simili a quelle relative all’alto mare. Tuttavia, lo scoppio del primo conflitto mondiale interruppe questo processo di cooperazione.

Dopo la conferenza di pace di Versailles si aprirono le possibilità di regolamentare lo spazio aereo, con la firma alla Convenzione di Parigi per la Regolamentazione della Navigazione Aerea, sostituita dalla Convenzione di Chicago del 1944. Di conseguenza, nacque anche la Commissione Internazionale per la Navigazione Aerea, che si occupò di armonizzare le norme nazionali riguardo la navigazione aerea.

Lo spazio extra-atmosferico

La navigazione aerea è regolata da norme nazionali, internazionali, pubbliche e private, mentre le attività degli Stati e dei privati nello spazio extra-atmosferico sono regolate da norme internazionali. Lo status dello spazio extra-atmosferico è aperto a tutti gli Stati, e non può essere in alcun modo interessato da rivendicazioni di sovranità.

Allo stato attuale non possiamo affermare di aver raggiunto una definizione tecnico-giuridica sulla linea di confine tra spazio aereo e spazio extra-atmosferico, e nemmeno dello spazio extra-atmosferico in sé. Nell’attesa di una definizione universalmente condivisa, si considera la distanza di 100 km dal livello del mare. 

Le attività oltre lo spazio aereo cominciarono nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, come parte di una competizione geopolitica che contrapponeva il comunismo e il capitalismo. Quando nel 1957 l’Unione Sovietica lanciò lo Sputnik I e nel 1958 la NASA lanciò l’Explorer I, iniziò ufficialmente l’era spaziale.

Nacque il diritto internazionale dello spazio per come è inteso ancora oggi, ovvero come necessità di impedire la militarizzazione dell’atmosfera. Dunque, si è reso necessario adottare regole internazionali e leggi da applicare alle attività degli Stati affinché utilizzino lo spazio con finalità pacifiche.

In ogni caso, la corsa allo spazio si caratterizzò come uno scontro tecnico-scientifico e politico-propagandistico tra potenze, accantonando quindi l’elemento militare. 

Nessuno può appropriarsi dello Spazio

Lo strumento giuridico primario al quale fa riferimento il diritto internazionale dello spazio è l’Outer Space Treaty (OST), firmato ed entrato in vigore nel 1967. Per il trattato, l’esplorazione e l’utilizzo dello spazio extra-atmosferico sono attività aperte a tutti gli Stati, ma soltanto nell’interesse e nel beneficio dell’umanità.

La Luna e i corpi celesti non sono soggetti all’appropriazione nazionale e possono essere “utilizzati” soltanto per fini pacifici. Gli Stati sono responsabili per le attività spaziali che avvengono sia tramite attività governative che non, le quali dovranno essere supervisionate e ricevere l’autorizzazione dal proprio Stato di appartenenza.

Lo spazio, quindi, rientra nel concetto di res communis: tutti possono usarlo, ma nessuno può appropriarsene.


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