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Avvocati: definitivo addio ai cinque mandati

Le Commissioni alla Camera e al Senato approvano il decreto che elimina il vincolo dei cinque affari l’anno per rimanere avvocato

Secondo il decreto del Ministro della giustizia del 25 febbraio 2016, n.47, condizione sine qua non per rimanere iscritti all’albo degli avvocati è la dimostrazione di esercizio della professione forense in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente. Il che significa, trattare almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l’incarico professionale è conferito da altro professionista (cfr. art.2, comma 2, lett. 2). Tuttavia, il vincolo dei cinque affari annui è chiaramente destinato ad avere vita breve.

Avvocati e obbligo cinque affari annui: l’UE bacchetta l’Italia, l’Italia risponde riformulando la norma

Già nel nostro articolo Avvocati: addio obbligo 5 affari avevamo introdotto il tema di come l’obbligo dei cinque affari annui previsto per gli avvocati, secondo l’UE, “[possa] di fatto comportare una restrizione quantitativa tale da incidere sull’esercizio della professione”. Di qui la necessità di rivedere la normativa in materia; nasce così lo schema di decreto elaborato dal Ministero della Giustizia che modificherebbe tale D.M. n. 47/2016 e che avrebbe già ottenuto sia l’avallo del Consiglio di Stato (n. 1012/2021), che il parere favorevole della Commissione Giustizia al Senato (lo scorso 20 luglio) proprio come della Commissione Giustizia alla Camera (4 agosto scorso). A questo punto, mancherebbe soltanto l’adozione definitiva del provvedimento da parte del Ministero della Giustizia.

 

 

Infatti, allo scopo di scongiurare un aggravamento della procedura di infrazione, il Ministero della Giustizia sopprime la lettera c) articolo 2, comma 2 del D.M. 47/2016. Ciò, in quanto l’accertamento dell’effettività, della continuità e dell’abitualità dell’esercizio della professione forense sarebbero già garantiti da requisiti quali: la titolarità di partita iva, l’uso di locali e di almeno una utenza telefonica riservata all’attività professionale, la titolarità di un indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al Consiglio dell’Ordine, l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento professionale, una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione.

Se, come avevamo già visto, il Cnf non si dice affatto concorde nell’appoggiare tale modifica, il Consiglio di Stato -invece- ne esprime parere favorevole. Su questa stessa linea si muovono le Commissioni alla Camera e al Senato, le quali ritengono ampiamente motivata la tesi sostenuta dall’ Unione Europea. Nello specifico, essi convengono nel sostenere che il vincolo dei cinque affari annui violi il principio di proporzionalità tra prescrizione imposta e obiettivo perseguito (garantire l’effettivo e corretto esercizio della professione). Alla luce di quanto detto, lo schema di D.M. consentirebbe di conformare la normativa nazionale a quella europea e, senza compromettere in alcun modo la tutela dei destinatari dei servizi, andrebbe ad interrompere la procedura di infrazione in atto.

 

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