Processo Tributario Telematico e Garante Privacy

L’ok del garante privacy alle nuove regole del sistema di processo tributario telematico

L’11 novembre scorso il Garante Privacy acconsente gli aggiornamenti alle regole tecniche del processo tributario telematico. Queste nuove direttive modificano uno dei provvedimenti essenziali dell’informatizzazione del processo alle Commissioni Tributarie. Ovvero, s’intende il Decreto Direttoriale del 4 agosto 2015. Vediamo assieme cosa comporta questo passo avanti.

I cambiamenti necessari del processo tributario telematico dal via del Garante

Nonostante l’innovazione riconoscibile del decreto del 2015, esso risultava altrettanto migliorabile, Così, a distanza di sei anni le voci critiche si concentrano in particolare sulle scelte dei formati ammissibili in deposito. In effetti, risulta che il Ministero dell’Economia e delle Finanze consentisse sostanzialmente solo i formati PDF/A e TIFF.

Quindi, il MEF proponeva agli operatori una soluzione. Ovvero, introdurre un elenco di formati “gestiti” dal portale. Ciò significa che il loro deposito generava un errore “di formato” ma ne consentiva comunque l’acquisizione. Quindi, bene il via libera successivo alla produzione dei formati EML per la prova delle notifiche.

Fortunatamente, l’art. 16 bis del D.lgs. n. 546/92 non contiene sanzioni di inammissibilità del ricorso nel caso non si rispetti la regolamentazione tecnica.

Le regole della firma PAdES

Inizialmente, la sola firma ammessa era la CAdES. Successivamente, la sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 10266 del 27 aprile 2018 sancisce l’equivalenza tra le firme CAdES e PAdES. Per questa ragione, dal luglio 2019 il sistema del Processo Tributario Telematico recepisce anche le firme in formato PAdES.

Tuttavia, un’ulteriore lamentela mossa dai professionisti rimane tutt’oggi com’era. Ossia, il requisito che ogni documento che si deposita nel processo tributario telematico deve avere la propria firma digitale.

Garante Privacy interviene sul processo tributario telematico e chiede chiarimenti sui ruoli

In seguito, il Garante per la Privacy interviene in soccorso con alcune nuove misure che qui elenchiamo:

  • Modifica le Regole Tecniche per conciliare lo stato di diritto allo stato di fatto. Dunque, ammette le firme PAdES;
  • Estende l’ammissibilità dei formati nel PTT. Quindi, include anche l’EML: ciò significa che chiunque decida di usarlo non incorrerà più in errori di forma;
  • Ammette il deposito di documenti da allegare, anche senza la firma digitale.

Inoltre, l’aggiornamento delle Regole Tecniche prevede l’introduzione di un meccanismo di controllo automatico. In riferimento alla dimensione dei documenti informatici all’atto del loro deposito da parte del ricorrente e del resistente. Così come la modifica di alcuni controlli che già si prevedevano.

Poi, il Garante muove alcune richieste al Ministero. Innanzitutto, chiede che si integri lo schema di decreto per assicurare maggiori tutele alla riservatezza dei dati. Così, si adegua la normativa europea e italiana in materia di privacy.

Dunque, il Garante Privacy chiede che si definiscano accuratamente le responsabilità dei soggetti a cui spetta il trattamento dei dati. Quindi:

  • Ministero;
  • Commissioni tributarie provinciali e regionali;
  • Commissioni tributarie di I e II grado di Trento e Bolzano.

In particolare, si aspetta che si chiarisca il ruolo di ognuno nelle varie fasi del trattamento. Ovvero:

  • Gestione del fascicolo informatico;
  • Trattazione dei procedimenti;
  • Deposito di atti informatici; cartacei eccezionalmente.

Infine, il Garante chiede che si esplicitino gli obblighi informativi in caso di violazione dei dati (data breach).

Quali sono le misure di sicurezza da adottare nel nuovo PTT? Risponde il Garante Privacy

Periodicamente, il decreto in considerazione dovrà aggiornare le misure tecniche e organizzative. Il fine è di garantire un livello di sicurezza adeguatamente ai rischi dei trattamenti.

Nello specifico, le raccomandazioni del Garante sono le seguenti:

  • Raccomandazioni in merito allo standard Transport Layer Security (TLS)” che AgID adotta con determinazione n. 471 del 5 novembre 2020;
  • Utilizzare algoritmi crittografici per le operazioni di crittografia asimmetrica delle “chiavi di sessione”;
  • Rivedere le procedure di autenticazione che si usano per l’accesso al SIGIT, uniformando le stesse. Dunque, dove possibile si deve assicurare un livello di garanzia elevato come da Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1502 della Commissione dell’8 settembre 2015;
  • Conservare documentazione della registrazione di utenti e log relativi all’attività sulla piattaforma;
  • Prevedere alert per la rilevazione di comportamenti anomali. Oppure, a rischio in relazione alle operazioni di trattamento che gli utenti eseguono;
  • Prevedere l’esecuzione di attività di controllo interno (audit), con cadenza almeno annuale.

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Politiche digitali europee

Sviluppo di nuove tecnologie per dare all’Unione Europea un’effettiva sovranità

Quali sono le priorità della digital age che stiamo vivendo? Per quanto riguarda le politiche UE, si guarda anzitutto alla Dichiarazione su “Policy Objectives and Priorities for 2022“. Inoltre, alla Dichiarazione si allega un Documento di lavoro che contiene un elenco di ben 138 proposte legislative, principali e prioritarie. Vediamo assieme lo scenario.

Quali sono le politiche digitali in Italia e Unione Europea rispetto ai dati informatici?

Il Presidente del Parlamento europeo Sassoli firmava il sopracitato documento il 17 dicembre 2021, in accordo a un gruppo di altri organismi. Ovvero:

  • Parlamento;
  • Presidente del Consiglio dell’Unione europea;
  • Primo ministro della Slovenia Janez Janša;
  • Consiglio;
  • Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen;
  • Commissione.

Le numerose proposte legislative in previsione sono suddivise in 6 macro-aree. Di seguito, le elenchiamo:

  1. A European Green Deal”: comprende 41 proposte regolatorie. Di queste, 26 sono già presenti nella analoga dichiarazione del 2021;
  2. A Europe fit for the Digital Age”: raccoglie 19 proposte regolatorie. Tra queste, il Digital Data Act e altre 13 già presentate nel 2021;
  3. An Economy that works for People: contiene 29 proposte delle quali 19 già richiamate nella analoga Dichiarazione del 2021;
  4. A stronger Europe in the World: comprende 17 proposte, delle quali 19 già parti dell’allegato del 2021;
  5. Promoting our European Way of Life: raccoglie 24 proposte regolatorie. Di queste, 18 sono già presenti lo scorso anno;
  6. A New Push for European Democracy: raccoglie 18 proposte delle quali 7 già presenti nella Dichiarazione del 2021.

Analisi della Dichiarazione sulle politiche digitali d’Italia e Unione Europea

Ora, analizzando la Dichiarazione, capiamo alcune cose:

  • La complessità del procedimento legislativo europeo. Questo causa continui ritardi e non consente mai previsioni realistiche nel lungo periodo;
  • Quanto duro è stato l’impatto della pandemia sul procedimento decisionale europeo. Ad esempio, si ricordi il caso Merkel, che si dimetteva senza mettere a pieno frutto il Patto di Aquisgrana;

Inoltre, l’elenco degli impegni che si rinnovano quest’anno così raggruppati risultano evidentemente come un atto politico, più che semplice burocrazia.

A tal proposito, i tre vertici attuali dell’Unione Europea chiariscono che l’UE sta sempre più diventando un’unione di valori. Dunque, una comunità non solo legata alla dimensione economica e al mercato, ma segnata anche da tradizioni e valori comuni.

“A New Push for European Democracy” è il pacchetto di proposte del PNRR che ci illumina sul futuro dell’Unione Europea e la sua identità. Effettivamente, oltre alla condivisione di regole e diritti i Paesi d’Europa condividono sempre più anche una comune base democratica. Poi, nel PNRR si proclama l’obbiettivo di fondare anche un nuovo e più robusto tessuto di partiti politici a dimensione europea.

Italia nel 2022: le priorità alla luce dei nuovi obiettivi sulle politiche digitali dell’UE

Ora, per quanto riguarda lo scenario Italiano:

  • Da un lato, si impegna a contrastare gli effetti della pandemia: quindi, c’è sempre più l’esigenza di reti di trasmissione dei dati e di servizi digitali e moderni. Così come interconnessione a scala globale;
  • Dall’altro, cerca di costruire la democrazia della Digital Age. Effettivamente, nel Recovery Fund c’è una sostanziale parte che riguarda la promozione in ogni Stato dell’Unione dell’amministrazione digitale e la conseguente democrazia dell’Era digitale.

Per rimanere in costante aggiornamento su queste tematiche e novità, segnaliamo di controllare periodicamente:

  • il documento Piano nazionale di ripresa e resilienza – next generation Italia” che il governo Draghi trasmetteva al Parlamento il 25 aprile 2021;
  • Il Portale Italia domani sul sito della Funzione Pubblica. Infatti, esso riporta le opere e i costi del PNRR man mano che questo si sviluppa.

Il totale degli investimenti corrisponde a 222,1 miliardi di euro. E, fanno parte del Piano d’investimento gli ambiti della:

  • Pubblica Amministrazione;
  • Giustizia;
  • Semplificazione normativa;
  • Concorrenza.

Precisamente, così si ripartisce PNRR:

  • 27% del Piano alla digitalizzazione;
  • 40% agli investimenti per il green deal;
  • 10% a investimenti per aumentare la coesione sociale.

Inoltre, si prevedono investimenti nel settore della cultura e del turismo, settori chiave per l’Italia.

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Rimborso delle spese legali imputati assolti

Via al decreto con criteri e modalità d’erogazione di rimborsi spese legali degli assolti

Il Ministro della Giustizia Marta Cartabia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze Daniele Franco emanano un nuovo decreto. Tale atto definisce i criteri e le modalità di erogazione del Fondo per il rimborso delle spese legali agli imputati assolti. Dunque, ne si delineano precisamente specifiche e tempi e l’ammontare del fondo è pari a 8 milioni annui.

Rimborso spese legali ad alcuni imputati assolti: ecco il nuovo decreto del Ministero

Innanzitutto, chi è il destinatario del fondo rimborsi? Possono accedere a tale risarcimento le seguenti categorie di soggetti destinatari di una sentenza di assoluzione definitiva pronunciata perché:

  • Il fatto non sussisteva;
  • Non commette il fatto;
  • Il fatto non è reato o la legge non lo prevede come tale.

In particolare, quest’ultima specifica esclude il caso in cui la pronuncia interveniva a seguito della depenalizzazione dei fatti oggetto dell’imputazione.

Invece, chi sono gli esclusiNon possono accedere al fondo:

  • Coloro per i quali anche se alcuni capi d’imputazione li assolvono, altri li condannano;
  • I soggetti che ricevono una sentenza di estinzione del reato per prescrizione o amnistia;
  • Coloro che beneficiano nel medesimo procedimento del patrocinio a spese dello Stato;
  • Chiunque ottenga la condanna del querelante alla rifusione delle spese di lite.

Ciò detto, aggiungiamo che tale rimborso si riconosce nel limite massimo di 10.500 euro. Questa somma si ripartisce in tre quote annuali, a partire dall’anno successivo a quello in cui la sentenza diviene irrevocabile.

Come presentare domanda per rimborso spese legali degli assolti e quali sono i tempi

Chiunque richieda il rimborso (ossia, l’imputato) deve presentare istanza di accesso al fondo esclusivamente tramite piattaforma telematica. A questa si può accedere dal sito giustizia.it con le credenziali SPID di livello due.

Tra gli elementi che dovranno includersi nella richiesta ci sono:

  • Durata del processo, oggetto della sentenza di assoluzione irrevocabile. Questa si calcola dalla data di emissione del provvedimento con il quale si esercitava l’azione penale, alla data in cui sentenza di assoluzione è definitiva;
  • Attestazione che l’importo di cui si chiede il rimborso si versi al professionista legale tramite bonifico. Questo a seguito di emissione della parcella valida per il Consiglio dell’Ordine.

Invece, per quanto riguarda i tempi di emissione, la domanda si dovrà presentare entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui la sentenza è irrevocabile. Tuttavia, per le sentenze irrevocabili nel corso del 2021, le domande potranno presentarsi solo a partire dal prossimo 1° marzo fino al 30 giugno 2022.

I criteri di valutazione delle istanze per il risarcimento delle spese di chi si assolve

Come dicevamo, il fondo non ha valore illimitato, ma pari a 8 milioni annui. Dunque, si darà precedenza a:

  • Quelle istanze dell’imputato irrevocabilmente assolto con sentenza resa dalla Corte di Cassazione (giudice del rinvio). Oppure, all’esito di un processo che dura complessivamente oltre otto anni;
  • Alle istanze rese dal giudice di appello. Oppure, all’esito di un processo che dura più di cinque e fino a otto anni;
  • A quelle rese dal giudice di primo grado. Oppure, all’esito di un processo che dura in tutto fino a cinque anni.

Nell’ambito di ciascun gruppo si darà preferenza alle istanze per processi più lunghi. E, a parità di durata, a quelle con imputati con reddito inferiore. Inoltre, il Ministero effettuerà un controllo di effettiva corrispondenza tra quanto si dichiara e quanto emerge dalla documentazione allegata. Per fare ciò, si avvale del proprio personale o di Equitalia giustizia S.p.A.

Ora, si attende la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Il merito principale per questa innovazione è dell’onorevole Enrico Costa, responsabile giustizia del partito Azione. Infatti, quest’ultimo presentava un emendamento alla Legge di Bilancio e contattava il Ministero affinché emanasse il decreto.

Al proposito, egli commenta:

“è sicuramente importante che la procedura possa partire; tuttavia, a differenza della norma il cui testo era molto snello, mi pare che con il decreto sia stata prevista una eccessiva burocratizzazione per compilare la domanda di accesso al Fondo. Si arriverà al punto che l’imputato assolto dovrà rivolgersi nuovamente all’avvocato e pagarlo per aiutarlo a compilare la richiesta”.

 

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Nel 2002 l’Italia fu uno dei primi Paesi europei a introdurre delle regole del Codice Appalti, con il D.P.R. 101. Tuttavia, in seguito ogni Ente creava la sua propria piattaforma con modalità, interfacce, procedure, linguaggi differenti l’una dalle altre. Ora, vediamo se con gli obiettivi e i fondi a disposizione del PNRR finalmente si riuscirà ad avere una piattaforma di E-Procurement unica e uguale per tutti.

 

 

E-Procurement: i passi per la digitalizzazione delle procedure d’appalto col PNRR

Successivamente, altri venti anni decorrono dall’attuazione delle regole del Decreto n. 148 del 12 agosto 2021. Questo, riguarda il “Regolamento recante modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici, da adottare ai sensi dell’articolo 44 del D. Lgs. 50/2016” (Codice dei contratti pubblici).

Tale Decreto doveva definire le modalità di digitalizzazione delle procedure di interconnessione e di interoperabilità. Inoltre, intendeva delineare le migliori pratiche su:

  • metodologie organizzative e di lavoro;
  • soluzioni informatichetelematiche e tecnologiche di supporto;
  • metodologie di programmazione e pianificazione.

La strada del Decreto era prontamente preparata da AgID nel dicembre 2016 con la Circolare n.3 “Regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisto e di negoziazione”.

Consip e AgID, dove siamo oggi nella strada di standardizzazione delle procedure d’appalto

Al proposito, Consip annuncia un rinnovamento complessivo del sistema di e-Procurement. Infatti, comunica che la prima fase del rinnovamento prevede un cambiamento nell’architettura applicativa. Il fine è una maggiore integrazione e interoperabilità coi sistemi esterni e la reingegnerizzazione dell’esperienza utente e dell’interfaccia grafica. Così, si consentirà un rilevante miglioramento della fruibilità del sistema.

Ora, si aspetta l’entrata in azione di AgID per definire le modalità di digitalizzazione delle procedure di affidamento disciplinate dal Codice. In effetti, il Decreto non assegna ad AgID limiti di tempo per l’emissione delle linee guida né indica quanto in dettaglio debbano scendere le linee guida AgID. Tuttavia, si auspica che non abbiano ad oggetto i soli dati ma anche procedurefunzionalità e interfacce in modo da semplificare lo sviluppo delle piattaforme e l’utilizzo da parte delle Imprese.

 

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Avvocati e pensione: come presentare al domanda

Burocrazia meno complessa con la domanda online per richiedere la pensione degli avvocati

Il progresso tecnologico compie di giorno in giorno nuovi passi dando vita a nuove opportunità per il miglioramento della quotidianità. In particolare, ne beneficia da sempre la lunga e complessa burocrazia a cui contrasta l’attuale possibilità di fare domande per bandi o quant’altro onlineaccorciandone notevolmente i tempi. Nello specifico, il 2022 comincia con un’importante novità per il mondo degli avvocati, che ora potranno richiedere la pensione online.

Chi può fare la domanda online per richiedere la pensione dei professionisti legali

Attualmente, la procedura informatica si può utilizzare solo per le richieste di pensione di:

  • vecchiaia (70 anni di età e 35 anni di contribuzione);
  • contributiva (70 anni e 5 anni di contribuzione);
  • vecchiaia anticipata (65 anni);
  • anzianità (62 anni e 40 di contribuzione).

Comunque, alla domanda online si affianca quella classica basata su carta e PEC. Effettivamente, questa rimane l’unica utilizzabile per tutte le altre prestazioni previdenziali. Ad esempio, le pensioni di invalidità, di reversibilità, e quelle indirette.

 

 

Dal sito di Cassa Forense è possibile inoltrare la domanda di pensionamento

Dunque, dal 10 gennaio collegandosi al sito della Cassa forense si potrà presentare la domanda di pensione online. Al proposito, Angelo Strano (dirigente e responsabile del servizio “Prestazioni previdenziali” della Cassa Forense) raccomanda questi passaggi:

  1. Scannerizzare la tessera sanitaria dell’iscritto (fronte/retro) e il modulo delle detrazioni fiscali. A quest’ultima si accede dalla pagina web della procedura, la cui compilazione è però opzionale;
  2. Entrare nell’Area Riservata (“posizione personale”). Qui, si richiede il codice meccanografico e il pin;
  3. Una volta che si è nella propria pagina web, andare al menu “Istanze on line”. Quindi, si autorizza al trattamento dei dati;
  4. Ora, si dovrà selezionare la tipologia di trattamento previdenziale disponibile in base ai requisiti che si possiedono. Al proposito, per ognuna delle tipologie è disponibile il link alla normativa di riferimento;
  5. A questo punto, si visualizzano i dati anagrafici in possesso dalla Cassa forense relativamente all’iscritto. In caso di dati non aggiornati, si dovranno modificare cliccando su un link che porta alla parte anagrafica della propria pagina web;
  6. Poi, si visualizzano i dati reddituali dei vari anni non comunicati alla Cassa, che devono fornirsi al fine della conclusione positiva della procedura. Quindi, Strano sottolinea che questo passaggio non si prevede nella procedura cartacea. Infatti, qui bisogna indicare il reddito solo degli ultimi 2 anni. E, in caso di dati che mancano per gli anni prima, l’iscritto viene successivamente contattato dalla Cassa per fornirli;
  7. In seguito, si comunicano le coordinate bancarie dove si vuole che si accrediti la pensione;
  8. Quindi, si allega un file che deve contenere contestualmente la tessera sanitaria scannerizzata fronte/retro e l’eventuale modulo sulle detrazioni fiscali;
  9. A quel punto, il richiedente può scaricare l’anteprima della domanda di pensione. Se certo che tutto sia corretto, deve poi cliccare su “trasmetti”.
  10. Infine, il professionista dovrà cliccare sull’icona “ricevuta”, ottenendo di conseguenza la conferma che la domanda è stata correttamente inviata. In questa fase conclusiva, si rilascerà anche il numero di protocollo, e la relativa data.

Come si precisa nella Carta dei Servizi, la conclusione del processo di definizione del trattamento avverrà entro i 90/120 giorni successivi.

 

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Il decreto Milleproroghe estende oltre la fine dello stato d’emergenza (31 marzo) il ricorso alle camere di consiglio da remoto nel processo penale. Dunque, le sentenze da remoto si potranno adottare per l’intero anno 2022. Tuttavia, a penalisti e Cnf non piace questa scelta. Vediamo assieme il perché.

Camere di consiglio e sentenze da remoto? Ucpi e avvocatura dicono no

Principalmente, l’Unione Camere penali lancia l’allarme rispetto all’estensione fino al 31 dicembre 2022 di tenere le camere di consiglio da remoto. L’appello dei penalisti alle forze parlamentari giustifica che “sia posto rimedio all’ennesima violazione delle regole del processo accusatorio”.

Con una nota dell’Ucpi si legge che:

“Con il decreto legge n. 221 del 24 dicembre, per quanto attiene alla materia penale, si è intervenuti solo prorogando le discipline emergenziali che riguardano licenze, permessi premio e detenzione domiciliare. Evidentemente il ministero ci ha ripensato. Ed ecco che, con l’articolo 16 del decreto Milleproroghe non solo tutte le norme di emergenza della legislazione civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e militare sono state prorogate ma la solita “manina”, neppure tanto nascosta, questa volta ha disvelato il vero intendimento che è quello di assecondare i desiderata di una parte di Anm”.

Dunque, arriviamo a leggere il problema della norma, sempre seguendo quanto dice il comunicato dell’Ucpi:

“[la norma ha il significato di] rendere stabile la disciplina che tra l’altro consente ai giudici di decidere da remoto, prescindendo dal rischio pandemico, perpetuando una disciplina dalla quale la riforma Cartabia ha inteso allontanarsi e peraltro prevedendo un periodo transitorio per la messa a regime del processo telematico”.

Perché gli Ermellini non vogliono la possibilità delle sentenze da remoto: è contro i principi del giusto processo

Quindi, gli avvocati penalisti denunciano un evidente attacco alle garanzie e prerogative difensive. E, lo fanno strumentalizzando il problema della pandemia per individuare un termine di proroga privo di qualsiasi collegamento con l’emergenza sanitaria. Allora, l’appello va alle forze parlamentari che hanno a cuore i principi del giusto processo.

Quantomeno, si auspica che si ritorni a limitare il ricorso alle norme emergenziali del processo al generale termine del 31 marzo 2022 previsto per l’emergenza nazionale.

Ora, il provvedimento si convertirà entro il 28 febbraio. Tuttavia, la norma sembra produrre già i suoi effetti, anche se la disciplina non si applica alle udienze fissate per gennaio.

Tra le principali domande che aleggiano nella mente dell’avvocatura ci sono:

  • Quali atti si possono consultare e condividere in una camera di consiglio composta da tre giudici fisicamente lontani tra loro?
  • Quali fascicoli sono a disposizione dei singoli magistrati?

Evidentemente, questa organizzazione della collegialità si riduce a un simulacro. Peraltro, non aggiunge alcuna efficienza al processo.

Come nel passato si vuole evitare il provvedimento dei collegamenti da remoto

Antecedentemente, con i decreti Ristori e Ristori bis del 2020 si prevedeva che nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in Camera di Consiglio si assumessero mediante collegamenti da remoto. La misura fu stigmatizzata da subito dall’Ucpi e la norma fu totalmente disapplicata in diverse Corti d’Appello, come quelle di RomaCataniaMilanoMessina. Queste ultime assumevano posizioni comuni con le Camere penali territoriali rifiutando la possibilità della camera di consiglio da remoto.

Per concludere, riportiamo le parole del presidente dei penalisti capitolini Vincenzo Comi che conferma quanto detto:

“A Roma la camera di consiglio da remoto non è mai partita. Proprio la fermezza delle nostre convinzioni ha consentito alla Camera penale di Roma di ottenere nel 2020, sotto la presidenza di Cesare Placanica, un protocollo con la Corte d’Appello.”

Con tale protocollo si escludeva ogni ipotesi di camera di consiglio da remoto nei processi di secondo grado. Quel protocollo generava poi la disapplicazione della norma a livello nazionale. Dunque, la camera di consiglio da remoto rappresenta una scelta inutile e grave, dalle conseguenze dannose per il processo penale.

“Per un magistrato consapevole è un diminutivo della efficienza del processo. Non è un problema di assolvere o condannare, ma di dare il peso giusto al processo”.

 

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Al via il processo costituzionale telematico

In Tribunale con il Green Pass

Scatta l’obbligo di Green Pass anche per gli avvocati: è quanto prevede l’ultimo decreto

Il nuovo decreto in Gazzetta Ufficiale dal 8 gennaio 2022 prevede nuove misure di contrasto al Covid. Tra queste, si legge dell’obbligo di Green Pass anche per gli avvocati nell’accesso agli uffici giudiziari. Comunque, ne sono esenti i testimoni e le parti del processo. Quindi, vediamo assieme le specifiche nel dettaglio.

Obbligatorio il Certificato Verde anche per gli avvocati in Tribunale, le specifiche del decreto

Innanzitutto, nel decreto si evince che oltre ai magistrati l’obbligo del Green Pass si estende anche a:

  • Difensori;
  • Consulenti;
  • Periti;
  • Altri ausiliari del magistrato, estranei alle amministrazioni della giustizia.

Tuttavia, ricordiamo che le disposizioni non si applicano ai testimoni e alle parti del processo. Difatti, il decreto chiarisce che:

“L’assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde Covid-19 non costituisce impossibilità di comparire per legittimo impedimento”.

Inoltre, il Green Pass base è necessario dal 20 gennaio anche in carcere per i colloqui visivi con i detenuti e gli internati negli istituti penitenziari per adulti e minori. A tal proposito, si specifica che l’obbligo di green pass per accedere agli uffici giudiziari va bene esteso agli avvocati purché sia una misura limitata nel tempo e non danneggi i cittadini.

In merito, il presidente del consiglio dell’Ordine degli avvocati romaniAntonino Galletti afferma che “gli avvocati non vaccinati proveranno a fare ricorsi, e a far valere le loro ragioni”.  Inoltre, Galletti spiega che l’unico modo per fare ricorso sarà quello di subire le sanzioni e poi impugnarle. Eventualmente, per arrivare a sollevare la questione di legittimità costituzionale.

Infine, ricorda l’esempio dalla giustizia amministrativa: tutti i provvedimenti relativi a ricorsi sul Covid, anche quelli sull’obbligo di vaccino per i medici, sono stati di rigetto. Quanto ai possibili interventi dell’Ordine, conclude il presidente del Coa di Roma, “sarà onere di chi non fa il vaccino trovare un sostituto, valuteremo se mettere in piedi un sistema di sostituzioni che possa aiutare i colleghi”.

 

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Le frodi creditizie sono un fenomeno sempre più in voga

Come cambia negli anni il fenomeno senza crisi delle frodi creditizie

Potrà cambiare il valore medio delle frodi, l’età delle vittime, i beni e i servizi che si acquistano in maniera fraudolenta. Così come cambia il modus operandi dei frodatori, ora attraverso tecniche sempre più sofisticate per acquisire informazioni personali e credenziali. Ciò che rimane uguale è la consistenza e continuità con cui si perpetrano le frodi creditizie, per questo motivo definite un fenomeno sempre in voga. Diamo un occhio al problema e vediamo assieme come si può contrastare.

Frodi creditizie, cosa sono e come avvengono: un fenomeno sempre attuale

Nel primo semestre del 2021 il fenomeno delle frodi con furto di identità vede una crescita del +8,7% rispetto al corrispondente periodo del 2020. A tal proposito, i casi rilevati sono ben 12.197, coerentemente con la ripresa delle erogazioni di credito alle famiglie.

Dunque, chi e cosa riguardano queste frodi? Intanto, si fondano sulla capacità delle organizzazioni o di singoli criminali di carpire in modo illecito dati personali e finanziari. Poi, si impersonificano nelle vittime per ottenere un finanziamento attraverso il quale acquisire beni e servizi. Ovviamente, con l’intenzione di non rimborsare le rate e non pagare il bene.

Gli ultimi dati sulle frodi creditizie, il fenomeno evergreen

Nell’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sulle Frodi Creditizie e i furti di identità si evince che il danno supera i 63 milioni di euro. La curva è in lieve calo rispetto ai 65 milioni circa del 2020 ma solamente perché ora i criminali si orientano su finanziamenti fraudolenti di importo più contenuto. Difatti, il valore medio dei crimini si attesta a 5.168 euro contro i 5.792 euro dell’anno precedente.

Inoltre, rispetto al passato si rileva una distribuzione più omogenea dei casi. La predominanza è di quelle con importo compreso tra i 1.500 e i 3.000 euro, che spiegano il 13,6% del totale. A seguire, quelle tra 5.000 e 10.000 euro, con il 12,1%, e infine quelle di valore inferiore ai 1.500 euro, con il 12%.

Tuttavia, si segnala una crescita rispettivamente del +13,2% dei casi con importo tra 10.000 e 20.000 euro e del +14,6% per quelle al di sopra dei 20.000 euro. Inoltre, si sottolinea come nel corso degli anni il valore unitario delle frodi diminuisca costantemente: 10 anni fa più di 1/4 dei casi vedeva un importo superiore ai 10.000 euro.

I beni e servizi acquistati con le frodi creditizie, il fenomeno sempre in voga

Ecco una lista di beni e servizi e le rispettive percentuali su cui si concentrano le frodi:

  1. Acquisto di elettrodomestici – sono il 48,2% dei casi;
  2. Prestiti per l’acquisto di auto o moto, con il 13,5%;
  3. Acquisti di prodotti di elettronicainformatica e telefonia – con il 12,0% del totale;
  4. Mobili e articoli di arredamento vedono più di 1.000 delle frodi.

Ora, si noti che 10 anni fa il 62,7% dei casi riguardava auto e moto, ovvero prodotti con valore unitario decisamente alto. Questo conferma il progressivo orientamento dei frodatori verso beni di importo più contenuto. Perché questo cambiamento? Semplicemente, per questo genere di beni contenuti i controlli in fase di erogazione a distanza sono spesso meno sofisticati.

Nel complesso, il prestito finalizzato continua ad essere la tipologia di finanziamento maggiormente coinvolto nei casi di frode – con il 43,1% del totale. Tuttavia, si segnala un calo del -14,4% rispetto allo stesso periodo del 2020. Peraltro, l’incidenza di questa specifica forma tecnica risulta in costante flessione rispetto al picco del 2011, quando rappresentava addirittura il 77,9% del totale.

In compenso, nell’ultimo semestre di osservazione aumentano in modo significativo le frodi che interessano le carte di credito (+32,2%): rappresentano ¼ del totale. Anche per i prestiti personali si registra un vero e proprio boom nel primo semestre 2021, con un +56,8%, arrivando a rappresentare il 16,6% del totale dei casi.

Il profilo delle vittime del fenomeno sempre attuale delle frodi creditizie

A cambiare è anche l’età media delle vittime. Infatti, la fascia d’età in cui nella prima metà dell’anno in corso si è concentrato il maggior numero di casi è quella compresa tra i 18 e i 30 anni (con il 24,2% del totale). Paradossalmente, in questa fascia di popolazione il ricorso al credito è decisamente inferiore rispetto ad altri segmenti più maturi.

Comunque, tra le altre fasce di popolazione più colpite dal fenomeno ci sono i consumatori di età compresa tra 41 e 50 anni con il 22,7% del totale. A seguire, la popolazione tra 31 e 40, con il 22,4%.

Invece, dieci anni fa la fascia maggiormente colpita era quella degli over 50 – con il 28,9%. A essa seguiva quella compresa tra 31 e 40 anni, con il 25,5% del totale; mentre gli under 30 rappresentavano il 21,9%.

Nonostante i giovani siano dotati di una maggiore dimestichezza con la tecnologia, si nota il progressivo abbassamento dell’età delle vittime. Dunque, fa riflettere sull’eccessiva disinvoltura con la quale molti giovani non prestano adeguata attenzione alla tutela dei propri device. Così come alla oculata gestione delle proprie informazioni personali e credenziali, diventando facili prede dei frodatori.

Come agiscono i frodatori di credito?

Nella prima metà dell’anno sono stati oltre un milione gli alert a utenti italiani relativamente a un attacco informatico ai danni dei propri dati personali. Inoltre, i dati trovati sul dark web sono altrettanto aumentati. Inoltre, inquietante è tenere conto che tipicamente il picco di frodi si registra proprio in questo periodo di feste e shopping natalizio, quando il livello di attenzione è più basso.

Indubbiamente, per quanto riguarda gli operatori di settore l’attenzione verso la prevenzione e la sicurezza cresce nel tempo. E, di pari passo sono aumentate le risorse introdotte per contenere i rischi. Ad esempio, adottando strumenti di digital onboarding e avanzate soluzioni basate sull’intelligenza artificiale.

Effettivamente, queste soluzioni consentono di scoprire fonti di dati compromessi al fine di inviare proattivamente alert. Così com’è possibile impostare adeguate strategie di prevenzione per la propria organizzazione e per i propri clienti.

Però, relativamente alle frodi creditizie si ricordi che in genere non sono le banche ad essere esposte ai pericoli maggiori. Tipicamente, le banche si attrezzano con sistemi di prevenzione efficaci per le verifiche allo sportello, quanto piuttosto gli operatori dell’e-commerce, i dealer, i merchant e gli esercizi commerciali.

Non solo phishing e vishing: tecniche di difesa contro le frodi creditizie

Al contempo, le organizzazioni criminali sviluppano tecniche sempre più sofisticate per acquisire informazioni personali e credenziali. Quindi, non più solo phishing e vishing: ad esempio, ora c’è anche il trashing. In cosa consiste? Si setacciano i rifiuti della vittima per recuperare:

  • Corrispondenza;
  • Contabili;
  • Scontrini.

E, da essi si ricavano credenziali e informazioni riservate da utilizzare per commettere una frode.

Dunque, come ci si può proteggere? la prima forma di difesa per un consumatore è proprio la capacità di adottare comportamenti attenti e virtuosi. Da un lato, si consiglia di non pubblicare sul web e sui profili social informazioni personali e non usare password facilmente intuibili. Dall’altro, è fondamentale proteggere accuratamente i propri dispositivi, aggiornando sistematicamente gli antivirus e scegliendo una password sicura e diversa per ogni account importante.

Inoltre, è altrettanto cruciale porre la massima attenzione a sitimail e telefonate sospette che chiedono credenziali e dati finanziari Così come è opportuno distruggere sistematicamente tutta la documentazione che riporta informazioni riservate prima di cestinarla. Infine, è molto utile attivare servizi di alert che consentono di verificare in tempo reale le transazioni sulle carte di credito, le richieste di finanziamento a proprio nome e per controllare l’indebita circolazione dei dati personali e finanziari sul web.

Infine, si attende dagli Istituti un ampliamento dei controlli sulle banche dati SCIPAFI, con riferimento al decreto legislativo 64/2011– Sistema Pubblico di Prevenzione delle Frodi. Inoltre, il decreto 19/05/2014, n.95 – Regolamento Attuativo del Ministero dell’economia e delle Finanze andrà ad includere anche la verifica di questo tipo di documento, ad oggi non ancora resa disponibile.

 

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Il decreto Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale

I settori di intervento e le novità del decreto Milleproroghe pubblicato in G.U.

Il decreto n. 228/2021 Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale. Come ogni anno contiene le disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Il testo del decreto si compone di 25 articoli ed è in vigore dal 31 dicembre 2021; in attesa di convertirsi in legge. Vediamo quali sono le proroghe negli argomenti più significativi.

Gazzetta Ufficiale, ecco le disposizioni del decreto Milleproroghe aspettando la conversione in legge

Alcune tra le materie oggetto di intervento per le quali si dispongono le proroghe sono:

  • Pubbliche Amministrazioni;
  • Competenze del Ministero dell’Interno e di personale del comparto sicurezza e difesa e del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco;
  • Economia, finanza e tributi;
  • Salute, certificazioni verdi COVID-19 per la Repubblica di San Marino, dirigenti medici;
  • Istruzione, università, ricerca ed esami di stato, contrasto alla povertà educativa;
  • Culturaturismo, editoria;
  • Giustizia, giustizia civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e militare;
  • Competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • Infrastrutture, mobilità sostenibili, transizione ecologica;
  • Poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, imprese d’interesse strategico nazionale.

Revisioni auto entro il 31 marzo, così stabilisce il decreto in G.U.

Differisce al 31 marzo 2022 la revisione periodica dei veicoli contemplati dall’art. 80 del Codice della Strada da parte degli ispettori. Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 19 maggio 2017 (GU n. 139/2017) ha il fine di:

  • Mitigare gli effetti che derivano dall’attuazione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
  • Ridurre i tempi di espletamento delle attività.

Rimborso del Bonus Terme in 120 giorni, come da decreto Milleproroghe della Gazzetta Ufficiale

L’art. 29 bis del decreto n. 140/2020 riguarda il Bonus Terme. Qui, si prevede che l’ente termale, dopo aver messo la relativa fattura, possa richiedere il rimborso del valore del buono. Questo è possibile non oltre 120 giorni dal termine in cui erogava i servizi termali.

Le Milleproroghe del settore giustizia, come da decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Si prorogano al 31 dicembre 2022 le seguenti misure in materia di giustizia dal decreto n. 34/2020:

  • Deposito telematico di atti e documenti;
  • Pagamento del contributo unificato con sistemi telematici;
  • Udienze civili in modalità telematica con deposito di note scritte;
  • Deposito di atti e documenti in modalità telematica nel giudizio di cassazione e pagamento telematico del contributo unificato;
  • Udienze civili in modalità telematica;
  • Giuramento del C.T.U. con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo d’ufficio;
  • Colloqui in modalità telematica con i detenuti.

Infine, per i procedimenti tributari e amministrativi si proroga lo svolgimento da remoto fino al 31 marzo 2022.

Concorsi per assunzioni nella PA fino al 31 dicembre 2022: così scrive il decreto Milleproroghe in G.U.

Si prorogano di un anno i concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato col fine della sostituzione dei rapporti di lavoro cessati dal 2009 al 2012.

Inoltre, si istituisce la proroga fino al 31 dicembre 2022 anche per le assunzioni di personale a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato. Questo anche per quanto riguarda:

  • L’ordinamento autonomo;
  • Le agenzie e gli enti pubblici non economici;
  • Gli uffici giudiziari e il sistema delle università statali.

Proroga degli aiuti, ecco cosa si dice in merito nel decreto Milleproroghe in Gazzetta Ufficiale

Si prorogano fino al 30 giugno 2022 i finanziamenti agevolati, le garanzie sui prestiti e i contributi. Questo per quanto riguarda i costi fissi non coperti e sostenuti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2022 in favore degli Enti territoriali e delle Camere di commercio. Tale disposizione è valida in virtù della proroga della normativa quadro.

Invece, si prorogano fino al 30 giugno 2023 in favore dei soggetti suddetti gli aiuti sotto forma di:

  • Sovvenzioni dirette;
  • Anticipi rimborsabili;
  • Agevolazioni fiscali.

 

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L’impero nel cyberspazio delle Big Tech

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Le grandi multinazionali IT non avranno eserciti e non governano territori, ma hanno influenza e soldi da investire e sanno bene come farlo. D’altronde, il vero potere è quello che non si vede. Chi è contro la Silicon Valley è di fatto contro la tecnologia e il progresso: questa è la narrativa, il motto. Vediamo assieme lo scenario alla luce della giurisdizione e le correlate caratteristiche.

La sovranità privata delle Big Tech nel cyberspazio: potere normativo, performativo e pratico

Iniziamo le considerazioni in materia riportando le parole del giurista di Georgetown Julie Cohen, che invita a riconoscere la plausibilità dell’ossimoro sovranità privata. In questo scenario, le piattaforme operano in tutto e per tutto quali grandi soggetti della diplomazia internazionale. Il loro potere è normativoperformativopratico e sono proprio gli Stati che cercano di carpire i loro segreti.

Poi, David Runciman in How Democracy Ends afferma che Facebook è sia una gerarchia che una rete. Il professore sostiene che il social sia più gerarchico di qualsiasi Stato democratico e che Zuckerberg e co. esercitano uno straordinario livello di controllo personale“È più simile a una corte medievale che a una comunità politica moderna. Il potere scorre dall’alto. Allo stesso tempo la sua rete è molto più inclusiva di qualsiasi Stato”

Inoltre, Runciman sostiene che:

“lo Stato può farci sentire sicuri ma Facebook ci fa sentire amati. È l’esatto contrario della democrazia rappresentativa che fu inventata dai rivoluzionari americani e francesi non per solleticare i nostri istinti ma per tenerli a bada, non per appagarli ma per trascenderli: ragion per cui tanto essa è frustrante, quanto invece appagante è l’esperienza del social network che ci regala scariche di dopamina.”

Il colonialismo dei dati da parte delle multinazionali IT mondiali nell’impero del cyberspazio

Effettivamente, l’ex capo di Google Eric Schmidt affermava che “il mondo online non è veramente limitato da leggi terrestri… è il più grande spazio non governato della terra”. Tuttavia, ognuno di noi si è reso conto di quanto i regolamenti delle Big Tech non sempre siano a nostra completa tutela, specialmente quando si parla di consenso su foto e tag social e del trattamento dei dati personali.

Dunque, la soluzione per la nostra libertà è ricorrere allo Stato? Sembra inverosimile, ma per alcuni studiosi, è anche la più prossima possibilità.

Così, si parla di colonialismo dei dati in quanto come quello storico condivide le modalità che presta al capitale al fine di procedere allo sfruttamento della materia prima. Tuttavia, c’è una differenza fra loro: il capitalismo dei dati non si accontenta di sottoporre al meccanismo di appropriazione ed estrazione del valore i corpi. Invece, pretende di carpire per i suoi scopi l’intera vita umana, catturandola in relazioni sociali, prontamente raccolte in database.

Gli scrittori Couldrye e Mejias in The Costs of Connection. How Data is Colonizing Human Life and Appropriating it for Capitalism argomentano che il nuovo colonialismo si basa sulla naturale disponibilità di dati sociali a basso prezzo. Per sintetizzare, il nuovo colonialismo condivide gli assi portanti con quello precedente per quanto riguarda i seguenti punti:

  • Infrastruttura tecnologica per l’estrazione dei dati;
  • Ordine sociale che vincola gli esseri umani a questa infrastruttura;
  • Sistema economico costruito su infrastruttura e ordine;
  • Modello di governo sociale che lega sempre di più gli individui al sistema;
  • Razionalità che offre un orizzonte di senso allo sfruttamento;
  • Nuovo modello di conoscenza che esaurisce in sé, nei big data, lo spazio di ciò che si può apprendere sulla vita.

 

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