L’Avvocatura dice no alle sentenze da remoto

Decreto Milleproroghe estende la possibilità delle sentenze da remoto, ma gli avvocati dicono no

Il decreto Milleproroghe estende oltre la fine dello stato d’emergenza (31 marzo) il ricorso alle camere di consiglio da remoto nel processo penale. Dunque, le sentenze da remoto si potranno adottare per l’intero anno 2022. Tuttavia, a penalisti e Cnf non piace questa scelta. Vediamo assieme il perché.

Camere di consiglio e sentenze da remoto? Ucpi e avvocatura dicono no

Principalmente, l’Unione Camere penali lancia l’allarme rispetto all’estensione fino al 31 dicembre 2022 di tenere le camere di consiglio da remoto. L’appello dei penalisti alle forze parlamentari giustifica che “sia posto rimedio all’ennesima violazione delle regole del processo accusatorio”.

Con una nota dell’Ucpi si legge che:

“Con il decreto legge n. 221 del 24 dicembre, per quanto attiene alla materia penale, si è intervenuti solo prorogando le discipline emergenziali che riguardano licenze, permessi premio e detenzione domiciliare. Evidentemente il ministero ci ha ripensato. Ed ecco che, con l’articolo 16 del decreto Milleproroghe non solo tutte le norme di emergenza della legislazione civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e militare sono state prorogate ma la solita “manina”, neppure tanto nascosta, questa volta ha disvelato il vero intendimento che è quello di assecondare i desiderata di una parte di Anm”.

Dunque, arriviamo a leggere il problema della norma, sempre seguendo quanto dice il comunicato dell’Ucpi:

“[la norma ha il significato di] rendere stabile la disciplina che tra l’altro consente ai giudici di decidere da remoto, prescindendo dal rischio pandemico, perpetuando una disciplina dalla quale la riforma Cartabia ha inteso allontanarsi e peraltro prevedendo un periodo transitorio per la messa a regime del processo telematico”.

Perché gli Ermellini non vogliono la possibilità delle sentenze da remoto: è contro i principi del giusto processo

Quindi, gli avvocati penalisti denunciano un evidente attacco alle garanzie e prerogative difensive. E, lo fanno strumentalizzando il problema della pandemia per individuare un termine di proroga privo di qualsiasi collegamento con l’emergenza sanitaria. Allora, l’appello va alle forze parlamentari che hanno a cuore i principi del giusto processo.

Quantomeno, si auspica che si ritorni a limitare il ricorso alle norme emergenziali del processo al generale termine del 31 marzo 2022 previsto per l’emergenza nazionale.

Ora, il provvedimento si convertirà entro il 28 febbraio. Tuttavia, la norma sembra produrre già i suoi effetti, anche se la disciplina non si applica alle udienze fissate per gennaio.

Tra le principali domande che aleggiano nella mente dell’avvocatura ci sono:

  • Quali atti si possono consultare e condividere in una camera di consiglio composta da tre giudici fisicamente lontani tra loro?
  • Quali fascicoli sono a disposizione dei singoli magistrati?

Evidentemente, questa organizzazione della collegialità si riduce a un simulacro. Peraltro, non aggiunge alcuna efficienza al processo.

Come nel passato si vuole evitare il provvedimento dei collegamenti da remoto

Antecedentemente, con i decreti Ristori e Ristori bis del 2020 si prevedeva che nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in Camera di Consiglio si assumessero mediante collegamenti da remoto. La misura fu stigmatizzata da subito dall’Ucpi e la norma fu totalmente disapplicata in diverse Corti d’Appello, come quelle di RomaCataniaMilanoMessina. Queste ultime assumevano posizioni comuni con le Camere penali territoriali rifiutando la possibilità della camera di consiglio da remoto.

Per concludere, riportiamo le parole del presidente dei penalisti capitolini Vincenzo Comi che conferma quanto detto:

“A Roma la camera di consiglio da remoto non è mai partita. Proprio la fermezza delle nostre convinzioni ha consentito alla Camera penale di Roma di ottenere nel 2020, sotto la presidenza di Cesare Placanica, un protocollo con la Corte d’Appello.”

Con tale protocollo si escludeva ogni ipotesi di camera di consiglio da remoto nei processi di secondo grado. Quel protocollo generava poi la disapplicazione della norma a livello nazionale. Dunque, la camera di consiglio da remoto rappresenta una scelta inutile e grave, dalle conseguenze dannose per il processo penale.

“Per un magistrato consapevole è un diminutivo della efficienza del processo. Non è un problema di assolvere o condannare, ma di dare il peso giusto al processo”.

 

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Il nuovo decreto in Gazzetta Ufficiale dal 8 gennaio 2022 prevede nuove misure di contrasto al Covid. Tra queste, si legge dell’obbligo di Green Pass anche per gli avvocati nell’accesso agli uffici giudiziari. Comunque, ne sono esenti i testimoni e le parti del processo. Quindi, vediamo assieme le specifiche nel dettaglio.

Obbligatorio il Certificato Verde anche per gli avvocati in Tribunale, le specifiche del decreto

Innanzitutto, nel decreto si evince che oltre ai magistrati l’obbligo del Green Pass si estende anche a:

  • Difensori;
  • Consulenti;
  • Periti;
  • Altri ausiliari del magistrato, estranei alle amministrazioni della giustizia.

Tuttavia, ricordiamo che le disposizioni non si applicano ai testimoni e alle parti del processo. Difatti, il decreto chiarisce che:

“L’assenza del difensore conseguente al mancato possesso o alla mancata esibizione della certificazione verde Covid-19 non costituisce impossibilità di comparire per legittimo impedimento”.

Inoltre, il Green Pass base è necessario dal 20 gennaio anche in carcere per i colloqui visivi con i detenuti e gli internati negli istituti penitenziari per adulti e minori. A tal proposito, si specifica che l’obbligo di green pass per accedere agli uffici giudiziari va bene esteso agli avvocati purché sia una misura limitata nel tempo e non danneggi i cittadini.

In merito, il presidente del consiglio dell’Ordine degli avvocati romaniAntonino Galletti afferma che “gli avvocati non vaccinati proveranno a fare ricorsi, e a far valere le loro ragioni”.  Inoltre, Galletti spiega che l’unico modo per fare ricorso sarà quello di subire le sanzioni e poi impugnarle. Eventualmente, per arrivare a sollevare la questione di legittimità costituzionale.

Infine, ricorda l’esempio dalla giustizia amministrativa: tutti i provvedimenti relativi a ricorsi sul Covid, anche quelli sull’obbligo di vaccino per i medici, sono stati di rigetto. Quanto ai possibili interventi dell’Ordine, conclude il presidente del Coa di Roma, “sarà onere di chi non fa il vaccino trovare un sostituto, valuteremo se mettere in piedi un sistema di sostituzioni che possa aiutare i colleghi”.

 

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Interruzione programmata dei servizi informatici settore penale in tutti i distretti di Corte di Appello

Al fine di consentire l’installazione di modifiche correttive e migliorative sui sistemi di cognizione penale, in tutti i distretti di Corte di Appello si procederà all’interruzione dei relativi servizi

dalle 17:00 di lunedì 10 gennaio alle 09:00 di martedì 11 gennaio p.v.

In detto arco temporale i servizi di deposito sul Portale del Processo Penale Telematico e sul Portale NDR non saranno disponibili, anche se fosse rilasciata la relativa ricevuta di deposito.

Le modifiche potrebbero interessare l’intero territorio nazionale coinvolgendo anche i sistemi del civile

frodi-creditizie

Le frodi creditizie sono un fenomeno sempre più in voga

Come cambia negli anni il fenomeno senza crisi delle frodi creditizie

Potrà cambiare il valore medio delle frodi, l’età delle vittime, i beni e i servizi che si acquistano in maniera fraudolenta. Così come cambia il modus operandi dei frodatori, ora attraverso tecniche sempre più sofisticate per acquisire informazioni personali e credenziali. Ciò che rimane uguale è la consistenza e continuità con cui si perpetrano le frodi creditizie, per questo motivo definite un fenomeno sempre in voga. Diamo un occhio al problema e vediamo assieme come si può contrastare.

Frodi creditizie, cosa sono e come avvengono: un fenomeno sempre attuale

Nel primo semestre del 2021 il fenomeno delle frodi con furto di identità vede una crescita del +8,7% rispetto al corrispondente periodo del 2020. A tal proposito, i casi rilevati sono ben 12.197, coerentemente con la ripresa delle erogazioni di credito alle famiglie.

Dunque, chi e cosa riguardano queste frodi? Intanto, si fondano sulla capacità delle organizzazioni o di singoli criminali di carpire in modo illecito dati personali e finanziari. Poi, si impersonificano nelle vittime per ottenere un finanziamento attraverso il quale acquisire beni e servizi. Ovviamente, con l’intenzione di non rimborsare le rate e non pagare il bene.

Gli ultimi dati sulle frodi creditizie, il fenomeno evergreen

Nell’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sulle Frodi Creditizie e i furti di identità si evince che il danno supera i 63 milioni di euro. La curva è in lieve calo rispetto ai 65 milioni circa del 2020 ma solamente perché ora i criminali si orientano su finanziamenti fraudolenti di importo più contenuto. Difatti, il valore medio dei crimini si attesta a 5.168 euro contro i 5.792 euro dell’anno precedente.

Inoltre, rispetto al passato si rileva una distribuzione più omogenea dei casi. La predominanza è di quelle con importo compreso tra i 1.500 e i 3.000 euro, che spiegano il 13,6% del totale. A seguire, quelle tra 5.000 e 10.000 euro, con il 12,1%, e infine quelle di valore inferiore ai 1.500 euro, con il 12%.

Tuttavia, si segnala una crescita rispettivamente del +13,2% dei casi con importo tra 10.000 e 20.000 euro e del +14,6% per quelle al di sopra dei 20.000 euro. Inoltre, si sottolinea come nel corso degli anni il valore unitario delle frodi diminuisca costantemente: 10 anni fa più di 1/4 dei casi vedeva un importo superiore ai 10.000 euro.

I beni e servizi acquistati con le frodi creditizie, il fenomeno sempre in voga

Ecco una lista di beni e servizi e le rispettive percentuali su cui si concentrano le frodi:

  1. Acquisto di elettrodomestici – sono il 48,2% dei casi;
  2. Prestiti per l’acquisto di auto o moto, con il 13,5%;
  3. Acquisti di prodotti di elettronicainformatica e telefonia – con il 12,0% del totale;
  4. Mobili e articoli di arredamento vedono più di 1.000 delle frodi.

Ora, si noti che 10 anni fa il 62,7% dei casi riguardava auto e moto, ovvero prodotti con valore unitario decisamente alto. Questo conferma il progressivo orientamento dei frodatori verso beni di importo più contenuto. Perché questo cambiamento? Semplicemente, per questo genere di beni contenuti i controlli in fase di erogazione a distanza sono spesso meno sofisticati.

Nel complesso, il prestito finalizzato continua ad essere la tipologia di finanziamento maggiormente coinvolto nei casi di frode – con il 43,1% del totale. Tuttavia, si segnala un calo del -14,4% rispetto allo stesso periodo del 2020. Peraltro, l’incidenza di questa specifica forma tecnica risulta in costante flessione rispetto al picco del 2011, quando rappresentava addirittura il 77,9% del totale.

In compenso, nell’ultimo semestre di osservazione aumentano in modo significativo le frodi che interessano le carte di credito (+32,2%): rappresentano ¼ del totale. Anche per i prestiti personali si registra un vero e proprio boom nel primo semestre 2021, con un +56,8%, arrivando a rappresentare il 16,6% del totale dei casi.

Il profilo delle vittime del fenomeno sempre attuale delle frodi creditizie

A cambiare è anche l’età media delle vittime. Infatti, la fascia d’età in cui nella prima metà dell’anno in corso si è concentrato il maggior numero di casi è quella compresa tra i 18 e i 30 anni (con il 24,2% del totale). Paradossalmente, in questa fascia di popolazione il ricorso al credito è decisamente inferiore rispetto ad altri segmenti più maturi.

Comunque, tra le altre fasce di popolazione più colpite dal fenomeno ci sono i consumatori di età compresa tra 41 e 50 anni con il 22,7% del totale. A seguire, la popolazione tra 31 e 40, con il 22,4%.

Invece, dieci anni fa la fascia maggiormente colpita era quella degli over 50 – con il 28,9%. A essa seguiva quella compresa tra 31 e 40 anni, con il 25,5% del totale; mentre gli under 30 rappresentavano il 21,9%.

Nonostante i giovani siano dotati di una maggiore dimestichezza con la tecnologia, si nota il progressivo abbassamento dell’età delle vittime. Dunque, fa riflettere sull’eccessiva disinvoltura con la quale molti giovani non prestano adeguata attenzione alla tutela dei propri device. Così come alla oculata gestione delle proprie informazioni personali e credenziali, diventando facili prede dei frodatori.

Come agiscono i frodatori di credito?

Nella prima metà dell’anno sono stati oltre un milione gli alert a utenti italiani relativamente a un attacco informatico ai danni dei propri dati personali. Inoltre, i dati trovati sul dark web sono altrettanto aumentati. Inoltre, inquietante è tenere conto che tipicamente il picco di frodi si registra proprio in questo periodo di feste e shopping natalizio, quando il livello di attenzione è più basso.

Indubbiamente, per quanto riguarda gli operatori di settore l’attenzione verso la prevenzione e la sicurezza cresce nel tempo. E, di pari passo sono aumentate le risorse introdotte per contenere i rischi. Ad esempio, adottando strumenti di digital onboarding e avanzate soluzioni basate sull’intelligenza artificiale.

Effettivamente, queste soluzioni consentono di scoprire fonti di dati compromessi al fine di inviare proattivamente alert. Così com’è possibile impostare adeguate strategie di prevenzione per la propria organizzazione e per i propri clienti.

Però, relativamente alle frodi creditizie si ricordi che in genere non sono le banche ad essere esposte ai pericoli maggiori. Tipicamente, le banche si attrezzano con sistemi di prevenzione efficaci per le verifiche allo sportello, quanto piuttosto gli operatori dell’e-commerce, i dealer, i merchant e gli esercizi commerciali.

Non solo phishing e vishing: tecniche di difesa contro le frodi creditizie

Al contempo, le organizzazioni criminali sviluppano tecniche sempre più sofisticate per acquisire informazioni personali e credenziali. Quindi, non più solo phishing e vishing: ad esempio, ora c’è anche il trashing. In cosa consiste? Si setacciano i rifiuti della vittima per recuperare:

  • Corrispondenza;
  • Contabili;
  • Scontrini.

E, da essi si ricavano credenziali e informazioni riservate da utilizzare per commettere una frode.

Dunque, come ci si può proteggere? la prima forma di difesa per un consumatore è proprio la capacità di adottare comportamenti attenti e virtuosi. Da un lato, si consiglia di non pubblicare sul web e sui profili social informazioni personali e non usare password facilmente intuibili. Dall’altro, è fondamentale proteggere accuratamente i propri dispositivi, aggiornando sistematicamente gli antivirus e scegliendo una password sicura e diversa per ogni account importante.

Inoltre, è altrettanto cruciale porre la massima attenzione a sitimail e telefonate sospette che chiedono credenziali e dati finanziari Così come è opportuno distruggere sistematicamente tutta la documentazione che riporta informazioni riservate prima di cestinarla. Infine, è molto utile attivare servizi di alert che consentono di verificare in tempo reale le transazioni sulle carte di credito, le richieste di finanziamento a proprio nome e per controllare l’indebita circolazione dei dati personali e finanziari sul web.

Infine, si attende dagli Istituti un ampliamento dei controlli sulle banche dati SCIPAFI, con riferimento al decreto legislativo 64/2011– Sistema Pubblico di Prevenzione delle Frodi. Inoltre, il decreto 19/05/2014, n.95 – Regolamento Attuativo del Ministero dell’economia e delle Finanze andrà ad includere anche la verifica di questo tipo di documento, ad oggi non ancora resa disponibile.

 

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Il decreto Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale

I settori di intervento e le novità del decreto Milleproroghe pubblicato in G.U.

Il decreto n. 228/2021 Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale. Come ogni anno contiene le disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Il testo del decreto si compone di 25 articoli ed è in vigore dal 31 dicembre 2021; in attesa di convertirsi in legge. Vediamo quali sono le proroghe negli argomenti più significativi.

Gazzetta Ufficiale, ecco le disposizioni del decreto Milleproroghe aspettando la conversione in legge

Alcune tra le materie oggetto di intervento per le quali si dispongono le proroghe sono:

  • Pubbliche Amministrazioni;
  • Competenze del Ministero dell’Interno e di personale del comparto sicurezza e difesa e del Corpo nazionale dei vigili del Fuoco;
  • Economia, finanza e tributi;
  • Salute, certificazioni verdi COVID-19 per la Repubblica di San Marino, dirigenti medici;
  • Istruzione, università, ricerca ed esami di stato, contrasto alla povertà educativa;
  • Culturaturismo, editoria;
  • Giustizia, giustizia civile, penale, amministrativa, contabile, tributaria e militare;
  • Competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
  • Infrastrutture, mobilità sostenibili, transizione ecologica;
  • Poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, imprese d’interesse strategico nazionale.

Revisioni auto entro il 31 marzo, così stabilisce il decreto in G.U.

Differisce al 31 marzo 2022 la revisione periodica dei veicoli contemplati dall’art. 80 del Codice della Strada da parte degli ispettori. Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 19 maggio 2017 (GU n. 139/2017) ha il fine di:

  • Mitigare gli effetti che derivano dall’attuazione delle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
  • Ridurre i tempi di espletamento delle attività.

Rimborso del Bonus Terme in 120 giorni, come da decreto Milleproroghe della Gazzetta Ufficiale

L’art. 29 bis del decreto n. 140/2020 riguarda il Bonus Terme. Qui, si prevede che l’ente termale, dopo aver messo la relativa fattura, possa richiedere il rimborso del valore del buono. Questo è possibile non oltre 120 giorni dal termine in cui erogava i servizi termali.

Le Milleproroghe del settore giustizia, come da decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale

Si prorogano al 31 dicembre 2022 le seguenti misure in materia di giustizia dal decreto n. 34/2020:

  • Deposito telematico di atti e documenti;
  • Pagamento del contributo unificato con sistemi telematici;
  • Udienze civili in modalità telematica con deposito di note scritte;
  • Deposito di atti e documenti in modalità telematica nel giudizio di cassazione e pagamento telematico del contributo unificato;
  • Udienze civili in modalità telematica;
  • Giuramento del C.T.U. con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo d’ufficio;
  • Colloqui in modalità telematica con i detenuti.

Infine, per i procedimenti tributari e amministrativi si proroga lo svolgimento da remoto fino al 31 marzo 2022.

Concorsi per assunzioni nella PA fino al 31 dicembre 2022: così scrive il decreto Milleproroghe in G.U.

Si prorogano di un anno i concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato col fine della sostituzione dei rapporti di lavoro cessati dal 2009 al 2012.

Inoltre, si istituisce la proroga fino al 31 dicembre 2022 anche per le assunzioni di personale a tempo indeterminato presso le amministrazioni dello Stato. Questo anche per quanto riguarda:

  • L’ordinamento autonomo;
  • Le agenzie e gli enti pubblici non economici;
  • Gli uffici giudiziari e il sistema delle università statali.

Proroga degli aiuti, ecco cosa si dice in merito nel decreto Milleproroghe in Gazzetta Ufficiale

Si prorogano fino al 30 giugno 2022 i finanziamenti agevolati, le garanzie sui prestiti e i contributi. Questo per quanto riguarda i costi fissi non coperti e sostenuti nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2022 in favore degli Enti territoriali e delle Camere di commercio. Tale disposizione è valida in virtù della proroga della normativa quadro.

Invece, si prorogano fino al 30 giugno 2023 in favore dei soggetti suddetti gli aiuti sotto forma di:

  • Sovvenzioni dirette;
  • Anticipi rimborsabili;
  • Agevolazioni fiscali.

 

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L’impero nel cyberspazio delle Big Tech

Il vasto e invasivo campo d’azione delle più grandi aziende informatiche del mondo

Le grandi multinazionali IT non avranno eserciti e non governano territori, ma hanno influenza e soldi da investire e sanno bene come farlo. D’altronde, il vero potere è quello che non si vede. Chi è contro la Silicon Valley è di fatto contro la tecnologia e il progresso: questa è la narrativa, il motto. Vediamo assieme lo scenario alla luce della giurisdizione e le correlate caratteristiche.

La sovranità privata delle Big Tech nel cyberspazio: potere normativo, performativo e pratico

Iniziamo le considerazioni in materia riportando le parole del giurista di Georgetown Julie Cohen, che invita a riconoscere la plausibilità dell’ossimoro sovranità privata. In questo scenario, le piattaforme operano in tutto e per tutto quali grandi soggetti della diplomazia internazionale. Il loro potere è normativoperformativopratico e sono proprio gli Stati che cercano di carpire i loro segreti.

Poi, David Runciman in How Democracy Ends afferma che Facebook è sia una gerarchia che una rete. Il professore sostiene che il social sia più gerarchico di qualsiasi Stato democratico e che Zuckerberg e co. esercitano uno straordinario livello di controllo personale“È più simile a una corte medievale che a una comunità politica moderna. Il potere scorre dall’alto. Allo stesso tempo la sua rete è molto più inclusiva di qualsiasi Stato”

Inoltre, Runciman sostiene che:

“lo Stato può farci sentire sicuri ma Facebook ci fa sentire amati. È l’esatto contrario della democrazia rappresentativa che fu inventata dai rivoluzionari americani e francesi non per solleticare i nostri istinti ma per tenerli a bada, non per appagarli ma per trascenderli: ragion per cui tanto essa è frustrante, quanto invece appagante è l’esperienza del social network che ci regala scariche di dopamina.”

Il colonialismo dei dati da parte delle multinazionali IT mondiali nell’impero del cyberspazio

Effettivamente, l’ex capo di Google Eric Schmidt affermava che “il mondo online non è veramente limitato da leggi terrestri… è il più grande spazio non governato della terra”. Tuttavia, ognuno di noi si è reso conto di quanto i regolamenti delle Big Tech non sempre siano a nostra completa tutela, specialmente quando si parla di consenso su foto e tag social e del trattamento dei dati personali.

Dunque, la soluzione per la nostra libertà è ricorrere allo Stato? Sembra inverosimile, ma per alcuni studiosi, è anche la più prossima possibilità.

Così, si parla di colonialismo dei dati in quanto come quello storico condivide le modalità che presta al capitale al fine di procedere allo sfruttamento della materia prima. Tuttavia, c’è una differenza fra loro: il capitalismo dei dati non si accontenta di sottoporre al meccanismo di appropriazione ed estrazione del valore i corpi. Invece, pretende di carpire per i suoi scopi l’intera vita umana, catturandola in relazioni sociali, prontamente raccolte in database.

Gli scrittori Couldrye e Mejias in The Costs of Connection. How Data is Colonizing Human Life and Appropriating it for Capitalism argomentano che il nuovo colonialismo si basa sulla naturale disponibilità di dati sociali a basso prezzo. Per sintetizzare, il nuovo colonialismo condivide gli assi portanti con quello precedente per quanto riguarda i seguenti punti:

  • Infrastruttura tecnologica per l’estrazione dei dati;
  • Ordine sociale che vincola gli esseri umani a questa infrastruttura;
  • Sistema economico costruito su infrastruttura e ordine;
  • Modello di governo sociale che lega sempre di più gli individui al sistema;
  • Razionalità che offre un orizzonte di senso allo sfruttamento;
  • Nuovo modello di conoscenza che esaurisce in sé, nei big data, lo spazio di ciò che si può apprendere sulla vita.

 

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Garante approva lo schema di decreto su fatturazione elettronica e privacy

Il 22 dicembre 2021 il Garante per la protezione dei dati personali esprime parere positivo sullo schema di decreto del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Tale decreto ha come fine la sostituzione per intero del precedente provvedimento del 30 aprile 2018. Tuttavia, il Garante ritiene necessario apportare alcuni correttivi.

Grande flusso di fatturazioni elettroniche mettono a rischio la privacy, interviene il Garante

Il problema principale della fatturazione elettronica si può evincere da una semplice constatazione. Ovvero, che sullo SDI dell’Agenzia delle Entrate transitano circa 2 miliardi di fatture elettroniche all’anno. Di queste, poco meno della metà è emessa nei confronti dei consumatori persone fisiche. Inoltre, alcuni dati presenti in questi documenti elettronici non hanno finalità prettamente fiscale.

Quindi, il Garante esegue un’analisi delle fatture elettroniche per valutare gli aspetti con maggior impatto sui diritti e sulle libertà degli interessati. In particolare, per quanto riguarda l’emissione di fatture elettroniche nei confronti dei consumatori finali nell’ambito del commercio elettronico. Questo vale anche quando questi documenti non si impongono nella normativa fiscale.

L’analisi del Garante Privacy su fatturazione elettronica e sicurezza dati di settori diversi

Nell’effettuare questa analisi, il Garante si occupava distintamente dei seguenti settori:

  • attività legale;
  • servizi di investigazione;
  • commercio al dettaglio;
  • servizi alberghieri;
  • trasporti, noleggi/riparazioni veicoli e parcheggi;
  • ristorazione;
  • fornitura di energia elettrica;
  • gas;
  • acqua e altre utenze.

Ora, questi sono i settori in cui il Garante rileva dei profili di criticità in relazione ai dati presenti nelle fatture elettroniche. In particolare, quello maggiormente colpito è il settore dei servizi legali.

Infatti, il punto nodale per quanto riguarda i servizi legali è che la memorizzazione integrale dei file XML comporta la concentrazione presso l’Agenzia delle Entrate di miliardi di fatture elettroniche. Queste contengono dati, anche appartenenti a categorie particolari o relativi a condanne penali e reati. Comunque, di ogni aspetto della vita quotidiana, comprese abitudini e scelte di consumo delle persone fisiche.

Rispetto e tutela personale secondo le normative, nei confronti di fatturazione elettronica

Per il Garante:

“Tali trattamenti – in assenza di adeguate misure di garanzia a tutela degli interessati che assicurino, in modo rigoroso, nel rispetto del principio di privacy by design e by default (art. 25 del Regolamento), il trattamento delle sole informazioni necessarie ai fini del contrasto all’evasione dell’IVA, cui l’istituto della fatturazione elettronica è preordinato – determinano un’ingerenza, sistematica e preventiva, nella sfera privata più intima delle persone fisiche, non proporzionata all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito dall’Agenzia e dalla Guardia di finanza.”

Dunque, il Garante ritiene opportuno applicare misure di garanzia per garantire che il trattamento dei dati avvenga in modo conforme al Regolamento UE e al Codice interno che si occupa della tutela dei dati personali.

Inoltre, il Garante sottolinea che non è sempre necessaria l’identificazione del cessionario/committente. Tuttavia, ad eccezione di alcuni casi particolari come quando occorre rispettare gli obblighi antiriciclaggio.

Inoltre, il Garante specifica che:

“la riferibilità a un consumatore dei dati personali presenti nelle fatture, a fini diversi da quelli per i quali sono raccolti (quali, in particolare, l’attuazione delle disciplina dell’IVA), potrebbe portare a trattamenti non corretti, con errata rappresentazione della sua capacità contributiva, e in relazione ai quali potrebbe risultare impossibile (o, quantomeno, difficile) per l’interessato comprovare, a posteriori e a distanza di tempo, l’inesattezza.”

Garante Privacy: i rimedi per tutelare la privacy con la fatturazione elettronica

In seguito all’analisi, il Garante pondera provvedimenti per la tutela della privacy. In particolare, risultano necessarie misure per:

  • Proteggere le informazioni presenti nei campi di descrizione dei beni ceduti e dei servizi prestati. In particolare, in riferimento al settore legale e agli eventuali allegati, i file XML delle fatture elettroniche (con le relative operazioni B2BB2C e B2G);
  • Garantire che i dati contenuti nei file XML delle fatture elettroniche non siano utilizzabili nei confronti del consumatore finale. Oppure, che questo si faccia esclusivamente nel caso di un controllo delle verifiche fiscali;
  • Limitare l’utilizzo delle informazioni nei file XML delle fatture elettroniche alle sole finalità individuate dall’art. 14 del d.l. n. 124/2019. Dunque, sottraendole anche dall’accesso ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 da parte di soggetti diversi dal cedente/prestatore o dal cessionario/committente;
  • Individuare con sufficiente chiarezza il ruolo assunto dall’Agenzia delle Entrate in relazione a tali attività di trattamento;
  • Rappresentare agli operatori economici che l’emissione dei dati comporta anche i trattamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza disciplinati dallo schema in esame. Questa pratica è autorizzata ai sensi del Regolamento unicamente laddove ciò sia previsto da un obbligo di legge (art. 6par. 1lett. c). Ovvero, su richiesta del consumatore finale.

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Cartabia, proposte concrete per migliorare carceri

Cartabiaun messaggio di ringraziamenti natalizi e proposte concrete per migliorare le carceri

In occasione delle festività natalizie la guardasigilli Marta Cartabia dedica un messaggio a istituti penitenziarimagistrati e al personale degli uffici giudiziari. Qui, riconosce il delicato ruolo che ogni soggetto svolge e tanto più in una situazione storica delicata come la corrente. Inoltre, propone di percorrere con ognuno di loro un percorso di rinnovamento con proposte concrete per migliorare le carceri, che giovi all’intera comunità penitenziaria.

Rinnovare il carcere con soluzioni concrete, questa la proposta della guardasigilli Cartabia

«Il mio è un messaggio di vicinanza, oltre che di riconoscenza. Nella convinzione di poter percorrere al vostro fianco un percorso di rinnovamento che giovi all’intera comunità penitenziaria». Queste le parole della Ministra della GiustiziaMarta Cartabia, in occasione delle festività invernali.

Poi, aggiunge che di recente sono terminati i lavori di una Commissione a cui chiedeva di lavorare in merito a un tema che le sta a cuore. Ovvero, elaborare proposte per il miglioramento della vita quotidiana in carcere. Inoltre, Cartabia rimarca che si tratta di proposte concrete e nate dall’esperienza di chi vive il carcere ogni giorno.

Ovviamente, tali proposte si ispirano “ai valori costituzionali, che sempre dobbiamo tenere nel nostro sguardo. Ogni mattina in cui ricominciamo il nostro lavoro varcando le soglie dei cancelli di detenzione”

La ministra ribadiva il suo impegno per risolvere l’emergenza carcere qualche giorno fa in occasione di un incontro con Rita Bernardini, presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino. La Commissione istituita dalla guardasigilli per migliorare le condizioni nelle carceri è capeggiata da Marco Ruotolo, professore ordinario di Diritto Costituzionale.

Al proposito, egli afferma che: “Mi ha chiesto di sospendere lo sciopero della fame per le feste natalizie e mi ha autorizzato di rendere pubblico questo suo auspicio”.

 

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Direttiva UE: clausole abusive e consumatore

Clausole abusive, la direttiva UE a favore del consumatore con maggiori tutele

La direttiva sulle clausole abusive si estende a disposizioni nazionali per garantire un livello di tutela dei consumatori maggiore. In particolare, la direttiva riguarda le clausole che non rientrano nel relativo ambito di applicazione. A chiarirlo è la Corte Ue, con la sentenza nella causa C-243/20, relativa all’acquisto di un mutuo da parte di una coppia con una banca greca.

Maggiore tutela per i consumatori, contro le clausole abusive: il caso e la nuova direttiva UE

Innanzitutto, il caso inizia nel 2007: dalla sostituzione della valuta del contatto di mutuo dall’euro al franco svizzero a seguito di due modifiche da parte dei contraenti. Successivamente, nel settembre 2018 i consumatori si rivolgono al Tribunale collegiale di primo grado di Atene. In effetti, il loro obiettivo è di ottenere l’accertamento del carattere abusivo di alcune clausole.

Ovvero, parliamo di quelle clausole che nel caso stabiliscono che il rimborso del prestito deve effettuarsi o in CHF o nel controvalore in euro. A tal proposito, interviene la Corte di Cassazione spiegando che la direttiva concernente le clausole abusive è applicabile, in linea di principio, a tutte le clausole contrattuali non oggetto di negoziato individuale.

Tuttavia, tale direttiva non si applica se una clausola contrattuale riproduce una disposizione legislativa o regolamentare imperativa. Inoltre, i giudici ricordano che l’esclusione delle clausole che riproducono una disposizione di diritto nazionale imperativa ha una sua giustificazione. In linea di principio, si ritiene legittimo presumere che il legislatore nazionale abbia stabilito un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti.

Così, la Corte dichiara che tale direttiva esclude dal suo ambito di applicazione una clausola contrattuale che riproduce una disposizione nazionale suppletiva. Ovvero, una disposizione che si applica se non si conviene nessun altro accordo tra le parti contraenti al riguardo. Questo vale anche se tale clausola non è oggetto di negoziato individuale.

Stati membri possono adottare norme diverse dalla direttiva Ue per maggiori tutele del consumatore

Poi, la Corte parla del caso in cui non c’è trasposizione formale nell’ordinamento della disposizione che definisce l’ambito di applicazione di detta direttiva. In tale caso, i giudici nazionali non possono ritenere che tale disposizione vi sia indirettamente incorporata.

Infine, la Corte ricorda che la direttiva procede solo ad un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive. Così, lascia agli Stati membri la possibilità di garantire al consumatore un livello di protezione più elevato di quello che essa prevedeva. Pertanto, gli Stati membri possono mantenere o adottare norme più severe di quelle che prevede la direttiva stessa. Questo purché tali norme nazionali siano dirette a garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore.

Ciononostante, la Corte constata che le clausole escluse dall’ambito di applicazione della direttiva (perché con disposizioni di diritto nazionale imperative) non rientrano nel settore disciplinato da tale direttiva. Di conseguenza, la disposizione della stessa che prevede la possibilità sopra menzionata non si applica con riferimento a siffatte clausole.

Tuttavia, la Corte precisa che gli Stati membri possono applicare disposizioni della direttiva a situazioni che non rientrano nel suo ambito di applicazione. Ma solo nel caso in cui ciò sia compatibile con gli obiettivi di quest’ultima e con i trattati.

Infine, la Corte conclude specificando che la direttiva sulle clausole abusive non previene all’adozione o al mantenimento di disposizioni di diritto nazionale. Queste ultime hanno l’effetto di applicare il sistema di tutela dei consumatori a clausole che sono escluse dall’ambito di applicazione di tale direttiva. Infatti, riproducono disposizioni nazionali imperative.

 

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Bambini e uso consapevole del digitale

Consigli e normative per un uso sicuro di internet da parte dei minori

Oggigiorno, gli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning raccomandano con efficienza i contenuti da visionare. Infatti, tutte le piattaforme di streaming suggeriscono video accattivanti e coerenti con i gusti di ogni profilo. Così, creerà un cliente fedele e incline al binge watching. In particolare, cosa cambia per la famiglia e la tutela dei bambini in questa trasformazione digitale?

Contenuti multimediali incontrollabili e irrinunciabili per i bambini: quali tutele adottare?

Sempre più velocisemplici e iper-colorati: queste le caratteristiche dei video che maggiormente circolano in rete. E, specialmente dalla pandemia in poi, compagni inseparabili per i minori di tutto il mondo. Effettivamente, tali contenuti sono studiati appositamente per tenere i bambini incollati agli schermi per ore. Come? Specialmente grazie alle tecniche di design di professionisti e algoritmi analoghi a quelli utilizzati per i social media.

A tal proposito, interviene Carla GarlattiAutorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, e i professori universitari:

  • Giuseppe Riva (ordinario di Psicologia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore);
  • Ernesto Caffo (fondatore del Telefono Azzurro, ordinario di psichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Università di Modena e Reggio-Emilia. Dal 2018, membro della Commissione pontificia per la protezione dei minori).

Come fare usare consapevolmente ai bambini i dispositivi digitali nella riproduzione dei video

Oltre a ciò che si anticipava, si noti che in quasi ogni video in rete imperversa la pubblicità: un ossessivo invito all’acquisto da parte di un advertising sempre più mirato sui profili dei minori. Ora, vediamo assieme alcuni consigli degli esperti.

Innanzitutto, Giuseppe Riva consiglia ai genitori di spegnere il meccanismo automatico di suggerimento dei video di YouTube. Effettivamente, se si lascia un figlio da solo per qualche minuto, il meccanismo di suggerimento dei video continua a proporre video in maniera compulsiva. Inoltre, l’algoritmo è estremamente efficace e si corre il rischio che il bambino non si stacchi più dallo schermo.

Poi, Riva specifica che un bambino prova un’attrazione innata per il movimento e i colori di questi video così coinvolgenti. Dunque, per evitare che il bambino si rattristi e inizi magari a piangere, sarebbe utile impostare un tempo per la visione. Egli ritiene ideale sarebbe strutturare il tempo di visione, per esempio dopo aver svolto i compiti, o nel tardo pomeriggio, in modo che il bambino possa dedicarsi ad altre attività.

Unire alla visione multimediale anche la noia e il gioco libero

A questo punto, Riva fa notare un dettaglio particolarmente rilevante, in paragone con le generazioni di bambini precedenti:

“In realtà ciò che sta succedendo è che le generazioni precedenti sono cresciute vedendo i cartoni animati, con una struttura narrativa e che cercavano di trasmettere una morale. Quello che oggi accade è che i video da cui i bambini sono attratti sono molto più semplici, ma velocissimi e coloratissimi. Il cartone animato richiede una valutazione cognitiva: i bambini guardano lo stesso cartone decine di volte perché, per capirlo bene, devono rivederlo”.

Ora, i video che oggi vanno di moda hanno il vantaggio di presentare sempre un elemento di sorpresa. Tuttavia, sono molto più semplici proprio sotto il profilo della valutazione cognitiva, della comprensione. Dunque, sono video che non vanno visti e rivisti per capirli, ma sono un consumo facile.

Quindi, il consiglio è proporre ai bambini di vedere oltre ai video degli YouTuber anche cartoni e film con una narrativa più strutturata. Così, si abitueranno a una narrazione complessa, anche da condividere socialmente. Comunque, la visione dei video non dovrebbe essere solitaria, ma diventare un’attività sociale: visione con altri bambini, con un genitore, con i nonni, in modo tale da costruire insieme un senso.

Infine, Riva esorta a non utilizzare il video come tappabuchi per i figli. Infatti, i bambini devono imparare il senso dell’assenza. Si tratta di bambini sempre coinvolti, sempre attivati, sempre impegnatissimi, che non conoscono più la noia. Invece, dovrebbero avere il tempo anche per annoiarsi e riscoprire il gioco libero, non solo tecnologico.

Carla Garlatti: le normative in merito a bambini r uso consapevole del digitale

Ora, interviene anche Carla GarlattiAutorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Afferma che la visione di video da parte dei bambini è opportunità di intrattenimento, usualmente in assenza di vigilanza dei genitori. Fa notare che in Italia sono soltanto due milioni gli under 14 dotati di un account Google, quindi anche di YouTube, nel quale siano state attivate funzioni di controllo parentale.

la Garante italiana continua:

“Da una parte, la visione di contenuti online realizza il diritto di bambini e ragazzi di cercare e ricevere idee e informazioni a prescindere dalle frontiere, sancito dall’articolo 13 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Dall’altra, però, si pone il problema dei rischi a cui si espongono i minorenni nell’esercitare questo diritto. La Convenzione, a tal proposito, all’articolo 17 richiede che lo Stato incoraggi la divulgazione da parte dei media di materiali che abbiano utilità sociale e culturale e, nel contempo, favorisca l’elaborazione di principi direttivi per proteggere i fanciulli da informazioni e materiali che possano nuocere al loro benessere”.

A tal proposito, afferma che advertising e marketing digitale sono importanti oggi nella dieta mediale dei minori. Tanto che lo scorso 2 marzo il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia interveniva con una serie di raccomandazioni agli stati per prevenire il rischio di violazioni o abusi nei confronti dei loro diritti.

Direttiva dell’Unione Europea per tutelare i minori da programmi, video pericolosi

Dunque, Garlatti specifica che:

  • Da un lato, si rinnova l’invito ai genitori a non lasciar da soli i piccoli davanti agli schermi e in ogni caso ad attivare sistemi di parental control;
  • Dall’altro, i gestori delle piattaforme non possono ritenersi esenti da responsabilità magari perché ‘si limitano a diffondere’ contenuti prodotti da altri.

A tal proposito, è stato approvato il 4 novembre scorso un decreto legislativo sul quale l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza esprimeva il proprio parere. Con la normativa si dà attuazione alla direttiva (UE) 2018/1808 per mezzo della quale l’Unione europea intende tutelare i minori da programmi, video generati dagli utenti e comunicazioni commerciali audiovisive che possano nuocere al loro sviluppo fisico, mentale o morale.

Ecco come funziona la normativa per tutelare in minori in questo campo:

“Il decreto attuativo italiano detta una disciplina generale e prevede che l’Agcom, sentita l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, definisca una disciplina di dettaglio servendosi di procedure di co-regolamentazione insieme ai provider. L’Autorità garante per l’infanzia sarà poi sentita in occasione della definizione da parte di Agcom di linee guida che disciplineranno i codici di condotta dei fornitori. Codici che, tra l’altro, dovranno contenere misure per ridurre l’esposizione dei minori di 12 anni a pubblicità video relative a prodotti alimentari, la cui assunzione eccessiva non è raccomandata. Infine, sono previsti dal decreto – che entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale – programmi per i genitori e campagne scolastiche sull’uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, che saranno realizzati dal Ministero dello Sviluppo economico d’intesa con il Ministero dell’istruzione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza”.

Ernesto Caffo: usare il digitale in maniera matura e competente per la tutela dei bambini

Infine, Ernesto Caffo afferma che negli anni si osserva che di fronte al digitale genitori e insegnanti si trovano in enorme difficoltà e lo usano in maniera immatura e incompetente. Invece, bambini e adolescenti usano il digitale con maggiore capacità e competenza degli adulti, probabilmente perché il digitale nasce con la loro cultura.

 “Analogamente, per il bambino il digitale è uno strumento di facile accesso: il bambino usa il touch dello smartphone dei genitori e toccando lo schermo scopre che di colpo si apre un mondo, un universo di voci, immagini, colori e suoni, tutto questo innesca la sua curiosità e da qui nascono nuove competenze: basta premere un tasto per accedere a nuove immagini, video ed altre opportunità, tutto ciò che il mondo delle aziende ha sviluppato per aprire nuovi mercati”.

A tal proposito, il divieto totale non è la soluzione, servono piuttosto nuove normative di tutela. Ad esempio, un primo problema da risolvere riguarda la verifica dell’età. Infatti, oggigiorno tutti i siti sono accessibili a qualunque età. Dunque, le normative ci sono, ma vengono aggirate.

Dunque, Caffo suggerisce che si debbano costruire nuovi paradigmi, culturali e sociali.

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