Le fake news mettono a rischio i diritti fondamentali dell’uomo

È a rischio la corretta informazione a causa delle fake news di internet

Il rapporto annuale del 2021 sull’applicazione della carta dei diritti fondamentali europei evidenzia la criticità dello stato di disinformazione attuale. Dunque, qui si dedica uno spazio centrale all’analisi di una delle cinque policy per “affrontare le sfide della moderazione dei contenuti online”. Sono a rischio salutesicurezza e ambiente.

Disinformazione online mette a rischio i diritti fondamentali dell’uomo in Europa

Dagli studi e statistiche effettuati, emerge che la disinformazione è capillare nei Paesi europei. Il rischio è che le persone man mano perdano la propria capacità di giudizio e non riescano più a prendere decisioni su fatti corretti. Dunque, questo tema è centrale per la Commissione Europea.

In aggiunta, il tema della disinformazione è in testa anche nell’ambito delle iniziative che vogliono preservare l’ecosistema informativo. In particolare, il problema riguarda coloro che usano i social media come principale fonte d’informazione. A tal proposito, i rischi riguardano lo stesso dialogo democratico.

Come cerca di arginare il problema della disinformazione online la Commissione Europea

Dunque, nei due anni scorsi la Commissione Europea agisce per sviluppare azioni per rendere l’ambiente online più trasparente. Allo stesso modo, cerca di rendere anche chi ne usufruisce più responsabile. Così facendo, promuove anche un dibattito democratico aperto online.

A tal proposito, ecco le tre principali azioni che il rapporto 2021 sottolinea:

  1. Un progetto che unisce operatori dei mediafact-checkers e ricercatori. L’obiettivo è creare un punto di riferimento per l’analisi e il contrasto alla disinformazione attraverso l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO, in italiano IDMO);
  2. Le misure per migliorare l’alfabetizzazione mediatica e digitale. Qui, si agisce sullo sviluppo delle competenze digitali di base (Digital Compass);
  3. La definizione e il monitoraggio di un codice di condotta sulla disinformazione. Sulla base dell’esito di queste attività di monitoraggio, la Commissione pubblica delle Linee Guida da destinare ai firmatari attuali e nuovi del codice di condotta. Ovvero, le app di messaggistica privata; il settore pubblicitario e le altre parti interessate. Qui, si propone che esse rafforzino l’applicazione del codice per garantire un quadro di monitoraggio più robusto.

Le principali fake news rilevate dall’Osservatorio europeo dei media digitali

Il 21 dicembre l’Osservatorio Europeo pubblica il primo report sulla disinformazione dell’Italian Digital Media Observatory (IDMO). Per redigere tale report si prende in esame la disinformazione che circolava nel Bel Paese durante il mese di novembre. Essa si elabora a partire da un questionario diffuso alle iniziative che si occupano di fact-checking.

Di seguito i principali elementi che si evidenziano nel rapporto:

  • 60% della disinformazione riguardava il Covid-19 in ogni suo aspetto;
  • A seguire, si diffondevano molte notizie false su Politica italiana e l’ambiente (In particolare, sul cambiamento climatico);
  • Aumento dei casi in Gibilterra;
  • Lo stato di emergenza;
  • In Europa, tra le fake news più diffuse figura il suicidio del dottor Thomas Jendges, amministratore delegato della Chemnitz Clinic. Egli fu falsamente collegato al (mal)funzionamento dei vaccini.

Competenze digitali necessarie per combattere la disinformazione online contro i diritti fondamentali

Dunque, come risolvere il problema? Innanzitutto, è bene operare un intervento continuo di monitoraggio e adattamento della regolamentazione. Solo così si raggiungerà un migliore bilanciamento della libertà di espressione e della sicurezza in rete. Poi, rimane centrale l’importanza di una sempre maggiore crescita della maturità e della consapevolezza digitale dei cittadini.

Indubbiamente, le fake news sono pericolose per la democrazia perché danneggiano la partecipazione dei soggetti alla vita pubblica. Questi, non sempre risultano adeguatamente competenti a livello digitale e finiscono per informarsi superficialmente sulle novità della vita. Così, potrebbero cadere nelle bufale, senza approfondire e verificare la veridicità delle fonti e, anche, diffondendole in un circolo senza fine.

Di conseguenza, nel rapporto 2021 di cui parlavamo all’inizio, si da centralità all’alfabetizzazione digitale e mediatica. Inoltre, Digital Compass ha l’obiettivo di rendere almeno l’80% di cittadini con competenze digitali ameno di base entro il 2030. Per quanto riguarda l’Italia, l’obiettivo è in azione nell’ambito del programma Repubblica Digitale.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

Politiche digitali europee

L’impero nel cyberspazio delle Big Tech

CNF e ONF chiedono chiarimenti sulla Certificazione Verde per l’Avvocatura

Parere avvocati negativo nei confronti dell’obbligatorietà del Green Pass nei palazzi di giustizia

In tutta Italia si registrano opinioni negative rispetto all’esibizione obbligatoria del Green Pass base nei palazzi di giustizia. Dunque, il 13 gennaio 2022 il Ministero della Giustizia pubblica una comunicazione ufficiale in merito. In essa fa notare che il Green Pass è ufficialmente già in vigore per tutti gli avvocati.

Ministero della Giustizia risponde all’avvocatura insorta contro il Green Pass base obbligatorio

La comunicazione riguardo l’utilizzo del Green Pass base per l’avvocatura è firmata dal Capo del dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, Barbara Fabbrini. Inoltre, questa la invia a:

  • Tutti i presidenti di Tribunale e di Corte d’Appello;
  • Procuratori;
  • Tribunali di sorveglianza dei minori;
  • Corte di Cassazione.

Qui, si legge:

“Con particolare riferimento alle specifiche categorie soggettive introdotte dall’articolo 3 comma 1 lett. b) del decreto-legge, n. 1/2022 (“i difensori, i consulenti e i periti e altri ausiliari del magistrato estranei all’amministrazione della giustizia”) la disposizione appare assumere un’accezione spiccatamente processualistica della professione legale che, in realtà può anche totalmente esulare dall’espletamento in senso stretto di un mandato difensivo (basti pensare agli accessi ai locali e ai servizi dei vari Consigli dell’ordine locale)”.

Di conseguenza, il provvedimento ha applicazione ampia e si riferisce ad avvocati e liberi professionisti. Questo nel momento in cui tali soggetti abbiano bisogno di accedere agli uffici giudiziari per qualsiasi necessità della loro professione. Dunque, il controllo del Green Pass sarà limitato alla verifica della qualifica professionale.

CNF e ONF chiedono chiarimenti a Cartabia sull’obbligatorietà della Certificazione Verde per l’avvocatura

A questo punto, Consiglio Nazionale Forense (CNF) e Organismo Nazionale Forense (ONF) richiedono chiarimenti con una nota congiunta. Nello specifico, i dubbi riguardano il d.l. n.1/2022, che prevede di esibire le certificazioni verdi Covid-19 per entrare in Tribunale.

Entrambi gli organi sentono che serve una nota interpretativa dalla Ministra Cartabia, per l’individuazione della data di entrata in vigore di tale obbligatorietà. Nello specifico, si individua la data per i difensori come il 1° febbraio 2022 o “la data di efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, se diversa”.

In merito, si fa sentire l’Ordine degli Avvocati di Napoli, che chiede che il Governo elimini la norma. In effetti, si ritiene incostituzionale escludere il legittimo impedimento del difensore privo del Green Pass. A concordare è l’Ordine degli avvocati di Milano, il cui presidente Vinicio Nardo afferma che:

“La figura dell’avvocato fa parte della giurisdizione assieme agli inquirenti e ai giudicanti ma è diversa da quella del magistrato che si uniforma allo Stato. Se non c’è un pubblico ministero lo sostituisce un altro, quello che conta è l’ufficio della Procura, mentre quella del difensore è una scelta strettamente personale del cliente. Il rapporto tra un cittadino e il suo avvocato vince su qualsiasi cosa, è un presupposto fondamentale del diritto di difesa. È una diade indissolubile.”

Associazione Liberi Avvocati propone l’autocertificazione al posto del Green Pass obbligatorio

Ora, una soluzione giunge dall’Associazione Liberi Avvocati (Ali) che propone di sostituire il Green Pass con l’autocertificazione. Dunque, l’associazione invia una lettera di diffida al Tribunale di Roma, con la firma di 40 avvocati. Con essa, si richiama il DPR n.445 del 28 dicembre 2000 e in particolare l’art. 47 comma 3. Qui, si legge che:

“Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.”

Chiaramente, si tratta di una norma che si applica anche all’uso dell’autocertificazione. Inoltre, si noti che nello stesso decreto all’art. 74 si stabilisce che:

“costituisce violazione dei doveri d’ufficio la mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di notorietà rese a norma delle disposizioni del presente testo unico”.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

In Tribunale con il Green Pass

Garante della privacy e sicurezza dei dati nella fatturazione elettronica

Evasione fiscale e denuncia anonima

È valida la denuncia anonima di uno scontrino o fattura mancati?

Indubbiamente, in materia tributaria le denunce devono apportare la firma personale. Difatti, questa accortezza serve a evitare che le denunce diventino strumento di ritorsione contro i nemici o i concorrenti. Tuttavia, la denuncia anonima di evasione fiscale potrebbe non passare inosservata in alcuni casi specifici. Vediamoli assieme.

Che valore ha la delazione all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza?

Cosa prevede la legge nei casi di delazione? Nello specifico, ci si chiede se è possibile denunciare alla Finanza uno di questi casi specifici:

  • Negoziante che non emette lo scontrino;
  • Medico o avvocato che non rilascia la fattura al cliente;
  • Rivale commerciale che non dichiara i propri incassi (perciò, falsando la concorrenza).

Ora, specifichiamo che la delazione corrisponde a una denuncia segreta con finalità di un tornaconto personale. Dunque, si invita il giudice o un’autorità pubblica alla conoscenza di un illecito in maniera anonima.

Oggigiorno, in Italia questo genere di denuncia non ha alcun valore. Di conseguenza, né l’Agenzia delle Entrate né la Guardia di Finanza hanno l’obbligo di prendere in considerazione le lettere che non apportano la firma. Effettivamente, a volte è solo conoscendo il nome del denunciante che il denunciato può difendersi in maniera appropriata.

In altri termini, la delazione non costituisce una prova d’evasione. Altrimenti, chiunque potrebbe essere soggetto a sanzioni, magari gravi, a causa di chi agisce nell’anonimato. Quest’ultimo, di certo non si farebbe scrupoli a denunciare il primo che capita, dato che la sua identità resterebbe avvolta nel mistero.

Cassazione in merito alla validità della denuncia anonima di evasione fiscale

In merito, la Corte di Cassazione afferma che con la delazione non si può risalire ad accertamenti fiscali o recuperi d’imposta. Però, tali controlli sono necessari al fine di riscontrare ulteriori indizi, oltre alle semplici testimonianze di uno sconosciuto.

Tuttavia, la denuncia anonima non sempre è inutile. In effetti, qualora ad essa si aggiungono prove circostanziali o documentazione oggettiva che la supporti, può definirsi fonte d’innesco dei controlli. Ossia, essa potrebbe avviare le verifiche ulteriori per mano dell’ufficio.

Indirettamente, anche la stessa legge tributaria riconosce un ruolo alla delazione. Infatti, i casi in questione riguardano gli evasori totali (ovvero, quelli che non presentano la dichiarazione dei redditi). Dunque, per legge gli uffici delle imposte possono recuperare le imposte sulla base di dati e notizie che raccolgono. Quindi, hanno la facoltà di avvalersi anche di indizi che non siano “gravi, precisi e concordanti”.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

Processo Tributario Telematico e Garante Privacy

Procedure d’appalto digitalizzate


LEGGI ANCHE

aziende vietano ChatGPT

ChatGPT: perché le aziende stanno vietando ai dipendenti di utilizzarlo?

ChatGPT sta lentamente diventando l’assistente virtuale preferito di aziende e di privati. Lo strumento di OpenAI è un punto di riferimento per molti professionisti, ma…

I dati personali come materie prime: via libera al decreto sul “Data governance act”

Agid diventa lo sportello unico per il riutilizzo dei dati delle Pubbliche Amministrazioni. Sanzioni severe per le imprese in caso di abusi

Avvocato, sai cos’è il gaslighting?

Il gaslighting è una tecnica con cui un soggetto (o un gruppo di persone) cerca di avere maggior potere. Per esercitarlo sceglie una vittima, per…

La Corte Costituzionale si pronuncerà su 8 referendum

Giustizia, eutanasia e cannabis legale: la Corte Costituzionale giudicherà 8 Referendum

Il prossimo 15 febbraio la Corte Costituzionale giudicherà come ammissibili o meno 8 Referendum sulle tematiche di giustiziaeutanasia e cannabis legale. Nello specifico, sei di questi riguardano la giustizia e nascono dal volere di partiti del centrodestra assieme a Lega e Radicali. Ora, vediamo quali sono le richieste specifiche nel merito di ognuno di questi temi.

Referendum sulla giustizia e altri temi discussi, presto il giudizio della Corte Costituzionale

Cominciamo col parlare dei referendum che riguardano la giustizia. In particolare, essi si riferiscono a:

  1. Responsabilità civile dei magistrati e separazione delle carriere;
  2. Interventi sulla custodia cautelare;
  3. Carcere preventivo;
  4. Abolizione della Legge Severino. In particolare, per quanto concerne la sanzione accessoria dell’incandidabilità. Ovvero, il divieto di ricoprire cariche elettive e di governo dopo una condanna definitiva. In merito, la motivazione che i partiti ne danno è quella di superare gli automatismi della legge. Inoltre, vogliono lasciare ai giudici la libertà di decidere caso per caso se applicare o no l’interdizione dai pubblici uffici;
  5. Requisito della raccolta firme per il magistrato che vuole candidarsi al Consiglio superiore della magistratura (organo di autogoverno);
  6. Valutazione dei magistrati. Oggi, solamente i legali possono valutare il loro operato: dunque, i partiti chiedono che anche membri senza toga possano avere diritto di voto sulle loro valutazioni.

Invece, per quanto riguarda il tema dell’eutanasia, si propone l’abrogazione di una parte dell’art. 579 del Codice Penale. Questo punisce l’omicidio di una persona consenziente, mentre la sua abrogazione darebbe la possibilità al medico di somministrare il farmaco necessario a morire, al momento illegale in Italia.

Infine, il 12 gennaio la Corte Costituzionale considera ammissibili le firme per il referendum sulla cannabis. Così, interviene sul Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Dunque, propone di depenalizzare la coltivazione e di eliminare il carcere per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis.

Infine, sul piano amministrativo il quesito propone di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. Oggi, questa si prevede per tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente psicotropa.

——————————–

LEGGI ANCHE:

Cartabia, proposte concrete per migliorare carceri

Perché l’ avvocatura ha bisogno di soluzioni tecnologiche

Addio alla plastica monouso

In vigore da oggi decreto legislativo contro l’abuso della plastica monouso

A partire da oggi, venerdì 14 gennaio 2022non sarà più possibile utilizzare la plastica monouso, non compostabile e biodegradabile. Difatti, è ora in vigore il decreto legislativo 196 in Gazzetta Ufficiale dal 30 novembre scorso. Così, l’Italia recepisce la direttiva UE Single Use Plastic (Sup) del 2019, per ridurre l’impatto di tali prodotti sull’ambiente.

Da oggi lo stop italiano alla plastica monouso in rispetto della direttiva UE “Sup”

Indubbiamente, il fine della direttiva Single Use Plastic è quello di evitare il più possibile l’inquinamento ambientale. Dunque, ridurre l’impatto della plastica sulla Terra significa preservare anzitutto mari e oceani. Effettivamente, si stima che la plastica che galleggia negli oceani sia pari a 5-13 milioni di tonnellate, una quantità inimmaginabile.

Inoltre, la metà di tale stima è proprio la plastica usa e getta. Dunque, per risolvere questo problema si decide di mettere al bando alcune categorie di plastica. Ovvero, quella non biodegradabile e non compostabile.

Qualche esempio di prodotti che non potremo più utilizzare?

  • I tradizionali piatti e bicchieri di plastica;
  • Bastoncini per le orecchie;
  • Le cannucce;
  • Aste per sostegno dei palloncini;
  • Contenitori e bicchieri per alimenti e bevande in polistirene.

In aggiunta, è al bando anche la plastica oxo-degradabile. Ossia, le plastiche che contengono quegli additivi che attraverso l’ossidazione fanno fermentare la materia plastica in micro frammenti.

Le motivazioni dietro il decreto legge in vigore da oggi: addio plastica usa e getta!

A questo punto, le motivazioni dell’emanazione del decreto legge si possono ben intuire. Invero, l’obiettivo è di promuovere il cambiamento verso l’economia circolare. Per fare ciò, si adotteranno modelli imprenditorialiprodotti e materiali innovativi e sostenibili. Inoltre, si provvederà a diffondere e promuovere l’utilizzo della plastica riciclata, specialmente nelle bottiglie per bevande.

Ovviamente, è già in programma un piano per chiunque non rispetti le nuove direttive. Difatti, chiunque contravverrà le nuove disposizioni incorrerà in sanzioni con multe che vanno dai 2.500 a 25.000 euro.

Tuttavia, per le scorte messe da parte da esercizi commerciali e ristorazione non c’è da preoccuparsi. Infatti, il decreto consente che tali scorte di magazzino possano esaurirsi. Comunque, si dovrà comprovare la loro esistenza e l’effettiva emissione sul mercato in data antecedente al 14 gennaio 2022.

Come promuovere i prodotti alternativi dopo lo stop alle plastiche monouso

Per perseguire questo ambizioso ma necessario obiettivo, si prevedono alcune agevolazioni per quelle aziende che in precedenza facevano uso di tali plastiche. Lo si fa sotto forma di credito d’imposta, nel limite massimo complessivo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 202220232024. Inoltre, sono in programma anche campagne di sensibilizzazione e regole per lo smaltimento.

Ora, qual è l’orizzonte d’azione nel lungo periodo? Il Ministero della Transizione Ecologica dovrà indicare con un decreto i criteri ambientali minimi per il commercio. Oltre a questo, si prevede anche di organizzare eventi e produzioni cinematografiche e televisive consone al rispetto di tali principi.

Tuttavia, importanti organizzazioni come Greenpeace e Legambiente non sembrano convincersi di questa proposta italiana. Infatti, fanno notare come ora si vendano prodotti troppo simili a quelli monouso ma riutilizzabili per un numero limitato di volte. Dunque, ne convengono che il decreto sia semplicemente un modo di aggirare la direttiva UE e sottovalutare ancora una volta la questione.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

IVA agevolata per le ristrutturazioni edilizie

Occhiali Smart e rischi nella raccolta dati

Processo Tributario Telematico e Garante Privacy

L’ok del garante privacy alle nuove regole del sistema di processo tributario telematico

L’11 novembre scorso il Garante Privacy acconsente gli aggiornamenti alle regole tecniche del processo tributario telematico. Queste nuove direttive modificano uno dei provvedimenti essenziali dell’informatizzazione del processo alle Commissioni Tributarie. Ovvero, s’intende il Decreto Direttoriale del 4 agosto 2015. Vediamo assieme cosa comporta questo passo avanti.

I cambiamenti necessari del processo tributario telematico dal via del Garante

Nonostante l’innovazione riconoscibile del decreto del 2015, esso risultava altrettanto migliorabile, Così, a distanza di sei anni le voci critiche si concentrano in particolare sulle scelte dei formati ammissibili in deposito. In effetti, risulta che il Ministero dell’Economia e delle Finanze consentisse sostanzialmente solo i formati PDF/A e TIFF.

Quindi, il MEF proponeva agli operatori una soluzione. Ovvero, introdurre un elenco di formati “gestiti” dal portale. Ciò significa che il loro deposito generava un errore “di formato” ma ne consentiva comunque l’acquisizione. Quindi, bene il via libera successivo alla produzione dei formati EML per la prova delle notifiche.

Fortunatamente, l’art. 16 bis del D.lgs. n. 546/92 non contiene sanzioni di inammissibilità del ricorso nel caso non si rispetti la regolamentazione tecnica.

Le regole della firma PAdES

Inizialmente, la sola firma ammessa era la CAdES. Successivamente, la sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 10266 del 27 aprile 2018 sancisce l’equivalenza tra le firme CAdES e PAdES. Per questa ragione, dal luglio 2019 il sistema del Processo Tributario Telematico recepisce anche le firme in formato PAdES.

Tuttavia, un’ulteriore lamentela mossa dai professionisti rimane tutt’oggi com’era. Ossia, il requisito che ogni documento che si deposita nel processo tributario telematico deve avere la propria firma digitale.

Garante Privacy interviene sul processo tributario telematico e chiede chiarimenti sui ruoli

In seguito, il Garante per la Privacy interviene in soccorso con alcune nuove misure che qui elenchiamo:

  • Modifica le Regole Tecniche per conciliare lo stato di diritto allo stato di fatto. Dunque, ammette le firme PAdES;
  • Estende l’ammissibilità dei formati nel PTT. Quindi, include anche l’EML: ciò significa che chiunque decida di usarlo non incorrerà più in errori di forma;
  • Ammette il deposito di documenti da allegare, anche senza la firma digitale.

Inoltre, l’aggiornamento delle Regole Tecniche prevede l’introduzione di un meccanismo di controllo automatico. In riferimento alla dimensione dei documenti informatici all’atto del loro deposito da parte del ricorrente e del resistente. Così come la modifica di alcuni controlli che già si prevedevano.

Poi, il Garante muove alcune richieste al Ministero. Innanzitutto, chiede che si integri lo schema di decreto per assicurare maggiori tutele alla riservatezza dei dati. Così, si adegua la normativa europea e italiana in materia di privacy.

Dunque, il Garante Privacy chiede che si definiscano accuratamente le responsabilità dei soggetti a cui spetta il trattamento dei dati. Quindi:

  • Ministero;
  • Commissioni tributarie provinciali e regionali;
  • Commissioni tributarie di I e II grado di Trento e Bolzano.

In particolare, si aspetta che si chiarisca il ruolo di ognuno nelle varie fasi del trattamento. Ovvero:

  • Gestione del fascicolo informatico;
  • Trattazione dei procedimenti;
  • Deposito di atti informatici; cartacei eccezionalmente.

Infine, il Garante chiede che si esplicitino gli obblighi informativi in caso di violazione dei dati (data breach).

Quali sono le misure di sicurezza da adottare nel nuovo PTT? Risponde il Garante Privacy

Periodicamente, il decreto in considerazione dovrà aggiornare le misure tecniche e organizzative. Il fine è di garantire un livello di sicurezza adeguatamente ai rischi dei trattamenti.

Nello specifico, le raccomandazioni del Garante sono le seguenti:

  • Raccomandazioni in merito allo standard Transport Layer Security (TLS)” che AgID adotta con determinazione n. 471 del 5 novembre 2020;
  • Utilizzare algoritmi crittografici per le operazioni di crittografia asimmetrica delle “chiavi di sessione”;
  • Rivedere le procedure di autenticazione che si usano per l’accesso al SIGIT, uniformando le stesse. Dunque, dove possibile si deve assicurare un livello di garanzia elevato come da Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1502 della Commissione dell’8 settembre 2015;
  • Conservare documentazione della registrazione di utenti e log relativi all’attività sulla piattaforma;
  • Prevedere alert per la rilevazione di comportamenti anomali. Oppure, a rischio in relazione alle operazioni di trattamento che gli utenti eseguono;
  • Prevedere l’esecuzione di attività di controllo interno (audit), con cadenza almeno annuale.

——————————–

LEGGI ANCHE:

L’Avvocatura dice no alle sentenze da remoto

Garante della privacy e sicurezza dei dati nella fatturazione elettronica

Politiche digitali europee

Sviluppo di nuove tecnologie per dare all’Unione Europea un’effettiva sovranità

Quali sono le priorità della digital age che stiamo vivendo? Per quanto riguarda le politiche UE, si guarda anzitutto alla Dichiarazione su “Policy Objectives and Priorities for 2022“. Inoltre, alla Dichiarazione si allega un Documento di lavoro che contiene un elenco di ben 138 proposte legislative, principali e prioritarie. Vediamo assieme lo scenario.

Quali sono le politiche digitali in Italia e Unione Europea rispetto ai dati informatici?

Il Presidente del Parlamento europeo Sassoli firmava il sopracitato documento il 17 dicembre 2021, in accordo a un gruppo di altri organismi. Ovvero:

  • Parlamento;
  • Presidente del Consiglio dell’Unione europea;
  • Primo ministro della Slovenia Janez Janša;
  • Consiglio;
  • Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen;
  • Commissione.

Le numerose proposte legislative in previsione sono suddivise in 6 macro-aree. Di seguito, le elenchiamo:

  1. A European Green Deal”: comprende 41 proposte regolatorie. Di queste, 26 sono già presenti nella analoga dichiarazione del 2021;
  2. A Europe fit for the Digital Age”: raccoglie 19 proposte regolatorie. Tra queste, il Digital Data Act e altre 13 già presentate nel 2021;
  3. An Economy that works for People: contiene 29 proposte delle quali 19 già richiamate nella analoga Dichiarazione del 2021;
  4. A stronger Europe in the World: comprende 17 proposte, delle quali 19 già parti dell’allegato del 2021;
  5. Promoting our European Way of Life: raccoglie 24 proposte regolatorie. Di queste, 18 sono già presenti lo scorso anno;
  6. A New Push for European Democracy: raccoglie 18 proposte delle quali 7 già presenti nella Dichiarazione del 2021.

Analisi della Dichiarazione sulle politiche digitali d’Italia e Unione Europea

Ora, analizzando la Dichiarazione, capiamo alcune cose:

  • La complessità del procedimento legislativo europeo. Questo causa continui ritardi e non consente mai previsioni realistiche nel lungo periodo;
  • Quanto duro è stato l’impatto della pandemia sul procedimento decisionale europeo. Ad esempio, si ricordi il caso Merkel, che si dimetteva senza mettere a pieno frutto il Patto di Aquisgrana;

Inoltre, l’elenco degli impegni che si rinnovano quest’anno così raggruppati risultano evidentemente come un atto politico, più che semplice burocrazia.

A tal proposito, i tre vertici attuali dell’Unione Europea chiariscono che l’UE sta sempre più diventando un’unione di valori. Dunque, una comunità non solo legata alla dimensione economica e al mercato, ma segnata anche da tradizioni e valori comuni.

“A New Push for European Democracy” è il pacchetto di proposte del PNRR che ci illumina sul futuro dell’Unione Europea e la sua identità. Effettivamente, oltre alla condivisione di regole e diritti i Paesi d’Europa condividono sempre più anche una comune base democratica. Poi, nel PNRR si proclama l’obbiettivo di fondare anche un nuovo e più robusto tessuto di partiti politici a dimensione europea.

Italia nel 2022: le priorità alla luce dei nuovi obiettivi sulle politiche digitali dell’UE

Ora, per quanto riguarda lo scenario Italiano:

  • Da un lato, si impegna a contrastare gli effetti della pandemia: quindi, c’è sempre più l’esigenza di reti di trasmissione dei dati e di servizi digitali e moderni. Così come interconnessione a scala globale;
  • Dall’altro, cerca di costruire la democrazia della Digital Age. Effettivamente, nel Recovery Fund c’è una sostanziale parte che riguarda la promozione in ogni Stato dell’Unione dell’amministrazione digitale e la conseguente democrazia dell’Era digitale.

Per rimanere in costante aggiornamento su queste tematiche e novità, segnaliamo di controllare periodicamente:

  • il documento Piano nazionale di ripresa e resilienza – next generation Italia” che il governo Draghi trasmetteva al Parlamento il 25 aprile 2021;
  • Il Portale Italia domani sul sito della Funzione Pubblica. Infatti, esso riporta le opere e i costi del PNRR man mano che questo si sviluppa.

Il totale degli investimenti corrisponde a 222,1 miliardi di euro. E, fanno parte del Piano d’investimento gli ambiti della:

  • Pubblica Amministrazione;
  • Giustizia;
  • Semplificazione normativa;
  • Concorrenza.

Precisamente, così si ripartisce PNRR:

  • 27% del Piano alla digitalizzazione;
  • 40% agli investimenti per il green deal;
  • 10% a investimenti per aumentare la coesione sociale.

Inoltre, si prevedono investimenti nel settore della cultura e del turismo, settori chiave per l’Italia.

——————————–

LEGGI ANCHE:

Direttiva UE: clausole abusive e consumatore

Digitale, problemi di privacy in UE

Rimborso delle spese legali imputati assolti

Via al decreto con criteri e modalità d’erogazione di rimborsi spese legali degli assolti

Il Ministro della Giustizia Marta Cartabia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze Daniele Franco emanano un nuovo decreto. Tale atto definisce i criteri e le modalità di erogazione del Fondo per il rimborso delle spese legali agli imputati assolti. Dunque, ne si delineano precisamente specifiche e tempi e l’ammontare del fondo è pari a 8 milioni annui.

Rimborso spese legali ad alcuni imputati assolti: ecco il nuovo decreto del Ministero

Innanzitutto, chi è il destinatario del fondo rimborsi? Possono accedere a tale risarcimento le seguenti categorie di soggetti destinatari di una sentenza di assoluzione definitiva pronunciata perché:

  • Il fatto non sussisteva;
  • Non commette il fatto;
  • Il fatto non è reato o la legge non lo prevede come tale.

In particolare, quest’ultima specifica esclude il caso in cui la pronuncia interveniva a seguito della depenalizzazione dei fatti oggetto dell’imputazione.

Invece, chi sono gli esclusiNon possono accedere al fondo:

  • Coloro per i quali anche se alcuni capi d’imputazione li assolvono, altri li condannano;
  • I soggetti che ricevono una sentenza di estinzione del reato per prescrizione o amnistia;
  • Coloro che beneficiano nel medesimo procedimento del patrocinio a spese dello Stato;
  • Chiunque ottenga la condanna del querelante alla rifusione delle spese di lite.

Ciò detto, aggiungiamo che tale rimborso si riconosce nel limite massimo di 10.500 euro. Questa somma si ripartisce in tre quote annuali, a partire dall’anno successivo a quello in cui la sentenza diviene irrevocabile.

Come presentare domanda per rimborso spese legali degli assolti e quali sono i tempi

Chiunque richieda il rimborso (ossia, l’imputato) deve presentare istanza di accesso al fondo esclusivamente tramite piattaforma telematica. A questa si può accedere dal sito giustizia.it con le credenziali SPID di livello due.

Tra gli elementi che dovranno includersi nella richiesta ci sono:

  • Durata del processo, oggetto della sentenza di assoluzione irrevocabile. Questa si calcola dalla data di emissione del provvedimento con il quale si esercitava l’azione penale, alla data in cui sentenza di assoluzione è definitiva;
  • Attestazione che l’importo di cui si chiede il rimborso si versi al professionista legale tramite bonifico. Questo a seguito di emissione della parcella valida per il Consiglio dell’Ordine.

Invece, per quanto riguarda i tempi di emissione, la domanda si dovrà presentare entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui la sentenza è irrevocabile. Tuttavia, per le sentenze irrevocabili nel corso del 2021, le domande potranno presentarsi solo a partire dal prossimo 1° marzo fino al 30 giugno 2022.

I criteri di valutazione delle istanze per il risarcimento delle spese di chi si assolve

Come dicevamo, il fondo non ha valore illimitato, ma pari a 8 milioni annui. Dunque, si darà precedenza a:

  • Quelle istanze dell’imputato irrevocabilmente assolto con sentenza resa dalla Corte di Cassazione (giudice del rinvio). Oppure, all’esito di un processo che dura complessivamente oltre otto anni;
  • Alle istanze rese dal giudice di appello. Oppure, all’esito di un processo che dura più di cinque e fino a otto anni;
  • A quelle rese dal giudice di primo grado. Oppure, all’esito di un processo che dura in tutto fino a cinque anni.

Nell’ambito di ciascun gruppo si darà preferenza alle istanze per processi più lunghi. E, a parità di durata, a quelle con imputati con reddito inferiore. Inoltre, il Ministero effettuerà un controllo di effettiva corrispondenza tra quanto si dichiara e quanto emerge dalla documentazione allegata. Per fare ciò, si avvale del proprio personale o di Equitalia giustizia S.p.A.

Ora, si attende la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Il merito principale per questa innovazione è dell’onorevole Enrico Costa, responsabile giustizia del partito Azione. Infatti, quest’ultimo presentava un emendamento alla Legge di Bilancio e contattava il Ministero affinché emanasse il decreto.

Al proposito, egli commenta:

“è sicuramente importante che la procedura possa partire; tuttavia, a differenza della norma il cui testo era molto snello, mi pare che con il decreto sia stata prevista una eccessiva burocratizzazione per compilare la domanda di accesso al Fondo. Si arriverà al punto che l’imputato assolto dovrà rivolgersi nuovamente all’avvocato e pagarlo per aiutarlo a compilare la richiesta”.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

Cartabia, proposte concrete per migliorare carceri

Garante della privacy e sicurezza dei dati nella fatturazione elettronica


LEGGI ANCHE

password sicure

Come creare password sicure e facili da ricordare

In questo articolo vogliamo darvi alcuni suggerimenti per creare password sicure, difficili da decifrare e facili da ricordare. Le nuove tecnologie, lo sviluppo di internet…

Linee guida per l’utilizzo di strumenti di Intelligenza Artificiale da parte degli Avvocati

Da tempo si discute circa l’impatto dell’Intelligenza Artificiale in campo legale, soprattutto dopo l’introduzione di ChatGPT di OpenAI. La maggior parte dei chatbot di intelligenza…

firma contratto

Cassazione | Rito ordinario per decreto ingiuntivo in materia locatizia emesso da giudice ordinario

Con l’ordinanza n. 13693 del 16 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione del rito da seguire per l’opposizione a un decreto…

Procedure d’appalto digitalizzate

Aggiornare piattaforme e processi d’acquisto con la digitalizzazione delle procedure d’appalto: ecco l’E-procurement

Nel 2002 l’Italia fu uno dei primi Paesi europei a introdurre delle regole del Codice Appalti, con il D.P.R. 101. Tuttavia, in seguito ogni Ente creava la sua propria piattaforma con modalità, interfacce, procedure, linguaggi differenti l’una dalle altre. Ora, vediamo se con gli obiettivi e i fondi a disposizione del PNRR finalmente si riuscirà ad avere una piattaforma di E-Procurement unica e uguale per tutti.

 

 

E-Procurement: i passi per la digitalizzazione delle procedure d’appalto col PNRR

Successivamente, altri venti anni decorrono dall’attuazione delle regole del Decreto n. 148 del 12 agosto 2021. Questo, riguarda il “Regolamento recante modalità di digitalizzazione delle procedure dei contratti pubblici, da adottare ai sensi dell’articolo 44 del D. Lgs. 50/2016” (Codice dei contratti pubblici).

Tale Decreto doveva definire le modalità di digitalizzazione delle procedure di interconnessione e di interoperabilità. Inoltre, intendeva delineare le migliori pratiche su:

  • metodologie organizzative e di lavoro;
  • soluzioni informatichetelematiche e tecnologiche di supporto;
  • metodologie di programmazione e pianificazione.

La strada del Decreto era prontamente preparata da AgID nel dicembre 2016 con la Circolare n.3 “Regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisto e di negoziazione”.

Consip e AgID, dove siamo oggi nella strada di standardizzazione delle procedure d’appalto

Al proposito, Consip annuncia un rinnovamento complessivo del sistema di e-Procurement. Infatti, comunica che la prima fase del rinnovamento prevede un cambiamento nell’architettura applicativa. Il fine è una maggiore integrazione e interoperabilità coi sistemi esterni e la reingegnerizzazione dell’esperienza utente e dell’interfaccia grafica. Così, si consentirà un rilevante miglioramento della fruibilità del sistema.

Ora, si aspetta l’entrata in azione di AgID per definire le modalità di digitalizzazione delle procedure di affidamento disciplinate dal Codice. In effetti, il Decreto non assegna ad AgID limiti di tempo per l’emissione delle linee guida né indica quanto in dettaglio debbano scendere le linee guida AgID. Tuttavia, si auspica che non abbiano ad oggetto i soli dati ma anche procedurefunzionalità e interfacce in modo da semplificare lo sviluppo delle piattaforme e l’utilizzo da parte delle Imprese.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

Le frodi creditizie sono un fenomeno sempre più in voga

Garante della privacy e sicurezza dei dati nella fatturazione elettronica

Avvocati e pensione: come presentare al domanda

Burocrazia meno complessa con la domanda online per richiedere la pensione degli avvocati

Il progresso tecnologico compie di giorno in giorno nuovi passi dando vita a nuove opportunità per il miglioramento della quotidianità. In particolare, ne beneficia da sempre la lunga e complessa burocrazia a cui contrasta l’attuale possibilità di fare domande per bandi o quant’altro onlineaccorciandone notevolmente i tempi. Nello specifico, il 2022 comincia con un’importante novità per il mondo degli avvocati, che ora potranno richiedere la pensione online.

Chi può fare la domanda online per richiedere la pensione dei professionisti legali

Attualmente, la procedura informatica si può utilizzare solo per le richieste di pensione di:

  • vecchiaia (70 anni di età e 35 anni di contribuzione);
  • contributiva (70 anni e 5 anni di contribuzione);
  • vecchiaia anticipata (65 anni);
  • anzianità (62 anni e 40 di contribuzione).

Comunque, alla domanda online si affianca quella classica basata su carta e PEC. Effettivamente, questa rimane l’unica utilizzabile per tutte le altre prestazioni previdenziali. Ad esempio, le pensioni di invalidità, di reversibilità, e quelle indirette.

 

 

Dal sito di Cassa Forense è possibile inoltrare la domanda di pensionamento

Dunque, dal 10 gennaio collegandosi al sito della Cassa forense si potrà presentare la domanda di pensione online. Al proposito, Angelo Strano (dirigente e responsabile del servizio “Prestazioni previdenziali” della Cassa Forense) raccomanda questi passaggi:

  1. Scannerizzare la tessera sanitaria dell’iscritto (fronte/retro) e il modulo delle detrazioni fiscali. A quest’ultima si accede dalla pagina web della procedura, la cui compilazione è però opzionale;
  2. Entrare nell’Area Riservata (“posizione personale”). Qui, si richiede il codice meccanografico e il pin;
  3. Una volta che si è nella propria pagina web, andare al menu “Istanze on line”. Quindi, si autorizza al trattamento dei dati;
  4. Ora, si dovrà selezionare la tipologia di trattamento previdenziale disponibile in base ai requisiti che si possiedono. Al proposito, per ognuna delle tipologie è disponibile il link alla normativa di riferimento;
  5. A questo punto, si visualizzano i dati anagrafici in possesso dalla Cassa forense relativamente all’iscritto. In caso di dati non aggiornati, si dovranno modificare cliccando su un link che porta alla parte anagrafica della propria pagina web;
  6. Poi, si visualizzano i dati reddituali dei vari anni non comunicati alla Cassa, che devono fornirsi al fine della conclusione positiva della procedura. Quindi, Strano sottolinea che questo passaggio non si prevede nella procedura cartacea. Infatti, qui bisogna indicare il reddito solo degli ultimi 2 anni. E, in caso di dati che mancano per gli anni prima, l’iscritto viene successivamente contattato dalla Cassa per fornirli;
  7. In seguito, si comunicano le coordinate bancarie dove si vuole che si accrediti la pensione;
  8. Quindi, si allega un file che deve contenere contestualmente la tessera sanitaria scannerizzata fronte/retro e l’eventuale modulo sulle detrazioni fiscali;
  9. A quel punto, il richiedente può scaricare l’anteprima della domanda di pensione. Se certo che tutto sia corretto, deve poi cliccare su “trasmetti”.
  10. Infine, il professionista dovrà cliccare sull’icona “ricevuta”, ottenendo di conseguenza la conferma che la domanda è stata correttamente inviata. In questa fase conclusiva, si rilascerà anche il numero di protocollo, e la relativa data.

Come si precisa nella Carta dei Servizi, la conclusione del processo di definizione del trattamento avverrà entro i 90/120 giorni successivi.

 

——————————–

LEGGI ANCHE:

L’Avvocatura dice no alle sentenze da remoto

Il decreto Milleproroghe è in Gazzetta Ufficiale

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto