Se la PEC finisce in spam?

Cassazione su caso che coinvolge una PEC finita in Spam: la notifica è valida?

La Corte di Cassazione interviene su un caso che coinvolge l’invio di un decreto ingiuntivo tramite PEC che però finisce in Spam. Perciò, il destinatario fa notare la scarsa quantità di tempo a sua disposizione per la conoscenza della stessa. Difatti, l’impiegata non l’aprì per timore di danni al sistema, già avvenuti in precedenza. Vediamo il caso completo.

La Suprema Corte da parere professionale nei confronti del caso della PEC in Spam

A seguito del fatto sopracitato si decide di ricorrere in Cassazione. Dunque, quest’ultima risponde con l’ordinanza n. 17968/2021 in cui afferma che:

“I programmi di posta elettronica non sono in grado di individuare, con esattezza, i messaggi da qualificarsi come spam. Pertanto, rientra nella diligenza ordinaria dell’addetto alla ricezione della posta elettronica il controllo anche della cartella della posta indesiderata.”

Difatti, porta all’attenzione che in tale cartella si possono inserire automaticamente messaggi che provengono da mittenti sicuri e attendibili. Perciò, non conterrebbe alcun allegato pregiudizievole per il destinatario.

Poi, conclude:

“Le suddette cautele di attenzione sono note a chi opera professionalmente quale recettore dei messaggi di posta elettronica, strumento di notificazione telematica che ormai appartiene al know how di ogni operatore commerciale — e per lui, dei suoi ausiliari — stante la sua diffusione e il suo valore di comunicazione idonea a produrre effetti giuridici.”

Misure cautelative nel caso di un decreto ingiuntivo in PEC finito in Spam

Ora, ricordiamo che la giurisprudenza di legittimità si pronunciava già sull’argomento. Al riguardo, suggeriva che il titolare di un account di PEC ha il dovere di controllare con prudenza tutta la posta in casella d’arrivo. Perciò compresa quella che il programma gestionale considera come “indesiderata”.

A questo punto, prendiamo in considerazione la Cass. civ. n. 3965/2020 con l’art. 20 del D.M. 21/02/2011 n. 44. Qui, si disciplinano i requisiti della casella PEC del “soggetto abilitato esterno”. E, si impongono a costui una serie di obblighi col fine di garantire il funzionamento della casella di posta certificata così come della ricezione dei messaggi.

In particolare, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. 3 R.G. 25467/2018 m) del D.M. N. 44 del 2011 il “soggetto abilitato esterno” ha i seguenti doveri:

  • Deve dotare il pc con un software idoneo alla verifica di presenza o assenza di virus per i messaggi elettronici. Allo stesso modo, è necessario l’uso di software antispam idonei a prevenire a trasmissione di messaggi di posta elettronica indesiderati;
  • Conservare le ricevute della consegna dei messaggi che si trasmettono al dominio giustizia;
  • Deve munirsi di una casella di PEC con uno spazio disco minimo così come lo definisce l’art. 34 comma 4;
  • Dotarsi di un servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta. Inoltre, dovrà verificare la disponibilità dello spazio disco ancora a disposizione.

Notifica valida? le conclusioni della Corte in merito alla PEC che finisce in Spam

Pertanto, nel caso di specie si ritiene verosimile che si potesse isolare la PEC che dava sospetto. Poi, sarebbe dovuta stare “in quarantena”. Ovvero, eseguire la scansione manuale del file, tramite l’azione del “software idoneo a verificare l’assenza di virus informatici per ogni messaggio”.

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