SOS: una tecnica per sconfiggere lo Stress

Gli ultimi due anni ci hanno messo a dura prova: la pandemia e la guerra ci hanno costretto a cambiare le nostre abitudini, ma anche le nostre relazioni.

Non sarà difficile capire, dunque, perché incontriamo sempre più spesso persone con sintomi di ansia e stress. Sintomi che peggiorano la routine e che rendono difficile la gestione della nostra sfera personale e professionale.

Che cos’è lo stress?

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, lo stress è «la risposta psicologica e fisiologica che l’organismo mette in atto nei confronti di compiti, difficoltà o eventi della vita valutati come eccessivi o pericolosi. La sensazione che si prova in una situazione di stress è di essere di fronte ad una forte pressione mentale ed emotiva».

Non è detto che provochi necessariamente effetti negativi, dato che favorisce l’adattamento ad alcuni stimoli quotidiani, mentali e fisici.

Dobbiamo, quindi, distinguere lo stress positivo da quello negativo.

  • Stress positivo – ma come diavolo fa ad esistere uno stress positivo?! Beh, tanto per intenderci, è quello stress che incontriamo quando ci stiamo concentrando su un esame. Ci dà la carica necessaria per affrontare le sfide che incontriamo nel lavoro, ma anche nella vita. Ecco, questo è lo stress positivo (eustress).
  • Stress negativo – l’eustress ci fa sentire motivati, capaci di raggiungere gli obiettivi, pronti a migliorare la produttività. Invece, lo stress negativo (distress), ci fa avvertire sensazioni spiacevoli, come ansia, preoccupazioni, e in generale sentimenti negativi. Finiamo per mettere in dubbio le nostre capacità di portare a termine un compito. Spesso il distress è accompagnato da disturbi psicosomatici, come mal di testa e insonnia, e comporta un peggioramento graduale delle nostre condizioni di vita.

Sconfiggere lo stress

Ma come possiamo sconfiggere lo stress (negativo)? Un’efficace tecnica antistress è quella di lanciare un SOS, un segnale di richiesta d’aiuto.

Ci sono momenti della nostra vita in cui ci ritroviamo con troppe cose da fare, in pochissimo tempo, e il nostro primo pensiero è quello di fuggire su un’isola deserta dall’altra parte del mondo.

Dato che non hanno ancora inventato un pulsante anti-stress che ci teletrasporta dove vogliamo, dobbiamo affidarci ad altre tecniche per combattere lo stress – forse più efficaci dell’isola deserta.

Gestire lo stress

L’obiettivo non è quello di eliminare completamente lo stress, dato che siamo di fronte ad una naturale risposta del nostro corpo alle sfide della vita. Difficilmente raggiungiamo i nostri obiettivi senza lo stress.

Per lo stress vale la stessa storia dei due lupi (che trovi alla fine dell’articolo). Esiste lo stress buono e quello cattivo, ma noi non dobbiamo sopprimere nulla, perché dobbiamo soltanto imparare a canalizzare le nostre energie fisiche e mentali verso la direzione giusta.

Come fare? Semplice, con la tecnica SOS.

S – Stop

La prima cosa da fare quando lo stress ci travolge è fermarci! Certo, se gli impegni si accavallano l’uno sopra l’altro sarà difficile pensare di fermarsi. Non è un lusso che ci possiamo permettere, quindi il nostro corpo e/o la nostra mente si imporranno, costringendoci a fermarci.

Sarà uno stop con conseguenze più gravi rispetto ad un momento di semplice ozio. Forse è meglio fermarsi e conservare le energie fisiche e mentali, per ripartire nel migliore dei modi.

O – Organizza

Nello stress, l’emozione dominante è la sopraffazione. Spesso questo accade poiché non siamo riusciti a ritagliarci del tempo per fare un quadro preciso della situazione.

Lo stress ci annebbia la vista e ci fa vedere le cose non per ciò che sono, ma per come ci sentiamo. Attività semplici diventano insopportabilmente faticose se navighiamo nell’ansia.

Ma dopo esserci fermati e aver recuperato le nostre energie, dovremo affrontare le sfide e gli ostacoli in maniera oggettiva. Per farlo, dobbiamo scrivere i nostri impegni, fare una lista che comprende tutte le attività che ci passano per la testa (anche i cereali da comprare al supermercato).

Questo esercizio si chiama “brain dump” e ha l’obiettivo di svuotare del tutto la testa dalle preoccupazioni per riversarle su un pezzo di carta o su un file word. Quando i pensieri si concretizzano all’interno di un supporto fisico, automaticamente perdono la loro capacità di stressare il cervello.

S- Seleziona

L’ultimo passaggio della tecnica SOS, forse il più difficile, consiste nel capire a che impegni dare la priorità. Ciò che distingue, infatti, una persona che si destreggia tra le situazioni stressanti da una che soccombe è la capacità di individuare le priorità, focalizzandosi totalmente sulla loro esecuzione.

Se non ci liberiamo delle manie perfezionistiche e continuiamo a dedicare il nostro tempo ad attività poco importanti otterremo un finto senso di controllo e saremo vittime dello stress.

Un punto di partenza per focalizzarci sulle priorità è definire 3 attività fondamentali per dedicargli le prime ore della nostra giornata lavorativa. Cerca di avere ogni giorno un tempo “sacro” dove lavorare su quello che farà la differenza. Meglio fare abbastanza bene quel che serve piuttosto che fare perfettamente quello che non serve!

Se applichi questi 3 principi antistress riuscirai ad affrontare le emergenze lavorative, trasformando in modo radicale il tuo approccio alle situazioni stressanti.

La leggenda dei due lupi

E ora, come promesso, ecco la leggenda dei due lupi 🙂

Nella versione più famosa della leggenda troviamo un anziano della tribù dei Cherokee intento a spiegare al nipotino che nel suo cuore e in quello di tutti gli esseri umani ci sono due lupi: uno nero e uno bianco. Quello bianco è docile e con un buon animo, e quello nero è rabbioso e violento.

Questi due lupi combattono costantemente tra loro. Il nipote chiede all’anziano quale dei due lupi prevarrà sull’altro, e il Cherokee risponde: «Quello che nutriamo di più».

Ma ne siamo così sicuri? Affamare il lupo nero non è proprio una scelta brillante. Forse sarebbe meglio nutrire entrambi i lupi!

Versione alternativa della leggenda

Un giorno, un anziano Cherokee, decise che era giunto il momento di insegnare al nipotino una grande lezione di vita. Lo portò dentro una foresta, lo fece sedere ai piedi di un grande albero e cominciò a raccontagli la lotta che avviene nel cuore degli esseri umani.

«Nella mente e nel cuore di qualsiasi persona c’è uno scontro continuo. Se non prendiamo consapevolezza di ciò, rischiamo di spaventarci e di sentirci confusi, persi e vittime passive degli eventi. È una battaglia che avviene anche nel cuore di una persona anziana e saggia, come me.

Nel mio animo ci sono due grandi lupi: uno bianco e uno nero. Quello bianco è gentile, buono e amorevole. Insegue l’armonia e combatte soltanto per proteggere se stesso e il suo branco. Quello nero, invece, è violento, scontroso e rabbioso. Tutti i contrattempi sono pretesti per accendere la sua ira e per farlo litigare con tutti, senza ragione. Ma la sua rabbia è completamente inutile, dato che non porta altro che guai. Ci sono giorni in cui sembra quasi impossibile convivere con questi due lupi».

«Ma alla fine quale lupo vince?»

«Tutti e due! Vedi, se nutrissi soltanto il lupo buono, quello cattivo sarebbe sempre lì ad attendermi, affamato, pronto ad attaccare a morte il lupo bianco alla prima occasione. Se, invece, gli presto la giusta attenzione, riesco a comprendere la sua natura e a sfruttarne la potenza e la forza nel momento del bisogno. Soltanto così i due lupi riescono a convivere nel mio animo».

«Ma come fanno a vincere entrambi, nonno?»

«Vedi, nipote, nel lupo nero possiamo trovare molte qualità di cui tutti noi possiamo aver bisogno in alcune circostanze. È temerario, astuto e capace di ideare indispensabili strategie per vincere una battaglia. Ha sensi affinati e occhi che, abituati alle tenebre, sono in grado di scrutare ogni movimento salvandoci da imboscate notturne. Se riusciamo ad addomesticare il lupo nero, diventerà il nostro più valido alleato».

Poi, l’anziano Cherokee estrasse due pezzi di carne dalla sua sacca, li gettò a terra e disse: «Ecco un pezzo di carne per il lupo bianco e un pezzo di carne per il lupo nero. Se entrambi saranno sfamati, non lotteranno tra loro per conquistare la mia mente. Sarò quindi in grado di scegliere da solo a quale lupo rivolgermi nel momento del bisogno.

La rabbia repressa, così come il lupo affamato, è molto pericolosa. Non dobbiamo reprimere le sfaccettature del nostro carattere. Dobbiamo imparare a conoscerle, per accettarle e poi sfruttarle quando ne abbiamo bisogno. È così che la lotta tra i due lupi interiori cesserà».

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Avvocato, pensi troppo?

La tua mente si concentra sul futuro e sul passato, mai sul presente? Hai la tendenza a rimuginare sulle cose? Vediamo insieme come smettere di sovraccaricare la nostra mente.

Durante la giornata, nella nostra mente, approdano tantissimi pensieri. È normale, certo, dato che il nostro cervello lavora costantemente.

Tuttavia, alcune persone, tendono a pensare troppo e non riescono a fermare i pensieri. In questo modo si entra in un circuito mentale che prosciuga tutte le nostre energie.

Ti ritrovi in questa descrizione? Vuoi capire come smettere di pensare troppo?

Non sarà un’operazione semplice. Paradossalmente, più ci diciamo di smettere di pensare, più pensiamo. Il primo passo da fare è silenziare proprio quella vocina interiore che ci dice di smettere di pensare.

Pensare troppo significa anche pensare troppo al pensiero in . Questo significa entrare in un loop che ci crea angoscia, disagio e stanchezza mentale.

Non dobbiamo combattere i pensieri, ma prenderne coscienza, capire perché esistono e applicare alcune strategie.

Pensare troppo potrebbe indicare alti livelli d’ansia: questo è un sintomo a cui dobbiamo prestare molta attenzione, per lavorarci al meglio prima che diventi un serio problema mentale/emotivo.

Strategia #1: Identificare i pensieri

Smettere di pensare troppo non è affar semplice. Tuttavia, una prima strategia potrebbe essere l’identificazione dei pensieri che ci fanno andare in loop.

Fermiamoci, dunque, a prestare attenzione ai nostri pensieri, indentificando quelli che generano ansia e stress. È impossibile eliminarli completamente: dobbiamo soltanto lasciarli fluire.

Strategia #2: Concentrarsi sul qui ed ora

Praticare esercizi di meditazione si è rivelato utile per smettere di pensare troppo. C’è un’ampia varietà di esercizi, e possiamo scegliere quella più adatta a noi.

Non serve andare in cima ad una montagna per meditare: basterà fare dei semplici esercizi di consapevolezza.

Durante la giornata, prestiamo attenzione ai dettagli di quello che stiamo facendo. Se camminiamo, per esempio, concentriamoci sui nostri passi, sugli odori, sui rumori dell’ambiente e sull’esperienza in sé.

Strategia #3: L’esercizio 5, 4, 3, 2, 1

Il prossimo è un ottimo esercizio di consapevolezza che aiuta nel processo di connessione con il presente, permettendoci di uscire dal loop dei pensieri.

Situiamoci nel presente, e proviamo a pensare a:

  • 5 cose che si trovano intorno a noi;
  • 4 che possiamo sentire;
  • 3 che possiamo toccare;
  • 2 da annusare;
  • e 1 da gustare.

Dopo aver identificato tutte queste cose, sentiamole e concentriamoci soltanto su di esse.

L’obiettivo dell’esercizio è concentrarsi sui dettagli dell’ambiente circostante, allontanandoci dalle preoccupazioni.

Strategia #4: Thinking Stop

Per fermare l’overthinking, un’altra idea, tipica della terapia cognitivo-comportamentale, è quella del thinking stop.

Di che cosa si tratta?

Una volta identificato il pensiero che ci porta dritti verso il loop mentale, dobbiamo trovare una frase, una parola, un mantra o un gesto che ci interrompe il loop.

Potrebbe trattarsi di una parola, come “stop”, oppure di un’azione, come strappare un elastico che abbiamo al polso. Insomma, ognuno di noi deve trovare qualcosa di personale ed efficace.

Camminare, pulire, chiamare qualcuno: qualsiasi cosa che ci distolga dai pensieri.

Strategia #5: Gratitudine

La gratitudine è una risorsa molta preziosa. Ce l’abbiamo sempre a portata di mano, e ci fa concentrare sul lato positivo delle cose.

Tutto questo ci aiuta ad abbassare la pressione, su di noi o sulle situazioni che stiamo vivendo, facendo riposare il nostro cervello, che non deve sempre pensare per forza a tutto.

Strategia #6: Viva la natura

Per fortuna esiste la natura, con il suo potere riequilibrante e positivo. Passeggiare immersi nella natura ci aiuta a concentrarci sul tempo presente, mettendo da parte i pensieri dannosi.

Per questo motivo, appena puoi, allontanati dai rumori per stare a contatto con la natura. Non devi per forza fare lunghi viaggi: sarà sufficiente anche andare semplicemente al parco vicino a casa

Secondo l’OMS, nel 2019 la vita e il suo ritmo frenetico ha causato a 301 milioni di persone disturbi d’ansia. 280 milioni, invece, soffrivano di depressione.

I pensieri ossessivi e ruminanti sono un sintomo comune a queste diagnosi. Il pensiero eccessivo rappresenta un problema molto comune; magari con i precedenti suggerimenti potremmo trarre dei benefici.

Ma non scoraggiamoci, se i sintomi che accusiamo ci causano disagi profondi che incidono in maniera significativa sulla nostra quotidianità, e chiediamo un aiuto professionale.

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Avvocato, utilizzi l’intuito o la ragione?

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L’intuizione è una capacità che consente di oltrepassare i passaggi logici nel processo di risoluzione di un problema, in modo tale da arrivare immediatamente alla soluzione.

Sviluppare il proprio intuito significa avere l’occasione di accedere ad uno degli strumenti più potenti della nostra mente. L’intuito ci aiuta ad evitare di commettere errori di cui potremmo pentirci, ad avere relazioni migliori e a dare una spinta alla nostra carriera.

Se riuscissimo ad unire intuito e logica saremmo in grado di sfruttare al 100% il nostro potenziale. Vediamo che cos’è l’intuito, come accoglierlo e svilupparlo.

Cosa blocca il nostro intuito

L’intuito è uno strumento fondamentale, necessario per risolvere alcuni problemi complessi, che ci porta velocemente verso soluzioni originali.

Per comprendere come funziona un’intuizione, dobbiamo comprendere ciò che blocca il nostro intuito.

Per esempio, potremmo non riuscire a comprendere un problema perché diamo per scontato delle ipotesi; oppure ci fossilizziamo su un’idea bloccando il pensiero “fuori dagli schemi”; o, ancora, applichiamo sempre lo stesso approccio ma in maniera differente.

Quando ci troviamo di fronte ad un nuovo problema, ad una nuova persona o ad una nuova situazione, sarà del tutto naturale avere dei pregiudizi, applicando modi di pensare ai quali siamo già abituati.

Non è cattiveria: i cosiddetti bias cognitivi aiutano il nostro cervello a risparmiare tempo ed energie. Il primo passo da compiere, in questi casi, è la consapevolezza.

I tre elementi di un’intuizione

Mark Beeman, uno dei maggiori esperti in tema, dice che ci sono tre elementi che compongono un’intuizione:

  1. la soluzione è inconscia. Abbiamo un’intuizione nel momento in cui non stiamo pensando, a livello conscio, a quel problema. Un esempio? Le idee geniali che ci vengono mentre siamo sotto la doccia;
  2. la mente deve essere rilassata. Perché abbiamo intuizioni sotto la doccia? Perché ci stiamo rilassando, allontanando stress ed energie negative grazie allo scroscio dell’acqua calda;
  3. ci sentiamo pervasi da una sensazione di sorpresa. Se la risposta emerge improvvisamente nella nostra mente e ci prende alla sprovvista, ci pervade un senso di fiducia, che si rivelerà fondamentale per ulteriori intuizioni.

Strategie per rafforzare la nostra intuizione

Rafforza il tuo vocabolario

Il linguaggio rappresenta una delle conquiste più importanti per gli esseri umani.

Tuttavia, ad oggi diamo per scontata la nostra capacità di comunicazione tramite la parola, che sia essa scritta o parlata. Nemmeno ci rendiamo conto di come sarebbe il mondo, se non avessimo la capacità di parlare!

Per questo sottovalutiamo anche l’impatto che ha il linguaggio sul nostro pensiero. Più il nostro linguaggio è povero, più i nostri pensieri si riveleranno limitati, ripetitivi.

Con un ampio vocabolario ed evolute capacità di linguaggio, invece, avremo un pensiero più profondo, articolato e variegato. Tutte caratteristiche indispensabili per la nascita di nuove intuizioni.

Come rafforzare il nostro vocabolario? Leggendo, leggendo e leggendo!

Arrenditi

Possiamo scordarci di avere la giusta intuizione continuando a prendere a capocciate il muro. Per andare avanti, dobbiamo arrenderci.

Se ci fossilizziamo sempre sulla stessa soluzione, quella sbagliata, perderemo di vista le soluzioni alternative. Per far maturare la corretta intuizione, infatti, dobbiamo assolutamente inibire le soluzioni sbagliate.

Se ci arrendiamo, temporaneamente, liberando le energie impiegate nella ricerca di una soluzione logica, la nostra mente riuscirà ad attivare il meccanismo dell’intuito.

Dunque, se ci ritroviamo ad impazzire, inseguendo un problema che ci sembra irrisolvibile, è meglio staccare la spina e fare una passeggiata in mezzo alla natura, affinché l’intuito possa fare il suo lavoro.

Comincia a meditare

La meditazione, a differenza di quello che in molti pensano, non è affatto una tecnica di rilassamento.

È, invece, una tecnica di introspezione (che aiuta anche a rilassarsi). Meditare significa osservare la propria mente evitando di emettere giudizi.

Se lo facciamo quotidianamente, cominceremo ad avere consapevolezza di come ci inganna il nostro ego e di tutti quegli schemi mentali in cui ci incastriamo e che bloccano le nostre intuizioni.

Spazio all’empatia

Le nostre intuizioni sono bloccate dell’incapacità di uscire dagli schemi mentali. Viviamo troppo nella nostra testa e non siamo abituati a metterci nei panni delle altre persone.

Se vogliamo rafforzare il nostro intuito dobbiamo cominciare a coltivare l’empatia, ovvero, a riconoscere e comprendere le emozioni delle altre persone.

Dobbiamo sforzarci di vedere veramente il mondo, le situazioni e i problemi attraverso gli occhi di chi ci circonda, ma anche approfondendo contesti e culture differenti.

Liberiamo la creatività

L’ultima strategia per coltivare l’intuito ha a che fare con la creatività: non avremo mai intuizioni originali, infatti, se soffochiamo la nostra creatività.

Da piccoli ci lasciamo guidare dall’intuito. Più cresciamo, però, più ci abbandoniamo alla ragione, che aumenta i nostri livelli di stress e ci porta a commettere errori.

Impariamo, invece, a fidarci del nostro intuito, per cominciare a dare il giusto senso alla nostra vita e al nostro lavoro.

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Avvocato, conosci il potere della Creatività?

Ragionare in termini conflittuali dinanzi ad un problema è il modello standard di ragionamento dei dottori in Giurisprudenza. Tuttavia, durante l’attività quotidiana, un avvocato assume la consapevolezza che si tratta di un modello di ragionamento certamente necessario, ma non sufficiente.

Ma perché ci sembra così difficile adottare altri modelli di ragionamento? Il nostro cervello cerca la soluzione più rapida e semplice, e per questo segue un modello di pensiero con il quale si sente più a suo agio.

È necessario, invece, creare nuovi modelli per seguire altre vie, che aumentano le nostre possibilità di trovare una soluzione efficace. Come si fa? Con la creatività!

Siamo tutti creativi

Viviamo in un mondo in costante mutamento, e per mantenere la giusta rotta sono necessarie flessibilità, determinazione e creatività.

Ma come sviluppare le nostre abilità creative? Tutte le persone hanno in sé la creatività, sin dalla nascita. Crescendo, però, il rischio di perderla aumenta di giorno in giorno.

Alcuni studi condotti su gemelli omozigoti dimostrano che le abilità creative dipendono per il 33% dal nostro DNA, mentre il restante 66% dall’ambiente e dalle attività che svogliamo.

Gli ostacoli della creatività

Ostacoli di natura psicologica

Se abbiamo una scarsa autostima, o poca fiducia nella nostra creatività, e ci ripetiamo continuamente che non siamo creativi, difficilmente avremo grinta e energie sufficienti per generare ottime idee.

Se ci troviamo di fronte ad un problema e cominciamo a scrivere delle soluzioni, soffermandoci sulle prime tre idee, queste non ci sembreranno un granché, e rafforzeranno ulteriormente la convinzione che non siamo creativi.

Proviamo, invece, a ritornare a quando eravamo bambini, e inventavamo personaggi e storie, oppure quando creavamo qualcosa con i mattoncini Lego o con il DAS. Ecco, questa è la creatività dentro noi, soffocata dai “devo e non devo”, “si fa e non si fa”.

Concediamoci, invece, la libertà di farla emergere di nuovo, divertendoci a generare idee, anche stravaganti.

Un altro ostacolo è la paura delle critiche: abbiamo trovato un’idea interessante, ma abbiamo paura di essere criticati o presi in giro dal nostro team. Tuttavia, chiediamoci: se non condividiamo la nostra idea con nessuno, come possiamo sperare che prenda vita e che diventi un progetto concreto?

Le nostre idee non piaceranno a tutti, ma non vuol dire che non valga la pena proporle. Potremmo, al massimo, chiedere al team se ci aiuta a rendere quell’idea più efficace e funzionale.

Ostacoli di natura organizzativa

Hai presente la frase: “Noi abbiamo sempre fatto così”? L’abitudine ci spinge a fare le cose sempre nello stesso modo.

Ma se ci comportiamo sempre in una determinata maniera, otterremo sempre gli stessi identici risultati. In un mondo in costante mutamento, forse non è la soluzione migliore.

Pensiero divergente + pensiero convergente

Per sfruttare del tutto la nostra creatività è fondamentale alternare il pensiero divergente e quello convergente.

Il pensiero convergente è un modo sistematico di procedere, che, attraverso alcuni passaggi, ci porta dritti al risultato finale. Questo pensiero si attiva quando applichiamo procedure standard o formule matematiche.

Il pensiero divergente, invece, è quello che cerca di stimolare prospettive originali, superare gli schemi di ragionamento, trovare le relazioni tra le idee e spingere la mente verso direzioni mai esplorate.

Applichiamo questa tipologia di pensiero quando dobbiamo risolvere un problema o se ci troviamo di fronte ad un imprevisto.

Per aumentare le potenzialità creative, dovremmo sviluppare tutti e due gli stili di pensiero, e imparare ad applicarli in maniera alternata, sia in ambito professionale che in quello personale.

Primo step

Se hai bisogno di generare nuove idee, cerca di creare un ambiente sereno, magari con della bella musica di sottofondo e con qualche snack.

Ecco le regole del Pensiero Divergente:

  • Addio alle critiche: ogni idea deve essere accolta, senza essere giudicata. Le osservazioni verranno fatte in un secondo momento;
  • Viva la quantità: più idee verranno proposte, maggiori saranno le probabilità di individuare delle soluzioni insolite ed efficaci;
  • Accogliamo la stravaganza: esprimiamo idee folli, per uscire dagli schemi e trovare soluzioni innovative e originali;
  • Attiviamo diverse aree del cervello: tracciamo un disegno o uno schizzo per descrivere un’idea;
  • Prendiamo spunto dalle idee degli altri;
  • Scriviamo tutte le idee, ma proprio tutte, ricordandoci di non dare alcuna valutazione.

Bene: ora avremo un block notes pieno zeppo di idee! Facciamo una pausa, beviamo qualcosa e arieggiamo la stanza.

Secondo step

Dopo questo processo, possiamo procedere alla valutazione e alla selezione delle idee. Ecco le regole del pensiero convergente:

  • Giudizi affermativi: prima ancora di sottolineare le carenze, evidenziamo gli aspetti positivi. In questo modo la nostra valutazione sarà più completa;
  • Miglioriamo le idee: se un’idea che sembra interessante presenta delle criticità, miglioriamola;
  • Restiamo in tema: teniamo d’occhio gli obiettivi prefissati, per verificare se l’idea può essere applicata al problema;
  • Filtriamo le idee a seconda dei criteri oggettivi: stabiliamo dei criteri con i quali valutare le soluzioni (per esempio con un punteggio da 1 a 10);
  • Restiamo aperti all’originalità e manteniamo la mente aperta. Le idee rivoluzionare, all’inizio, sembrano assurde.

Abitudini fondamentali

Il taccuino delle idee

Le idee arrivano nei momenti più improbabili.

Magari siamo impegnati a correre, a pedalare o a guidare. Quando il corpo è impegnato, infatti, il cervello attiva un “pensiero in background”, rielaborando le informazioni e immaginando nuove idee creative.

Sono idee volatili: se non le scriviamo nel momento in cui ci vengono in mente, potremmo perderle definitivamente. Per questo è fondamentale tenere un taccuino delle idee.

Camminiamo

Non devi correre la maratona di New York, ma dedicare almeno un quarto d’ora della tua giornata a camminare/correre. Camminare, infatti, agevola il naturale flusso delle idee e il pensiero creativo.

Non importa dove cammini: in un parco, sul tapis roulant, lungo i corridoi dell’ufficio. L’effetto sulla creatività è lo stesso. Provare per credere!

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Studio Legale: come gestire i conflitti

La fiducia gioca un ruolo fondamentale nel successo di qualsiasi impresa. Tuttavia, è qualcosa di estremamente difficile da costruire e da mantenere.

È l’ingrediente che sta alla base della prosperità di un’attività e di un team. Se impariamo a coltivarla e a mantenerla, avremo effetti positivi sulla qualità del nostro lavoro e della nostra vita.

Secondo Ranjay Gulati, professore di Economia all’Harvard Business School, la fiducia deve essere “lo scopo profondo” di un leader o di una società. Chi riesce in questo intento, ottiene migliori risultati non soltanto in termini economici, ma anche dal punto di vista sociale.

La fiducia ci consente di ridisegnare l’organigramma aziendale, in modo tale da incentivare la crescita individuale ma anche la collaborazione. Ma cosa succede quando la fiducia viene a mancare dopo un conflitto? Come dovremmo comportarci?

La paura del conflitto

Lo Studio legale è un organismo vivente, composto da più persone, ognuna con la propria personalità. La pulsione vitale dell’organizzazione è alimentata dalle interazioni delle persone, che siano professionali o personali.

Le interazioni relazionali portano sempre in sé la paura dell’esplosione di un conflitto. Tuttavia, il conflitto è condizione naturale di qualsiasi interazione umana, dal momento che, quando due idee opposte si incontrano, nasce un conflitto.

Il termine conflitto deriva dal latino cum-fligere. Il suo significato è duplice, così come lo è il suo uso. Se utilizziamo il verbo in modo transitivo significa “far incontrare”, mentre, se usato in modo intransitivo, significa “urtare”.

Dunque, il conflitto è come la natura: non è né buona né cattiva in sé. L’accezione positiva o negativa deriva dall’esperienza che ne facciamo e dal modo in cui lo affrontiamo.

La gestione del conflitto

Secondo quest’ottica, in un’organizzazione complessa, il conflitto non deve essere temuto o evitato. Deve essere gestito! Per farlo, sarebbe utile affidarsi ad alcune regole per influire in modo positivo sull’esperienza conflittuale.

I conflitti all’interno delle organizzazioni richiedono un differente approccio rispetto ai conflitti personali. Il leader deve agire da mediatore, accantonando il suo ruolo da boss. Il conflitto, infatti, non deve essere affrontato su base gerarchica.

Se si impone una soluzione, non si fa altro che “nascondere la polvere sotto il tappeto”. Da un lato, infatti, si impedisce che vengano incanalate le energie in maniera efficace. Mentre dall’altro, lo scontro, prima o poi riemergerà più forte di prima.

Cosa fare, quindi?

Prima di tutto: affrontiamo la situazione di crisi! Spesso, infatti, la crisi non viene affrontata e la soluzione viene affidata alla maturità dei confliggenti.

Bisogna affrontare tempestivamente le situazioni di crisi. Se ignoriamo incomprensioni o disagi che potevano essere gestiti subito, con effetti positivi, potrebbero aggravarsi, arrivando al punto in cui le parti coinvolte siano disposte a pagare qualsiasi prezzo pur di distruggere l’altra persona.

Affrontare tempestivamente una crisi significa indagare le cause reali del conflitto, cioè qualsiasi elemento che gli attori, durante l’interazione conflittuale, nascondono dietro alle proprie posizioni o pretese.

Per far ciò, il capo mediatore dovrebbe affidarsi all’ascolto attivo, utilizzando domande aperte e offrendo ai contendenti uno spazio dove potersi esprimere liberamente. Uno spazio sicuro dà importanza al valore a tutte le parti coinvolte, che si sentiranno ancora più parte attiva del team e dello Studio.

E in men che non si dica, ecco tornare la fiducia.

Soluzioni, non problemi

Una buona abitudine e un’abilità da acquisire e la capacità di disinnescare le emozioni negative attraverso la “pulizia” del linguaggio. Le persone tendono a reagire a queste situazioni parlando senza alcun filtro.

Non è raro imbattersi in concetti normalissimi, espressi con dei toni che stimolano risposte emotive negative, come risentimento e sarcasmo. Sono modalità che non aiutano di certo ad una gestione efficace del conflitto.

Il leader deve essere capace di riformulare termini ed espressioni negative, andando a ripulire la situazione da tutto quello che potrebbe alimentare un conflitto. Il leader traduce e trasporta le informazioni, in modo tale che tutti siano messi nella condizione di comprendere gli altri.

In questo modo si sposta l’attenzione degli attori verso la soluzione del problema, e non sul problema stesso.

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Avvocato, sai prendere la vita con filosofia?

Avvocato, sai prendere la vita con filosofia?

Sono in molti a pensare che la filosofia sia qualcosa di astratto e che non può essere applicata alla vita di tutti i giorni.

È quella cosa che rende una persona in grado di dire tutto e il contrario di tutto, oppure che ti fa estraniare dal mondo reale per farti occupare soltanto dei massimi sistemi. Ma la realtà non è così. Oggi più che mai la filosofia è essenziale per comprendere chi siamo, dove siamo, dove stiamo andiamo, dove vorremmo andare e il modo in cui arrivarci.

La nostra società

Viviamo nella società delle performance, ovvero dentro un sistema che ci porta a dover dimostrare a tutti che siamo sempre in movimento, perfetti e positivi, capaci di rendere il massimo in tutti gli ambiti della vita.

Conseguenza naturale di ciò è l’ansia da prestazione, che diventa normalità, alimentando l’inadeguatezza e i sensi di colpa. Questo modello suscita la paranoia da confronto (comparanoia), impedendo di sentirsi pienamente soddisfatti di quello che stiamo facendo o dei nostri risultati.

Nulla è mai abbastanza. Bisogna andare avanti, senza mai fermarsi.

Viviamo in una società ipercompetitiva, dove tutto è questione di sconfitta o vittoria. L’altro, che sia conoscente o sconosciuto, è un nostro competitor. Tutte le nostre relazioni si basano sull’idea per la quale vivere significa combattere senza interruzioni, sconfiggendo tutti i nemici che si interpongono tra noi e il nostro futuro.

Ma tutto questo non vuol dire che le colpe siano soltanto del mondo esterno. Chiediamoci, prima di tutto, che cos’è realmente in nostro potere e come distinguere i desideri autentici da quelli inautentici.

La fioritura personale

La filosofia ci può accompagnare in quest’opera di discernimento, per comprendere il modo in cui dobbiamo agire per riuscire a disegnare la strada della nostra esistenza. Questa è la fioritura personale, un processo fondamentale della filosofia antica, che consente lo sviluppo armonico di una persona.

Pierre Hadot, un filosofo francese, chiamava tutto ciò arte di vivere, ma già per Aristotele questa era l’arte di esistere. La filosofia antica non era soltanto teoria. Nasceva, infatti, come pratica trasformativa, con esercizi psicofisici e tecniche molto semplici ma altrettanto potenti. Ancora oggi risultano efficaci per coloro che sono capaci di appropriarsene.

La chiamiamo fioritura personale poiché ogni persona è dotata di un fiore diverso, anche se il mondo ci porta a pensare di doverci adeguare a standard eccessivamente rigidi, percorrendo strade pre-determinate. Ogni persona può far fiorire innumerevoli parti di sé, con fiori sempre nuovi e soprattutto secondo i propri tempi personali.

Tuttavia, solitamente siamo spinti a pensare che le cose debbano accadere immediatamente, o con tempi uguali per tutti. Per questo ci sentiamo sempre in ritardo sulla tabella di marcia, più deboli e lenti rispetti agli altri.

L’attrito che rivela chi siamo

Il processo di fioritura è un movimento che necessita di continue rielaborazioni. Lo scopo non è correre dritto verso il traguardo, e nemmeno rispettare la tabella di marcia – ma scoprire che non esiste nessun traguardo e nessuna tabella di marcia.

C’è soltanto un labirinto creato mentre viviamo, scegliamo e cerchiamo di realizzare i nostri desideri. Visto dall’alto, alla fine, il labirinto prenderà l’immagine del nostro volto.

Abbiamo la certezza di essere in fioritura quando sentiamo che dentro noi si sta muovendo qualcosa. In alcuni momenti ci sono dei segnali esterni e tangibili, come risultati personali o lavorativi. In altri, invece, apparentemente non appare nulla di quello che sta accadendo dentro noi. Ma il movimento c’è, ed è ancora più autentico e profondo.

Questo processo richiede attenzione, riflessione, contemplazione e azione. Ci deve provocare attrito, un attrito che libera la nostra energia vitale, che ci consente di scoprire chi siamo. Non è violenza, perché accade con urgenza, ma senza alcuna fretta.

E vissero per sempre felici e contenti

Di solito, le fiabe si concludono con “e vissero per sempre felici e contenti”. Anche se questa conclusione da piccoli poteva offrici un senso di serenità e sollievo, quando cresciamo cominciamo a capire che la vita delle favole non è possibile. Crederci significa vivere in un’illusione, pagando il caro prezzo del sogno ad occhi aperti. È qui che nascono la disillusione e il cinismo.

Tuttavia, come scritto da Gilbert K. Chesterton: “Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere”.

Da sempre, le fiabe aiutano le persone a riconoscere il proprio potenziale e a non accontentarsi di ciò che hanno già visto e conosciuto. Sono uno strumento fondamentale di educazione emozionale, e il modo in cui finiscono rappresenta un profondo insegnamento da non trascurare.

Differenza tra felicità e contentezza

Ma che cosa significa, veramente, vivere felici e contenti? Siamo di fronte a due termini molto diversi tra loro.

Felice deriva da felix, che ha la stessa radice di fecundus, ovvero, fertile. Sei felice, dunque, quando ti metti al mondo, quando realizzi la tua natura, quando fai qualcosa che ti mette in movimento e che tira fuori da te qualcosa che ancora non era emerso.

Di solito associamo alla felicità l’idea di una grande scorpacciata, anche se è più collegata ad un senso di fertilità che si prova quando si scopre qualcosa di nuovo di sé stessi e del mondo. È il momento in cui attraversiamo il ponte tra chi siamo e chi vogliamo essere.

Contento, invece, proviene da contentus, che indica l’essere pieni, appagati, riempiti. Sei contento quando sei soddisfatto, appagato.

Dobbiamo riconoscere la differenza tra essere felici ed essere contenti, dato che rispondono a bisogni necessari ma differenti.

La giusta via di mezzo

E tu, sei felice o contento? Quali sono le cose che ti danno felicità e quelle che ti danno contentezza?

Prendi un foglio e dividilo in due parti. Nella colonna di sinistra scrivi quello che ti rende felice, in quella di destra quello che ti rende contento.

Lo scopo non è l’analisi razionale della tua esistenza per riuscire a controllarla, ma anzi a prestare attenzione a quello che ora stai mettendo da parte, per lasciar emergere quello che influisce sulla tua vita.

Non devi nemmeno decidere se è meglio la felicità o la contentezza. Il segreto è trovare la giusta via di mezzo, che crea uno stato di meraviglia.

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Avvocato, fai Personal Branding?

Tra i liberi professionisti, la figura che più di tutte necessita di fare personal branding è proprio quella dell’avvocato.

Infatti, l’avvocato offre una prestazione puramente intellettuale, che viene scelta non tanto per la capacità e l’esperienza oggettiva, ma per la percezione soggettiva che innesca nei clienti. Nella professione legale ormai non conta soltanto la bravura, poiché è necessaria anche una buona comunicazione e un buon marketing.

Personal Branding per comprendere noi stessi

In sé, il personal branding non è crescita o cambiamento, ma comprensione ed esternazione di quello che si è.

È un percorso introspettivo da fare in precedenza, che permette di esprimere valori e competenze che contraddistinguono sia te che la tua attività. L’atto stesso di guardare al tuo interno al fine di definire il tuo focus è un percorso che conduce ad una reale crescita personale.

Nel mondo legale, quindi, devi comprendere a fondo le tue particolarità, per focalizzarti su quelle e vivere la tua professione con più serenità. Questo andrà ad incidere sulla soddisfazione dei tuoi clienti ma ti consentirà anche di essere avvantaggiato nel mercato legale, afflitto dalla “guerra delle tariffe”.

Differenziandoti dagli altri avvocati diventerai un professionista più interessante per una nicchia specifica di potenziali clienti. Ovvero, per chi, avendo uno specifico problema da risolvere, ti vedrà come la miglior scelta.

Un approccio simile permette di creare una clientela che se ne frega delle tariffe più alte, dato che il servizio sarà ottimo (se non il migliore!).

Attenzione alle recensioni

Attenzione anche alle recensioni online dei clienti. La loro importanza è stata confermata da numerose ricerche di marketing, che hanno dimostrato come idee e suggerimenti online sulla qualità di servizi e prodotti acquistati sembrano influenzare parecchio consumatori e clienti.

Potrebbero essere di gran lunga più efficaci di qualsiasi altra strategia di mercato. La scelta di un bene o di una prestazione precede sempre una ricerca di prodotti e prestazioni simili e allo stesso prezzo, che di solito si conclude dopo una valutazione attenta delle recensioni dei clienti.

Un uovo modello di marketing

La pandemia ha costretto i consumatori a sperimentare l’e-commerce, che, sorprendentemente, è piaciuto.

Se un consumatore ha informazioni trasparenti su quello che andrà ad acquistare, poi sarà maggiormente predisposto a provare ciò che vuole.

Le recensioni online, dunque, sembrano influenzare gli acquisti offline. Alcuni non acquistano nuovi prodotti se non leggono prima le recensioni online. In questo nuovo modello di marketing, il cliente è parte della catena di rivendita, non come attore passivo, ma come protagonista sempre più critico.

Conclusione

Cerchiamo, quindi, di scrivere opinioni, partecipare a dibattiti, condividere commenti sui social e rilasciare interviste. Il tutto tenendo sempre ben presente che siamo di fronte ad un cambiamento radicale del paradigma fondamentale del comportamento di clienti e consumatori.

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Avvocato, attenzione al sovraccarico di lavoro

Viviamo in una società frenetica, e sentirsi stressati per un eccesso di lavoro, soprattutto se si è avvocati, è molto semplice. Ed è ancor più semplice passare dal sovraccarico di lavoro ad un sovraccarico emotivo.

Può accadere a tutti, anche se è un punto di rottura che si può benissimo evitare. Soprattutto se abbiamo la consapevolezza di vivere un momento in cui richiediamo troppo a noi stessi.

I periodi difficili sono normali

Capita, talvolta, di sentici soffocati a causa delle pressioni esterne avvenute per lungo tempo. Alcuni perdono la motivazione e si sentono svuotati, altri sperimentano intensi attacchi di panico, altri ancora reagiscono con brutti scatti d’ira.

Ma è del tutto normale, soprattutto se stiamo attraversando periodi difficili in cui non riusciamo a soddisfare i nostri bisogni emotivi e personali. Ma se sappiamo a che cosa prestare attenzione possiamo liberarci dai nostri ostacoli mentali, imparare a gestire lo stress e a mantenere il controllo, evitando di spingerci oltre il limite.

Lo stress è positivo

Proviamo molte emozioni. Ovviamente, vorremmo provare soltanto quelle belle e stare sempre bene. Ma sappiamo che non è possibile.

Anche se ci portano ad uno stato di malessere, emozioni come la rabbia, la paura, la tristezza o l’insicurezza sono del tutto normali e soprattutto inevitabili. Non vuol dire, però, che non possiamo trasformarle in preziose risorse per la nostra crescita personale.

Se le guardiamo con attenzione, le emozioni sono delle porte d’accesso alla nostra dimensione interiore. È normale essere stressati davanti a tante attività da svolgere che incontriamo durante la nostra vita lavorativa e personale.

Tuttavia, lo stress potrebbe anche essere positivo, se visto come stimolo a tirare fuori il meglio di noi. Il problema nasce quando sensazioni, pensieri ed emozioni si ingarbugliano al punto da prendere completamente il sopravvento, interferendo con la nostra capacità di fare le cose che dobbiamo fare.

I sintomi dell’esaurimento emotivo

Un esaurimento emotivo influenza vari aspetti della nostra vita, impattando a livello fisico, mentale e comportamentale. I sintomi fisici possono essere:

  • cefalea;
  • tachicardia;
  • oppressione al petto;
  • spossatezza;
  • mal di schiena;
  • tensioni al collo;
  • cattiva digestione;
  • mal di stomaco;
  • perdita di peso;
  • insonnia o eccessiva sonnolenza.

I sintomi comportamentali, invece, potrebbero riguardare:

  • pianto;
  • difficoltà di concentrazione;
  • difficoltà a prendere decisioni;
  • voglia di fuggire;
  • uso di alcol o sostanze stupefacenti;
  • fatica nel mantenere una conversazione.

I sintomi emotivi, invece, sono strettamente connessi alle emozioni dominanti vissute dalla persona:

  • rabbia;
  • panico;
  • senso di impotenza;
  • sopraffazione;
  • empatia.

[Attenzione: le informazioni contenute nell’articolo non sostituiscono in alcun modo il rapporto diretto medico-paziente. Si raccomanda di rivolgersi sempre al proprio medico se si hanno questi sintomi, che potrebbero essere riconducibili ad altre patologie]

Le cause del sovraccarico emotivo

Ma quali sono le cause più frequenti che ci portano a vivere una situazione di sovraccarico emotivo? Di solito questo è dovuto ad un insieme di cause che durano a lungo nel tempo, alimentando un processo emotivo che porta a sempre più stress.

Una tra le cause principali di sovraccarico emotivo è lo stress lavorativo. Se il carico di lavoro è troppo grande, la vita privata perde tutto il suo spazio, e comincia a prevalere un senso di malessere e frustrazione.

Stai lavorando troppo, accumulando stress lavorativo, quando:

  • fai fatica a staccare dal lavoro;
  • ti sembra di non riuscire a produrre più nulla, anche se ti impegni;
  • provi ansia per le troppe cose da fare;
  • ti sembra di non dedicare abbastanza tempo alla famiglia e alle amicizie;
  • sei sempre di fretta;
  • trascuri i tuoi interessi.

Tutto questo, alla lunga, ti porta al burnout, andando ad incidere sul tuo benessere emotivo e sulla tua salute. Per questo, è cruciale presentare attenzione prima di raggiungere il punto di rottura.

Come gestire un sovraccarico emotivo?

Vediamo insieme alcuni modi per gestire il sovraccarico emotivo.

#1 Prendi un po’ di tempo per te

Dedicati del tempo. Ritagliare del tempo per alcune attività che potrebbero rilassarti e che ti mettono in contatto con chi sei veramente potrebbe risultare fondamentale.

Camminare, leggere un libro, guardare il mare, incontrare gli amici, fare sport, andare al cinema, ascoltare musica, suonare uno strumento, regalarsi una cena speciale. Pensa a tutte le cose che ti fanno stare bene, e ricordati sempre di fare spazio nella tua vita per una di queste.

Se ti sembra di non avere del tempo per farlo, ricorda che è soltanto una percezione. Se hai la consapevolezza di averne bisogno, potrai fare le scelte che ti servono per dare delle nuove priorità ai tuoi numerosi impegni.

Piano piano riuscirai ad introdurre nella tua quotidianità quei momenti indispensabili, seppur brevi, per dedicarti a quello che ti appaga e che ti fa stare bene.

#2 Impara ad accettare le tue emozioni

Tutte le emozioni fanno parte della vita. Si ha la tentazione di evitare quelle più negative, ma la verità è che sono assolutamente essenziali per la nostra crescita personale. Anzi: accogliere un’emozione negativa significa conoscersi un po’ meglio e liberarsene più in fretta.

La maggior parte delle nostre frustrazioni, infatti, deriva dal nostro voler combattere ed eliminare le cose negative che sentiamo. Ma non giudichiamoci. Osserviamoci, e cerchiamo di essere compassionevoli con noi stessi.

Accettiamo le nostre emozioni, utilizziamole per capire quale direzione vogliamo prendere e in che modo possiamo migliorare la nostra vita.

#3 Scrivi un diario

Un diario potrebbe essere un ottimo esercizio per evitare di cadere nel sovraccarico emotivo. Scrivere significa materializzare pensieri e sentimenti che ci accompagnano durante la giornata.

Tenere un diario aiuta a mettere ordine e a fare chiarezza, poiché riusciamo a vederci in maniera più distaccata e lucida. Se teniamo un diario ci accorgeremo dei cambiamenti e delle sensazioni che si ripresentano più spesso e che forse, meritano più attenzione.

Sembra sciocco, ma è un semplice ed estremamente potente esercizio da attuare.

#4 Medita

Praticare la meditazione potrebbe essere un valido esercizio al fine di dirigere l’attenzione, ridurre lo stress e gestire le emozioni. Ma non ti preoccupare: non devi vestirti come un eremita e andare a levitare sulla cima della montagna.

Bastano semplicemente pochi minuti al giorno, per fermarsi ad ascoltare mente e corpo in uno spazio tranquillo. La meditazione è qualcosa alla portata di tutti, utile per scoprire dove le emozioni si manifestano fisicamente.

Andare ad agire sul corpo, magari soltanto attraverso il respiro, ci fa calmare e ritrovare il nostro equilibrio.

Ri-organizzati

Se il tuo sovraccarico emotivo ha origine in un carico di lavoro eccessivo, ci sono delle azioni ben precise che puoi intraprendere per migliorare la tua condizione.

Innanzitutto, analizza le tue giornate e tutti i tuoi impegni professionali, al fine di ridefinire un piano che ti permette di riorganizzarti in maniera più efficiente:

  • fai un elenco delle attività da svolgere durante la giornata;
  • cronometra il tempo che dedichi ad ognuna di queste attività;
  • identifica le distrazioni;
  • individua le attività superflue;
  • scopri quanto tempo dedicare al giorno ai vari imprevisti;
  • valuta se il lavoro che svolgi è effettivamente eccessivo.

Se sei il titolare dello studio legale potresti confrontarti con i collaboratori di cui ti fidi di più per ridefinire i carichi di lavoro. Se sei un collaboratore, nulla ti vieta di parlare con il tuo referente per ripianificare le varie attività.

Confrontarsi con un responsabile è molto importante per gestire lo stress lavorativo e per evitare il sovraccarico emotivo.

Tieni conto, inoltre, che non c’è lavoro che tenga senza momenti di pausa. Sono fondamentali per ricaricarsi, ma anche per arricchirsi di nuovi spunti da apportare nel lavoro.

Basta un piccolo aiuto

Un sovraccarico emotivo determina una sensazione d’impotenza molto difficile da gestire, che rende difficile trovare le energie per andare avanti. Ci si ritrova invischiati in un circolo vizioso, che non finisce mai…anche se non è così. Ricorda che a volte basta un piccolo aiuto per vedere la soluzione.

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Quali sono le caratteristiche di un buon avvocato?

Non è un segreto che le parole siano lo strumento principale del lavoro dell’avvocato. Ma come fare per riuscire a padroneggiarle al meglio?

Dobbiamo partire dal presupposto che un buon avvocato dovrà essere in grado di scrivere e parlare senza alcun problema. Anzi, più si ha facoltà di linguaggio più si dà la percezione di essere bravi.

Dunque, se hai intenzione di fare concorrenza ai colleghi puntando sulla facoltà di linguaggio dovrai seguire alcuni semplici consigli per distinguerti al meglio dalla concorrenza.

Entriamo nello specifico e capiamo come parlare e scrivere come un avvocato di successo.

Alleniamoci!

Per padroneggiare al meglio la lingua parlata bisogna allenarsi. Sono cruciali sia la lettura che l’ascolto, che consentono di apprendere sempre più termini e di dar forma a nuovi costrutti.

È interessante, per quanto riguarda l’ascolto, sottolineare che esiste la possibilità di concentrarsi sulle arringhe più famose e importanti. Si potrebbe analizzare attentamente queste arringhe, per comprendere nello specifico quali sono le parole utilizzate più spesso e quali sono i costrutti che gli avvocati di maggior successo tendono a snobbare.

No alla presunzione

Qualsiasi comunicazione deve essere chiara, precisa e riportare l’essenziale. Bisogna fare attenzione, però, a non ricadere nella presunzione.

Il linguaggio dell’avvocato, pur essendo puntuale, deve essere diretto ma soprattutto comprensibile. Ricorrere ai tecnicismi potrebbe rivelarsi assolutamente controproducente.

La vera bravura dell’avvocato si nasconde nella capacità di coniugare perfettamente la capacità di utilizzo dei termini tecnici cercando, al tempo stesso, di essere compreso sia dagli addetti ai lavori ma anche dagli estranei al settore.

I clienti dovranno comprendere quello che il legale sta dicendo senza alcun problema; in questo modo si instaura un rapporto di fiducia.

Attenzione ai dettagli

Quando si parla di lingua scritta e parlata risulta utile partire dal presupposto che ogni tipo di comunicazione dovrebbe essere puntuale e corretta.

Potrebbe sembrare superfluo parlare di correttezza, anche se in realtà è un aspetto cruciale. Non è raro, infatti, fare i conti con errori di vario tipo, che potrebbero compromettere la reputazione di un avvocato.

Un errore, anche se apparentemente irrilevante, potrebbe risultare fatale. Prestiamo attenzione anche ai dettagli più piccoli, sia nella lingua scritta che in quella parlata.

Ogni avvocato dovrebbe riuscire ad utilizzare termini specifici senza alcun problema. Gli assistiti, infatti, si aspettano dal legale un linguaggio puntuale e ricercato. A contare non è soltanto l’accuratezza del linguaggio, ma anche l’ordine con il quale vengono presentati gli argomenti.

Le regole non dovrebbero essere rispettate scrupolosamente, anzi. Sta a te capire, in base al contesto, quando utilizzare un ordine preciso e quando optare per altre soluzioni.

Plasmare il linguaggio in base alle situazioni è un valore aggiunto importantissimo.

Avvocati con esperienza vs avvocati giovani

Indubbiamente, è necessario distinguere tra avvocati con una certa esperienza e avvocati che si interfacciano per la prima volta al mondo legale.

Non è difficile intuire come i primi avranno una proprietà di linguaggio parecchio differente rispetto ai secondi, grazie alla pratica e alla familiarità. Gli anni di lavoro, però, non si traducono automaticamente in una netta capacità di linguaggio.

Spesso sono proprio i più giovani a dimostrare di padroneggiare al meglio la lingua. Gli avvocati più anziani, infatti, non sono abituati ad allenare scrittura e dialettica così come lo fanno quelli più giovani.

Marchio di fabbrica

Tuttavia, gli avvocati con più esperienza alle spalle dovrebbero tener presente che alcune formulazioni che caratterizzano il loro operato non dovrebbero mai mancare. Capita, per esempio, che ci siano avvocati soliti ad utilizzare figure retoriche o termini specifici.

Questa è un’abitudine che deve diventare un vero e proprio marchio di fabbrica, che nel corso degli anni non deve assolutamente venir meno, ma rappresentare un punto di forza notevole.

Puntualità e precisione

Il segreto per un buon avvocato è riuscire a dare il meglio di sé durante le arringhe ma anche nei testi scritti. Inoltre, non dovrà mai sottovalutare il confronto con i clienti.

Sono proprio i clienti infatti a tenere sotto controllo ogni fase del rapporto con il legale. Per questa ragione l’avvocato deve essere puntuale e preciso in qualsiasi tipo di comunicazione. Nulla deve essere lasciato al caso.

Studiare ogni aspetto

Per padroneggiare al meglio il linguaggio durante la discussione di una causa, o in generale, quando si ha a che fare con un incarico di vario genere, bisogna studiarne qualsiasi aspetto.

La fase di studio non appare soltanto cruciale ma assolutamente necessaria. È proprio studiando nel dettaglio tutti gli aspetti di una situazione che si avrà la possibilità di dar forma ad argomentazioni scritte e verbali, interessanti e articolate.

L’approssimazione non farà altro che rendere il lavoro dell’avvocato qualcosa di superficiale, poco professionale; non degno di essere preso in considerazione. Se hai intenzione di apparire agli occhi dei tuoi clienti come un avvocato capace di padroneggiare perfettamente la lingua dovrai allenarti e studiare.

Dunque, chi è un buon avvocato?

Puntare su un linguaggio puntale e specifico rappresenta un punto di forza molto importante. Per questo motivo, non resta che cimentarsi nello studio continuo per raggiungere uno standard elevato e per fare concorrenza a qualsiasi professionista legale.

Un buon avvocato coniuga la capacità di linguaggio con quella di adeguarsi alle varie situazioni. Soltanto così si potrà colpire nel segno e avere la possibilità di apparire preparati e in grado di ricercare soluzioni personalizzate e pensate per primeggiare in qualsiasi circostanza.

Per un diventare un avvocato di talento non dovrai far altro che potenziare il linguaggio, allenarlo, leggere, studiare i vecchi casi, confrontarti con gli avvocati che hanno più esperienza di te e partire dal presupposto che quello dell’avvocato è un mestiere che deve essere approfondito costantemente.

Non bisogna mai fermarsi alla fase di studio, ma approfondire continuamente qualsiasi argomento.

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Avvocato, conosci le cinque fasi del cambiamento?

La maggioranza delle persone (e noi avvocati non siamo da meno) aspetta magicamente che la fata turchina compaia nella loro vita, per prenderli per mano e accompagnarli saltellando in un mondo fantastico. Ma la realtà è molto diversa.

La maggior parte di noi sa bene che cosa vuole cambiare nella propria vita: qualcuno vorrebbe smettere di fumare, perdere qualche chilo, portare a termine un progetto o finire gli ultimi esami dell’università.

Tuttavia, ogni volta che decidiamo di intraprendere un percorso di cambiamento, corriamo il rischio di ritrovarci in brutto circolo vizioso. Vediamo insieme di che cosa si tratta.

Emotional Cycle of Change

I ricercatori americani Don Kelley e Daryl Conner, negli anni ’70 notarono che molti individui che avevano affrontato un cambiamento si erano ritrovati ad attraversare cinque fasi, caratterizzate da un preciso vissuto emotivo.

Nacque da qui il nome Emotional Cycle of Change, letteralmente il Ciclo Emotivo del Cambiamento. L’espressione può tornarci utile in quanto ci consente di conoscere anticipatamente gli ostacoli che incontreremo lungo il nostro sentiero del cambiamento. Ma soprattutto, ci permette di riconoscere i nostri stati d’animo.

Montagne russe emotive

Quando parliamo degli alti e bassi della vita, non ci rendiamo conto che questi momenti sono molto più reali di quanto possiamo immaginare. Ma soprattutto, influenzano tantissimo le nostre giornate e i nostri risultati.

Mentre affrontiamo un cambiamento volontariamente, cominciamo una corsa su una montagna russa emotiva. Dobbiamo assolutamente essere pronti ad andare incontro a questa situazione.

Vediamo qual è l’atteggiamento mentale corretto e le azioni concrete da mettere in atto per evitare di ritrovarsi incastrati nella “Valle della disperazione”.

Motivazione ai massimi livelli: l’ottimismo ingiustificato

Primo giorno di un nuovo progetto.

Primo gennaio.

Primo del mese.

Conosciamo tutti l’entusiasmo di cominciare un percorso e di rincorrere un nuovo obiettivo. Ci sentiamo pervadere da questa irrazionale e ingiustificata sensazione di invincibilità. La nostra motivazione è ai massimi livelli.

È una fase che non dura, ma è proprio qui che dovremmo porre le fondamenta che ci porteranno al successo. Nello specifico, ecco due azioni pratiche da compiere in questi primi giorni di percorso di cambiamento:

  • scriviamo una lista dei benefici che ci aspettiamo da questo tipo di cambiamento. Cerchiamo di non tralasciare nulla: la lista, infatti, ci aiuterà a “cristallizzare” l’entusiasmo, e diventerà preziosissima nei momenti di sconforto e difficoltà;
  • tiriamo il freno a mano: dopo aver intrapreso un cambiamento abbiamo la tendenza a strafare, per poi avere il fiato corto dopo soltanto pochissimi km. È sempre bene cominciare il nostro percorso in maniera graduale, tenendoci al di sotto di quelle che crediamo le nostre potenzialità e focalizzandoci esclusivamente sulla nostra costanza.

L’ottimismo ingiustificato non dura. Ci troveremo presto a fare i conti con la seconda fase del ciclo emotivo del cambiamento.

Andare a sbattere contro la realtà: il pessimismo giustificato

Dopo poche settimane o pochi giorni dall’inizio del nostro percorso di cambiamento andremo inevitabilmente a sbattere contro la realtà. Le difficoltà che incontreremo lungo il nostro sentiero andranno ad aumentare la frustrazione e l’assenza di risultati ci porterà a mettere in discussione l’impegno preso con noi stessi.

Nel nostro cervello cominceranno a risuonare frasi come:

“Stai sbagliando qualcosa”

“I sacrifici che stai facendo non serviranno a nulla”

“Forse c’è una soluzione più rapida”

“Non ha senso continuare”

“Ma sì dai, uno sgarro non è la fine del mondo”

“Lo farò domani, giuro!”

Questi pensieri negativi ci portano dritti dritti nella Valle della disperazione.

Chi sono i “mollaccioni”

Eccoci nel luogo dove vanno a finire tutti i tentativi di cambiamento della maggior parte delle persone: la Valle della disperazione.

La motivazione dei primi tempi, infatti, è ormai andata a farsi benedire, e la forza di volontà è diventata un lontano ricordo. Davanti a noi vediamo un arido deserto, dove crescono soltanto sconfitte e frustrazioni.

Eccoci pronti a mollare. E in molti lo fanno. Mollano.

I “mollaccioni” trascorrono la loro vita oscillando tra l’esaltazione di un nuovo luccicante obiettivo e la depressione che deriva dal sporcarsi le mani per raggiungere veramente un obiettivo.

Sono persone che smaniano continuamente per nuovi progetti, ma alla fine non concludono mai nulla. Dunque, soltanto se saremo in grado di oltrepassare la Valle della disperazione potremmo emergere dalla mediocrità.

Scale a chiocciola

Le persone che superano la fase del pessimismo giustificato, oltre ad affidarsi alla forza di volontà, instaurano degli incoraggianti meccanismi di realismo.

Pensaci un attimo: perché, nel passato, hai mollato tutte le volte che il gioco si faceva duro? Perché avevi cominciato a percorrere una scala a chiocciola, e non ne intravedevi la fine. Vedevi soltanto tantissimi gradini che si aggrovigliavano l’uno sopra l’altro. Più guardavi in alto, più ti scoraggiavi.

Ma il segreto sta proprio qui. Per uscire dalla Valle della disperazione dobbiamo focalizzarci sul prossimo scalino, per approdare finalmente nella fase del realismo incoraggiante.

Date di scadenza e auto-valutazioni

Diamoci una data di scadenza, per auto-valutare i progressi che sono stati fatti. Tiriamo le somme del nostro percorso di cambiamento soltanto in quella data.

Dobbiamo sforzarci di ignorare i risultati che stiamo ottenendo prima di quel giorno: concentriamoci soltanto sulle azioni giornaliere.

Arrivata la data di scadenza, valutiamo i progressi. Se li abbiamo ottenuti, cerchiamo di fare di più di quello che si è dimostrato funzionare. Se, invece, i risultati sono stati al di sotto delle nostre aspettative, avremo comunque ottenuto delle preziose informazioni, che ci saranno utili per sperimentare un nuovo approccio (al quale assegneremo un’ulteriore data di scadenza).

Se siamo pragmatici e ci concentriamo esclusivamente sul prossimo gradino, metteremo più facilmente da parte il pessimismo, sviluppando un atteggiamento di speranza e ottimismo.

Un meritato ottimismo giustificato

Rimanere focalizzati sulle singole azioni quotidiane, per un periodo di almeno 90 giorni, ti consentirà di entrare nella quarta fase del tuo ciclo emotivo del cambiamento, ovvero, l’ottimismo giustificato.

Finalmente tutto comincerà ad andare nel verso giusto. I tuoi progressi diventeranno sempre più visibili, non dubiterai più del percorso intrapreso e saprai bene come affrontare i nuovi ostacoli.

Il tuo cambiamento non sarà completo: dovrai andare a cementificare i risultati ottenuti. In che modo? Aiutando gli altri!

Infatti, tu sei uno dei pochi che sono riusciti a superare la Valle della disperazione. Se vuoi rafforzare i tuoi progressi, mettiti a disposizione di quelle persone che stanno affrontando un cambiamento simile al tuo.

Guidale, spronale nei momenti di maggior difficoltà, dimostra loro con il tuo esempio che ottenere un cambiamento profondo e duraturo è possibile! Sarai l’estensione della forza di volontà di una persona, e al tempo stesso ricorderai a te stesso quanto è importante restare focalizzato sui tuoi obiettivi, per non perdere tutti i progressi fatti.

Celebriamoci!

Arriviamo, dunque, all’ultima fase del nostro ciclo emotivo del cambiamento: la celebrazione!

Se il cambiamento che ci eravamo promessi di fare diventerà finalmente realtà, non dobbiamo commettere l’errore di darlo per scontato. Premiamoci, celebriamo il traguardo raggiunto e riconosciamo i nostri meriti.

Dobbiamo sempre comunicare al nostro cervello che quello che siamo stati in grado di fare è stato meraviglioso! Soltanto in questo modo andremo ad instaurare un circolo virtuoso che ci farà raggiungere mete sempre più alte e ambiziose.

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