Studio Legale: come gestire i conflitti

La fiducia gioca un ruolo fondamentale nel successo di qualsiasi impresa. Tuttavia, è qualcosa di estremamente difficile da costruire e da mantenere.

È l’ingrediente che sta alla base della prosperità di un’attività e di un team. Se impariamo a coltivarla e a mantenerla, avremo effetti positivi sulla qualità del nostro lavoro e della nostra vita.

Secondo Ranjay Gulati, professore di Economia all’Harvard Business School, la fiducia deve essere “lo scopo profondo” di un leader o di una società. Chi riesce in questo intento, ottiene migliori risultati non soltanto in termini economici, ma anche dal punto di vista sociale.

La fiducia ci consente di ridisegnare l’organigramma aziendale, in modo tale da incentivare la crescita individuale ma anche la collaborazione. Ma cosa succede quando la fiducia viene a mancare dopo un conflitto? Come dovremmo comportarci?

La paura del conflitto

Lo Studio legale è un organismo vivente, composto da più persone, ognuna con la propria personalità. La pulsione vitale dell’organizzazione è alimentata dalle interazioni delle persone, che siano professionali o personali.

Le interazioni relazionali portano sempre in sé la paura dell’esplosione di un conflitto. Tuttavia, il conflitto è condizione naturale di qualsiasi interazione umana, dal momento che, quando due idee opposte si incontrano, nasce un conflitto.

Il termine conflitto deriva dal latino cum-fligere. Il suo significato è duplice, così come lo è il suo uso. Se utilizziamo il verbo in modo transitivo significa “far incontrare”, mentre, se usato in modo intransitivo, significa “urtare”.

Dunque, il conflitto è come la natura: non è né buona né cattiva in sé. L’accezione positiva o negativa deriva dall’esperienza che ne facciamo e dal modo in cui lo affrontiamo.

La gestione del conflitto

Secondo quest’ottica, in un’organizzazione complessa, il conflitto non deve essere temuto o evitato. Deve essere gestito! Per farlo, sarebbe utile affidarsi ad alcune regole per influire in modo positivo sull’esperienza conflittuale.

I conflitti all’interno delle organizzazioni richiedono un differente approccio rispetto ai conflitti personali. Il leader deve agire da mediatore, accantonando il suo ruolo da boss. Il conflitto, infatti, non deve essere affrontato su base gerarchica.

Se si impone una soluzione, non si fa altro che “nascondere la polvere sotto il tappeto”. Da un lato, infatti, si impedisce che vengano incanalate le energie in maniera efficace. Mentre dall’altro, lo scontro, prima o poi riemergerà più forte di prima.

Cosa fare, quindi?

Prima di tutto: affrontiamo la situazione di crisi! Spesso, infatti, la crisi non viene affrontata e la soluzione viene affidata alla maturità dei confliggenti.

Bisogna affrontare tempestivamente le situazioni di crisi. Se ignoriamo incomprensioni o disagi che potevano essere gestiti subito, con effetti positivi, potrebbero aggravarsi, arrivando al punto in cui le parti coinvolte siano disposte a pagare qualsiasi prezzo pur di distruggere l’altra persona.

Affrontare tempestivamente una crisi significa indagare le cause reali del conflitto, cioè qualsiasi elemento che gli attori, durante l’interazione conflittuale, nascondono dietro alle proprie posizioni o pretese.

Per far ciò, il capo mediatore dovrebbe affidarsi all’ascolto attivo, utilizzando domande aperte e offrendo ai contendenti uno spazio dove potersi esprimere liberamente. Uno spazio sicuro dà importanza al valore a tutte le parti coinvolte, che si sentiranno ancora più parte attiva del team e dello Studio.

E in men che non si dica, ecco tornare la fiducia.

Soluzioni, non problemi

Una buona abitudine e un’abilità da acquisire e la capacità di disinnescare le emozioni negative attraverso la “pulizia” del linguaggio. Le persone tendono a reagire a queste situazioni parlando senza alcun filtro.

Non è raro imbattersi in concetti normalissimi, espressi con dei toni che stimolano risposte emotive negative, come risentimento e sarcasmo. Sono modalità che non aiutano di certo ad una gestione efficace del conflitto.

Il leader deve essere capace di riformulare termini ed espressioni negative, andando a ripulire la situazione da tutto quello che potrebbe alimentare un conflitto. Il leader traduce e trasporta le informazioni, in modo tale che tutti siano messi nella condizione di comprendere gli altri.

In questo modo si sposta l’attenzione degli attori verso la soluzione del problema, e non sul problema stesso.

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