Nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati

Nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati

Il 2 aprile 2020 è stato pubblicato sul sito ufficiale il comunicato contenente i nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati.

In queste settimane di emergenza si è parlato tanto dell’insufficienza delle misure adottate da Cassa Forense per aiutare i propri iscritti un momento di grande difficoltà e, sopratutto quando il Presidente Nunzio ha chiaramente detto che «Cassa Forense non è lo Stato».
A quanto pare, le lagnanze non sono cadute nel vuoto.

I nuovi provvedimenti riguardano sia l’aspetto contributivo che quello assistenziale vero e proprio.

Leggi il documento provvedimenti emergenziali conseguenti a epidemia COVID-19.

I NUOVI PROVVEDIMENTI DI CASSA FORENSE A FAVORE DEGLI AVVOCATI


NUOVI PROVVEDIMENTI DICHIARATIVI E CONTRIBUTIVI

– Mod.5/2020

Il termine per la trasmissione telematica del Mod. 5/2020, fissato al 30 settembre 2020, viene spostato al 31 dicembre 2020.

– Autoliquidazione

Il pagamento dei contributi in autoliquidazione legati al Mod. 5/2020 (riferimento redditi 2019), inizialmente sospeso fino al 30 settembre 2020, è ora spostato al 31 dicembre 2020.

Il pagamento può avvenire in una delle seguenti opzioni:

  1. in unica soluzione entro il 31 dicembre 2020, a mezzo MaV, senza interessi e sanzioni;
  2. in due rate di pari importo, una con scadenza al 31 marzo 2021 e l’altra al 31 marzo 2022, sempre a mezzo MaV, maggiorate dell’interesse dell’1,50% ma senza sanzioni;
  3. con iscrizione nel ruolo 2021 (da formare a ottobre 2021), maggiorando l’importo dei contributi degli interessi dell’1,50%, senza sanzioni, con possibilità di chiedere ulteriori rateazioni direttamente al Concessionario (fino a 72 rate).

– Contributo minimo soggettivo e di maternità per l’anno 2020

Il termine di pagamento, a mezzo MaV, è stato posticipato al 31/12/2020, senza alcun interesse e sanzione (non si escludono eventuali ulteriori interventi).

NUOVI PROVVEDIMENTI A SUPPORTO DELLA PROFESSIONE

Tra i nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati c’è anche l’utilizzo del fondo straordinario di 10.000.000 di euro previsto all’art. 22, comma IV, lett. c) del Regolamento per l’erogazione dell’Assistenza.

Il fondo sarà utilizzato per sostenere l’attività professionale degli iscritti e Cassa, insieme agli ordini territoriali, ha intenzione di direzionare ulteriori misure di sostegno verso le aree geografiche più colpite dall’epidemia da COVID-19.

Inoltre, sono stati decisi:

– l’emissione di due bandi straordinari per l’erogazione di contributi destinati al pagamento dei canoni di locazione degli studi professionali, per un totale di 5.600.000 euro.
Uno è destinato a conduttori persone fisiche e l’altro a Studi Associati e Società tra Avvocati.
I bandi prevedono il rimborso del 50% dei canoni corrisposti tra il 1° febbraio e il 30 aprile 2020;

– la convenzione con Banca Popolare di Sondrio per l’accesso al credito agevolato.
La convenzione copre:
– l’anticipazione economica pari al 30% massimo del volume d’affari IVA dell’anno 2019,
– l’acquisto di immobilizzazioni materiali ed immateriali necessarie all’attività lavorativa fino al 100% dei preventivi e/o fatture emesse entro i 30 giorni dalla richiesta di finanziamento;

– la convenzione con Banca Nazionale del Lavoro per l’accesso al credito agevolato.
Copre finanziamenti con una durata massima di 17 mesi;

3.000.000 di euro per garantire l’accesso al credito degli iscritti tramite fondo di garanzia costituito con CDP;

– l’estensione della polizza sanitaria Unisalute con copertura COVID 19 ai video consulti psicologici, di igiene e profilassi;

– l’implementazione della convenzione VIS VALORE per la consegna a domicilio di farmaci e parafarmaci;

– l’implementazione del fondo in favore dei superstiti e dei titolari di pensioni dirette cancellati da Albi, indirette e reversibilità.
Il fondo sale da 50.000,00 a € 340.000,00.

Nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati
Tabella riassuntiva dei nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati

Per avere un quadro più dettagliato delle misure, vi invitiamo a leggere il testo originale del comunicato sui provvedimenti emergenziali conseguenti a epidemia COVID-19

Servicematica offre strumenti e servizi informatici per migliorare il lavoro di avvocati e aziende. Scopri di più

———

LEGGI ANCHE:

I bandi per l’assegnazione di contributi per i canoni di locazione degli studi legali

Ulteriori notizie sul Bonus per gli Avvocati

SICUREZZA INFORMATICA

Sicurezza informatica: un problema non solo dell’INPS

Il disastro del sito dell’INPS di ieri 1 aprile 2020 ha sollevato un polverone di polemiche sia tra gli utenti che tra gli esperti di sicurezza informatica.

Al crollo del sito, dovuto all’alto numero di utenti che, come prevedibile, hanno tentato di accedere per ottenere l’indennità prevista per affrontare l’impatto economico di COVID19, si è aggiunto anche l’involontario rilascio di informazioni private diventate improvvisamente accessibili ad altri utenti (data leak).

Le cause? Ufficialmente le troppe richieste e un presunto attacco hacker.

Che queste due possibilità siano vere o meno, poco importa. Dietro c’è comunque un unico problema: l’impreparazione tecnica declinata in un sito probabilmente costruito non a dovere già in partenza.
Come ha dichiarato a Repubblica Francesco Bellini, professore di trasformazione digitale all’università Sapienza di Roma: «Il sito di Inps è frutto di anni di gare al massimo ribasso e soffre dei mali tipici della pubblica amministrazione: sotto dimensionato, mal progettato».

Anche il Garante della Privacy ha deciso di indagare sull’accaduto.
Ma in questo periodo storico così strano, con il Coronavirus che blocca a casa milioni di persone, non è solo l’INPS a soffrire.

Durante una videolezione di inglese organizzata per una classe di seconda media di un istituto di Roma, alcuni ragazzi si sono intromessi nel sistema e hanno inviato agli studenti immagini oscene. A quanto pare, l’accesso all’aula virtuale era possibile tramite un semplice link, senza alcuna procedura di autenticazione. 

E le aziende private non stanno meglio…

IL BOOM DELLO SMART WORKING

Il problema riguarda infatti moltissimi di noi.

Il cambiamento a cui sono stati costretti privati, istituzioni e aziende è stato troppo repentino e molti non erano affatto preparati, né da un punto di vista tecnico né da un punto di vista culturale.

E dove c’è impreparazione c’è incapacità di valutare i rischi per la sicurezza informatica, a tutto favore di hacker e malintenzionati.

Giusto per darvi un’idea di quante persone si siano dovute avvicinare alle nuove tecnologie, vi riportiamo due numeri pubblicati sul sito sicurezza.net .
Nel sito si legge che l’uso dei servizi cloud di Microsoft ha registrato un aumento del 700%.
Microsoft Teams, la piattaforma per le conferenza da remoto utilizzata anche per le udienze della giustizia italiana, registra 44 milioni di utenti giornalieri e 900 milioni di riunioni e chiamate in una sola settimana.

SMART WORKING E SICUREZZA INFORMATICA: QUALI RISCHI

Dato che siamo tutti a casa, per continuare a lavorare dobbiamo per forza usare i nostri dispositivi (pc, smartphone e tablet) che sono i vettori prediletti degli hacker che tentano di intrufolarsi nei sistemi aziendali.

L’uso dei dispositivi personali espone a rischi maggiori perché:

  1. l’utente visita siti che non visiterebbe con il pc di lavoro e le probabilità di capitare in un sito malevolo sono quindi più alte;
  2. le reti di casa sono meno protette di quelle aziendali; le reti di wi-fi pubblico ancora meno;
  3. l’utente non ha alcuna formazione sulla sicurezza informatica e spesso manca di buon senso per cui condivide informazioni e dati aziendali (es.: password) tramite chat, videoconferenze o addirittura social.

I rischi informatici legati allo smart working in questo periodo riguardano quindi la sicurezza delle reti, dei dispositivi connessi e dei dati in essi contenuti.

Le minacce informatiche più frequenti sono il phishing via mail, i siti malevoli, i software dannosi, le app infette.

E gli hacker si impegnano a trovare sempre nuovi sistemi per carpire le informazioni che interessano loro. 

IL PHISHING AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

L’ansia generata dalla pandemia è una manna dal cielo per gli hacker.

Inviare mail con fantomatici messaggi ministeriali che invitano a cliccare su un link per ottenere aggiornamenti sul contagio o, addirittura, soluzioni a problemi immediati è un espediente economico e di sicuro successo perché fa leva sull’emotività messa a dura prova dal momento.
L’ obiettivo del phishing via mail è rubare credenziali, informazioni personali o infettare pc domestici e aziendali. 

MANTENERE LA SICUREZZA INFORMATICA ANCHE A CASA

Il rapporto Clusit 2020 segnala che nel 2019 gli attacchi informatici messi a segno sono stati 1.670, +7,6% rispetto al 2018. Nel 2020 questo dato è destinato a salire anche grazie al Coronavirus.

Dunque, come proteggersi?

Tutti noi possiamo iniziare da piccole buone abitudini:

  • – scegliere buone password. Qui trovate un articolo su come costruire password sicure;
  • – dotarci di un buon antivirus;
  • – dotarci di un firewall;
  • diffidare da mail ambigue, inaspettate o provenienti da persone sconosciute (se siete in dubbio, chiedete conferma alla persona che ve l’ha inviata);
  • aggiornare i programmi che utilizziamo e i browser con i quali navighiamo in Internet;
  • – se possibile, evitare software gratuiti;
  • spegnere gli assistenti vocali quando non ci servono (sono sempre in ascolto);
  • non condividere informazioni personali o aziendali sui social o tramite chat;
  • – non connettere tutti i dispositivi alla stessa rete wi-fi o almeno staccarli quando non ci servono;
  • – fare il backup regolare del pc.
  • – se possibile, per lavorare utilizzare un dispositivo diverso da quello usato per lo svago o almeno non farlo usare a nessun altro (es.:i figli).


Per dubbi o domande sulla sicurezza informatica del vostro ambiente di lavoro, in azienda o in remoto, potete parlarne con noi. Servicematica è operativa, ma a causa dell’alto numero di chiamate vi suggeriamo di contattarci via mail.

———

LEGGI ANCHE:

INPS: attenzione alla nuova truffa via sms

Dati e privacy: pseudonimizzazione e anonimizzazione

diritto di visitare i figli

Il diritto di visitare i figli e gli ostacoli del Coronavirus

Siamo certi che in questo periodo uno dei dubbi che gli avvocati si sono sentiti più spesso porre dai loro assistiti divorziati o separati riguarda il diritto di visitare i figli.

Quello che succede è che, da una parte, il genitore affidatario potrebbe non fidarsi a lasciare andare il figlio per paura del contagio o, nel peggiore dei casi, approfittare della situazione per allentarne il rapporto con l’altro genitore. Dall’altra, le limitazioni alla mobilità mettono in difficoltà il non affidatario.

Le sfaccettature di questo problema sono molteplici, ma il diritto di visitare i figli durante le misure di contenimento del Coronavirus non è messo in discussione.

IL DIRITTO DI VISITARE I FIGLI, ANCHE IL GOVERNO GARANTISCE

L’avvocato Gian Ettore Gassani, presidente di AMI, Associazione Matrimonialisti Italiani, ha dichiarato che «la sentenza di divorzio prevale sul decreto del governo».

Lo stesso Governo, lo scorso 10 marzo, ha chiarito che «gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio».  

Con provvedimento dell’11 marzo, anche il Tribunale di Milano ha ribadito che gli accordi raggiunti in fase di separazione sulle visite ai figli rimangono validi, anche quando i genitori abitano in comuni diversi, e che «nessuna chiusura in ambito regionale può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione e divorzio».

[AGGIORNAMENTO 6 APRILE: Con l’ordinanza depositata il 26 marzo 2020 il Tribunale di Bari ha stabilito che la tutela del diritto alla salute dei figli prevale sul diritto di visita del genitore. Ciò significa che è legittimo sospendere il diritto di visita fino al superamento dell’emergenza COVID-19 e che si può sopperire utilizzando videochiamate o Skype].

I DUBBI E LE DIFFICOLTÀ PIÙ FREQUENTI

POSSO ANDARE A VISITARE I MIEI FIGLI? POSSO ANDARLI A PRENDERE E PORTARLI A CASA MIA?

Sì, si può.

La questione degli spostamenti è di facile soluzione se i figli risiedono nello stesso comune del genitore. In questo caso, rientra nelle “situazioni di necessità”.

Se i figli risiedono in un comune diverso le cose si complicano perché le regole prevedono questi spostamenti solo in caso di assoluta urgenza e non è chiaro se le visite ai figli rientrino in questa situazione.
Nel tentativo di evitare multe, nell’autocertificazione è bene indicare che lo spostamento è legato al diritto di visitare i figli, indicando i giorni di visita fissati dal tribunale e allegando la copia del provvedimento di separazione o divorzio.

Nel caso decidesse di portare i figli a casa, il genitore non locatario deve assicurare che sia evitato qualsiasi contatto e garantita la distanza di sicurezza con gli altri eventuali conviventi.

A CAUSA DEL MIO LAVORO SONO UN SOGGETTO AD ALTO RISCHIO DI CONTAGIO, POSSO VISITARE I MIEI FIGLI?

Nel caso in cui il genitore che vuole esercitare il diritto di visita fosse a rischio contagio o intendesse portare i figli in un luogo che li può esporre al contagio, in mancanza di accordo tra le parti l’affidatario può richiedere una temporanea limitazione alle visite o una differente gestione [ricorso ex articolo 709 ter cpc].

SONO AMMALATO/HO AVUTO SINTOMI, POSSO VEDERE I MIEI FIGLI?

Sia il genitore affidatario che il genitore non affidatario hanno il divieto di frequentare i figli durante la malattia.

L’EX CONIUGE NON MI PERMETTE DI VISITARE I MIEI FIGLI.

Impedire al genitore di vedere i propri figli viola l’art.388, comma 2, del codice penale.

Riferendosi ai procedimenti urgenti ex articolo 700 del codice di procedura civile, per i quali le discussioni rimangono operative, è possibile chiedere e ottenere la modifica delle condizioni di separazione o divorzio

NON RIESCO A PAGARE L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO.

Questa domanda esula dalla trattazione del diritto di visitare i figli durante le misure di contenimento dell’epidemia da COVID-19, ma è evidente che tali misure hanno messo molti genitori in difficoltà. A patire più di tutti sono imprenditori e professionisti che hanno visto la loro attività economica bloccarsi.

Sfortunatamente, non pagare l’assegno di mantenimento è un reato.

Il consiglio è di rivolgersi al proprio legale e trovare un accordo con l’ex-coniuge, proponendo una somma ridotta che poi verrà recuperata in futuro, o chiedere una rinegoziazione delle condizioni di mantenimento.

POSSO PORTARE I MIEI FIGLI DAI NONNI?

In questo caso non esiste un divieto vero e proprio, ma interviene una questione di buon senso. Le fasce più anziane della popolazione sono anche quelle più a rischio, è pertanto fortemente sconsigliato che i nonni stiano a stretto contatto con i nipoti.

Per approfondire: Unione Camere Civili

[Fonti: Il Giornale, Studi Cataldi, Tgcom24]
———

LEGGI ANCHE:

Livelli occupazionali e accordi sindacali: la pesante clausola del Decreto Liquidità

[AGGIORNATO 26 marzo] Nuovo Modulo di Autocertificazione – emergenza COVID-19

Bonus di 600 euro anche agli avvocati

[AGGIORNATO 22/4/20] Estensione del Bonus di 600 euro anche agli avvocati e agli altri professionisti

E così, alla fine, ecco riconosciuto un bonus di 600 euro anche agli avvocati e, in generale, a tutti i professionisti e agli autonomi iscritti alle casse di previdenza private.
Questo è quanto deciso dalla Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, insieme al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri.

Il bonus, che è l’evoluzione del Fondo per il reddito di ultima istanza previsto del Decreto “Cura Italia”, è relativo al mese di marzo, mentre per il mese di aprile è addirittura previsto un aumento a 800 euro.

Cassa Forense ha già pubblicato sul sito alcuni avvisi, informando gli iscritti che l’unico canale di erogazione dell’indennità è l’ente stessa tramite una procedura telematica disponibile sul sito.

AGGIORNAMENTO 3 APRILE 2020: Cassa Forense ha stabilito nuove misure a sostegno degli iscritti. Leggi l’articolo “I nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati“.

AGGIORNAMENTO 9 APRILE 2020: il Decreto Liquidità ha stabilito che il bonus di 600 euro non spetta agli iscritti alle casse private che versano anche contributi all’INPS.
Nell’art. 34 si legge: “Ai fini del riconoscimento dell’indennità di cui all’articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo del 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 devono intendersi non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva”.

AGGIORNAMENTO 22 APRILE 2020: Il Ministero del Lavoro chiarisce che possono richiedere il Bonus di 600 € anche i giovani professionisti iscritti alle Casse di categoria nel 2019 o nel 2020. Qui il testo.

BONUS DI 600 EURO AGLI AVVOCATI: CHI PUÒ RICHIEDERLO

Il bonus non ha carattere universale, ma sarà erogato solo a coloro che rispettano determinati requisiti.

In particolare, il richiedente:

a) deve aver percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo (al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 23/2011, e dell’articolo 4 del decreto legge n. 50/2017) non superiore a 35.000 euro.
Inoltre, la sua attività deve essere stata limitata dai provvedimenti restrittivi per il contenimento dell’epidemia da COVID-19;

b) deve aver percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo (al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 23/2011, e dell’articolo 4 del decreto legge n. 50/2017) compreso tra 35.000 euro e 50.000 euro.
Inoltre, deve aver chiuso partita IVA nel periodo tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020, o aver ridotto o sospeso l’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza da COVID-19.
In questo caso, deve dimostrare di aver subito una riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019. Il reddito è determinato secondo il principio di cassa, cioè come differenza tra i ricavi/compensi percepiti e le spese sostenute per l’attività.

L’indennità non sarà corrisposta ai richiedenti che non siano in regola con gli obblighi contributivi per l’anno 2019.

Bonus di 600 euro anche agli avvocati

CUMULABILITÀ

Il bonus non rientra nel calcolo del reddito e non è cumulabile con altre forme di sostegno, come:

– la cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario o cassa integrazione in deroga (articoli 19, 20, 21, 22 del decreto-legge 17 marzo 2020 n.18);

– la richiesta dell’indennità “una tantum prevista dai seguenti articoli del decreto legge del 17 marzo 2020: n. 18: 27, 28, 29, 30, 38 e 96;

– il reddito di cittadinanza.

IL LIMITE DI SPESA

Le casse dovranno comunicare ai Ministeri del Lavoro e dell’Economia, con cadenza settimanale, l’andamento delle domande pervenute e di quelle accettate.

L’erogazione dei bonus di 600 euro anche agli avvocati, ai professionisti e agli altri iscritti alle casse private è infatti soggetto al tetto di 200 milioni di euro previsto dal fondo per il reddito di ultima istanza.

Cosa succederebbe dunque se questo tetto massimo venisse raggiunto?

Il Ministero dell’Economia avrebbe la facoltà di rivedere quanto previsto col Decreto “Cura Italia” e ridistribuire le risorse a disposizione.

AGGIORNAMENTO 3 APRILE 2020: Cassa Forense ha stabilito nuove misure a sostegno degli iscritti. Leggi l’articolo “I nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati“.

Scopri i servizi di Servicematica dedicati agli avvocati. Clicca qui.

———

LEGGI ANCHE:

Ulteriori notizie sul Bonus per gli Avvocati

Nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati

deroghe alla privacy

Deroghe alla Privacy: si, ma solo se temporanee, trasparenti e proporzionate

Da qualche tempo oramai stiamo assistendo alla compressione dei nostri diritti in favore della tutela della salute, ma fino a che punto è corretto questo restringimento delle libertà personali?

Le teorie sul tema sono molteplici e da ognuna scaturiscono considerazioni di cui è necessario tenere conto anche alla luce della situazione del tutto emergenziale che stiamo vivendo.

In tema di privacy, Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, specifica che è lecita la contrazione del diritto alla riservatezza purché tale restringimento sia temporaneo e dettato da un’esigenza contingente: “Non deve costituire un punto di non ritorno”.

Ciò a cui di fatto si sta arrivando è un accesso sempre più vasto e profondo in quelle che sono le nostre abitudini di vita quotidiana.

L’intervento di Antonello Soro del 25.03.2020 chiarisce che riterrebbe possibile l’utilizzo di un’applicazione che tracci gli spostamenti di ognuno di noi, ma previa regolamentazione e definizione degli ambiti di intervento e del periodo per cui è consentita la deroga alla tutela della riservatezza.

In poche parole si assume che un restringimento della privacy in virtù del bene comune -salute- sia legittimo se proporzionale, temporaneo e normato da un decreto che ne definisca l’operatività.

Di che cosa si tratta

Il tracciamento consisterebbe nell’utilizzo di applicazioni digitali, quali quelle installate sui nostri cellulari e il tracciamento facciale, che consentano di verificare gli spostamenti dei singoli soggetti con segnalazione delle persone con cui questi sono venuti in contatto.

Vi sarebbero però, secondo il Garante dei Dati personali, alcuni principi fondamentali da rispettare:

  • proporzionalità, ovvero verificare e gestire i dati per il solo scopo per cui sono stati acquisiti,
  • trasparenza, fare cioè in modo che il trattamento dei dati sia finalizzato alla sola tutela della salute;
  • minimizzazione, ovvero limitare e ridurre tutte le miriadi di dati personali che verrebbero inevitabilmente carpiti dai singoli dispositivi in considerazione di uno scopo sociale superiore, generale e senza dubbio prevalente.

Il rischio

Spesso, sino a non troppo tempo fa, i dati personali venivano utilizzati anche quale strumento di controllo utile per “indirizzare” le scelte commerciali e politiche dei singoli individui, e ora, viste le esperienze di altri paesi, si teme che un simile controllo sia il preludio di un’ingerenza dello Stato nella vita di ognuno di noi.

Risulta opportuno lottare dunque per la riservatezza dei nostri dati personali, tenendo presente che alcune contrazioni dei diritti sono legittime solo se -come precisato dal Presidente dell’Autorità garante dei dati personali- vi sia proporzionalità, trasparenza, temporaneità delle misure e non si tratti di un punto di non ritorno.

Tutelare la privacy dei dati diventa più facile con i servizi Servicematica

Dott.ssa Isabella Albrizzi

Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Padova, collabora nel settore legale di UpLex di Treviso dal 2014, avendo maturato competenze professionali in ambito giudiziale e stragiudiziale nel settore civile, commerciale e fallimentare.
Principalmente orientata al profilo di assistenza aziendale, predispone percorsi di adeguamento aziendali in qualità di consulente Privacy.


———

LEGGI ANCHE:

Privacy, tracciamento di massa e compressione delle libertà individuali

Dati e privacy: pseudonimizzazione e anonimizzazione

 

pseduonimizzazione e anonimizzazione

Dati e privacy: pseudonimizzazione e anonimizzazione

Con questo articolo vogliamo introdurvi due concetti utili a capire meglio la materia del trattamento dei dati personali: pseudonimizzazione e anonimizzazione.
Per farlo, richiamiamo alla vostra memoria un’iniziativa della regione Lombardia di un po’di giorni fa.

La Regione, nel tentativo di gestire meglio l’emergenza COVID-19, ha deciso di tracciare gli spostamenti dei cittadini raccogliendo dati tramite le celle telefoniche alle quali si agganciano gli smartphone.
Molti cittadini hanno percepito questa iniziativa come un’ingerenza delle autorità nella loro vita privata, ma la Regione ha subito dichiarato che i dati sono stati raccolti in forma anonimizzata.

Conoscere il significato di pseudonimizzazione e anonimizzazione vi sarà utile sia come utenti, sia come eventuali gestore di dati altrui (clienti, fornitori, visitatori del vostro sito, ecc.).

Sebbene a un primo sguardo possano sembrare simili, i due termini hanno definizioni diverse e prevedono comportamenti diversi.

PSEUDONIMIZZAZIONE E ANONIMIZZAZIONE: LE DEFINIZIONI


Pseudonimizzazione

La pseudonimizzazione, da pseudonimo, è l’oscuramento o la sostituzione parziale dei dati rilasciati da un soggetto e ha l’obiettivo di impedire l’identificazione di quest’ultimo.

Il GDPR pone grande attenzione alla pseudonimizzazione, che deve essere garantita, e la definisce come «Il trattamento dei dati personali in modo tale che i dati personali non possano più essere attribuiti a un interessato specifico senza l’utilizzo di informazioni aggiuntive, a condizione che tali informazioni aggiuntive siano conservate separatamente e soggette a misure tecniche e organizzative intese a garantire che tali dati personali non siano attribuiti a una persona fisica identificata o identificabile».

Per farvi capire meglio di cosa si tratta, immaginate un archivio aziendale che contenga informazioni su clienti e fornitori e che sia accessibile anche al pubblico.
Il responsabile può accedere all’archivio e visualizzare tutti i dati contenuti (nomi, cognomi e tutto il resto); il pubblico invece vede solo alcune informazioni, mentre altre sono sostituite da codici, pseudonimi o altre tipologie di cifratura.

La pseudonimizzazione varia quindi in base ai privilegi concessi al singolo che accede ai dati e si basa su un sistema capace di scindere tra i vari ruoli utente e di garantire il giusto livello di privacy.
Il responsabile dell’archivio ha un ruolo utente diverso da quello del pubblico e ha privilegi maggiori.

Attenzione! Il fatto che la pseudonimizzazione vari in base ai privilegi utente concessi significa che, sotto la cifratura, il dato è sempre presente. È, insomma, una procedura temporanea e/o reversibile.

Infatti, un dato pseudonimizzato può sempre essere ricostruito, cioè si può sempre risalire all’identità del soggetto a cui è riferito.

Anonimizzazione

L’anonimizzazione, come suggerisce il nome, consiste nel rendere un dato anonimo.

Il GDPR definisce le informazioni anonime come «informazioni che non si riferiscono a una persona fisica identificata o identificabile o dati personali resi sufficientemente anonimi da impedire o da non consentire più l’identificazione dell’interessato».

Se prendiamo l’esempio precedente del database aziendale, con l’anonimizzazione nessuno, né il responsabile dell’archivio né il pubblico, potrebbe vedere a chi è riferito il singolo dato. Il dato risulterebbe in partenza conservato in modo del tutto staccato da altre informazioni capaci di rendere riconoscibile il soggetto a cui è riferito.

L’anonimizzazione è dunque una procedura irreversibile sotto forma di cancellazione o una sostituzione definitiva.
È usata soprattutto al termine del periodo di trattamento dei dati concesso dal contratto sottoscritto.

Ora che avete compreso la differenza fra dati pseudonimizzati e dati anoninimizzati, speriamo sia più facile per voi valutare con criterio l’uso delle informazioni che decidete di condividere. Inoltre, speriamo possa aiutarvi a meglio comprendere gli attuali dibattiti sul possibile utilizzo di app di tracciamento per monitorare la diffusione dell’epidemia COVID-19. 


Vuoi adeguarti al GDPR? Scopri i servizi di Servicematica su trattamento dei dati e privacy.

———

LEGGI ANCHE:

Privacy, tracciamento di massa e compressione delle libertà individuali

Sicurezza informatica: un problema non solo dell’INPS

nessun sostegno economico agli avvocati

No sostegno economico agli avvocati: «Cassa Forense non è lo Stato»

Il maxi decreto Cura Italia che contiene le misure del governo per tutelare la salute e aiutare economicamente i lavoratori, persino le p.iva generalmente abbandonate a sé stesse, ha riconosciuto una minima forma di sostegno economico anche agli avvocati e ai professionisti (il fondo residuale). Soluzione che, però, non ha fatto contenti i vertici del CNF.

Nel sito del Consiglio Nazionale Forense si legge una nota del 18 marzo 2020 in cui la presidente facente funzioni, Maria Masi, dichiara: «grave però la mancanza di altrettanta cura e sensibilità per la tutela dei professionisti e in particolare per gli avvocati, a cui non è diretta, se non in maniera esigua, derivativa e residuale, alcuna forma di sostegno economico e di tutela in una situazione destinata a durare ben oltre l’emergenza sanitaria, le cui ripercussioni negative sulla professione e, di conseguenza, sul reddito degli avvocati, sono destinate a durare a lungo”.

La nota si conclude con: «il CNF avrà cura, raccolte le istanze dell’avvocatura, di formalizzare una proposta emendativa finalizzata a intervenire nei settori che ancora necessitano di correttivi e all’individuazione di forme dirette di sostegno e di tutela compatibili con la professione di avvocato e in linea con i principi a cui si ispira”.

Ma è davvero compito dello Stato occuparsi degli avvocati? Non dovrebbe essere compito di Cassa Forense?

LA SITUAZIONE DI CASSA FORENSE

Il 17 aprile 2019 il Sole 24 Ore pubblicava un articolo dal titolo “Per Cassa forense un avanzo di esercizio di 734,6 milioni e un patrimonio di 11,9 miliardi” . La stessa Cassa Forense condivideva sul proprio sito un’analisi di tale situazione positiva.

Dunque, almeno apparentemente, Cassa Forense non ha problemi di bilancio. Allora perché non riversa parte delle risorse in aiuti più concreti?

Non che Cassa Forense non abbia istituito alcuna forma di aiuto, ma i provvedimenti appaiono del tutto inadeguati ad affrontare le ripercussioni economiche dell’epidemia da COVID-19.
Ad alimentare ancor di più lo scontento, il “Comunicato del Presidente” Nunzio Luciano inviato a tutti gli iscritti.

IL COMUNICATO: NESSUN SOSTEGNO ECONOMICO AGLI AVVOCATI 

Vi riportiamo alcuni passaggi del Comunicato di Cassa Forense. 

Nel Comunicato si legge che «tutte le istanze pervenute saranno attentamente valutate dagli Organi della Cassa sotto i vari aspetti, verificando in primo luogo i profili di sostenibilità economica e compatibilità attuariale, al fine di adottare i provvedimenti più opportuni ed utili per la nostra categoria, tanto nel breve quanto nel lungo periodo.
E’ evidente che questo delicato lavoro richiede i tempi tecnici necessari a garantire i doverosi approfondimenti giuridici e finanziari prima che il Consiglio d’Amministrazione possa adottare i provvedimenti opportuni e concretamente realizzabili.
»

Inoltre, viene confermato che «tutti gli Organi della Cassa sono attivamente impegnati nella analisi dei possibili interventi a tutela degli iscritti, sia sotto il profilo contributivo, sia sotto il profilo più strettamente assistenziale e di supporto alla professione» e che «ci adopereremo per reperire risorse aggiuntive da impiegare quando superata l’emergenza sanitaria si dovrà fronteggiare quella economica e lavorativa che già si profila».

Cassa Forense sembra ben disposta a definire nuove misure, dunque dov’è il problema?

Quasi certamente è la parte in cui il Presidente invita
«tutte le componenti dell’Avvocatura a non cavalcare richieste di misure inattuabili ed insostenibili anche perché non praticabili da un punto di vista normativo, statutario e regolamentare» ricordando che «Cassa Forense non è lo Stato e non può adottare con le sue risorse misure sostitutive del reddito per 245.000 colleghi».

In maniera chiara e definitiva Cassa Forense ha espresso la sua volontà di non elargire alcun sostegno economico agli avvocati in difficoltà.

LE REAZIONI DEGLI AVVOCATI

È sui social network che si possono seguire in modo diretto l’andamento delle reazioni degli avvocati al Comunicato di Cassa Forense.

C’è chi ha fatto notare che, sì, Cassa Forense si è solo limitata a sospendere i contributi ma continuerà a pagare le pensioni mentre l’INPS ha già fatto sapere che da giugno potrebbero esserci problemi in tal senso. E chi invece è molto critico nei confronti del mancato sostegno economico agli avvocati e chiede il commissariamento dell’ente.

Tra le reazioni critiche spicca la lettera di un avvocato del foro di Roma.

La lettera riprende proprio quanto scritto dal Presidente Luciano, cioè che Cassa Forense non è lo Stato, e da qui analizza le analogie e le differenze tra le due istituzioni e le conseguenti incongruenze presenti nel Comunicato.

In particolare, viene ricordato che:
– la legge 247/2012 ha concesso a Cassa Forense di essere l’unico ente previdenziale a disposizioni degli avvocati,
– Cassa forense impone un “prelievo” del 4% su ogni fattura emessa dagli avvocati,
– la Cassa può, con proprio regolamento, abrogare le disposizioni di legge,
il contributo previdenziale integrativo non è utile ai fini previdenziali; il suo versamento «non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale» (Cassazione civile sez. VI, 10/01/2020, ud. 24/09/2019, dep. 10/01/2020, n. 317) e «non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell’invalidità e della morte in favore dei superstiti» (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 12.12.2018 n. 32167).

Nella lettera si procede anche a indicare cifre e calcoli che giustificherebbero un’esposizione economica di Cassa a favore degli avvocati.

La lettera ha, a sua volta, generato delle critiche.  In un’intervista radiofonica, un avvocato delegato di Cassa Forense ha fatto notare che:
– la simmetria tra Stato e Cassa Forense rappresenta una visione miope dell’attività della Cassa,
– vanno ricordate le differenze contributive tra lavoratori autonomi e avvocati e le agevolazioni per questi,
– la morosità di un’abbondante fetta di iscritti,
– l’attenzione di Cassa per le pensioni, come già indicato,
– il 4% è pagato dai clienti, l’avvocato è solo un sostituto d’imposta che trattiene la quota per circa 1 anno,
– il contributo integrativo sostiene un sistema di welfare che è tra i migliori in Europa per i professionisti.

Prosegue con un’analisi dei costi e degli investimenti.

Dunque, chi ha ragione?

CONCLUSIONE

Ogni avvocato dovrà valutare da sé la situazione.
Del resto, solo gli avvocati sono nella posizione di poter giudicare l’operato e le scelte della loro Cassa.

L’intento di questo articolo non è spingervi verso uno schieramento o l’altro,  ma solo trasmettervi le opinioni, le sensazioni e le reazioni, anche quelle più “di pancia”, che circolano nel mondo dell’avvocatura in questo periodo di emergenza.
Noi non possiamo esprimere un giudizio, ma ci piacerebbe molto sapere le vostre opinioni e raccoglierle in un futuro articolo. Se volete potete scriverci a info@servicematica.com.

[AGGIORNAMENTO 3 aprile: Cassa Forense ha stabilito nuove misure a sostegno degli avvocati]
———

LEGGI ANCHE:

Nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati

Estensione del Bonus di 600 euro anche agli avvocati e agli altri professionisti

Ricevuta di accettazione in ritardo

Ricevuta di accettazione in ritardo di pochi secondi: il ricorso è tardivo

In caso di ricevuta di accettazione in ritardo di pochi secondi rispetto al termine ultimo, il ricorso è considerato tardivo e quindi inammissibile.

Così si è espressa la Cassazione con l’ordinanza n. 7159/2020.

IL CASO

L’ordinanza n. 7159/2020 della Cassazione fa riferimento a un ricorso presentato da un cittadino straniero che si vide negare lo status di rifugiato.

La sentenza fu pubblicata il 25 maggio 2018 e il cittadino presentò ricorso tramite notifica telematica che fu accettata dal sistema alle ore 00.00.29 del 28 dicembre 2018 e consegnata alle ore 00.00.42.
Oltre il termine massimo di 6 mesi e oltre le 24 dell’ultimo giorno disponibile.

RICEVUTA DI ACCETTAZIONE IN RITARDO: L’ORDINANZA

Nell’ordinanza si legge: «il ricorso è inammissibile, per tardività della sua proposizione; il ricorrente, con esplicito riferimento alla mera data di pubblicazione della sentenza impugnata (25 maggio 2018), documenta di avere proceduto alla notifica in via telematica dell’odierno ricorso con accettazione del relativo sistema solo alle ore 00:00:29 del giorno 28 dicembre 2018 e consegna in casella all’avvocatura dello stato alle successive 00:00:42 dello stesso 28 dicembre 2018, dunque oltre la scadenza del 27 dicembre 2018».

Si ricorda poi che «in tema di notificazione con modalità telematiche, l’art. 16 septies del d.l n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012, si interpreta nel senso che la notificazione richiesta, con rilascio della ricevuta di accettazione dopo le ore 21.00, ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, della l.n. 53 del 1994, si perfeziona alle ore 7.00 del giorno successivo».

Viene inoltre specificato che la regola della scindibilità soggettiva degli oggetti della notificazione è applicabile anche alla notifica telematica (Corte Cost. N.75 del 2019) e può giocare a favore del notificante, ma sempre a patto che la ricevuta di accettazione sia generata dopo le 21 ma prima delle 24 dell’ultimo giorno disponibile

Nel caso specifico, la ricevuta di accettazione in ritardo di pochi secondi è un’evidenza incontestabile che rende il ricorso tardivo a tutti gli effetti.

———

LEGGI ANCHE:

Domande frequenti sul Processo Telematico durante la quarantena

Disposizioni in materia di giustizia previste dal D. L. Cura Italia


LEGGI ANCHE

Napoli, avvocati in rivolta: proclamata l’astensione dalle udienze il 3 aprile

Proteste contro la gestione della giustizia: "Decisioni aberranti, il sistema al collasso"

Giustizia tributaria, rivoluzione in arrivo: taglio del 62% delle Corti di primo grado

Il piano del Mef prevede l’accorpamento di 64 uffici giudiziari su 103. Lussana (Cpgt): «Ora l’istruttoria»

Separazione delle carriere: Caiazza contro Gratteri, “Gravi falsità in TV”

Gratteri aveva affermato che l’obiettivo della separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente sarebbe quello di sottoporre la magistratura al potere esecutivo.

autocertificazione valida solo se cartacea

COVID-19, l’autocertificazione è valida solo se cartacea

Il Ministero dell’Interno ha chiarito che l’autocertificazione è valida solo se cartacea.
La dichiarazione è arrivata come conseguenza alla comparsa di app di autocertificazione su smartphone.

Il Ministero riconosce che le app possono semplificare e velocizzare le procedure, ma spiega che questo comportamento è in contrasto con le prescrizioni vigenti e, in più espone il cittadino a rischi relativi alla privacy.

Scarica il modulo di autocertificazione aggiornato [26 marzo].

AUTOCERTIFICAZIONE È VALIDA SOLO SE CARTACEA: I DUE PRINCIPI DA TUTELARE


Principio 1: AUTENTICITÀ

L’indiscutibile validità dell’autocertificazione cartacea è insita nella sua stessa natura.

Il documento deve essere infatti essere firmato dal soggetto detentore. In più, anche l’autorità preposta al controllo deve poterla firmare. Le app non permettono altrettanta autenticità.
Inoltre, l’autorità preposta al controllo deve poter acquisire l’autocertificazione nella sua forma originale, che è proprio quella cartacea. 

Principio 2: PRIVACY

Le app di autocertificazione sono prodotte da soggetti che nulla hanno a che fare con le autorità pubbliche. In altre parole, sono servizi non ufficiali ed esiste il rischio che i dati degli utenti non siano tutelati a sufficienza o vengano usati per altri scopi.
Del resto, l’autocertificazione necessità di essere compilata con delle informazioni personali specifiche sulla propria identità, sugli spostamenti e le motivazioni retrostanti. Si tratta di dati sensibili che, da soli o incrociati con altri, permetterebbero una precisa profilazione degli utenti.

Nonostante la buonafede di chi ha sviluppato le app, bisogna ricordare che l’acquisizione e la gestione dei dati sensibili delle persone è soggetta al GDPR, il Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati, che stabilisce che tali attività debbano essere svolte secondo i principi di correttezza, trasparenza e, soprattutto, a seguito di un consenso informato e solo per le finalità stabilite. Ancora di più quando si tratta di informazioni sulla salute. 

E CHI NON HA LA STAMPANTE?


Chiarito che l’autocertificazione è valida solo se cartacea, cosa deve fare chi non ha una stampante a casa e ha necessità di uscire nonostante i limiti alla mobilità imposti dalle misure di contenimento all’epidemia COVID-19?

Un’alternativa potrebbe essere quella di copiare a mano il testo, compilarlo e firmarlo.
È certamente un’operazione scomoda, ma è anche vero che in caso di impegni regolari (per esempio recarsi a lavoro o all’ospedale per terapie mediche regolari) non serve una certificazione nuova per ogni uscita

Per saperne di più sui limiti alla mobilità e sulle sanzioni previste, vi invitiamo a  leggere l’articolo sul nuovo modulo di autocertificazione e le regole per gli spostamenti. 

Scarica il modulo di autocertificazione aggiornato [26 marzo].


In questi giorni Servicematica rimane operativa, sebbene in modalità da remoto. 

Dato il grande afflusso di chiamate, vi invitiamo a contattarci via mail o social.

———

LEGGI ANCHE:

[AGGIORNATO 26 marzo] Nuovo Modulo di Autocertificazione – emergenza COVID-19

Privacy, tracciamento di massa e compressione delle libertà individuali

domande sul processo telematico durante la quarantena

Domande frequenti sul Processo Telematico durante la quarantena

“Il Processo Telematico durante la quarantena cambia? Posso fare le stesse cose che facevo in ufficio?”

L’epidemia COVID-19 continua e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 marzo 2020, in vigore fino al 3 aprile, impone un’ulteriore stretta alla mobilità e anche all’attività delle imprese.
Tra quelle che possono continuare a operare figurano anche gli studi legali e tutto l’apparato della giustizia, sebbene secondo le disposizioni indicate dal D.L. Cura Italia del 17 marzo 2020. 

Per fortuna PCT e PAT si basano su sistemi digitali, pertanto, superati alcuni ostacoli puramente tecnici, le attività del processo telematico durante la quarantena non cambiano e possono essere affrontate come sempre si è fatto.

Certo, farle senza i propri strumenti abituali, rimasti in ufficio, può risultare meno agile e molti sono i dubbi e gli ostacoli che gli avvocati si trovano ad affrontare.

Abbiamo quindi deciso di raccogliere le domande più frequenti che vengono poste al nostro help desk in questi giorni e di fornirvi le risposte, nella speranza di facilitare il lavoro e rendervi questo periodo un po’ meno complicato.

NOTA: le seguenti domande e risposte sono relative agli strumenti offerti da Servicematica, in particolare la piattaforma per il processo telematico Service1.

Domande frequenti sul Processo Telematico durante la quarantena


 Ho chiamato tante volte e non sono mai riuscito a parlare con voi!

In questi giorni Servicematica è operativa, ma stiamo ricevendo davvero tante chiamate!
Per ovviare al disagio, è preferibile scrivere a  helpdesk@servicematica.com. Noi provvederemo a rispondere o a ricontattare tutti il prima possibile.

– Ho lasciato la chiavetta attaccata al pc in ufficio. Se scarico Service1 nel pc di casa posso lavorare?

No. Per utilizzare Service1 in modo completo è necessario avere la chiavetta collegata al pc che si sta usando.
In questo caso l’unica soluzione è recuperare fisicamente la chiavetta.

– Ho lasciato la chiavetta attaccata al pc in ufficio. Se mi collego da remoto al pc, Service1 riesce a leggerla?

Sì. Se ci si collega da remoto al pc in ufficio è possibile utilizzare Service1 in modo completo anche se la chiavetta non è collegata al pc di casa.

– Ho Service1 installata nel mio pc in ufficio. Posso installarla anche sul pc di casa o su più pc?

Sì. Per tutte le questioni relative all’installazione, abbiamo creato una sezione apposita nel sito dedicata alle guide di Service1.

– Ho installato Service1 nel mio pc di casa, ma non vedo fascicoli/depositi/fatture. Perché?

Service1 è un’interfaccia e non salva alcun documento (un discorso a parte riguarda la conservazione digitale a norma di legge).
Tutti documenti che vengono caricati tramite Service1 sono salvati nel pc in cui Service1 è installata.
Per questo motivo, non è possibile ritrovare i fascicoli/depositi/fatture caricati tramite il pc dell’ufficio.

– Come recupero i fascicoli dopo aver installato Service1 nel pc di casa?

Si può fare direttamente dal server ministeriale.
In Service1, basta cliccare su “Sezione PCT” presente nel menù laterale e poi seguire questo percorso:

consultazioni -> imposta uffici giudiziari (in alto a destra)-> seleziona ufficio nel menu a tendina -> inserire solo l’anno  -> cerca -> importa fascicoli -> seleziona i fascicoli desiderati -> ok

Una volta importati, i fascicoli finiranno nella sezione “Fascicoli” dalla quale potranno essere gestiti.

– Ho installato Service1 nel mio pc di casa ma se clicco su “fatture attive” mi dice che questa funzionalità non è attiva. Cosa devo fare?

È possibile emettere fatture seguendo questo percorso partendo dal menù laterale dentro Service1:

impostazioni -> dati di fatturazione -> inserire i dati richiesti ->  importa dati -> avanti -> inserire i dati della pec e concludere la procedura guidata inserendo il pin della chiavetta.

Attenzione! Quando si emetterà una nuova fattura si dovrà inserire il numero progressivo corretto!
Infatti, Service1 è un’interfaccia e come tale non salva i documenti che vengono caricati. Pertanto, in Service1 installata nel pc di casa non si vedranno tutte le fatture emesse, ma solo quelle in conservazione, reperibili nella sezione “Conservazione fatture attive” e “Conservazione fatture passive”.

  Come posso rinnovare il mio certificato di firma che è in scadenza?

Non è necessario venire presso la nostra sede.
Tutto può essere fatto tramite la sezione e-commerce del nostro sito.
Su https://servicematica.com/prodotto/certificato-di-firma/ si può effettuare l’ordine del nuovo certificato che verrà spedito all’indirizzo indicato.

Si dovranno scaricare i moduli contenuti nel file .zip presente nella pagina di acquisto, compilarli secondo le istruzioni indicate, allegare copia del codice fiscale e della carta d’identità, e inviare tutto con una mail a segreteria@servicematica.com.
In alternativa, si può creare un unico file .zip contenente i moduli e i documenti richiesti e caricare il file alla fine dell’ordine.

 Per rispettare la normativa e non uscire di casa vorrei fare il pagamento telematico del contributo unificato come devo fare?

I pagamenti telematici si possono eseguire dal sito http://pst.giustizia.it/PST/.

È bene che la procedura venga svolta usando il browser Firefox configurato in modo adeguato secondo le istruzioni che trovate qui https://servicematica.com/configurazione-firefox-windows/

Una volta inserita la chiavetta ed entrati nel sito cliccare sul pulsante LOGIN presente nella parte alta ed accedere tramite smart card.

Dopodiché, cercare “Pagare con strumenti telematici” nella sezione servizi presente nella home del sito e seguire i passaggi.


– Posso collegarmi da remoto al mio pc in ufficio?

Se nel pc in ufficio è installato il software AnyDesk e il pc è acceso, sì. Basta scaricare AnyDesk anche nel pc di casa e procedere all’accesso.
Qui le istruzioni per scaricare e configurare AnyDesk nel pc dell’ufficio e in quello di casa. https://servicematica.com/smart-working.

Vi ricordiamo che è vero che le attività professionali e gli studi legali possono continuare a lavorare, ma lo devono fare rispettando le misure imposte dal DPCM 11 marzo 2020 per frenare l’epidemia COVID-19:
– concedere ferie e permessi ai dipendenti per evitare presenze in ufficio,
– sospendere le attività non necessarie,
– garantire il rispetto delle misure igieniche e di sicurezza,
– prediligere lo smart working e le udienze in remoto.

Il testo completo del Decreto del 22 marzo 2020.

 

Il nostro servizio help desk è attivo. Data la grande mole di chiamate, per questioni relative al processo telematico durante la quarantemna vi invitiamo a contattarci via email scrivendo a helpdesk@servicematica.com; per le questioni amministrative o commerciali scrivere a segreteria@servicematica.com

 

———

LEGGI ANCHE:

Privacy, tracciamento di massa e compressione delle libertà individuali

Disposizioni in materia di giustizia previste dal D. L. Cura Italia


LEGGI ANCHE

Giustizia civile ancora in affanno: tempi lunghi e rischio precariato per gli assunti PNRR

A un anno dalla scadenza dei contratti a tempo determinato finanziati dal PNRR, resta alto il numero di cause pendenti e aumentano i fascicoli in…

Processo telematico: seconda PEC e deposito tardivo Servicematica

Processo telematico: seconda PEC e deposito tardivo

Nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, un’azienda propone un reclamo contro la sentenza di primo grado che aveva accolto l’impugnativa del…

PATCH DAY DICEMBRE 2022

Per attività di manutenzione programmata si procederà all’interruzione dei sistemi civili al servizio di tutti gli Uffici giudiziari dei distretti di Corte di Appello dell’intero…

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto