tutela dei dati personali

Tutela dei dati personali e minacce alla salute pubblica

Cosa lega il Coronavirus alla tutela dei dati personali? Semplice.

Mentre giornali, web e tv rigurgitano articoli e servizi a non finire su salute, regole di igiene basilari, attività economiche che si fermano e supermercati svuotati, il Covid-19 sta silenziosamente impattando anche su una parte della nostra vita di cui spesso siamo poco consapevoli, sebbene ricopra una certa importanza: la nostra privacy.

Il confine tra diritto alla riservatezza e necessità di assicurare la sicurezza – in questo caso sanitaria – è labile e foriero di scontri di opinioni.

Ecco cosa sta succedendo.

LA TUTELA DEI DATI PERSONALI: LA SITUAZIONE ATTUALE

All’inizio dell’epidemia un medico di Codogno, ha chiesto la pubblicazione di nomi e foto dei malati come «unico modo per sapere se si è stati in contatto con loro e arginare virus», concludendo la sua richiesta con un «bisogna abolire la legge sulla privacy».

Una frase un po’ forte, forse, ma che spiega le difficoltà di far combaciare due esigenze estremamente diverse.

Difficilmente il Coronavirus o altre minacce alla salute riusciranno a cancellare la tutela dei dati personali, ma è possibile che questa venga in parte ridotta.

Del resto, è già così: il Garante per la Privacy ha concesso alla Protezione Civile di poter scambiare dati sensibili con altri soggetti (forze dell’ordine, comuni, enti, ma anche privati) per tentare di arginare i contagi.
In un’intervista a Business Insider Italia, Luca Bolognini, presidente dell’Istituto Italiano per la Privacy e la Valorizzazione dei Dati, spiega così la decisione: «In questo caso può prevalere la protezione della salute di cui ci parla la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, all’articolo 35. La stessa Carta difende il rispetto della vita privata e della vita familiare (art. 7) e la protezione dei dati di carattere personale (art.8). Tuttavia, non essendo un diritto assoluto, la privacy deve bilanciarsi con altre libertà e altri interessi pubblici. Per questo motivo, il Garante dice sì alla Protezione Civile che tenta di gestire l’emergenza anche attraverso lo scambio di dati con altri soggetti. […] All’articolo 9 paragrafo 2 lettera i del Regolamento europeo GDPR è previsto il caso della gestione di dati sensibili nelle situazioni di emergenza: prevale comunque la salute delle persone».

COSA SUCCEDE NEGLI ALTRI PAESI

Si potrebbe pensare che la momentanea erosione della tutela dei dati personali davanti al Coronavirus riguardi solo l’Italia per l’alto numero di contagiati, o la Cina per il forte controllo esercitato normalmente dal suo governo.
Non è così.

Per esempio, l’emittente statunitense ABC ha riportato che le autorità australiane hanno ottenuto dagli operatori telefonici nazionali i tracciati relativi agli spostamenti di una coppia cinese risultata positiva al virus.
I dati hanno permesso di porre in quarantena un discreto numero di persone con le quali la coppia era venuta in contatto, arginando il contagio.
Le autorità hanno agito nel pieno della legalità grazie a un articolo della Legge nazionale sulla privacy che concede alcune deroghe in caso di minacce alla pubblica sicurezza.

In Corea del Sud, altro paese particolarmente colpito dall’emergenza, sviluppatori privati hanno creato delle app che mostrano il diffondersi del virus grazie a delle mappe costantemente aggiornate.
I dati su cui sono costruite le mappe vengono dal governo stesso che emana bollettini dettagliati indicando non solo il numero degli infetti ma anche sesso, zona di residenza e percorsi abituali.
Se, da un lato, ciò aiuta i cittadini sani a evitare le zone potenzialmente pericolose, dall’altro c’è da chiedersi se la raccolta e la condivisione di queste informazioni, anche se pseudonimizzate o anonimizzate, siano fatte nel rispetto della tutela dei dati personali.

Quello che davvero conta è che una volta passata l’emergenza la riservatezza dei cittadini venga ripristinata in toto e che il caso del Coronavirus non si trasformi in un espediente per future nuove, magari ingiustificate, erosioni della privacy.

 

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