Tabulati telefonici e intercettazioni: la posizione del GIP di Roma

Tabulati telefonici e intercettazioni: la posizione del GIP di Roma

Lo scorso 2 marzo 2021 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso una sentenza con la quale ha dichiarato che i tabulati telefonici di un indagato possono essere acquisiti dall’Autorità Giudiziaria solo dopo il vaglio o il benestare di un’autorità indipendente o di un giudice terzo e imparziale.

Il successivo 25 aprile, il Gip di Roma ha affermato che questa sentenza ha ripercussioni dirette sul nostro ordinamento e che i tabulati telefonici possono essere acquisiti solo nelle fattispecie in cui le intercettazioni siano ammesse.

TABULATI TELEFONICI, PRIMA DELLA SENTENZA

Prima della sentenza i tabulati potevano essere acquisiti su richiesta della Polizia Giudiziaria e con decreto di autorizzazione del Pubblico Ministero, senza alcun vaglio.

Entrato in vigore il Gdpr (Reg. Ue 16/679) la normativa è mutata. Ma sia la Corte costituzionale che le Sezioni Unite della Cassazione non hanno mai considerato l’acquisizione dei tabulati telefonici così invasiva da richiedere le medesime garanzie di un’intercettazione vera e propria.

È anche vero però che il nostro sistema giudiziario permette che, se una prima ipotesi di reato iscritta nel registro consente di far effettuare intercettazioni, queste possano essere utilizzate anche nel caso in cui il reato accertato sia meno grave, addirittura al di fuori del campo di applicazione delle intercettazioni stesse.

LEGISLATORE SÌ O NO? E PER QUALI REATI?

Trattandosi di una sentenza recente, non è ancora possibile sapere se verrà recepita in modo uniforme nel nostro paese, soprattutto in relazione a due questioni:
– la sua applicazione diretta senza passare per il legislatore,
– la sovrapponibilità o meno tra i “gravi reati” indicati dalla Corte di Giustizia e quelli per i quali il nostro ordinamento consente le intercettazioni.

In tal senso il Gip di Roma ha preso una posizione:
la sentenza è applicabile in modo diretto e immediato,
i “gravi reati” sono quelli per cui è possibile effettuare le intercettazioni di conversazioni.

L’ Avvocato Massimo Borgobello, vicepresidente di Assodata, nell’articolo “Tabulati telefonici, sì all’acquisizione ma solo per reati intercettabili: come cambia la disciplina” da cui è tratto questo post, spiega:

“Nel nostro sistema giudiziario […] se si viene indagati per associazione a delinquere, ma viene accertato solo un abuso edilizio punito con sanzione pecuniaria (ammenda), le intercettazioni saranno comunque utilizzabili, fermi restando i limiti di legittimità generali.

Per questo la decisione del Gip di Roma ha il sapore di un messaggio “politico” interno alla magistratura.

Dalla limitazione dell’utilizzo dei tabulati, anche per mezzo di una garanzia ulteriore (il vaglio giurisdizionale), si passerà, verosimilmente, ad ipotesi di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in ipotesi ulteriori rispetto a quelle oggi ammesse dalla giurisprudenza di legittimità.

[…] Che la Corte di Giustizia abbia affermato la necessità che sia un giudice terzo a disporre l’acquisizione dei tabulati telefonici è un segnale molto significativo per un ordinamento che, come il nostro, ha ritenuto di sacrificare sempre di più la privacy e la riservatezza delle comunicazioni in nome della sicurezza e dell’accertamento dei reati.

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Con una specifica delibera inviata alla Min. Cartabia, il CNF si esprime sull’indagine giudiziaria della Procura di Trapani durante la quale diverse sarebbero state eseguite delle intercettazioni di conversazioni tra avvocati e giornalisti a proposito della strategia difensiva.

INTERCETTAZIONI, LA DELIBERA DEL CNF

Nella delibera si legge:

“Il Consiglio nazionale forense stigmatizza la reiterata violazione della segretezza e riservatezza delle conversazioni del difensore che abbiano ad oggetto momenti della strategia difensiva e rileva la necessità di una più ampia tutela della riservatezza delle conversazioni dei difensori che non si limiti alla semplice inutilizzabilità processuale delle intercettazioni illegittimamente acquisite, atteso che lo stesso ascolto, quando ha ad oggetto momenti rilevanti ai fini della strategia difensiva, impatta in maniera significativa sullo stesso rapporto di fiducia con la parte assistita, che deve essere garantito dalla piena libertà dei colloqui”.

E ancora:

“Il Cnf auspica il rafforzamento sanzionatorio a tutela del principio di riservatezza e del segreto professionale e invita gli organi di stampa a condividere la necessità di cautela nel caso di pubblicazione delle intercettazioni di conversazioni di difensori, al fine di non favorire una prassi disfunzionale che, nel caso dell’inchiesta di Trapani sulle Ong, ha interessato anche diversi giornalisti”.

TRA LIBERTÀ E PRIVACY

Ancora nel 2014, l’allora presidente del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa, in occasione della I° Giornata europea degli Avvocati, aveva sottolineato l’importanza di tutelare la “confidenzialità tra clienti e avvocaticomeprincipio insopprimibile dello Stato di diritto”.

Quell’anno la Giornata europea degli Avvocati fu dedicata proprio alla tutela del segreto professionale forense ma anche della privacy dei cittadini nei confronti dell’autorità pubblica in un’epoca in cui la crescente importanza dei Big Data era già chiara.

LA TUTELA DEI DATI

La raccolta di informazione di ogni tipo sui cittadini rende potenti le corporation che se ne occupano. Gli Stati possono attingere a queste informazioni per attività di intelligence, le aziende per finalità commerciali.
Bilanciare la sicurezza pubblica con la libertà di espressione o di informazione e la privacy non è semplice. E questo è particolarmente vero quando si parla di giustizia.

L’allora presidente del CNF Guido Alpa ebbe modo di dichiarare:

“In ogni Paese i Consigli nazionali e gli Ordini locali sono invitati a discutere la problematica, specie nell’ottica della difesa del segreto professionale. Occorrono in altri termini garanzie concrete perché il legale possa comunicare con il cliente in piena sicurezza. Ciò implica che la tutela della privacy sia rafforzata anche nei confronti della pubblica Amministrazione quando il segreto professionale è in pericolo”.

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Cassazione: prorogati al 31 luglio i limiti di accesso ai servizi

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Il provvedimento dello scorso 28 aprile stabilisce la proroga ai limiti d’accesso ai servizi della Cassazione fino al 31 luglio.

Il provvedimento riprende il precedente del 29 settembre 2020 e le sue successive proroghe, con scadenza definitiva al 30 aprile 2021.

L’obiettivo è consentire la prosecuzione delle attività dell’amministrazione della giustizia nonostante il perdurare della pandemia e delle misure di contenimento alla stessa. Ciò si inserisce nel più ampio contesto di ripresa delle attività private e pubbliche del Paese nel rispetto della tutela della salute di tutti.

CANCELLERIA CIVILE, PENALE E U.R.P.

Cancelleria Centrale Civile

I servizi rimangono attivi dalle 9 alle 13:30.

La priorità d’accesso alla Cancelleria Centrale Civile è va a chi deve depositare atti urgenti in scadenza lo stesso giorno o il giorno successivo.

Uffici di cancelleria delle sezioni civili

Gli uffici di cancelleria delle sezioni civili sono operativi dalle 9 alle 14.

I depositi  degli atti cartacei e la consultazione dei fascicoli vanno richiesti inviando una mail. Nella risposta saranno indicati il giorno e l’orario per l’accesso alla cancelleria.

La procedura per il rilascio della copia degli atti è la seguente:

  • – l’avvocato invia alla cancelleria la richiesta via mail,
  • – la cancelleria verifica le pagine, quantifica l’importo e comunica giorno e orario per il ritiro. È possibile l’invio di copie via mail.

Uffici di cancelleria delle sezioni penali

Gli uffici di cancelleria delle sezioni penali sono operativi dalle 9 alle 14.

Anche in questo caso, le richieste di deposito degli atti cartacei e di consultazione dei fascicoli devono avvenire esclusivamente tramite posta elettronica. Nella risposta saranno indicati il giorno e l’orario per l’accesso alla cancelleria.
La priorità d’accesso va a chi deve depositare atti urgenti in scadenza lo stesso giorno o il giorno successivo.
Le modalità per il rilascio della copia è la stessa del settore civile.

U.R.P Centrale

I servizi sono attivi dalle 9 alle 14.

Le richieste di informazioni vanno inviate tramite PEC.
I privati privi di PEC possono usare la mail comune allegando un documento di identità.

Le modalità per il rilascio della copia degli atti  e per le richieste di certificati sono le medesime del settore civile.

 

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diritto alla disconnessione

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Il disegno di conversione del DL n. 30 del DL 13 marzo 2021 che contiene il diritto alla disconnessione di chi lavora smart working potrebbe diventare legge.

L’iter di approvazione dovrebbe concludersi entro il 12 maggio 2021.

La disposizione si inserisce nell’orientamento già segnato dall’unione europea con la Risoluzione UE del 21 gennaio 2021 che raccomandava gli stati di riconoscere questo diritto come fondamentale.

COS’È IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE

Il diritto alla disconnessione prevede che il lavoratore in smart working possa disconnettersi da tutti gli strumenti digitali utilizzati per svolgere le proprie mansioni quando non è in orario di lavoro, nel rispetto di eventuali periodi di reperibilità concordati col datore.

L’obiettivo è tutelare il riposo e la salute del lavoratore in un contesto in cui il confine fra lavoro e vita privata è diventato meno netto.

PERCHÈ È IMPORTANTE

In smart working si lavora di più.

La conclusione viene da uno studio realizzato dalla Harvard Business School e della New York University, dopo aver analizzato le abitudini di oltre 3 milioni di lavoratori in 16 città del mondo, comprese Roma e Milano,

Dallo studio è emerso che i soggetti analizzati hanno lavorato 48,5 minuti in più ogni giorno da quando in smart working, con un incremento medio dell’8,2% sul totale delle ore.

La causa sta nella diversa organizzazione del lavoro in smart working, per il quale sono richiesti più passaggi rispetto al lavoro in ufficio (per esempio il tempo da dedicare a telefonate e email in sostituzione a una più veloce conversazione di persona).

Altro fattore è il tempo per la scrittura, l’invio e la lettura di email fuori dall’orario di lavoro, aumentate dell’8%.   

Anche il report “ Working anytime, anywhere:The effects on theworld of work ” ha evidenziato che chi lavora da casa ha il doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore a settimana e di avere tempi di riposo fra un giorni lavorativo e l’altro inferiori alle 11 ore.

Tutto ciò ha un impatto negativo sulla salute del lavoratore e anche sulle sue performance professionali.

La normativa sul diritto alla disconnessione si propone dunque di stabilire una definizione chiara delle condizioni, degli orari di lavoro e dei periodi di riposo previsti in smart working.

 

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gratuito patrocinio e mediazione

Gratuito patrocinio e mediazione, dubbi sulla costituzionalità

Riportiamo un’interessante riflessione dal parte del Tribunale di Palermo sulla legittimità costituzionale delle norme che escludono il gratuito patrocinio in caso di una mediazione dall’esito positivo.

IL CASO

Un avvocato chiede la liquidazione dei compensi per l’attività di difesa svolta in favore di due soggetti ammessi al gratuito patrocinio nell’ambito di un procedimento di mediazione obbligatoria conclusasi con la conciliazione delle parti.

Il Tribunale di Palermo ha evidenziato quanto segue:

  • la possibilità di liquidare l’attività professionale svolta dall’Avvocato in ambito mediatorio è esclusa quando alla stessa non sia seguita la proposizione di domanda giudiziale.
    Gli artt. 74 e 75 del D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002  limitano il patrocinio a spese dello Stato all’ambito sia penale che civile e alle procedure “comunque connesse” a un processo.
    L’attività stragiudiziale non seguita dall’instaurazione di un processo non può ricadere tra le attività che possono essere svolte con oneri a carico dello Stato.
  • – questo limite non può essere superato dal giudice neanche con attività d’interpretazione, “posto che in tal modo lo stesso verrebbe ad incidere sulla sfera afferente alla gestione del pubblico denaro ed alle disposizioni di spesa, così interferendo su materia riservata al Legislatore e presidiata da precisi dettami costituzionali“.

GRATUITO PATROCINIO E MEDIAZIONE, LA COSTITUZIONALITÀ

Il Tribunale quindi si interroga sulla legittimità costituzionale degli articoli 74 (comma 2) e 75 (comma 1) del D.P.R. n. 115, considerando che :

  • – l’art. 3 della Costituzione chiede la rimozione di qualsiasi ostacolo di ordine economico e sociale che limiti la libertà e l’eguaglianza dei cittadini. Il principio di uguaglianza viene invece compromesso se il professionista in sede di mediazione viene trattato differentemente, a livello economico, a seconda che si raggiunga o meno un accordo tra le parti. Tra l’altro, al professionista che effettivamente concluda in maniera positiva la mediazione è riconosciuto un trattamento peggiore.
  • – l’art. 24 della Costituzione garantisce ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti a ogni giurisdizione;
  • – l’art. 36 della Costituzione prevede che all’attività lavorativa corrisponda una retribuzione adeguata alla qualità e alla quantità di lavoro svolto. Ciò però non può escludere da qualsiasi tutela quei liberi professionisti che prestano la propria attività lavorativa obbligatoria gratuitamente.

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Obbligo formativo. L’esonero ha valore retroattivo

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Obbligo formativo. L’esonero ha valore retroattivo

Un avvocato diventa oggetto di un procedimento disciplinare da parte del COA di riferimento per non aver rispettato l’obbligo formativo nel trienni 2008/2010, come previsto dall’art. 9 del regolamento di formazione continua.

L’avvocato ricorre al CNF che ne accoglie parzialmente la richiesta, modificando la sanzione da censura ad avvertimento.
Il CNF non è d’accordo con il ricorrente e ritiene che l’obbligo formativo non possa considerarsi adempiuto “anche attraverso una professionalità aliunde acquisita sul campo e mediante lo svolgimento ad alti livelli della professione forense”, tantomeno attraverso una formazione autonoma. Ancor meno giustifica la mancata formazione a causa di “impegni professionali ritenuti assorbenti”.

L’avvocato però non è soddisfatto e si rivolge in Cassazione evidenziando come la decisione del CNF non abbia tenuto conto dell’esclusione all’obbligo di formazione da parte degli avvocati ultrasessantenni.

Il legale ha infatti superato i 60 anni proprio nel triennio di riferimento. Pertanto, ai sensi dell’art. 11 della i. n. 247/2012, in vigore al momento dell’applicazione della sanzione disciplinare, il legale era già escluso dall’obbligo formativo.

La Cassazione ritiene il motivo fondato.

OBBLIGO FORMATIVO E RETROATTIVITÀ

Del resto, è lo stesso Regolamento sulla formazione continua n. 6/2014 del Cnf all’art. 15 a prevedere che “Sono esentati dall’obbligo di formazione […] gli avvocati dopo venticinque anni di iscrizione all’albo o dopo il compimento del sessantesimo anno di età”.

Secondo la Cassazione, questa disposizione si applica anche retroattivamente, poiché nel caso in questione si può fare riferimento all’art. 65 della legge n. 247/2012 che al comma 1 dice:

“Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”

E al comma 5 aggiunge:

“Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato.”

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Il limite dei 30.000 caratteri a tutela del giusto processo

Il limite dei 30.000 caratteri per gli atti da presentare al Consiglio Stato non è solo un modo per rendere la lettura degli stessi più agevole, ma anche uno strumento a tutela del giusto processo.

È lo stesso Consiglio di Stato a sottolinearlo con l’ordinanza n. 9365/2021.

A PROPOSITO DEL LIMITE DIMENSIONALE DEGLI ATTI

Va ricordato che, secondo l’art. 13-ter delle norme di attuazione del c.p.a., i giudici sono tenuti a esaminare solo i contenuti presenti entro il limite dimensionale stabilito dal decreto del presidente del Consiglio di Stato n.167 del 22 dicembre 2016.

Questo limite è fissato a 30.000 caratteri, circa 15 pagine.

Tutto ciò che va oltre questo limite può non essere considerato dai giudici.

Dall’ordinanza, si deduce però che il limite possa essere superato ma solo nel caso di vicende complesse o che riguardino questioni di interesse economico o sociale.

PERCHÈ IL LIMITE DEI 30.000 CARATTERI TUTELA IL GIUSTO PROCESSO

Il giusto processo è descritto dall’art.111 della Costituzione.

Nell’ordinanza, il Consiglio di Stato illustra come il limite dei 30.000 caratteri favorisca il rispetto di questo principio.
Si legge:

“- ciascuna Sezione del Consiglio di Stato, non contemplando il nostro ordinamento processuale alcun meccanismo di filtro (a differenza della stragrande maggioranza delle Supreme Corti europee), ogni settimana deve scrutinare nel merito un numero elevatissimo di cause (nell’ordine delle centinaia), ciascuna delle quali (salvo che gli avvocati non compaiano o vi rinuncino) è ammessa alla discussione orale;
– in questo contesto, la redazione di scritti chiari e sintetici, in grado cioè di selezionare in modo competente le sole questioni (di fatto e di diritto) rilevanti al fine del decidere, è dirimente per l’assunzione di decisioni approfondite e consapevoli;
– la brevità dell’atto processuale (in termini di caratteri, pagine e battute) è appunto lo strumento attraverso il quale il legislatore ha inteso vincolare le parti a quello sforzo di “sintesi” giuridica della materia controversa, sul presupposto che l’intellegibilità dell’atto (e quindi la giustizia della decisione) è grandemente ostacolata da esposizioni confuse e causidiche;
– in assenza (e aspettando) l’introduzione di meccanismi deflattivi, al fine di amministrare nel migliore modo possibile una imponente mole di contenzioso, il servizio giustizia, in quanto “risorsa scarsa”, ha bisogno della collaborazione dell’intero ceto giuridico.”

La conclusione a cui giunge è che la sinteticità degli atti non è un “mero canone orientativo della condotta delle parti” ma una regola vera e propria funzionale al rispetto del giusto processo, in particolare dal punto di vista della ragionevole durata.

 

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Il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS – CoV-2/Covid 19 nei luoghi di lavoro” è il piano per diffondere il vaccino attraverso i luoghi di lavoro, compresi gli studi professionali.

Sottoscritto da Confprofessioni il 6 aprile scorso, il Piano punta:
– ad accrescere la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro,
– a velocizzare il piano vaccinale nazionale per controllare la diffusione della pandemia.

L’obiettivo è, ovviamente, la ripresa celere delle attività produttive e sociali del paese.

IL PROTOCOLLO CONDIVISO DI AGGIORNAMENTO

Al documento è seguito il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” che va ad aggiornare i precedenti Protocolli sottoscritti successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare quelli del 14 marzo e il 24 aprile 2020.

Allo stato attuale, le attività produttive possono continuare solo in presenza di condizioni che assicurino ai lavoratori adeguati livelli di protezione. Il mancato rispetto delle misure di tutela può determinare la sospensione dell’attività fino a che le condizioni di sicurezza non vengano ripristinate.

VACCINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

Il protocollo per le vaccinazioni all’interno delle aziende e degli studi professionali è composto da 16 punti, di cui ora diamo una veloce panoramica:

1 La vaccinazione dei dipendenti di un’azienda o di uno studio rientra tra le attività di sanità pubblica.

2 I datori di lavoro possono manifestare l’intenzione di predisporre punti straordinari di vaccinazione nei luoghi di lavoro per somministrare il vaccino ai dipendenti che ne abbiano fatto richiesta.

3 Nella predisposizione dei piani aziendali, i datori si muovono secondo le regole del Protocollo del 24 aprile 2020, con il supporto del medico competente e di altri eventuali organismi aziendali.

4 I datori presentano i piani all’azienda sanitaria di riferimento.

5 I datori devono specificare il numero di vaccini richiesti per permettere all’azienda sanitaria di organizzarsi con la fornitura.

6 I costi per la realizzazione del piano e per la somministrazione dei vaccini sono a carico del datore, mentre la fornitura dei vaccini, dei dispositivi di somministrazione (aghi e siringhe), degli strumenti formativi e di registrazione è a carico dei servizi sanitari regionali.

7 I dipendenti devono essere informati a dovere sull’iniziativa.

8 Le adesioni alla vaccinazione da parte dei lavoratori devono essere volontarie, la raccolta deve rispettare la riservatezza ed evitare forme di discriminazione.

9 Il medico competente informa i lavoratori su vantaggi e rischi della vaccinazione, sul tipo di vaccino disponibile, acquisisce il consenso informato, valuta lo stato di salute del richiedente.

10 La vaccinazione avviene a opera di personale sanitario formato e nei luoghi dell’azienda che rispettino criteri di idoneità.

11 Il medico competente si occupa della registrazione delle vaccinazioni, sempre nel rispetto della riservatezza dei dati personali.

12 I datori possono scegliere di non svolgere la vaccinazione in azienda ma in strutture sanitarie private, mediante convenzioni, con oneri a proprio carico ad esclusione del costo dei vaccini che è assicurato dai servizi sanitari regionali.

13 I datori di lavoro esclusi dalla nomina del medico competente e che non possono affidarsi a strutture private possono avvalersi delle strutture sanitarie INAIL. Trattandosi di un’iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri sono a carico dell’INAIL.

14 Nel caso si affidi a una struttura sanitaria privata o all’INAIL, il datore deve comunicare il numero di dipendenti che si vaccineranno. Sarà la struttura ad occuparsi degli aspetti organizzativi e di registrazione.

15 Se la vaccinazione avviene durante l’orario di lavoro, il tempo richiesto rientra in questo.

16 Ai medici competenti e al personale sanitario di supporto è offerto un corso di formazione tramite la piattaforma ISS. Verrà predisposto materiale informativo destinato ai datori di lavoro e ai dipendenti.

Per maggiori informazioni, qui il link al “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro“.

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Riforma della giustizia tributaria, istituita la Commissione di lavoro

Con il comunicato n.72 dello scorso 12 aprile 2021, i Ministeri dell’Economia e delle Finanze e della Giustizia hanno dato notizia dell’istituzione della Commissione interministeriale che si occuperà della riforma della giustizia tributaria.

In particolare, la commissione si formulerà proposte per la riduzione degli arretrati e della durata dei processi.

Come riportato nello stesso comunicato, solo nel ricorso in Cassazione il contenzioso tributario “rappresenta una delle componenti principali dell’arretrato accumulato” con “50.000 ricorsi pendenti stimati a fine 2020” e “una percentuale di riforma delle decisioni di appello del 45%“.

Ci si aspetta dunque che la Commissione interministeriale sulla giustizia tributaria trovi delle soluzioni che vadano a modificare l’ordinamento processuale, alleggeriscano il carico di lavoro e velocizzino i tempi. 

LA COMMISSIONE PER LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA

La Commissione è formata da 16 componenti, presieduta da Giacinto della Cananea, docente di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi di Milano e componente del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, e con vicepresidente Fabrizia Lapecorella, Direttore generale delle Finanze presso il Mef.

La Commissione presenterà ai Ministri, entro il 30 giugno 2021, una relazione sui lavori svolti e sulle proposte di intervento.

SULLA RIFORMA

Nel comunicato dei due Ministeri si legge:

“Una riforma strutturale della giustizia tributaria rientra tra le priorità d’azione indicate dal Governo ed è coerente con le indicazioni dell’Unione europea.”

L’idea di una riforma non è però una novità di questo momento.
Sono già in corso due indagini conoscitive, una presso la Commissione Finanze della Camera e una presso la Commissione Finanze del Senato. Entrambe hanno come obiettivo raccogliere dati per formulare una riforma del sistema tributario, che va dalla revisione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche al potenziamento della giustizia tributaria.

Qui il tsto completo del comunicato stampa n.72 “Giustizia tributaria, al via la commissione interministeriale Giustizia-MEF“.

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CNF e Decreto Sostegni. Gli emendamenti

Il CNF ha preparato un pacchetto di emendamenti al Decreto Sostegni D.L. 41/2021.

Le modifiche richieste riguardano gli ISA, la ritenuta d’acconto, i versamenti di autoliquidazione.

La presidente facente funzioni del Cnf, Maria Masi, ha sottolineato l’urgenza di adottare misure a sostegno degli avvocati che, nonostante la pandemia «hanno continuato a svolgere il proprio lavoro nelle condizioni consentite, non di rado mettendo a rischio la propria salute e la propria sicurezza personale per continuare a garantire il diritto di difesa di ogni persona».

In particolare, è necessario alleggerire la «pressione fiscale sugli avvocati, considerato che le vicende di carattere eccezionale ed emergenziale continueranno a incidere in maniera rilevante anche sul periodo d’imposta 2021».

LE RICHIESTE DEL CNF

Come riporta sul sito del Consiglio Nazionale Forense, le richieste sono le seguenti:

– la disapplicazione degli Isa, gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale;
– la compensazione dei debiti fiscali tramite crediti per spese, diritti e onorari spettanti agli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, senza alcun limite di carattere finanziario e temporale;
– l’estensione di un mese, fino al 30 giugno, della disapplicazione della ritenuta d’acconto per i contribuenti che non hanno dipendenti e che presentano ricavi non superiori a 400.000 euro nel periodo di imposta 2019
– la sospensione dei versamenti da autoliquidazione con scadenza ad aprile, maggio e giugno 2021.

Come riportato in un articolo su Il Dubbio, le proposte del CNF sono in linea a quelle presentate dai Consigli nazionali di altre professioni.

La senatrice Fiammetta Modena, componente delle commissioni Bilancio e Giustizia, ritiene che gli emendamenti verranno approvati, soprattutto quello relativo alla compensazione tra imposte e crediti derivanti dal patrocino a spese dello Stato. Vi è infatti un precedente con la legge di bilancio 2016.
Gli emendamenti proposti dal Cnf potrebbero trasformarsi negli artt. 6-bis, 6-ter, 6-quater, del Decreto Sostegni.

Qui il testo completo del comunicato sugli emendamenti presentati dal CNF.

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