redazione atti processo civile

Atti processo civile: dal 1° settembre nuove regole di redazione

L’11 agosto 2023 è stato pubblicato in GU il Decreto del Ministero della Giustizia 110/2023:

«Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l’inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell’articolo 46 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile».

Tutte le disposizioni si applicano ai procedimenti introdotti dopo la data del 1° settembre 2023.

Per quanto riguarda la redazione degli atti processuali del pm e delle parti private ci dovrà essere massima sinteticità e chiarezza. È prevista, dunque, una specifica articolazione con tanto di:

  • Intestazione, con l’indicazione dell’ufficio giudiziario e la tipologia dell’atto;
  • Parti;
  • Massimo 20 parole chiave, che individuano l’oggetto del giudizio;
  • Estremi del provvedimento nelle impugnazioni;
  • Esposizione specifica dei fatti e dei motivi in diritto;
  • Riferimento puntuale ai documenti offerti, che vengono indicati con ordine numerico progressivo;
  • Esposizione di eventuali questioni preliminari, pregiudiziali e di merito riguardo ai motivi di diritto;
  • Conclusioni;
  • Specifica indicazione dei mezzi di prova + indice dei documenti prodotti;
  • Valore della controversia;
  • Richiesta di distrazione delle spese;
  • Eventuale indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese delle Stato.

Vengono inoltre indicati:

  • I limiti dimensionali degli atti processuali per cause con valore inferiore a 500mila euro;
  • Tecniche redazionali: 12 punti per le dimensioni, interlinea 1,5 e margini di 2,5 cm;
  • Le note vengono ammesse soltanto per riferimenti alla dottrina o alla giurisprudenza;
  • I provvedimenti del giudice soggetti ad impugnazione vengono redatti in modo chiaro e conciso.

Inoltre, gli atti giudiziari dovranno rispettare tutte le istruzioni per la redazione contenute nell’art. 11 del dm 44/2011, e dovranno essere accompagnati anche da schemi informatici conformi alle specifiche tecniche. I criteri verranno poi inseriti all’interno delle linee programmatiche che sono state proposte alla scuola superiore di magistratura dal Ministero.

Si prevede anche l’istituzione di un osservatorio permanente riguardo i limiti dimensionali e la funzionalità dei criteri redazionali.

Nell’articolo 8 ci sono anche le regole del PCT sulla forma dell’atto. In particolare, è necessario inserire i dati prescritti dall’art. 34 del decreto 44/2011. L’atto del PCT rimane un file .pdf, così come previsto dall’art. 12, che deve essere sottoscritto con firma digitale e con tanto di file XML.

Per consultare le Linee Guida per la Redazione degli Atti del Processo Civile

cliccare sopra questo link.


LEGGI ANCHE:

Digital Services Act: in vigore nuove norme europee per le aziende digitali

L’intelligenza artificiale che indovina le password attraverso il suono dei tasti

digital services act DSA

Digital Services Act: in vigore nuove norme europee per le aziende digitali

Venerdì 25 agosto 2023 sono entrate in vigore le norme europee per quanto riguarda il settore digitale, in particolar modo per motori di ricerca, piattaforme social, e-commerce e società che offrono contenuti e/o servizi online.

Le norme appena entrate in vigore fanno parte del DSA, il Digital Services Act, una legge UE che tratta della sicurezza, della trasparenza dei servizi digitali e la moderazione dei contenuti. Si tratta di una legge che, a livello formale, era entrata in vigore nel corso del 2022, ma c’era tempo sino al 25 agosto 2023 per adeguarsi alle indicazioni del DSA.

Con il DSA viene aggiornata una direttiva risalente a 20 anni fa, e va a regolare le attività delle piattaforme che si pongono come intermediari tra le aziende che offrono servizi, prodotti o contenuti e i vari utenti che ne usufruiscono.

Il Digital Services Act viene applicato a tutte le aziende che operano online, e mantiene un certo grado di rigidità nei confronti delle Big Tech, ovvero le piattaforme che hanno più di 45 milioni di utenti attivi in Ue.

Parliamo di circa 20 società, tra le quali troviamo Facebook, Instagram, YouTube, TikTok, Amazon, Apple, Booking, Alibaba, Google, Pinterest, LinkedIn, Zalando e Snapchat. I servizi digitali un po’ più piccoli, invece, avranno ancora tempo per adattarsi a tutte queste nuove regole.

Leggi anche: L’Italia è al secondo posto per multe sulla privacy in Europa

La legge richiede che le aziende siano maggiormente trasparenti sui dati, sugli algoritmi e sulle loro attività, ma soprattutto richiede che siano molto più attente nella moderazione, nel filtraggio, e nella rimozione e/o nel blocco dei contenuti pericolosi.

Nel regolamento sono previsti anche tempi rapidi per rimuovere i contenuti e l’obbligo di sospensione degli utenti che violano ripetutamente il regolamento. Al fine di verificare le varie attività delle aziende, nel DSA sono previsti controlli annuali. Se presenti ripetute infrazioni, le sanzioni potrebbero arrivare sino ad un massimo del 6% del fatturato totale annuo.

Leggi anche: Due maxi multe ad Amazon: ha violato la privacy degli utenti

Le nuove norme, tra le varie cose, prevedono che le aziende condividano tutti i dettagli sul funzionamento degli algoritmi con le autorità di regolamentazione, soprattutto se sono previste personalizzazioni nei contenuti e pubblicità basate sugli interessi degli utenti.

Varie aziende, nel corso degli ultimi mesi, hanno deciso di adottare dei provvedimenti al fine di conformarsi al Digital Service Act. Per esempio, TikTok, Facebook e Instagram ora vietano la pubblicità personalizzata agli utenti con meno di 18 anni.

TikTok, inoltre, con l’ultimo aggiornamento consente di disattivare la personalizzazione dei contenuti.


LEGGI ANCHE:

L’intelligenza artificiale che indovina le password attraverso il suono dei tasti

Riforma fiscale: fondamentale il contributo dei professionisti

L’intelligenza artificiale che indovina le password attraverso il suono dei tasti

L’intelligenza artificiale è in grado di sottrarre password agli utenti ascoltando semplicemente ciò che digitano sulla propria tastiera. Questo è quanto dimostrato dai ricercatori della Cornell University, che recentemente hanno svolto un esperimento particolare.

Infatti, dopo l’addestramento di un’intelligenza artificiale al riconoscimento del suono riprodotto dai tasti premuti, questa sarebbe stata utilizzata con il fine di riconoscere le sequenze digitate sulla tastiera di un pc, per scoprire che l’IA era capace di identificare le parole con una precisione del 95%.

Per riuscire ad indagare quali fossero i limiti dell’intelligenza artificiale, i ricercatori hanno deciso di testarne la precisione anche nel corso di una videocall sulla piattaforma Zoom, registrando le sequenze dei tasti attraverso il microfono del pc.

In questo caso, il modello ha avuto una precisione per quanto riguarda le parole digitate sulla tastiera del 93%, ovvero una percentuale un po’ più bassa rispetto alla precedente.

Tutto ciò non dipende dall’eccessivo rumore prodotto dalla tastiera meccanica. Secondo quanto riferito dai ricercatori, il modello di intelligenza artificiale in questione è stato addestrato per riuscire a riconoscere la forma d’onda, ovvero il livello di pressione sonora prodotto da un segnale, il tempo e l’intensità di ogni battitura, al fine di identificare i tasti che compongono una sequenza.

Dunque, se premiamo un tasto con una frazione di ritardo di una frazione di secondo rispetto ad altri a causa del proprio stile di battitura, allora l’IA lo riconoscerà. Uno strumento del genere, comunque, consente ai malintenzionati di accedere facilmente a password, messaggi, discussioni o altre informazioni sensibili.

Ma come possiamo difenderci dagli hacker che tentano di ricorrere a questi strumenti per rubare i nostri dati sensibili? Prima di tutto, dovremmo evitare di digitare le nostre password attraverso Touch Id e Windows Hello.

Inoltre, si potrebbe pensare di ricorrere ad un buon gestore di password, al fine di assicurarsi di mettere in sicurezza i dati di accesso su tutti gli account.

Cerchi un modo per mettere in sicurezza il pc?

Dai un’occhiata ai prodotti Servicematica per trovare il prodotto adatto alle tue esigenze, basta cliccare qui sopra!


LEGGI ANCHE:

Riforma fiscale: fondamentale il contributo dei professionisti

Sanità digitale: dati e servizi in cloud per migliorare i servizi pubblici

intelligenza artificiale rischi lavoro

Qual è il vero rischio dell’Intelligenza Artificiale?

Quando parliamo di intelligenza artificiale e lavoro, le posizioni principali sono due: cancellerà tantissimi posti di lavoro oppure ci libererà da quelle mansioni troppo faticose e ripetitive, per permetterci di dedicarci completamente a compiti considerati più gratificanti e creativi.

Ovviamente, si tratta di due situazioni estreme, che non si verificheranno mai, almeno non in questo modo. In primo luogo, come è sempre avvenuto con le innovazioni tecnologiche, la cancellazione di alcuni posti di lavoro viene sempre compensata dalla nascita di nuove occupazioni.

Se dovessimo concentrarci soltanto sul primo scenario, ovvero in quello in cui vengono cancellati tantissimi posti di lavoro, dovremmo comunque fare affidamento su quanto accaduto nel passato.

L’automazione ha sicuramente compromesso l’occupazione degli operai, vista la diminuzione del loro numero e del loro potere d’acquisto. Le tecnologie digitali, poi, hanno generato un nuovo fenomeno, creando tantissimi nuovi posti di lavoro e ridefinendo l’intero mondo che ci circonda.

Per alcuni studiosi, tutto questo ha portato alla scomparsa della classe media e al fallimento delle politiche di redistribuzione della ricchezza. Dunque, sembra che ci siano meno persone che si arricchiscono, e quelle che lo fanno lo fanno molto, ma sempre più persone che si impoveriscono.

Con l’utilizzo sempre più diffuso degli strumenti di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, il rischio è che questi fenomeni finiscano per peggiorare, al posto di migliorare.

Leggi anche: Intelligenza Artificiale: cosa rischiano gli Avvocati?

Ci sono sempre più mansioni ufficio che, grazie all’ai, diventeranno molto più semplici: questo non significa che sia un vantaggio. Più un lavoro risulta difficile e raro, maggiore sarà la sua retribuzione. Se l’intelligenza artificiale consentirà a tutti di acquisire competenze attraverso comandi ai pc, anche i lavori più retribuiti vedranno una flessione per quanto riguarda il salario o il potere d’acquisto.

David Autor, economista e professore del Mit di Boston, si dice «preoccupato per il cambio di composizione nei posti di lavoro. C’è il rischio che l’intelligenza artificiale elimini alcuni lavori o ne dequalifichi altri della classe media, generando lavori meno remunerativi. Il pericolo insomma è: l’intelligenza artificiale ridurrà il valore di molte competenze e renderà il lavoro più mercificato?».

Per Mark Muro di Brookings, il rischio «è che i lavoratori altamente qualificati siano vulnerabili all’IA tanto quanto le loro controparti meno qualificate».

Leggi anche: GiuriMatrix: in Italia il primo assistente legale basato sull’intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale verrà utilizzata principalmente al fine di aumentare la produttività delle imprese, aumentando i ricavi, ma diminuendo i costi. Le maggiori entrate, secondo un gruppo di consulenti della Casa Bianca, «andranno agli azionisti e non agli stipendi dei magazzinieri».

Per Lawrence Katz, un economista della Harvard University, una delle soluzioni possibili è che le aziende che andranno ad aumentare la propria produttività grazie all’ia condividano i benefici economici con i lavoratori.


LEGGI ANCHE:

Attenzione alle truffe bancarie: ecco come difendersi

Molestie o disturbo alla persona: il reato avviene anche con la posta elettronica

Amazon High Tech Trading

Amazon High Tech Trading: come funziona la truffa telefonica di Amazon

«Ciao da Amazon High Tech Trading»: comincia così la telefonata, che di solito proviene da un numero di telefono italiano, per poi proseguire parlando di interessanti piani di investimento nel mondo del trading. Chi è interessato verrà richiamato da un operatore, anche se l’azienda che ha chiamato non ha nulla a che vedere con il colosso dell’e-commerce Amazon.

Questi tentativi di frode proseguono da circa due anni, e sembrano essere particolarmente insistenti. I numeri di telefono da cui provengono le chiamate sembrano legittimi: sfruttano la tecnica dello spoofing dell’ID-chiamante, ovvero il numero viene modificato al fine di farlo somigliare ad un numero di telefono generico.

Ma se ricontattiamo il numero, scopriremo che questo non esiste.

Amazon, visto che si stanno intensificando i tentativi di truffa telefonica, ha cominciato ad avvisare i propri clienti tramite mail: «I truffatori stanno contattando i clienti spacciandosi per Servizi Finanziari di Amazon, sollecitandoli a fornire i loro dati di pagamento e di fatturazione al fine di investire in azioni Amazon o in opportunità di business che promettono rendimenti elevati in breve tempo».

Inoltre, l’azienda mette in guardia i clienti dal fornire dati sensibili quali coordinate bancarie al telefono (questa è una regola che vale sempre). «I truffatori che tentano di impersonare Amazon mettono a rischio i nostri clienti e il nostro marchio. Sebbene queste truffe abbiano luogo al di fuori della nostra piattaforma, continueremo a investire per proteggere i clienti e informare il pubblico sulla prevenzione. Incoraggiamo i clienti a segnalarci sospette truffe in modo da poter proteggere i loro account e indirizzare i malintenzionati alle forze dell’ordine per proteggere i consumatori».

Come difendersi da queste truffe?

Per difendersi, basta buttare giù il telefono. Infatti, tutto ciò di cui dispongono i truffatori è soltanto il nostro numero di telefono, e nessun altro dato. Se interrompiamo la comunicazione non accade nulla, e certamente non perderemo particolari occasioni di guadagno.

Purtroppo, non riusciremo a bloccare altre chiamate, visto che i numeri di telefono da cui arrivano le chiamate sono sempre diversi. Anche se ne inseriamo uno in lista nera, potremo comunque essere ricontattati da altri.

Amazon invita a riportare tutti i tentativi di truffa attraverso un form apposito presente sul sito ufficiale dell’azienda. Inoltre, il colosso dell’e-commerce invita gli utenti anche a segnalare gli episodi anche alle autorità competenti come la Polizia Postale.

Si tratta di un problema a cui pensa anche la politica, rinnovando la necessità di «ulteriori e più efficaci interventi in grado di contrastare l’uso illecito del telemarketing e il mancato rispetto da parte di numerosi operatori del Registro delle Opposizioni, accrescendo in questo modo le tutele a favore della privacy dei consumatori».

Non sempre, però, i truffatori restano impuniti. La Procura di Pordenone, per esempio, di recente ha sgominato una banda criminale che si dedicava proprio al trading fake online. L’azienda chiamava i clienti, ignari, per proporre investimenti in azioni Amazon.


LEGGI ANCHE:

L’impugnazione senza firma digitale è inammissibile

Avvocati di ieri e di oggi: com’è cambiata la professione nel corso del tempo?

Avvocati di ieri e di oggi: com’è cambiata la professione nel corso del tempo?

L’avvocato è capace di adattarsi ai tempi che corrono: infatti, a differenza degli altri lavori che, con il trascorrere degli anni divengono obsoleti, l’attività del legale risulta sempre moderna.

Bisogna quindi aggiornarsi e studiare continuamente per riuscire a restare al passo con la giurisprudenza e con la dottrina. Contribuisce tantissimo a migliorare il lavoro del legale il mondo della tecnologia, che con le sue invenzioni rende poliedrica questa figura professionale.

Telefono, messaggi, chiamate e videochiamate sono i nuovi poteri dell’avvocato: ma in che modo utilizzarli in maniera efficiente?

L’avvocato, da sempre, ha un ruolo fondamentale, ovvero fa da interprete al diritto.

Fino a vent’anni fa, l’avvocato era una persona munita di 24 ore e di faldone: oggi, invece, ha uno smartphone e al massimo una borsa porta documenti.

Tutto il lavoro è digitalizzato, nonostante rimangano comunque gli incontri in ufficio e la presenza in tribunale. Gran parte del lavoro, tuttavia, è svolto sui propri device grazie ad una connessione con una rete.

L’avvocato in pochi click

Resta lo studio, la mole di lavoro, l’ufficio e le tante attività richieste; restano le norme, il codice deontologico, i diritti e i doveri, ma cambia il modo di fare l’avvocato, con vantaggi quali una maggior efficienza sul lavoro, l’ottimizzazione della propria attività, miglioramento della professione e raggiungimento degli obiettivi.

La maggior parte del lavoro viene svolta sui device, e contattare un cliente per concordare una parcella è un adempimento che si risolve in pochi click. Click utili anche per mettersi d’accordo su un appuntamento, rinviare un’udienza, definire una strategia e fornire informazioni in merito alla causa.

La tecnologia ha ottimizzato e innovato il lavoro dell’avvocato, soprattutto grazie ai software. Programmi super intuitivi sono in grado di archiviare, amministrare, gestire e comunicare, consentendo di risparmiare tempo e denaro.

Più tempo, più qualità

Utilizzare il proprio smartphone al fine di controllare una sentenza oppure verificare il proprio orientamento giurisprudenziale permette di svolgere l’attività in pochi istanti, senza dover per forza andare fisicamente in tribunale.

Non ne giova solo la professione, ma soprattutto i clienti, che incontreranno avvocati che possono dedicare loro più tempo, raggiungendo gli obiettivi molto più in fretta.

Un avvocato può puntare sul miglioramento qualitativo del lavoro e sui servizi forniti al fine di contraddistinguersi dalla concorrenza ed essere il preferito dai clienti. Il legale sfrutterà la versatilità della tecnologia per riuscire a svolgere il proprio lavoro in forme differenti, andando a fornire servizi oltre confine e facendosi conoscere grazie alla propria preparazione.

Avvocati di ieri e avvocati di oggi

L’avvocato di oggi si differenzia da uno antico, soprattutto perché racchiude tutto il suo mestiere nello smartphone: non solo lavorando, ma interagendo con clienti e con colleghi.

Nello smartphone, in particolar modo, è presente gran parte della vita dell’avvocato, e utilizzarlo nel migliore dei modi significa avere tra le mani uno strumento molto potente.

Con lo smartphone puoi accelerare i compiti in poco meno di metà giornata, con messaggi, videochiamate e strumenti appositi per inviare e ricevere documenti.

Il vero potere sta proprio nella possibilità di gestire il lavoro, non seguendo le esigenze degli altri ma attraverso l’adozione di criteri di ottimizzazione e di efficienza che rendono profittevole l’attività.

Con Giustizia Servicematica puoi accedere agli eventi di agenda, alle scadenze termini e alle tue udienze.
Dal tuo smartphone potrai scaricare i fascicoli e i documenti telematici, accedere al servizio Visure e chiedere assistenza, al nostro servizio helpdesk.

Clicca qui sopra per avere maggiori informazioni! 


LEGGI ANCHE:

I dati online sono monetizzabili

Truffa dello skimmer: attenzione alla clonazione del bancomat

dati online monetizzabili

I dati online sono monetizzabili

I dati online sono monetizzabili. Lo stabilisce il regolamento Ue sui servizi digitali, il Digital Service Act, DSA, n. 2022/2065.

Con il regolamento si procede con la modifica della direttiva 2000/31, disciplinando la monetizzazione dei dati sotto due diversi profili: uno positivo, in quanto argomento dei futuri codici condotta riguardo le pubblicità online e uno in negativo, ovvero il divieto della monetizzazione per chi carica online contenuti illegali o contrari alle policy delle piattaforme.

La prospettiva del DSA è la monetizzazione dei dati, e non quella dell’utilizzo dei dati in quanto corrispettivi di servizi o di beni. Il problema si pone in relazione all’utilizzo dei dati nel ciclo produttivo con lo scopo di trarne profitto online.

Il DSA vuole disciplinare le attività dei provider, dei motori di ricerca e delle piattaforme online. Un aspetto interessante è l’invio di proposte commerciali che online potrebbero essere molto invasive, basandosi sulla schedatura delle persone.

A tal riguardo, l’art. 46 si appella all’autoregolamentazione dei protagonisti della catena comunicativa del marketing online, ovvero utenti e fornitori di servizi. Nell’articolo vengono indicati i temi che devono essere affrontati nei codici di condotta, come l’informazione riguardo la monetizzazione dei dati.

In ogni caso, non viene precisato a quali dati ci si riferisca, e questo potrebbe condurre ad interpretazioni che vadano ad includere dati sensibili. Tutto questo trova conferma proprio dal fatto che è lo stesso DSA ad escludere la possibilità di fare delle profilazioni pubblicitarie utilizzando specifici tipi di informazioni personali.

Nel Regolamento viene spiegato come «i codici di condotta dovrebbero inoltre includere misure volte a garantire che le informazioni significative sulla monetizzazione dei dati siano adeguatamente condivise lungo tutta la catena del valore».

Assumendo che i dati siano monetizzabili, anche i codici etici dovrebbero rendere completamente trasparenti tali operazioni. Nel DSA si parla della monetizzazione ma anche della demonetizzazione: «La monetizzazione – grazie agli introiti pubblicitari – delle informazioni fornite dal destinatario del servizio può essere limitata mediante la sospensione o la soppressione del pagamento in denaro o degli introiti connessi a tali informazioni».

Dunque, la demonetizzazione rientra all’interno delle attività che vengono svolte dai prestatori dei servizi intermediari che mirano a contrastare i contenuti illegali e le informazioni considerate incompatibili con le condizioni generali esposte all’art. 3.

Dato che sono misure che hanno effetti negativi, nel DSA vengono imposte alle piattaforme online alcuni meccanismi di reclamo contro le decisioni che vanno ad indicare se limitare, sospendere o cessare la capacità di monetizzazione delle informazioni che vengono fornite dai destinatari.


LEGGI ANCHE:

Truffa dello skimmer: attenzione alla clonazione del bancomat

Amazon ha reso possibile il pagamento con il palmo della mano

truffa skimmer bancomat

Truffa dello skimmer: attenzione alla clonazione del bancomat

Se il nostro Bancomat dovesse essere rifiutato da uno sportello automatico, probabilmente, il nostro primo pensiero andrebbe a qualche malfunzionamento. Tuttavia, non tutti sanno che questo potrebbe essere il sintomo di una truffa molto sofisticata, che consiste nella clonazione del bancomat della vittima.

Nel quartiere romano Monteverde un cliente ha recentemente subito una truffa al bancomat per un importo corrispondente a 1.000 euro. Il cliente in questione, tentando di prelevare dal suo sportello bancario, si è visto rifiutare il bancomat dalla macchina.

La sua prima sensazione è stata quella di un malfunzionamento dello sportello, anche se nei giorni successivi si è reso conto di un prelievo non autorizzato dal proprio conto.

Lo skimmer è un dispositivo destinato a scopi malevoli, che viene nascosto nella fessura del bancomat per registrare i dati della carta e del pin, consentendo la clonazione. Una volta ottenuti i dati, il criminale potrà prelevare da tutti gli sportelli.

Il cliente, visto il comportamento sospetto del bancomat, ha deciso di avvertire immediatamente la banca. La risposta dell’operatrice è stata parecchio rassicurante: «Non si preoccupi, è tutto a posto», ma in realtà non era per niente tutto a posto, visto che 1.000 euro sono stati prelevati senza che il cliente si fosse mai avvicinato al bancomat.

La vittima, dopo essersi accorta del raggiro, ha subito contattato la banca, che inizialmente ha deciso di riaccreditare l’importo. Dieci giorni dopo, tuttavia, l’istituto di credito ha deciso di riprendersi i soldi, poiché non erano presenti operazioni sospette.

Truffa dello skimmer: aumentano le vittime

Il cliente quindi ha deciso di rivolgersi alla polizia postale, e qui ha scoperto di non essere l’unica vittima della truffa dello skimmer, visto che tante altre persone sono state truffate in questo modo nel corso degli ultimi mesi.

Questi dispositivi sono molto sofisticati, ma soprattutto è molto semplice installarli negli sportelli automatici: le vittime si accorgono dei danni dopo giorni, quando il furto è già avvenuto e i soldi sono stati rubati.

Come riconoscere la truffa

Riconoscere uno skimmer potrebbe non essere semplicissimo per i non addetti ai lavori, visto che tali dispositivi sono progettati per somigliare il più possibile all’originale fessura del bancomat. In ogni caso, potrebbero esserci alcuni segnali utili.

Per esempio, se notiamo che ci sono adesivi o parti sovrapposte, un lettore di carte troppo spesso, se incontriamo difficoltà nell’inserire la carta o lentezza dell’apparecchio, forse è meglio non utilizzare lo sportello e avvisare subito la banca.

Che cosa fare

Nel caso specifico, l’istituto bancario ha rimborsato l’intero importo alla vittima, cambiando direzione all’ultimo minuto. Il problema è che le banche, dinanzi a truffe così sofisticate, hanno molta difficoltà nell’individuare le operazioni fraudolente. L’onere della prova ricade sulla vittima-cliente, che deve essere capace di dimostrare che ha custodito la propria carta senza rivelare a nessuno i suoi codici d’accesso.

In questi casi è importantissimo rivolgersi alle autorità competenti, per far luce sulla questione, ottenere il rimborso dovuto e contribuire alla lotta contro queste truffe.


LEGGI ANCHE:

Amazon ha reso possibile il pagamento con il palmo della mano

Giustizia: carenze organico in tutta Italia

arc browser

Arc, arriva il browser rivoluzionario che cambia il nostro modo di navigare online

Creare un nuovo browser non è semplice, soprattutto perché quelli già affermati uccidono i nuovi arrivati. Chrome e Safari, insieme possiedono più dell’83% del mercato. Agli altri rimangono soltanto le briciole.

Forse è anche un po’ colpa nostra e delle nostre abitudini, ma emergere nel mondo dei browser sembra una battaglia persa in partenza, anche per colossi come Microsoft.

Ebbene, in questo scenario troviamo Arc, che per Bloomberg è «il miglior browser uscito nell’ultimo decennio» e «permette di ripensare le basi di come usiamo il Web». Arc è appena diventato disponibile per tutti in versione Mac e iOS, dopo essere stato accessibile soltanto su invito.

Ma quali sono le motivazioni alla base di una scelta del genere? E soprattutto, su cosa puntare per riuscire ad emergere e a distinguersi?

Sulla privacy, su una maggior libertà, su un minor tracciamento, su una minor censura, come nei casi di DuckDuckGo, Tor e Firefox Focus? No, Arc punta ad essere «un sistema operativo per Internet», con lo scopo di reinventare e stravolgere il nostro rapporto con la Rete.

Arc è stato rilasciato il 19 aprile 2022, si basa su Chromium (della stessa famiglia di Chrome) ed è compatibile con tutte le estensioni del browser Google. Inoltre, utilizza Google come motore di ricerca.

Il nuovo browser è stato sviluppato da The Browser Company, una startup con sede a New York – non nella Silicon Valley, e questa è una gran bella differenza rispetto ai suoi rivali. The Browser Company è stata fondata da tre nomi importanti nella storia di Internet, ovvero da Darin Fisher, Josh Miller e da Hursh Agrawal.

Leggi anche: DuckDuckGo: l’alternativa a Google che non raccoglie i nostri dati

The Browser Company è nata nel 2020, e ha raccolto 18 milioni di dollari di finanziamenti da circa una ventina di diversi investitori. Si tratta di un ottimo biglietto da visita, ma non basta: perché Arc sta avendo tanto successo, e perché piace tanto agli addetti ai lavori?

Il motivo principale è che prova a smuoverci dalle nostre abitudini. Infatti, è un browser che sta tentando di cambiare completamente il nostro rapporto con la Rete, ma in maniera positiva: addio alla tab in orizzontale e benvenuti spazi in verticale.

Maggiori disponibilità, inoltre, di strumenti per fare più cose insieme, come videochiamate o prendere appunti, tutto durante la navigazione, ridisegnando tutti i siti seguendo i propri gusti personali. Questa funzione si chiama Boost, ovvero Potenziamento, e consente di cambiare l’aspetto grafico di tutti i siti o soltanto una parte, cambiando il font e le sue dimensioni, nascondendo pezzi di pagine oppure mettendone in evidenza altri.

Dunque, una funzione che consente di adattare la navigazione alle proprie esigenze personali, e non viceversa. Non è una cosa che siamo abituati a fare, e forse all’inizio potremmo combinare dei pasticci: ma si potrà tornare indietro molto facilmente.

Alla base di tutto questo, comunque, troviamo una filosofia che sta prendendo sempre più piede in questi anni, ovvero la prospettiva di una tecnologia meno invadente e più trasparente.


LEGGI ANCHE:

A Catania un avvocato bloccato dagli incendi: il Giudice rigetta l’istanza

L’Unesco vorrebbe vietare gli smartphone a scuola

L’Unesco vorrebbe vietare gli smartphone a scuola

Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione per l’istruzione, la scienza e la cultura delle Nazioni Unite (Unesco), vietare l’utilizzo degli smartphone a scuola aiuta a migliorare l’apprendimento, a ridurre le distrazioni e a proteggere studentesse e studenti dal cyberbullismo.

L’Unesco ha infatti lanciato un appello a tutti i governi del mondo, al fine di vietare l’uso degli smartphone in classe, come già avviene nei Paesi Bassi e in Francia.

Dichiara Audrey Azoulay, direttrice generale Unesco: «Le connessioni online non possono sostituire l’interazione umana. La rivoluzione digitale ha un potenziale incommensurabile, ma così come sta venendo regolata nella società è necessario regolarla anche nell’educazione. Il suo uso deve essere finalizzato a migliorare le esperienze di approfondimento e favorire il benessere di studenti e insegnanti, non a loro discapito».

Per compilare il Global Education Monitor Report 2023, Unesco ha deciso di analizzare 200 sistemi educativi in tutto il mondo, per dimostrare in che modo l’utilizzo eccessivo degli smartphone contribuisca alla riduzione del rendimento scolastico, a squilibri emotivi e, in generale, ad un impatto negativo sull’apprendimento.

La maggioranza delle ricerche che sostengono che le tecnologie, invece, apportino un valore aggiunto al sistema dell’istruzione, sono state realizzate grazie ai finanziamenti delle aziende educative private che cercano di fare pubblicità per riuscire a vendere i propri prodotti.

Tale tendenza, secondo il rapporto, desta preoccupazione, che sia per la salute educativa delle nuove generazioni, in quanto privilegia il profitto, a discapito dell’efficacia e della completezza educativa, sia perché sostiene un’individualizzazione crescente delle persone, trascurando la dimensione sociale e il senso dell’istruzione.

Le piattaforme educative digitali, inoltre, contribuirebbero ad aumentare il gap educativo e le diseguaglianze sociali, poiché miliardi di persone nei paesi a basso reddito vengono escluse da tali servizi, essendo anche ecologicamente impattanti.

Dunque, sottolinea Unesco, i governi di tutto il mondo dovranno delineare obiettivi e principi chiari, nei quali delimitare l’utilizzo delle tecnologie digitali nel mondo dell’educazione, al fine di garantire un loro utilizzo benefico, per evitare qualsiasi tipo di danno a studentesse e studenti.

Tutelare la sicurezza digitale delle persone più giovani, comunque, è anche un modo indiretto per riuscire a proteggere la democrazia, garantendo sempre il rispetto dei diritti umani, evitando violazioni della privacy causate da attacchi informatici oppure riducendo l’esposizione al cyberbullismo così come all’odio online.

L’Unesco, per farlo, ha citato la Francia, che dal 2018 ha deciso di vietare l’utilizzo degli smartphone in classe, e i Paesi Bassi, che lo vieteranno dal 2024. Viene citata anche la Cina, che limita l’utilizzo degli strumenti digitali a scuola per il 30% del tempo di insegnamento, imponendo delle pause regolari dallo schermo.

L’Unesco, con questo appello, non vuole vietare l’utilizzo della tecnologia nell’educazione. Anzi, il Global education monitor report 2023 evidenzia anche il ruolo fondamentale della tecnologia al fine di garantire una continuità a livello educativo delle condizioni di emergenza, come per la recente pandemia.

Il punto, in questo caso, è semplicemente spronare i governi ad agire in tempo, per poter porre delle regole e dei limiti che riducano le diseguaglianze, garantendo un utilizzo della tecnologia collegato ad una visione dell’istruzione incentrata sugli esseri umani.


LEGGI ANCHE:

Pratica forense: diritto al riconoscimento del tirocinio dopo la cancellazione dall’albo

Premio Avv. Francesco Maria Rosa: premio di 3.000 euro per avvocati e praticanti under 38

Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Agid
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto