gratuito patrocinio

Alzata la soglia reddituale per accedere al gratuito patrocinio

L’ammissione al gratuito patrocinio ora può avvenire anche a fronte di un soglia reddituale più alta rispetto al passato.

La misura è contenuta nel Decreto del Ministero della Giustizia del 23 luglio 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 gennaio 2021.

GRATUITO PATROCINIO, COME FUNZIONA

Il gratuito patrocinio garantisce che anche i non abbienti possano beneficiare di assistenza legale nel momento in cui dovessero averne bisogno. In tal caso, i compensi degli avvocati e le spese ricadono sullo Stato.

Per poter essere ammessi al gratuito patrocinio bisogna rispettare alcuni requisiti, il principale dei quali riguarda il reddito del soggetto richiedente.

I requisiti di reddito sono indicati nel “testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia“(cfr. d.P.R. n. 115/2002).

L’art.77 prevede che i limiti di reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio vengano rivisti ogni due anni in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’ISTAT.

La soglia stabilita dal decreto del 16 gennaio 2018 era pari a 11.493,82€.

GRATUTI PARTROCINIO, LA NUOVA SOGLIA

Alla luce di quanto indicato, il decreto di luglio 2020 ha rivisto la soglia innalzandola a 11.746,68€.

L’aumento è stato deciso a fronte di una crescita dei prezzi dell’indice ISTAT pari allo 0,022.

ECCEZIONI AI REQUISITI

Con la sentenza n.1 dell’11 gennaio 2021, la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo l’accesso automatico al gratuito patrocinio da parte delle vittime di reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, specie se minori, indipendentemente dal reddito percepito.

I reati per i quali è valida tale eccezione sono quelli indicati agli articoli 572583-bis609-bis609-quater e 612-bis, 600600-bis600-ter600-quinquies601602609-quinquies e 609-undecies del codice penale.

 

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Deposito frazionato via pec? Sì, ma attenzione ai termini

ADR

Rafforzare le ADR per una giustizia più efficiente

Con la delibera del 23 gennaio 2021 l’Ordine Congressuale Forense ha espresso la necessità di rafforzare le ADR alla luce delle difficoltà della giustizia italiana.

I tempi lunghi, la mole di lavoro arretrato e i costi della giustizia rappresentano un serio problema da anni, che ora diventa ancor più di attualità poiché l’accesso ai fondi del Recovery Plan è vincolato alla realizzazione di riforme.

Il rafforzamento delle ADR (Alternative Dispute Resolution) non punta a creare un sistema di giustizia alternativo, ma a rendere più efficiente quello già esistente.

IL VALORE DELLE ADR

Questi strumenti alternativi di risoluzione delle controversie permettono infatti una scelta più ampia, quindi più precisa, di canali attraverso i quali garantire la giustizia. La loro peculiarità sta nel trovare soluzioni che non nascono dallo scontro fra le parti ma dalla loro collaborazione.

Tra di essi figurano l’arbitrato, la negoziazione assistita e la mediazione civile e commerciale.

Diverso è il riconoscimento del loro valore in Europa e in Italia.

A livello Europeo le ADR sono sostenute da due provvedimenti: la Direttiva sulle ADR (52/2008) e il Regolamento n. 524/2013 sulle ODR (Online Dispute Resolution) per le controversie legate agli e-commerce. Entrambi i provvedimenti mostrano alcuni caratteri comuni per la risoluzione alternativa delle controversie: imparzialità, trasparenza, garanzia del contraddittorio, informazioni adeguate, durata massima di 90 giorni e costi limitati.

In Italia la materia è alquanto frammentata e necessiterebbe di un intervento che possa portare ordine e applicabilità.

ADR: LA DELIBERA DELL’OCF

Secondo l’OCF, il rafforzamento delle ADR permetterebbe di affrontare parte dei problemi generati dai ritardi e dagli arretrati della giustizia.

Nella delibera, l’Organismo indica alcune linee guida in materia di arbitrato, mediazione e negoziazione assistita.

Arbitrato:
ampliare gli ambiti d’intervento, istituire maggiori incentivi fiscali, formare gli arbitri, permettere l’emissione di decreti ingiuntivi, prevedere il patrocinio gratuito.

Mediazione:
introdurre agevolazioni e incentivi, mantenere le attuali tariffe, prevedere un trattamento di favore per la mediazione facoltativa equiparando le tariffe a quelle delle mediazione obbligatoria.

Negoziazione assistita:
formare maggiormente gli avvocati, snellire la procedura, estendere l’ambito di applicazione, aumentare l’efficacia agli accordi conclusivi, istituire il gratuito patrocinio e permettere gli incontri da remoto.

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deposito frazionato via pec - Servicematica

Deposito frazionato via pec? Sì, ma attenzione ai termini

Se atti e documenti per la costituzione in giudizio superano i 30 Mb, il loro deposto via pec può essere effettuato in più invii. Perché il deposito frazionato venga considerato tempestivo, gli invii devono però avvenire tutti entro il giorno di scadenza del termine.

IL CASO

Un Tribunale respinge l’opposizione allo stato passivo di un fallimento. Alla base della decisione:

  • – la tardività con cui sono stati depositati telematicamente i documenti (con riferimento al termine previsto dall’art. 99, co. 2, n. 4 della legge fallimentare);
  • il deposito telematico, così come eseguito e avvenuto successivamente al termine dei 30 giorni, è in contrasto con il possibile ricorso al deposito cartaceo, alla compressione dei files (dato il superamento del limite dei 30 Mb), all’invio di buste telematiche multiple; inoltre, «la prescrizione [non può] dirsi rispettata solo perché anticipata da formale riserva di produzione successiva» dei documenti.

I soggetti soccombenti ricorrono in Cassazione portando tra i motivi la violazione da parte del Tribunale dell’art. 51, comma 2, del dl. n. 90/2014 e dell’art. 99, come interpretati dal protocollo locale (Palermo) che, in caso di superamento del limite di peso dell’allegato informatico, permette di inoltrare l’indice dei documenti e procedere poi al deposito frazionato degli stessi. Procedura effettivamente seguita.

DEPOSITO FRAZIONATO, COSA DICE LA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione respinge il ricorso.

Nell’ordinanza n. 2657/202, la Corte fa riferimento allo stesso art. 51 comma 2, lettere a) e b) del dl n. 90/2014, già citato nel ricorso. 
L’articolo indica che «il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile. Quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima stabilita nelle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del ministero della giustizia, il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza».

La Cassazione spiega poi che il ritardo rispetto ai 30 giorni non è giustificabile dall’adozione di protocolli locali, come invece è avvenuto.

In relazione al deposito frazionato, la Cassazione ribadisce che: «ove la costituzione avvenga mediante l’invio di un messaggio di posta elettronica certificata eccedente la dimensione massima stabilita nelle relative specifiche tecniche, il deposito degli atti o dei documenti può sì avvenire mediante gli invii di più messaggi di posta elettronica certificata – ai sensi dell’art. 16-bis, comma 7, d.l. 18 ottobre 2012 n. 17 convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012 n. 221, come modificato dall’art. 51, comma 2, d. L. 24 giugno 2014 n. 90 convertito con modificazioni dalla I. 11 agosto 2014 n. 114 -, a patto che gli stessi siano coevi al deposito del ricorso ed eseguiti entro la fine del giorno di scadenza. E per invii coevi si devono intendere gli invii strettamente consecutivi, di modo che non si presta a censure di sorta la statuizione impugnata laddove ha tenuto conto soltanto della documentazione depositata lo stesso giorno della costituzione in giudizio».

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Specializzazioni forensi e corsi di formazione: pronto il ricorso

La modifica delle specializzazioni forensi, indicata nel decreto del Ministero della Giustizia n. 163 del 12 dicembre 2020, ha sollevato alcune perplessità. I COA di Roma e Napoli sono intenzionati a fare ricorso al TAR e non è escluso che altri si uniscano.

La motivazione alla base del ricorso è legata ai corsi di formazione per ottenere il titolo di avvocato specialista.

Vi è infatti la contrapposizione tra ordini e associazioni specialistiche sulla definizione autonoma dei percorsi formativi.

IL RICORSO

Il decreto del Ministero della Giustizia n. 163/2020, prevede che, per l’avvio dei corsi formativi, gli ordini stipulino delle convenzioni con le associazioni specialistiche più rappresentative. Ma gli ordini chiedono di potersi muovere in autonomia.

A spiegare la situazione, il comunicato pubblicato dal Consiglio dell’Ordine di Roma:

“la disposizione regolamentare appare violativa dell’art. 9 legge 247/2012 ed ingiustamente offensiva e penalizzante per gli ordini che sono addirittura esclusi dal percorso formativo dei futuri specialisti nei settori dove, non esistendo associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, sono addirittura nell’impossibilità di stipulare convenzioni all’uopo abilitanti.”

IL TESTO DEL DECRETO SULLE SPECIALIZZAZIONI FORENSI

Per darvi un’idea più chiara, riportiamo il testo integrale dei commi del  decreto del Ministero della Giustizia n. 163/2020 relativi all’organizzazione dei corsi:

3.  Ai  fini  della  organizzazione  dei  corsi, il Consiglio nazionale forense o i consigli dell’ordine  degli avvocati stipulano con le articolazioni di cui al  comma 1 apposite convenzioni per assicurare il conseguimento di una formazione  specialistica orientata all’esercizio della professione nel settore e nell’indirizzo di specializzazione. Il Consiglio nazionale forense può  stipulare le convenzioni anche d’intesa con le associazioni specialistiche maggiormente   rappresentative di cui all’articolo 35,  comma 1, lettera s), della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

4.  I consigli dell’ordine stipulano le predette convenzioni d’intesa con le associazioni  specialistiche maggiormente rappresentative di cui all’articolo 35, comma 1, lettera s), della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

CONCLUSIONE

Le specializzazioni forensi mostrano dunque un nodo da sciogliere: chi può organizzare i corsi di formazione?

Da una parte, il nuovo regolamento impone che vengano stipulate convenzioni con le associazioni. Dall’altra, i COA chiedono la propria autonomia. Infine, le associazioni specialistiche già in passato hanno accolto con poco entusiasmo l’idea che l’organizzazione dei corsi di formazione venisse estesa ad altri soggetti.
Si attendono sviluppi.

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Facebook e giustizia

COVID: e se Facebook fosse un alleato della Giustizia?

Quando si parla del rapporto tra Giustizia e Facebook, cosa vi viene in mente? Probabilmente, le grandi cause per la violazione della privacy e il trattamento dei dati. Oppure, la creazione dl tribunale interno, il Facebook Oversight Board.

Insomma, non pensereste mai che Facebook possa essere uno strumento utile alla Giustizia italiana alla prese con le limitazioni dovute al covid.

Eppure, la Camera Penale di Monza ci racconta una storia diversa.

FACEBOOK E GIUSTIZIA: L’ESEMPIO DI MONZA

La Camera Penale di Monza pubblica ogni mese sulla propria pagina Facebook una tabella delle udienze in programma. Questo aiuta a limitare al massimo file e assembramenti presso il Tribunale.

La presidente della Camera, Noemi Mariani, ha rilasciato un’intervista a Studio Cataldi nella quale spiega l’idea.

Mariani spiega che la tabella pubblicata mensilmente su Facebook contiene una serie di informazioni che, fino a pochi mesi fa, venivano comunicate tramite mail. Tra queste, l’indicazione dei dettagli sulle aule presso le quali si svolgeranno le udienze, i giudici incaricati, il Magistrato di turno per i processi per direttissima.

Quando, a giugno scorso la Cancelleria del Tribunale ha ripreso le attività, il Direttivo ha deciso di publicare i dettagli anche su Facebook «in modo da renderli fruibili a tutti, soprattutto agli Avvocati non iscritti o di altro Foro».

«L’iniziativa è stata accolta bene, abbiamo avuto riscontri positivi nel senso che ne è stata percepita l’utilità tanto più dopo che, a causa della necessità di garantire il distanziamento, sono state aperte tre nuove aule in Tribunale ed una è stata allestita nei locali della Provincia, per cui è bene sapere in anticipo dove recarsi per celebrare il proprio processo»

Si tratta di un’iniziativa piccola che però ha un impatto notevole, sia sui tempi che sulla salute degli operatori della Giustizia. Mariani aggiunge che i benefici possono essere particolarmente sentiti nei «tribunali medio grandi dove è facile che l’utenza impieghi del tempo per individuare l’aula di interesse».

[Fonte: Studio Cataldi -Su Facebook i dettagli delle udienze, l’idea della Camera penale di Monza]

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PPT - processo penale telematico

Online il nuovo portale del processo penale telematico

Da oggi, 5 febbraio 2021, è operativo il nuovo portale del PPT, processo penale telematico.
Il portale è stato revisionato per permettere anche il deposito degli atti
al dibattimento e la consultazione dei fascicoli da parte dei difensori.

La nuova versione del portale PPT segue la pubblicazione del decreto del Min. Bonafede che ha ampliato la platea di atti che possono essere depositati in via telematica.

PROCESSO PENALE TELEMATICO: ATTI DEPOSITABILI

Ricordiamo che il decreto consente ora anche il deposito telematico di:

  • – istanze di opposizione all’archiviazione ai sensi dell’art. 410 c.p.p.;
  • denunce previste dall’art. 333 c.p.p.;
  • querele previste dall’art. 336 c.p.p.;
  • procura specialinomine del difensore e rinunce o revoche del mandato ai sensi dell’art. 107 c.p.p..

Questi si aggiungo ai precedenti già consentiti, tra i quali gli atti e i documenti di polizia giudiziaria, e le memorie e i documenti successivi alla chiusura delle indagini preliminari.

IL FUTURO DEL PPT

Come riportato dal Sole24Ore:

«Il decreto ministeriale e la nuova versione del portale fanno parte della strategia di potenziamento generale del PPT la cui sperimentazione è partita il 25 gennaio scorso in senso bidirezionale (ossia per la trasmissione ma anche per la consultazione e la ricezione degli atti da remoto).
Dal 5 febbraio 2021 entrerà in vigore il decreto ministeriale e successivamente partiranno le altre tappe della roadmap che dovrebbe concludersi nel 2022».

Anche i penalisti possono godere dei depositi automatizzati presenti nella Service1. Scopri di più.

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Rinvio dell’udienza, mancata delega e inammissibilità - Servicematica

Rinvio dell’udienza, mancata delega e inammissibilità

Non sempre l’istanza di rinvio dell’udienza viene accettata. E non sempre questa eventualità può essere ammessa tra i motivi di un ricorso.

RINVIO DELL’UDIENZA, IL CASO

Una società si rivolge alla Corte d’Appello contro la dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale.

I motivi sollevati sono diversi. Tra questi, anche la violazione dell’art.115 delle disp. att. c.p.c. sul rinvio dell’udienza. Il difensore aveva infatti proposto di rinviare la trattazione a causa di un grave impedimento, ma l’istanza era stata rifiutata.

Giunti in Cassazione, l’intero ricorso viene giudicato inammissibile, compresa la violazione dell’art.115.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione, con la sentenza n. 1793/2021, spiega che:

«l’istanza di rinvio dell’udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore, ai sensi dell’art. 115 dip. att. cod. proc. civ., deve fare riferimento all’impossibilità di sostituzione mediante delega conferita a un collega (facoltà generalmente consentita dall’art. 14, comma 2. l. 247/2012 e tale da rendere riconducibile all’esercizio professionale del sostituto l’attività processuale svolta dal sostituto), venendo altrimenti a prospettarsi soltanto un problema attinente all’organizzazione professionale, non rilevante ai fini del differimento d’udienza.
La carenza organizzativa del professionista incaricato non consente la concessione del differimento dell’udienza fissata, di modo che è del tutto legittima a sentenza pronunciata a seguito del corretto diniego del provvedimento di rinvio».

In sostanza, l’istanza di rinvio dell’udienza non è stata accolta perché il presunto impedimento non è stato accompagnato da alcuna prova a dimostrazione dell’impossibilità di delegare a un altro difensore l’attività prevista (esame della relazione peritale e delle istanze conseguenti).

È proprio la mancata dimostrazione dell’impossibilità di sostituzione, e non l’impedimento stesso, a rendere il motivo inammissibile.

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Processo telematico in Cassazione

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Dal 31 marzo 2021 il Processo Civile Telematico raggiunge anche la Cassazione. Da tale data sarà infatti possibile il deposito telematico degli atti e dei documenti dei difensori presso la Cassazione.

La misura è contenuta nel decreto del Ministero della Giustizia del 27 gennaio 2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.22 del 28 gennaio.

IL PROCESSO TELEMATICO IN CASSAZIONE

Il decreto del Ministero della Giustizia fissa dunque “l’attivazione presso la Corte di Cassazione, settore civile, del servizio di deposito telematico degli atti e dei documenti da parte dei difensori delle parti”.

L’attivazione può avvenire solo dopo l’implementazione degli strumenti informatici necessari e la predisposizione dei servizi di comunicazione, nonché la verifica da parte del Direttore Generale dei Servizi informativi automatizzati.

Il decreto dà attuazione all’art. 221 comma 5 del D.L. n. 34/2020, (decreto Rilancio), che indica:

“Nei procedimenti civili innanzi alla Corte di cassazione, il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati può avvenire in modalità telematica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. L’attivazione del servizio è preceduta da un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici.”

CONTRIBUTO UNIFICATO, PAGAMENTO TELEMATICO ANCHE IN CASSAZIONE

Lo stesso decreto Rilancio introduceva anche novità per i pagamenti:

“Gli obblighi di pagamento del contributo unificato previsto dall’articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché l’anticipazione forfettaria di cui all’articolo 30 del medesimo testo unico, connessi al deposito telematico degli atti di costituzione in giudizio presso la Corte di cassazione, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica prevista dall’articolo 5, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82″.

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Ancora ostacoli per il processo penale telematico. Le molte disfunzioni del portale hanno spinto il il presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane, Gian Domenico Caiazza a scrivere al Capo Dipartimento dell’Amministrazione Giudiziaria e al Ministero della Giustizia.

La richiesta è molto semplice: «finché non saranno risolte tutte le numerose problematiche che stiamo riscontrando, risulta indispensabile sospendere l’obbligo di utilizzo in via esclusiva del portale per il deposito degli atti».

MALFUNZIONAMENTI DEL PORTALE

Lo stesso Caiazza ha segnalato alcuni dei malfunzionamenti verificati. Tra questi:

  • – la mancata autorizzazione al portale del difensore già nominato prima della conclusione delle indagini o all’atto della notifica dello stesso; evenienza che peraltro non comporta la sospensione dei termini;
  • – i ritardi nei riscontri dopo il deposito della nomina;
  • – blocchi del portale e rallentamenti vari che complicano le attività.

PROCESSO TELEMATICO FACOLTATIVO

I problemi al portale rappresenterebbero un ostacolo all’esercizio del diritto di difesa. Ed è proprio su questi ostacoli che, secondo Caiazza, la legge dovrebbe concentrarsi.

Il Presidente dunque chiede di «prevedere, mediante copertura di legge, un periodo congruo (di almeno un anno, a nostro avviso) nel quale l’utilizzo del Portale sia previsto come facoltà e non come obbligo, in attesa di veder risolte queste e le molte altre problematiche che i penalisti italiani stanno quotidianamente riscontrando nell’uso di uno strumento certamente prezioso, ma altrettanto certamente bisognevole di un adeguato periodo di rodaggio e di messa a regime, in costanza del quale non venga pregiudicato il normale esercizio del diritto di difesa».

L’INTRODUZIONE DEL DEPOSITO TELEMATICO NEL PROCESSO PENALE

Il Decreto Legge del 28 ottobre 2020, n. 137 (Decreto Ristori) ha introdotto nel processo penale il deposito telematico di memorie, documenti, richieste e istanze previsti dall’art. 415 bis comma 3 c.p.p.

A questo si è poi aggiunto il Decreto del Ministero della Giustizia del 13 gennaio 2021 che ha esteso il deposito telematico anche a:

  • istanze di opposizione all’archiviazione ai sensi dell’art. 410 c.p.p.;
  • – denunce previste dall’art. 333 c.p.p.;
  • – querele previste dall’art. 336 c.p.p.;
  • – procura specialinomine del difensore e rinunce o revoche del mandato ai sensi dell’art. 107 c.p.p..

Questo secondo decreto rimarrà valido fino al perdurare dello stato di emergenza, il cui termine è attualmente fissato al 30 aprile 2021.

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Malfunzionamento della videoconferenza: udienza nulla

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Recovery Plan, le proposte del CNF

Con l’obiettivo di offrire il proprio «contributo alla modernizzazione della giustizia», il CNF ha inviato al Governo le proprie proposte da affiancare al Recovery Plan.

Le proposte si concretizzano in:

  • una semplificazione dell’attuale cornice normativa,
  • l’efficentamento dell’organizzazione della giustizia,
  • la formazione di professionalità di alto livello per la gestione degli uffici
  • il rafforzamento delle competenze degli operatori del settore

RECOVERY PLAN. IL PROBLEMA DEGLI ARRETRATI

Un dettaglio importante è lo smaltimento degli arretrati.

Nel documento, il CNF sottolinea che i miliardi messi a disposizione con il Recovery Plan sono legati alla richiesta da parte dell’Unione Europea di riformare il sistema giudiziario italiano al fine di ridurre tempi e arretrati.

Certamente, l’assunzione di nuovo personale nella magistratura avviata dal 2014 è stata una buona iniziativa, ma non sufficiente a far fronte alla mole di cause ancora da smaltire.

Il CNF propone di affrontare l’ostacolo separando percorsi di giudizio delle nuove cause da quelli delle cause pendenti che rientrino in determinati criteri di durata, prendendo come riferimento la Legge Pinto o stabilendo un range temporale.
Per queste cause, le decisioni potrebbero essere prese dalle Camere arbitrali amministrate dai Consigli dell’Ordine degli Avvocati.

FORME ALTERNATIVE DI GIUSTIZIA

Il CNF invita anche a investire maggiormente nella giustizia complementare.

Il ricorso all’arbitrato rituale è, ad oggi, ancora limitato nonostante ne sia stata riconosciuta la piena validità (C. Cost. 376/2001).

Un aiuto potrebbe venire dalla concessione di benefici fiscali e altre agevolazioni, soprattutto in caso di trasferimento in sede arbitrale delle cause pendenti.

Anche gli strumenti ADR rappresentano un’ottima alternativa, a patto che si provveda a un riordino della materia attraverso l’elaborazione di un testo unico.

NUOVO RUOLO DEGLI AVVOCATI

Il Consiglio Nazionale Forense crede poi che possa essere d’aiuto che la prima fase monitoria del procedimento per ingiunzione venga affidata agli avvocati.
Si tratta di una fase quasi esclusivamente documentale.
Gli avvocati a cui affidare questa nuova funzione verrebbero selezionati  in base alle loro competenze e all’assenza di sanzioni disciplinari.

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