Le mafie sono la quarta industria del Paese

Il volume d’affari annuo delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno; una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. Se effettuiamo una comparazione puramente teorica che, tuttavia, ci consente di “dimensionare” la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi).

A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

Va altresì segnalato che il dato relativo al giro d’affari delle organizzazioni criminali di stampo mafioso richiamato in precedenza è certamente sottostimato, poiché non è possibile misurare anche i proventi riconducibili all’infiltrazione di queste realtà nell’economia legale.

  • In Italia sono 150mila le imprese nell’“orbita” della criminalità organizzata

In virtù dei dati in possesso dell’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) della Banca d’Italia – struttura che, per legge, riceve ogni anno dagli intermediari finanziari centinaia di migliaia di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette – è stato possibile mappare il numero delle imprese presenti in Italia che potenzialmente sono contigue a contesti di criminalità organizzata. Oltre alle segnalazioni ricevute, la UIF ha incrociato anche gli scambi informativi acquisiti dalla Direzione Nazionale Antimafia e dall’Autorità giudiziaria. Grazie a questo mix di dati è stato possibile censire almeno 150mila imprese che potrebbero essere potenzialmente controllate o collegate a vario titolo alle organizzazioni criminali di stampo mafioso.

  • Napoli, Roma, Milano, Caserta e Brescia le realtà più a rischio

Analizzando la diffusione territoriale delle aziende in “odor di mafia”, scorgiamo che sono le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane. A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità. In queste tre realtà geografiche è concentrato il 34 per cento circa delle imprese a rischio in tutto il Paese. Seguono Caserta con 5.873 imprese, Brescia con 4.043, Palermo con 4.016, Salerno con 3.862, Bari con 3.358 e Catania con 3.291.

  • Imprenditori nel mirino

Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi. Tra i principali segnaliamo il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Non solo. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket – ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato, etc. – è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è altrettanto elevata.

  • Boom di denunce per estorsione

In questi ultimi anni l’estorsione è uno dei pochi reati che ha registrato un forte aumento del numero delle denunce. Negli ultimi dieci anni, infatti, i delitti denunciati dalle forze di polizia all’Autorità giudiziaria per estorsione sono aumentati del 66,2 per cento, mentre il complesso di tutti i delitti denunciati sono scesi del 19 per cento, passando da 2,89 milioni del 2013 a 2,34 milioni del 2023. E in particolar modo al Nord, fa sapere la Direzione Investigativa Antimafia, il fenomeno estorsivo si sta diffondendo senza ricorrere più a minacce esplicite e men che meno all’uso della violenza, ma cercando una specie di “complicità” con le vittime, imponendo, ad esempio, l’assunzione di personale o fornendo altre tipologie di servizi/forniture. Oppure, proponendo alle imprese soluzioni “condivise” con reciproci vantaggi, come l’attività di fatturazione per operazioni inesistenti, ove le vittime devono corrispondere in contanti anche l’importo dell’IVA che poi deve essere versata all’erario dal committente. Consentendo così a quest’ultimo di onorare l’adempimento fiscale e al contempo di occultare la richiesta estorsiva di denaro.

  • Situazione critica a Nordest: in 10 anni denunce quasi quintuplicate a Bolzano, Belluno e Verbano-Cusio-Ossola.

Come dicevamo in precedenza, tra il 2023 e il 2013 le denunce per estorsione sono aumentate del 66,2 per cento, con una punta massima del +128,3 per cento nel Nordest. In termini complessivi, è il Mezzogiorno con 3.877 la ripartizione geografica che nel 2023 ha registrato il più alto numero di denunce; seguono il Nordovest con 2.945, il Centro con 2.573 e il Nordest con 2.043. Sempre nello stesso arco temporale, tra le province, invece, le variazioni di crescita più importanti hanno interessato, in particolare, Bolzano con il +362,5 per cento, Belluno con il +330 per cento, Verbano-Cusio-Ossola con il +311,1 per cento, Benevento con il +278,6 per cento e Ferrara con il +257,1 per cento. In valore assoluto, infine, la Città Metropolitana di Roma è quella che nel 2023 ha registrato con 1.204 denunce l’ammontare complessivo più alto. Seguono Napoli con 836, Milano con 769, Torino con 474 e Bologna con 296.


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Gratteri: “La Meloni ha mandato un segnale importante nella lotta alla mafia”

Nel suo ultimo libro, Una Cosa sola, il Procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, apre uno spiraglio di credito al governo di Giorgia Meloni nella lotta contro la mafia, sostenendo che la revisione del 416bis potrebbe essere utile, dato che le mafie di oggi si avvalgono meno della violenza diretta, preferendo la corruzione e l’intimidazione. Tuttavia, Gratteri critica alcune delle riforme recenti, come l’abolizione dell’abuso d’ufficio e la stretta sulle intercettazioni, sostenendo che queste misure hanno reso più difficile il lavoro dei magistrati.

Gratteri ha dichiarato a Il Giornale che «il 416bis andrebbe rivisto», precisando che le mafie hanno meno bisogno di manifestare violenza per essere temute, potendo ora fare affidamento su metodi più sofisticati come la corruzione. Ha suggerito che il concetto di “forza di intimidazione” nel vincolo associativo dovrebbe essere ridefinito, includendo il concetto di “riserva di violenza”, poiché oggi le organizzazioni mafiose non necessitano più di manifestare fisicamente la loro forza.

Pur esprimendo apprezzamento per il fatto che il governo non abbia toccato la legislazione antimafia e il 41bis, Gratteri ha sollevato dubbi sulle recenti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, che secondo lui «hanno reso più difficile la ricerca della prova, rallentando i tempi del processo e indebolendo le parti offese».

Inoltre, Gratteri ha commentato lo scontro tra magistratura e politica, sostenendo che «i poteri dello stato devono rimanere separati» e che il dialogo tra le due istituzioni dovrebbe essere ripristinato. Ha anche sottolineato che, dopo il caso Palamara, i magistrati avrebbero dovuto fare ammenda e sciogliere il Csm per evitare accuse di autoconservazione.

Il magistrato ha infine ribadito la sua posizione sulla necessità di un approccio più equilibrato e meno conflittuale tra la politica e la magistratura, per il bene delle istituzioni e della giustizia.


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Bce abbassa i tassi al 3% per sostenere l’economia

Il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (Bce) ha deciso all’unanimità di ridurre i tassi di interesse di riferimento di 25 punti base, portandoli al 3% a partire dal 18 dicembre. Una misura ampiamente prevista dai mercati, che riflette le difficoltà economiche e la necessità di stimolare la crescita nell’Eurozona.

Christine Lagarde, presidente della Bce, ha sottolineato che l’economia dell’Eurozona sta rallentando e che l’obiettivo principale della Bce ora è “stabilizzare l’inflazione”, che si prevede scenda al 2% entro il 2025. Nonostante l’inflazione fosse molto alta durante il periodo pandemico, la situazione è ora significativamente migliorata, e la Bce resta focalizzata sull’implementazione di una politica monetaria che consenta di raggiungere l’obiettivo di stabilità dei prezzi a medio termine.

Lagarde ha anche affermato che la Bce non prevede ulteriori aumenti dei tassi per il momento, ma potrebbe adottare un approccio di allentamento monetario se necessario. Tuttavia, ha chiarito che le decisioni future dipenderanno dai dati macroeconomici, confermando che la Bce continuerà a monitorare attentamente l’andamento dell’inflazione e dell’economia, adattando la politica monetaria in base agli sviluppi.

La scelta di ridurre i tassi giunge dopo una serie di aumenti decisi in precedenza per contrastare l’inflazione, ma ora, con un panorama economico in cambiamento, l’attenzione si concentra sul mantenimento di un’inflazione stabile al 2%, senza rischio di ritorni alla crescita eccessiva dei prezzi. Il piano della Bce, pur restando orientato alla cautela, punta a garantire una stabilità economica duratura per l’Eurozona.


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L’Unione Europea vieta i prodotti ottenuti con lavoro forzato

A partire dal 2027, l’Unione Europea impedirà l’immissione sul mercato di qualsiasi prodotto realizzato attraverso il lavoro forzato, con l’adozione di un nuovo regolamento che mira a contrastare una delle maggiori violazioni dei diritti umani. Il regolamento, approvato il 27 novembre 2024, stabilisce un sistema di controllo e sanzioni per gli operatori economici che non riusciranno a garantire la tracciabilità della provenienza dei propri prodotti.

Il provvedimento, che coinvolge tutte le catene di approvvigionamento globali, richiede che le autorità competenti degli Stati membri collaborino con la Commissione Europea per monitorare e contrastare l’ingresso sul mercato di merci ottenute mediante lavoro forzato. Le nuove disposizioni obbligano gli Stati membri a informare tempestivamente le autorità competenti della possibile violazione entro tre giorni lavorativi, mentre gli operatori economici dovranno adeguarsi ai nuovi obblighi di tracciabilità, sotto il rischio di sanzioni.

Il regolamento pone un accento particolare sulla prevenzione del lavoro forzato proveniente da qualsiasi parte del mondo, con l’Europa che si impegna a diventare una zona di mercato libera da abusi. Le autorità europee e quelle nazionali saranno chiamate a lavorare in stretta sinergia, garantendo che anche le piccole e medie imprese possano rispettare gli obblighi senza subire impatti negativi.

Questa iniziativa, che segna un passo importante nella lotta contro il lavoro forzato a livello globale, si applicherà dal 14 dicembre 2027, dando tempo agli Stati membri e agli operatori economici per adeguarsi alle nuove normative.


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CNF: l’avvocato deve accertare l’identità del cliente prima di accettare l’incarico

Il Consiglio Nazionale Forense ha ribadito un principio fondamentale della deontologia forense, stabilendo che l’avvocato, prima di assumere l’incarico, è obbligato ad accertarsi dell’identità della persona che gli conferisce il mandato e della parte assistita. La sentenza n. 269/2024, pubblicata il 25 novembre 2024, chiarisce che, se un avvocato omette tale verifica e successivamente scopre la falsità delle generalità dichiarate dal cliente senza rinunciare tempestivamente al mandato, questo comportamento costituisce un grave illecito disciplinare.

La vicenda in esame riguarda un avvocato che, non avendo verificato l’identità del cliente, è stato accusato di violazioni deontologiche. Il Consiglio distrettuale di disciplina forense della Corte d’Appello di Campobasso aveva deciso di sospenderlo dall’esercizio dell’attività professionale per due anni. Tuttavia, dopo aver considerato la prescrizione di alcune violazioni e l’insussistenza di altre, il CNF ha mitigato la sanzione, riducendola a una sospensione di un anno.

 


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Autonomia differenziata: legittima la richiesta di abrogazione totale ma serve un ulteriore passaggio alla Consulta

La richiesta di abrogare totalmente la legge sull’Autonomia differenziata è legittima, ma prima di procedere con il referendum, sarà necessario un ulteriore passaggio davanti ai giudici della Corte Costituzionale per verificare l’ammissibilità della consultazione. Entro gennaio 2025, infatti, la Corte dovrà esprimersi sulla questione. L’Ufficio centrale per il referendum, dopo aver esaminato la legge Calderoli, ha ribaltato parzialmente la decisione della Corte Costituzionale, che lo scorso giugno aveva giudicato costituzionale la legge con l’eccezione di alcune parti, ritenute anticostituzionali.

Secondo la Cassazione, l’abrogazione totale è possibile, mentre non lo è per la proposta di abrogazione parziale, avanzata da cinque Consigli regionali, poiché riguarda aspetti già dichiarati illegittimi dalla Corte.

Ivana Veronese, vicepresidente del comitato nazionale contro l’autonomia differenziata e segretaria confederale Uil, ha espresso soddisfazione per la decisione, che ritiene un passo importante contro la legge.


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Ernesto Maria Ruffini lascia l’Agenzia delle Entrate: “Demonizzato il fisco”

L’avvocato Ernesto Maria Ruffini annuncia la sua decisione di lasciare la direzione dell’Agenzia delle Entrate, spiegando che “il clima è cambiato” e che non intende “scendere in campo” nella politica. In un’intervista al Corriere della Sera, Ruffini racconta di come il contesto sia cambiato rispetto a quando aveva assunto l’incarico. La critica al fisco, accusato di “estorcere un pizzo di Stato”, e la percezione dell’Agenzia come un “sequestratore” delle famiglie lo hanno spinto a questa scelta.

“Il mio unico obiettivo è stato servire il bene comune”, afferma, sottolineando che il fisco è strumento dello Stato e non responsabile delle politiche fiscali, che spettano al legislatore. Ruffini ribadisce il suo impegno per la legge e la Costituzione, rivelando che, dopo aver comunicato al ministro Giorgetti la sua decisione, passerà il testimone a chi lo succederà.


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Trasferte e rimborsi spese: dal 2025 obbligo di pagamenti tracciabili

A partire dal 2025, entrerà in vigore una nuova normativa che rivoluzionerà il trattamento fiscale delle spese di viaggio per i dipendenti, rendendo obbligatorio l’uso di metodi di pagamento tracciabili. Questa misura, inclusa nella Legge di Bilancio, ha lo scopo di migliorare la trasparenza fiscale e prevenire l’evasione, imponendo alle aziende di adeguarsi a nuove modalità di rimborso per le trasferte.

Pagamenti Tracciabili: Una Rivoluzione Fiscale

Il cambiamento principale riguarda l’obbligo di utilizzare carte di credito, carte di debito, carte prepagate o bonifici bancari per tutti i rimborsi relativi alle spese di viaggio, comprese quelle per vitto, alloggio, viaggio e trasporto. Il governo intende garantire che tutte le transazioni siano tracciabili e documentate, al fine di migliorare il controllo fiscale e limitare il rischio di irregolarità.

Le spese sostenute con metodi non tracciabili, come i pagamenti in contante, non godranno più delle agevolazioni fiscali, e dovranno essere giustificate con adeguata documentazione per poter essere rimborsate. Rientrano tra i metodi tracciabili anche i pagamenti effettuati tramite app di pagamento su smartphone, a condizione che siano verificabili tramite codice Iban o numero di cellulare.

Rimborsi per trasferte locali e fuori comune

La normativa distingue tra le trasferte effettuate all’interno dello stesso comune e quelle fuori dal comune di residenza. Per le trasferte locali, i rimborsi per le spese di viaggio saranno soggetti a tassazione, ad eccezione di quelli che risultano documentati e pagati tramite strumenti tracciabili. Diversamente, le trasferte fuori dal comune non concorreranno a formare il reddito, purché il pagamento avvenga con modalità tracciabili.

In entrambi i casi, l’introduzione della tracciabilità delle spese mira a semplificare la gestione fiscale e a garantire che le richieste di rimborso siano sempre trasparenti e verificabili.

Un nuovo scenario per le aziende

Le aziende dovranno rivedere le proprie policy relative alle trasferte e ai rimborsi spese, adeguandosi alle nuove regole sulla tracciabilità. Questo comporterà l’introduzione di nuove modalità di pagamento per i dipendenti in trasferta e l’obbligo di documentare ogni spesa effettuata.

La misura avrà un impatto significativo, in quanto le aziende dovranno garantire che tutti i pagamenti siano effettuati tramite metodi tracciabili, come carte di credito, carte prepagate o app di pagamento, evitando così la possibilità di rimborsi non conformi. In particolare, le società dovranno gestire i rimborsi per i trasporti pubblici e le spese per i pedaggi autostradali, che dovranno essere pagati con sistemi verificabili, come il Telepass.

Un periodo di transizione

Per evitare disagi alle imprese, si prevede un periodo di transizione prima dell’entrata in vigore definitiva delle nuove disposizioni. Questo darà il tempo necessario per le aziende di adattarsi alla nuova normativa e modificare le proprie procedure interne, al fine di conformarsi alle nuove regole fiscali.


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Collegato Lavoro: via libera definitivo del Senato a nuove semplificazioni

Con 81 voti favorevoli, 47 contrari e un’astensione, il Senato ha approvato definitivamente il Collegato Lavoro, una serie di misure che introducono semplificazioni e modifiche su diverse tematiche legate al lavoro. Le principali novità riguardano la somministrazione di lavoro, il lavoro stagionale, lo smart working, la cassa integrazione (CIG) e l’apprendistato.

Semplificazione e flessibilità nel contratto di lavoro
Una delle modifiche più significative riguarda il lavoro in somministrazione, per cui si prevede la possibilità di utilizzare risorse per contratti a termine o indeterminato in modo congiunto, sostitutivo o integrativo. Viene inoltre eliminato il limite del 30% per l’impiego di lavoratori a tempo determinato o indeterminato nell’ambito delle agenzie per il lavoro, una misura che si applica anche ai contratti con aziende “startup” che necessitano di manodopera stagionale.

Nel contesto delle dimissioni per assenze ingiustificate, viene introdotto l’obbligo di notifica telematica, con la possibilità di inviare motivazioni attraverso collegamenti audiovisivi, anche per le controversie di lavoro in sede sindacale.

Lavoro stagionale e smart working
Per quanto riguarda il lavoro stagionale, il Collegato Lavoro definisce un’interpretazione che amplia l’uso di contratti stagionali per le attività produttive stagionali, inclusi i settori agricoli e turistici. Vengono introdotte anche modifiche per semplificare l’utilizzo dello smart working, con l’obbligo per i datori di lavoro di comunicare l’inizio e la fine del periodo lavorativo entro cinque giorni dalla data di avvio del lavoro.

Apprendistato e cassaintegrazione
Sul tema dell’apprendistato, il Collegato introduce modifiche per semplificare l’accesso ai contratti di apprendistato professionalizzante e garantire maggiore flessibilità nella durata dei periodi di prova. In particolare, la durata del periodo di prova per i contratti a termine è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario. Inoltre, la durata della Cassa Integrazione viene riformata, con nuove modalità per l’accesso dei lavoratori stagionali, che potranno continuare a lavorare anche durante il periodo di integrazione salariale.

Contratti misti e nuove forme di assunzione
Una delle innovazioni più significative riguarda i contratti ibridi, che permetteranno ai datori di lavoro di assumere un dipendente in parte con un contratto subordinato e in parte con un rapporto autonomo, approfittando del regime fiscale agevolato per i professionisti. Questi contratti potranno essere applicati solo a quei professionisti che sono iscritti agli albi professionali e che collaborano con datori di lavoro con più di 250 dipendenti.


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Riforma della giustizia: Meloni e Nordio puntano alla “separazione ecumenica”

Roma – Silvio Berlusconi, anche dopo la sua scomparsa, continua a essere la figura simbolica che condiziona il dibattito sulla riforma della giustizia. La sua eredità politica aleggia sulle scelte del Governo Meloni, impegnato a portare avanti una delle riforme più ambiziose: la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri.

L’obiettivo della premier Giorgia Meloni e del ministro della Giustizia Carlo Nordio è chiaro: evitare che la riforma sia percepita come una “vendetta” contro la magistratura, come avvenuto negli anni dei governi Berlusconi. La sfida è ancora più alta in vista di un possibile referendum confermativo, che potrebbe spaccare il Paese in due tifoserie contrapposte: da un lato i sostenitori del centrodestra, spesso critici verso l’operato delle Procure, dall’altro gli elettori di centrosinistra, tradizionalmente vicini alle ragioni della magistratura.

Tre segnali di disarmo

Negli ultimi giorni, tre segnali chiari mostrano una strategia più prudente da parte del Governo, mirata a smorzare le tensioni e favorire un approccio “ecumenico” alla riforma.

  1. Il decreto “spuntato” sulle ordinanze cautelari

    Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo sulle ordinanze cautelari in una versione meno rigida del previsto. Nonostante le critiche del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), Giuseppe Santalucia, la norma non vieta ai giornalisti di riferire i contenuti degli atti giudiziari, limitandosi a proibire la pubblicazione in forma “letterale”. In assenza di sanzioni concrete, la multa prevista resta quella storica del codice penale fascista, da 51 a 258 euro, una cifra simbolica e priva di reale effetto deterrente.

  2. Accantonato l’illecito disciplinare per i magistrati “troppo indulgenti”

    La proposta di introdurre un illecito disciplinare contro i magistrati considerati “culturalmente orientati all’accoglienza dei migranti” è sparita dai radar. Inizialmente sostenuta dalla Lega, la norma avrebbe dovuto limitare l’autonomia dei magistrati su temi legati all’immigrazione. Ma il decreto giustizia del 29 novembre (Dl 178/2024) non ha incluso questa disposizione, e la proposta è finita in una sorta di limbo normativo.

  3. Nessuna novità sul conflitto d’interessi di de Raho e Scarpinato

    Anche il tema del conflitto d’interessi di Federico Cafiero de Raho e Roberto Scarpinato, parlamentari ed ex magistrati M5S, è scomparso dall’agenda politica. La proposta di introdurre regole che impedissero loro di partecipare ad alcuni lavori della Commissione Antimafia è stata depositata in Parlamento, ma non è mai stata discussa né alla Camera né al Senato.

Una riforma “ecumenica” per lasciare il segno

Questi segnali di “disarmo” indicano la volontà di Meloni e Nordio di procedere con cautela, evitando scontri frontali con la magistratura e l’opinione pubblica. L’obiettivo è costruire un consenso più ampio possibile attorno alla riforma della separazione delle carriere, affinando la strategia in vista del referendum confermativo.

“Vogliamo una riforma per tutti, non solo per il centrodestra”, sembra essere il messaggio che Meloni e Nordio vogliono lanciare. La posta in gioco è alta. La premier punta a lasciare un’impronta significativa sull’ordinamento costituzionale, mentre Nordio ambisce a essere ricordato come il ministro che ha realizzato una riforma storica. Ma per raggiungere questo traguardo, il Governo dovrà allontanare l’ombra del “regolamento di conti” con la magistratura e trasformare una battaglia politica in una riforma condivisa e duratura.


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