Impugnazione dell’ avviso bonario di pagamento del contributo unificato: legittimo o no?

Impugnazione dell’avviso bonario di pagamento del contributo unificato: legittimo o no?

Dopo aver depositato un ricorso ex art. 700 c.p.c., contenente una richiesta di risarcimento danni il cui valore era però risultato maggiore rispetto a quanto dichiarato nell’atto, un avvocato riceve da parte della cancelleria l’avviso bonario di pagamento di una somma dovuta a titolo di contributo unificato.

L’avvocato ritenere illegittima l’istanza e ricorre innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale.

L’amministrazione contesta la conclusione dall’avvocato ricorrente, sostenendo la non opponibilità dell’avviso bonario, a partire dall’elencazione degli atti impugnabili presente nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992.

La Commissione Tributaria Provinciale dà torto all’avvocato, rilevando come il valore della causa fosse “indeterminabile” e, di conseguenza, la richiesta della cancelleria fosse legittima.

La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale viene confermata dalla Commissione Tributaria Regionale. Anch’essa ritiene che l’avviso bonario sia un atto non impugnabile e che rinvii “a separato e successivo provvedimento la determinazione di sanzione relativa al ritardato pagamento“.

Ma l’avvocato non ci sta e porta la questione in Corte di Cassazione.

AVVISO DI PAGAMENTO BONARIO DEL CONTRIBUTO UNIFICATO: LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

A differenza dei giudici tributari la Corte di Cassazione dà ragione all’avvocato e ne accoglie il ricorso originario, rinviandolo alla Commissione Tributaria Regionale di provenienza in diversa composizione.

La decisione della Cassazione nasce dalle seguenti osservazioni, contenute nell’ordinanza n. 22971/2021 del 17 agosto 2021.

1) È vero che l’elenco degli atti impugnabili presente nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 va considerato tassativo, ma va anche interpretato in senso estensivo, considerando le norme costituzionali a tutela del contribuente e del buon andamento della pubblica amministrazione. Va anche considerato l’ampliamento della giurisdizione tributaria avvenuto con la legge n. 448 del 2001.

2) Al contribuente è riconosciuta la facoltà “di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato l’invito bonario al pagamento, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato”.

3) L’impugnazione di un atto non indicato dall’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992 da parte del contribuente rappresenta una facoltà e non un onere. Pertanto, il fatto che lo stesso non venga esercitato non preclude, al contribuente, la possibilità di procedere all’impugnazione con l’atto successivo.

4) “Sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell’art. 19. d.lgs. n. 546 del 1992, tutti gli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o della forma da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono al più dar luogo ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile“.

5) Sul contribuente ricade l’interesse, ex art.100 c.p.c., a chiarire la sua posizione e a invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa o dei connessi mossi dall’est pubblico.

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