Tecnologia più verde e accessibile: l’UE punta sull’efficienza energetica dei dispositivi elettronici

I dispositivi elettronici che utilizziamo quotidianamente diventeranno più efficienti sotto il profilo energetico, meno dannosi per l’ambiente e di più facile utilizzo per i consumatori, a seguito dell’aggiornamento, da parte della Commissione, delle specifiche per la progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni adottate oggi. L’iniziativa fa parte degli sforzi dell’UE volti a progredire verso un caricabatteria standardizzato per i dispositivi elettronici.

Queste nuove norme comporteranno standard più elevati di efficienza energetica e una maggiore interoperabilità (ad esempio porte USB di tipo C obbligatorie per tutti i caricabatteria USB) per dispositivi quali computer portatili, smartphone, router senza fili e monitor per computer. Le modifiche dovrebbero consentire risparmi annui pari a circa il 3% del consumo energetico durante il ciclo di vita degli alimentatori esterni entro il 2035, oltre a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 9% e le emissioni inquinanti del 13%. Per i consumatori ciò significa un risparmio potenziale di circa 100 milioni di € all’anno.

Un nuovo logo del caricabatteria standardizzato dell’UE aiuterà inoltre i consumatori a individuare i dispositivi compatibili e a prendere decisioni consapevoli. Questa iniziativa si basa sulle iniziative precedenti volte a standardizzare le porte di ricarica e le tecnologie per i dispositivi elettronici, nell’ambito della direttiva sulle apparecchiature radio riveduta. Le norme entreranno in vigore entro la fine del 2028, per cui i costruttori avranno tre anni di tempo per prepararsi a conformarsi alle modifiche.

Dan Jørgensen, Commissario per l’Energia e l’edilizia abitativa, ha dichiarato: “Disporre di caricabatteria standardizzati per i nostri smartphone, computer portatili e altri dispositivi che utilizziamo ogni giorno è una decisione intelligente che mette i consumatori al primo posto, riducendo nel contempo lo spreco energetico e le emissioni. Il cambiamento pratico che introduciamo oggi sugli alimentatori esterni aiuterà gli europei a risparmiare denaro, oltre a limitare l’impatto ambientale, e dimostra che l’innovazione può favorire il progresso e il senso di responsabilità. Con questa iniziativa l’UE cerca di plasmare un futuro in cui la tecnologia funzioni meglio per tutti e per il pianeta.


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Nascono sei nuove “fabbriche di intelligenza artificiale”: l’Europa accelera sulla via dell’IA

La Commissione europea ha annunciato un’importante espansione dell’infrastruttura europea di IA, con 6 nuove fabbriche di IA e 13 antenne delle fabbriche di IA che aderiscono alla rete delle fabbriche di IA esistenti. Ciò porta il totale a 19 fabbriche di IA in 16 Stati membri.

Le nuove fabbriche di IA saranno aperte in Repubblica ceca, Lituania, Paesi Bassi, Romania, Spagna e Polonia. Esse forniranno alle start-up, alle piccole e medie imprese (PMI) e all’industria un accesso diretto ai supercomputer ottimizzati per l’IA, competenze tecniche e un sostegno su misura per sviluppare e diffondere soluzioni di IA avanzate.

Con il sostegno di oltre 500 milioni di € di investimenti congiunti dell’UE e degli Stati membri, questa terza ondata di fabbriche di IA amplierà la capacità di calcolo ad alte prestazioni dell’Europa e accelererà l’adozione dell’IA in tutti i settori chiave.

In totale, l’UE e i paesi EuroHPC partecipanti hanno impegnato oltre 2,6 miliardi di € a favore dell’iniziativa delle fabbriche di IA e delle relative antenne, rafforzando l’ambizione dell’Europa di diventare un continente leader nel settore dell’IA.

La Commissione annuncerà presto la selezione delle antenne delle fabbriche di IA che collaboreranno strettamente con le fabbriche di IA. Le comunità nazionali operanti nell’ambito dell’IA avranno così un accesso remoto sicuro a una capacità di supercalcolo ottimizzata per l’IA di prim’ordine.

Questa iniziativa sostiene il piano d’azione per il continente dell’IA e integra gli investimenti dell’UE nelle future gigafactory di IA, strutture su larga scala dedicate allo sviluppo e all’addestramento di modelli avanzati di IA e sistemi di frontiera, allineandosi nel contempo alla strategia per l’IA applicata per accelerare l’adozione dell’intelligenza artificiale in tutta l’economia e nel settore pubblico europei.


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Italia, il Paese sepolto sotto le leggi: un metro e novanta di Gazzette in un anno

Al netto della legislazione europea e di quella regionale, tra Dpcm, leggi, decreti, ordinanze ministeriali, delibere, determine, circolari, comunicati, etc., nel 2024 l’Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato Spa hanno pubblicato 305 Gazzette Ufficiali a cui vanno sommati 45 Supplementi ordinari e straordinari. Complessivamente questi 350 documenti sono costituiti da 35.140 pagine. Se quest’ultime fossero state stampate, il peso raggiunto da questa montagna di carta ammonterebbe a 84 chilogrammi. Se, inoltre, avessimo messo queste Gazzette l’una sopra l’altra, otterremmo una pila di carta alta oltre un metro e 90 centimetri. Infine, considerando un tempo medio di 5 minuti a pagina, una persona che si dedicasse a leggerle tutte con attenzione impiegherebbe 366 giorni lavorativi, praticamente un anno (con sabati e domeniche incluse).

A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

Nel 2025, purtroppo, il quadro generale non dovrebbe subire grosse variazioni. Nei primi 9 mesi sono state pubblicate 227 Gazzette Ufficiali e 31 Supplementi ordinari e straordinari, per una foliazione totale pari a 25.888, “solo” 189 facciate in più rispetto a quanto pubblicato nello stesso periodo dell’anno scorso.

Rispetto agli anni prima del Covid[1], invece, il confronto è leggermente peggiorato. Se nel 2019, ad esempio, contavamo lo stesso numero di Gazzette Ufficiali e di Supplementi diffuso l’anno scorso, le pagine totali ammontavano a 32.236, 2.904 in meno del dato riferito al 2024.

Nel 2025 record toccato il 18 aprile con un Supplemento da 5.157 pagine

Nei primi 9 mesi di quest’anno, la punta massima di “produttività normativa” è stata registrata il 18 aprile. In quell’occasione, l’Istituto Poligrafico dello Stato ha stampato il Supplemento ordinario n° 13 contenete il testo, le tabelle e i grafici degli ISA[2] che, ricordiamo, da qualche anno hanno sostituito gli studi di settore. In buona sostanza le imprese, i commercialisti, le associazioni di categoria e gli addetti ai lavori si sono trovati tra le mani un tomo da 5.157 pagine che definisce gli indicatori di tutte le attività economiche con le relative specificità territoriali che sono soggette agli ISA.

Finalmente cancellate 30.700 leggi prerepubblicane

Tra la montagna di carte “partorite” quest’anno, sicuramente c’è una pubblicazione che abbiamo salutato con grande soddisfazione. Composto da 1.616 pagine, il Supplemento ordinario n° 14 del 24 aprile scorso ha abrogato 30.700 atti normativi prerepubblicani relativi al periodo 1861-1946. Si tratta, in particolare, di regi decreti, leggi formali, regi decreti-legge, regi decreti-legislativi, decreti luogotenenziali, decreti legislativi luogotenenziali, decreti-legge luogotenenziali, decreti del capo del governo e decreti del Duce del fascismo, capo del governo. Uno “choc normativo” che, secondo il nostro esecutivo, ridurrà del 28 per cento circa lo stock normativo statale vigente. Ricordiamo, infine, che anche il PNRR prevede tra i suoi obbiettivi una decisa semplificazione del sistema burocratico del Paese[3].

La sovraproduzione normativa ha ingessato la PA

L’eccessiva proliferazione del numero delle leggi presenti in Italia è in larga parte ascrivibile a due fattori:

  1. alla mancata soppressione di leggi concorrenti, una volta che una nuova norma viene approvata definitivamente;
  2. al sempre più massiccio ricorso ai decreti legge che, per la loro natura, richiedono l’approvazione di ulteriori provvedimenti (decreti attuativi).

Questa sovraproduzione normativa ha ingessato il funzionamento della Pubblica Amministrazione (PA) con ricadute pesantissime soprattutto per gli imprenditori di piccole dimensioni. Di fronte a questo dedalo normativo il peso della burocrazia e i ritardi decisionali in capo agli uffici pubblici hanno reso la nostra PA tra le meno efficienti d’Europa.

Norme scritte male, alimentano corruzione e concussione

Oltre a essere tantissime e in molti casi in contraddizione tra loro, queste leggi sono tendenzialmente scritte male e incomprensibili ai più, per cui applicarle è molto difficile. Questa situazione di incertezza e di confusione interpretativa ha rallentato l’operatività degli uffici pubblici. Di fronte a un quadro così deprimente, i dirigenti pubblici acquisiscono sempre più potere quando stabiliscono scientemente di rinviare o bloccare una decisione. Con tante regole, la discrezionalità dei funzionari aumenta e, conseguentemente, anche le posizioni di rendita di questi ultimi salgono al crescere del valore economico del provvedimento da deliberare. Un corto circuito che in molti casi innesca comportamenti corruttivi o concussivi, purtroppo, molto diffusi in tutta Italia.

Cosa fare per migliorare il rapporto tra cittadini/imprese e gli uffici pubblici?

Innanzitutto, bisogna semplificare il quadro normativo. Cercare, ove è possibile, di non sovrapporre più livelli di governo sullo stesso argomento e, in particolar modo, accelerare i tempi di risposta della Pubblica amministrazione. Con troppe leggi, decreti e regolamenti i primi penalizzati sono i funzionari pubblici che nell’incertezza interpretativa spesso si “difendono” spostando nel tempo le decisioni. Nello specifico è necessario:

  • migliorare la qualità e ridurre il numero delle leggi, analizzando più attentamente il loro impatto, soprattutto su micro e piccole imprese;
  • monitorare con cadenza periodica gli effetti delle nuove misure per poter introdurre tempestivamente dei correttivi;
  • consolidare l’informatizzazione della Pubblica amministrazione, rendendo i siti più accessibili e i contenuti più fruibili;
  • grazie all’AI, far dialogare tra di loro le banche dati pubbliche per evitare la duplicazione delle richieste all’utenza;
  • permettere alle imprese la compilazione delle istanze esclusivamente per via telematica;
  • procedere e completare la standardizzazione della modulistica;
  • accrescere la professionalità dei dipendenti pubblici attraverso un’adeguata e continua formazione.
  • La cattiva burocrazia pesa, in particolare, sulle imprese di Milano, Roma, Torino e Napoli

In questo report la CGIA ha stimato anche il costo annuo che la cattiva burocrazia grava sul nostro sistema economico; questo esito è stato ottenuto partendo dai dati presentati qualche anno fa da The European House Ambrosetti[4]. Ebbene, il think tank milanese ha quantificato in 57,2 miliardi di euro il costo annuo sostenuto dalle imprese italiane per la gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Relazioni che, purtroppo, sono spesso condizionate negativamente dal cattivo funzionamento e dalla lentezza della macchina statale. Dopodiché, è stata rapportata l’incidenza percentuale del Pil di ciascuna delle 107 province presenti nel Paese[5] a questo costo complessivo, stimando così il danno economico che la burocrazia pubblica causa a ciascuna di queste aree. Risultato? I territori più penalizzati, ovviamente, sono quelli caratterizzati maggiormente dalla presenza delle attività economiche. La classifica è guidata da Milano, dove le imprese ubicate nella Città Metropolitana meneghina devono far fronte a un costo annuo pari a 6,1 miliardi di euro. Seguono Roma con 5,4 miliardi, Torino con 2,2, Napoli con 1,9 e Brescia con 1,4. In coda alla classifica scorgiamo Enna con un aggravio economico pari a 81 milioni di euro, Vibo Valentia con 80 e Isernia con 55.

[1] Ricordiamo che nel periodo pandemico (2020-2022), il numero delle norme a livello nazionale ha subito un forte aumento.

[2] Indici Sintetici di Affidabilità fiscale.

[3] Con la revisione del PNRR approvata a maggio 2025, la scadenza relativa al giugno 2025 è stata cancellata. Tuttavia, visto che è rimasto invariato l’impegno relativo al totale di 600 procedure da raggiungere entro giugno 2026, questa cancellazione ha comportato solo un rinvio delle relative semplificazioni, non una loro eliminazione. Ricordiamo che il PNRR prevedeva anche che, entro dicembre 2021, venissero reclutati 1.000 esperti per aiutare per 5 anni gli enti locali (regioni, provincie, comuni) a semplificare le proprie procedure; questo è avvenuto entro la scadenza prevista. Secondo informazioni fornite dal Documento di Finanza Pubblica (DFP), anche grazie a questo sostegno gli enti locali avrebbero introdotto 460 misure di semplificazione. Il DFP, inoltre, è al lavoro per l’adeguamento delle piattaforme SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive), SUE (Sportello Unico per l’Edilizia) e degli Enti terzi coinvolti nei procedimenti agli standard di interoperabilità; oltre il 90% delle piattaforme comunali SUAP sarebbe in corso di adeguamento (Fonte: Osservatorio CPI).  

[4] “La PA (Pubblica Amministrazione) da peso a potenziale aiuto alla crescita del Paese”, 2019.

[5] L’ultimo dato disponibile è stato aggiornato a giugno di quest’anno ed è riferito al 2022.


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204 milioni di euro per l’innovazione digitale in Europa: nuove opportunità per imprese, sanità e PA

La Commissione europea ha pubblicato inviti a presentare progetti per assegnare fondi europei per un valore totale di poco più di 204 milioni di € al fine di promuovere la diffusione e l’adozione di tecnologie digitali innovative in tutta Europa. I nove inviti a presentare proposte nell’ambito del programma Europa digitale mirano a liberare il potenziale dell’IA e dei big data, a completare la rete dei poli europei dell’innovazione digitale, a diffondere il portafoglio europeo di identità digitale, a innovare il settore automobilistico, a promuovere le competenze digitali e a espandere le soluzioni digitali per il settore pubblico.

Viene pubblicato oggi un invito a presentare proposte del valore di 15 milioni di € per sostenere lo sviluppo del portafoglio europeo di identità digitale e delle patenti di guida mobili, ed altri otto saranno pubblicati il 4 novembre. Questi otto inviti comprenderanno: un finanziamento di 79,2 milioni di € per il consolidamento e di 8 milioni di € per il completamento della rete dei poli europei dell’innovazione digitale che aiutano le imprese europee a digitalizzare le loro attività; un incremento di 22,5 milioni di € per sostenere la ricerca biomedica e l’introduzione di un’assistenza sanitaria personalizzata attraverso l’infrastruttura europea di dati genomici e 14,4 milioni di € per la diffusione di soluzioni basate sull’IA nella diagnostica per immagini; un finanziamento di 9 milioni di € a sostegno della condivisione dei dati industriali; un finanziamento combinato di 4,5 milioni di € per istituire il segretariato e la piattaforma di collaborazione per l’Alleanza europea per i veicoli connessi e autonomi al fine di innovare il settore automobilistico europeo; un investimento di 6 milioni di € per i poli dell’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) per combattere la disinformazione.

La pubblicazione di questi inviti fa seguito alla prima modifica del programma di lavoro Europa digitale (DIGITAL) 2025-2027, adottata all’inizio della settimana, che garantisce che il programma risponda alle priorità politiche della Commissione e sia in linea con gli sviluppi tecnologici in evoluzione.

Maggiori informazioni sugli inviti e sulla procedura di presentazione delle domande sono disponibili sul portale “EU Funding & Tenders”.


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Identità digitale, rinnovata la convenzione Spid per altri cinque anni

Lo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, continuerà a essere il principale strumento di accesso ai servizi online italiani per altri cinque anni. È stato infatti rinnovato l’accordo tra Assocertificatori, Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) e Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che garantisce la prosecuzione del servizio e ne aggiorna gli indirizzi strategici.

La nuova convenzione conferma la volontà di assicurare a cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni un accesso sicuro, stabile e continuativo ai servizi digitali, ma introduce anche una novità importante: la possibilità per i gestori di valorizzare economicamente la base utenti secondo logiche di mercato, così da sostenere nel tempo gli investimenti e i costi di gestione del sistema. Una misura volta a garantire la sostenibilità economica e operativa di una piattaforma che, in dieci anni, ha contribuito in modo decisivo alla digitalizzazione del Paese.


Crescita costante e primato europeo

Nel 2025 SPID ha registrato un’ulteriore crescita: oltre 52mila nuove identità digitali ogni settimana e più di 630 milioni di accessi solo nel primo semestre.
Secondo le analisi dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano, l’89% degli utenti Internet italiani utilizza SPID e l’86% lo fa più volte nel corso dell’anno — percentuali che collocano l’Italia ai vertici europei per diffusione dell’identità digitale.

In totale, 41 milioni di cittadini dispongono di credenziali SPID e nel 2024 si sono superati 1,2 miliardi di accessi, con un impiego sempre più ampio anche nel settore privato: banche, assicurazioni, società di telecomunicazioni e fornitori di servizi utilizzano ormai regolarmente SPID come sistema di autenticazione sicuro e riconosciuto.


Verso un ecosistema digitale più integrato

Il rinnovo della convenzione ha rappresentato anche l’occasione per avviare una riflessione sulle aree di miglioramento e sul futuro dello SPID.
Le parti hanno concordato di istituire un tavolo tecnico permanente dedicato alla sicurezza e all’aggiornamento tecnologico del sistema. Tra i temi all’ordine del giorno figurano la verifica delle identità attive, l’introduzione di strumenti più intuitivi per gli utenti e lo sviluppo di SPID per professionisti e persone giuridiche, in modo da estendere l’identità digitale anche alle realtà aziendali.

Altro obiettivo strategico è l’armonizzazione tra SPID e le identità digitali degli altri Paesi europei, in linea con il progetto di un ecosistema digitale interoperabile, in cui le credenziali di ciascun cittadino possano essere riconosciute reciprocamente in tutta l’Unione.

Infine, il piano prevede nuovi investimenti pubblici e privati per mantenere elevati standard di qualità e sicurezza, assicurando al contempo la stabilità di un servizio che rappresenta oggi una delle infrastrutture digitali più solide d’Europa.


Un’identità digitale sempre più matura

Il rinnovo di SPID segna l’inizio di una nuova fase di consolidamento: più attenta alla sostenibilità economica, alla protezione dei dati e alla semplificazione dell’esperienza utente.
L’Italia si conferma così tra i Paesi più avanzati nella gestione dell’identità digitale, con un modello che, pur nato per il settore pubblico, sta diventando sempre più un riferimento anche per il mercato privato e per la costruzione dell’identità europea del futuro.


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Del Noce, Camere civili: “Affidare ai notai le cause civili? Una proposta in contrasto con la Costituzione”

«Affidare le cause civili ai notai equivarrebbe a tradire i principi costituzionali della giurisdizione».
Con queste parole, l’avvocato Alberto Del Noce, presidente dell’Unione Nazionale delle Camere Civili, ha risposto all’articolo di Giuseppe Fiengo, pubblicato il 3 ottobre su Il Sole 24 Ore nella sezione Norme e Tributi, dal titolo “E se affidassimo le cause civili ai notai”.

Del Noce, nella sua articolata replica, esprime “stupore e profonda contrarietà” verso una proposta che giudica «impropria e incompatibile con l’ordinamento costituzionale».

Secondo il presidente UNCC, attribuire a professionisti privati funzioni proprie del giudice civile significherebbe «abdicare al principio di separazione dei poteri», poiché il giudizio non può essere ridotto a un mero atto tecnico o amministrativo:

«L’attività giurisdizionale – scrive Del Noce – è esercizio della sovranità dello Stato. Implica poteri di coercizione, l’attribuzione di diritti soggettivi e la tutela dei diritti fondamentali. Non può essere delegata a chi non è investito del ruolo di arbitro imparziale né soggetto alle regole disciplinari e di valutazione previste per i magistrati».

L’avvocato civilista evidenzia come una simile scelta produrrebbe effetti dirompenti, creando una “giustizia parallela”, un ramo notarile «destinato a indebolire l’autorevolezza e la coerenza del sistema giudiziario».

«Il giudice non è un semplice applicatore di norme – prosegue Del Noce – ma un interprete del diritto, capace di costruire orientamenti e contribuire alla formazione del diritto vivente. Il notaio, per quanto tecnicamente preparato, non possiede la formazione maturata nel contraddittorio processuale: affidargli funzioni giudicanti significherebbe ridurre il processo a un atto amministrativo».

Il presidente UNCC riconosce che in alcune materie di volontaria giurisdizione (ad esempio, per atti riguardanti minori o amministrazioni di sostegno) il legislatore ha già attribuito ai notai compiti specifici, ma «sempre in assenza di conflitto tra le parti». Spingersi oltre questi limiti – osserva – «significherebbe alterare un equilibrio delicato e minare la funzione stessa della giurisdizione».

Del Noce sottolinea inoltre il valore del confronto dialettico tra le parti come fondamento della crescita del diritto civile:

«Il diritto si evolve dal conflitto di tesi, dalla motivazione delle sentenze, dalla riflessione giuridica. Una giustizia “notarile” impoverirebbe questa funzione evolutiva».

Anche sul piano pratico, Del Noce contesta la pretesa che l’affidamento delle cause ai notai possa ridurre l’arretrato: «Si rischierebbe di ottenere l’effetto opposto, caricando i notai di nuove incombenze e generando un ulteriore contenzioso, stavolta notarile, con una giustizia a due velocità».

Il tema dei costi, poi, apre un ulteriore problema:

«Chi li pagherà, i notai che dovrebbero redigere le sentenze? Lo Stato, che già sostiene le spese della magistratura? Le parti in causa, introducendo una nuova tassa d’accesso alla giustizia? Nessuna di queste soluzioni è sostenibile».

Del Noce interviene anche sul piano storico, confutando l’idea che nel Medioevo i notai “amministrassero giustizia”:

«È vero che partecipavano ai tribunali, ma il loro compito era solo di verbalizzare e conservare gli atti. Le decisioni spettavano ai giudici. Tornare a quel modello sarebbe un passo indietro di secoli».

Il presidente dell’UNCC conclude con un richiamo forte e propositivo:

«Se davvero si vuole migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, la strada è un’altra: investire sulla magistratura, potenziarne gli organici, digitalizzare i processi e semplificare le procedure nel rispetto del giusto processo. Lo snellimento delle cause non deve avvenire a scapito del diritto, ma grazie al diritto».

Una posizione netta, quella di Del Noce, che ribadisce la centralità del giudice e dell’avvocatura nel sistema democratico: la giustizia, afferma, «non si vende, non si appalta, e non si delega».


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L’intelligenza artificiale non è più soltanto un concetto da laboratorio, ma una realtà che si intreccia sempre più con la vita professionale e amministrativa. Non per sostituire l’uomo, ma per affiancarlo. È questa la filosofia della cosiddetta human-in-the-loop Ai, il modello di cooperazione in cui l’intervento umano resta parte essenziale del ciclo decisionale, anche quando la macchina è in grado di elaborare milioni di dati in pochi secondi.

Nei sistemi pubblici di gestione degli appalti, ad esempio, l’Ai analizza in modo automatico e rapidissimo interi fascicoli di documenti, segnala incongruenze, evidenzia clausole a rischio di contenzioso e propone verifiche incrociate con un corpus normativo in continuo aggiornamento. Ma la parola finale resta all’uomo: il funzionario esperto interpreta i segnali dell’algoritmo, valuta le sfumature che nessuna macchina può cogliere e decide con cognizione e responsabilità. L’intelligenza artificiale, in questo scenario, diventa uno strumento di supporto decisionale, non un sostituto dell’intelligenza critica e dell’etica professionale.

È lo stesso approccio che la legge italiana intende oggi promuovere nel mondo delle libere professioni. Con l’entrata in vigore, il 10 ottobre, della legge 132/2025 sull’intelligenza artificiale, i professionisti saranno tenuti a informare i clienti sull’uso di strumenti basati su Ai. Per agevolare questo obbligo, Confprofessioni e Associazione Nazionale Forense (Anf) hanno messo a disposizione un modulo informativo tipo, elaborato dal gruppo di lavoro dell’Università Pontificia Antonianum.

Il documento – utilizzabile da avvocati, medici, consulenti e altri professionisti – è pensato per garantire trasparenza e tutela reciproca. In cinque punti chiarisce se e quale tipologia di intelligenza artificiale venga impiegata (predittiva, generativa, agentica, conversazionale, ecc.), dove risiedano i dati e quali limiti d’uso siano previsti. Fondamentale è il principio della prevalenza del giudizio umano: l’Ai può assistere, ma non sostituire la competenza e la responsabilità del professionista, che resta sempre titolare delle decisioni e garante dei risultati.

Intanto, il dibattito sul futuro digitale dell’avvocatura si sposta a Torino, dove dal 16 al 18 ottobre, presso il Lingotto, si terrà il XXXVI Congresso Nazionale Forense dal titolo “L’Avvocato nel futuro. Pensare da Legale, agire in Digitale”. Sarà un’occasione per discutere di giustizia, etica e intelligenza artificiale, ma soprattutto del ruolo che gli avvocati dovranno assumere in un’epoca in cui la tecnologia trasforma la professione e le relazioni con i cittadini.

Se l’Ai è capace di scandagliare testi, codici e clausole con velocità e precisione impensabili, resta pur sempre l’uomo – con la sua esperienza, sensibilità e capacità di discernimento – a garantire che ogni decisione sia davvero giusta. L’innovazione, dunque, non è una resa alla macchina, ma un nuovo equilibrio: quello tra potenza del calcolo e intelligenza del cuore.


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Mese europeo della cibersicurezza 2025: riflettori puntati sul phishing

Ha preso il via il Mese europeo della cibersicurezza 2025, l’iniziativa annuale di sensibilizzazione organizzata dalla Commissione europea e dall’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza (ENISA). L’obiettivo è fornire ai cittadini dell’UE strumenti pratici e conoscenze per difendersi online.

L’edizione di quest’anno concentra i riflettori sul phishing, il metodo più utilizzato dai cybercriminali per violare la sicurezza dei dispositivi digitali. Secondo i dati più recenti, circa il 60% degli attacchi informatici ha origine da tentativi di phishing: e-mail ingannevoli, messaggi fraudolenti o siti web fasulli che spingono l’utente a fornire dati sensibili o credenziali di accesso.

La minaccia del phishing

Il fenomeno del phishing si è evoluto negli anni, assumendo forme sempre più sofisticate: dalle false comunicazioni bancarie che richiedono di inserire codici di sicurezza, fino a portali clonati che replicano perfettamente siti istituzionali o aziendali.
La campagna europea mira a rafforzare la consapevolezza dei cittadini, affinché riconoscano i segnali d’allarme e blocchino i tentativi di truffa prima che possano causare danni economici, reputazionali o sociali.

Le parole delle istituzioni

Henna Virkkunen, Vicepresidente esecutiva per la Sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia, ha ricordato come la cibersicurezza non sia un tema tecnico riservato agli specialisti, ma una condizione critica per la società intera:

“Gli attacchi di phishing e altre minacce informatiche possono avere conseguenze devastanti, perturbando le infrastrutture critiche e minando la fiducia nel mondo digitale. Rimanendo vigili e adottando semplici misure di protezione online, possiamo tutti svolgere il nostro ruolo nella lotta contro queste minacce, contribuendo a un futuro digitale più sicuro per tutti”.

Opportunità e prospettive

Accanto alla prevenzione, il Mese europeo della cibersicurezza promuove anche le carriere nel settore IT e della sicurezza digitale, sostenendo lo sviluppo della forza lavoro in un contesto in cui il divario di competenze rimane un nodo centrale per l’UE.
L’iniziativa, sostenuta da organizzazioni pubbliche e private in tutta Europa, vuole rafforzare la cultura della sicurezza informatica, diffondendo buone pratiche che coinvolgano non solo gli specialisti, ma anche imprese, istituzioni e semplici cittadini.

Il ruolo di Servicematica

Servicematica sottolinea l’importanza di adottare protocolli di sicurezza efficaci, soprattutto negli studi professionali e nelle pubbliche amministrazioni, spesso bersaglio di campagne di phishing mirate.
La formazione continua, la verifica delle fonti, l’utilizzo di sistemi aggiornati e la consapevolezza del rischio rappresentano strumenti fondamentali per proteggere non solo i dati personali, ma anche l’integrità delle istituzioni e dei servizi ai cittadini.


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Caso Almasri, la Giunta salva i ministri: respinte le richieste del Tribunale

ROMA – Nessuna sorpresa dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Chiamati a esprimersi sulla possibilità di processare i ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano in relazione alle presunte omissioni nell’arresto e nel successivo rimpatrio del generale libico Osama Njeem Almasri, i membri dell’organismo parlamentare hanno respinto la richiesta del Tribunale dei ministri: 13 voti contrari, 6 favorevoli.

Le votazioni, tre in tutto – una per ciascuna posizione – hanno avuto esito identico. La maggioranza ha fatto quadrato, trasformando il voto dell’Aula del 9 ottobre in una pura formalità. Dopo la bocciatura della relazione del dem Federico Gianassi, la Giunta ha nominato nuovo relatore il forzista Pietro Pittalis, mentre le minoranze hanno annunciato una loro relazione, destinata però a restare senza sbocco parlamentare.

Soddisfatto il Guardasigilli: «Sono sempre contento delle decisioni prese in democrazia», ha commentato Nordio.

A complicare il quadro, la posizione della capo di Gabinetto di via Arenula, Giusi Bartolozzi, indagata per false informazioni al pm: il suo caso non è stato esaminato, ma resta aperto il confronto tra chi vorrebbe accomunarla ai ministri e chi la considera perseguibile per via ordinaria.


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UNCC contro l’emendamento Rastrelli: “Così si colpisce il diritto di difesa”

Roma – L’Unione Nazionale delle Camere Civili (UNCC) prende posizione con fermezza contro la proposta di modifica n. 1.200 al DDL Zanettin, presentata dall’on. Rastrelli. Secondo il presidente Avv. Alberto Del Noce, l’emendamento rischia di stravolgere la ratio originaria del disegno di legge, che puntava a chiarire i confini della responsabilità professionale dell’avvocato, limitandola a dolo e colpa grave ed escludendo l’attività interpretativa delle norme.

“Avvocato e giudice hanno ruoli diversi”

La contestata definizione di “colpa grave” riprende infatti la disciplina prevista per la responsabilità dei magistrati, includendo l’inosservanza manifesta della legge e la valutazione di fatti “incontrovertibilmente” provati. Ma, avverte Del Noce, si tratta di un parallelo improprio:

«Il giudice decide, l’avvocato difende. Assimilare i due ruoli significa limitare la libertà di contestazione del difensore e minare il diritto costituzionale di difesa», ha dichiarato il presidente UNCC.

I rischi concreti

Secondo l’UNCC, l’emendamento introduce parametri elastici e indeterminati, che potrebbero trasformare ogni argomentazione “inconferente” in fonte di responsabilità civile. Un rischio che avrebbe conseguenze pesanti:

  • favorirebbe una “difesa conformista”, appiattita sulle giurisprudenze consolidate;
  • frenerebbe l’evoluzione del diritto vivente;
  • spianerebbe la strada a sistemi predittivi basati sull’intelligenza artificiale, riducendo il valore aggiunto dell’avvocato umano.

L’estensione ai notai

L’UNCC critica anche l’ipotesi di estendere la disciplina ai notai. «Due funzioni incomparabili – chiarisce Del Noce –: l’avvocato trova legittimazione nell’art. 24 della Costituzione, a presidio del diritto di difesa; il notaio nell’art. 97, quale pubblico ufficiale garante della certezza degli atti. Assimilarne i regimi di responsabilità sarebbe un errore concettuale e normativo».

La richiesta al Parlamento

Per l’Unione Nazionale delle Camere Civili, il DDL Zanettin deve essere approvato nella sua formulazione originaria:

«Non è un privilegio di categoria – conclude Del Noce – ma una garanzia per i cittadini: senza un avvocato libero di difendere senza timori, il giusto processo rischia di ridursi a mera formalità».


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