cassa integrazione proroga

Prorogata la cassa integrazione per Covid-19

Il decreto fiscale stabilisce proroga alla cassa integrazione fino a gennaio 2021

Lo scorso 22 ottobre è entrato in vigore il “Decreto Fiscale” DL. 146/2021, il quale stabilisce alcune importanti proroghe. Tra tutte, l’integrazione salariale, che mira a fornire copertura alle aziende fino alla fine dello stato di emergenza. A ciò, si aggiunge il divieto di licenziamento: quest’ultimo, cassa integrazione in deroga e cassa integrazione ordinaria sono quindi riconosciuti fino al 31/12/2021.

Decreto fiscale 2022: CIGD, FIS e CIGO fino alla fine del 2021

Il DL. 146/2021, all’art. 11 comma 1, statuisce la possibilità per le aziende interessate di richiedere la cassa integrazione in deroga (CIGD). In particolare, si tratta di ulteriori 13 settimane di trattamento di integrazione salariale nel periodo tra il 1° ottobre ed il 31 dicembre 2021. Parimenti, le medesime 13 settimane di cassa integrazione sono riconosciute ai datori di lavoro che hanno già beneficiato delle 28 settimane previste dal Decreto Sostegni.

 

 

Anche riguardo le domande di cassa integrazione ordinaria (CIGO), è l’art. 11, comma 2 DL. 146/2021, a dare indicazioni fondamentali. Qui, si statuisce, per i lavoratori delle aziende tessili e di confezione abbigliamento, la possibilità di richiedere altre 9 settimane di trattamento di integrazione salariale per il periodo 1° ottobre- 31 dicembre 2021. Ora, sia nel caso della CIGD che nel caso della CIGO, non è dovuto alcun contributo addizionale.

Infine, si ricorda alle aziende che l’INPS con il messaggio n.3556 proroga al 31 dicembre 2021 la possibilità di scegliere se, per la trasmissione dei dati mensili per il pagamento diretto dei trattamenti di cassa integrazione, utilizzare il nuovo flusso telematico “UniEmens-Cig” o il modello “SR41”. Ciò vale per le richieste di pagamento diretto relative a domande presentate entro il 31 dicembre 2021 oppure presentate successivamente, però aventi per oggetto periodi di integrazione salariale con decorrenza anteriore al 1° gennaio 2022.

Concludiamo con una precisazione: tali domande di accesso ai trattamenti di integrazione salariale devono essere inoltrate all’INPS -a pena decadenza- entro la fine del mese successivo a quello di entrata in vigore del decreto.

 

LEGGI ANCHE:

Decreto sostegni e bonus famiglie 2021

Decreto sostegni: bonus prima casa agli under 36

Il-termine-quinquennale-di-continuita-professionale

Il termine quinquennale di continuità professionale

La Corte territoriale aveva erroneamente confermato la pronuncia di primo grado

Avvocatessa fa ricorso in Cassazione per contestazione sulla continuità dell’esercizio professionale

Il 4 novembre scorso la Cassazione pubblica l’ordinanza n. 31754 a seguito di un ricorso per contestazione sulla continuità della professione. Qui, si fa riferimento agli artt. 22 (Iscrizione alla Cassa), 17 (Comunicazioni obbligatorie alla Cassa) e 23 (Comunicazione e pagamento dei contributi per gli anni 1975 e successivi). Con essi, la Cassazione stabilisce che la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza forense non può più contestare il requisito della continuità professionale.

Continuità professionale e pagamento contributi a Cassa Forense

La vicenda risale a circa vent’anni fa, quando ad un’avvocatessa viene chiesto l’accertamento del requisito della continuità professionale per l’anno 2000. Prima, l’avvocatessa aveva chiesto l’annullamento della delibera con la quale la Giunta esecutiva aveva dichiarato inefficace l’importo da lei versato. Dunque, la pronuncia del giudizio origina dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli che nel 2014 confermò la decisione di primo grado di rigettare la domanda dell’avvocatessa.

 

 

La professionista propone ricorso in Cassazione, deducendo tre motivi:

  1. Denuncia “della violazione e falsa applicazione degli artt., 14201372 e 2697 cod. civ. nonché degli artt. 3, I. n. 319/1975, 22, I. n. 576/1980, e 20, 21, 22 e 30 dello Statuto della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense”. Quindi, ella ritenne che la Corte avesse erroneamente dato ragione alla Giunta esecutiva della Cassa, rispetto alla tempestiva contestazione del suddetto requisito. In effetti, la delibera intervenne in data 06.07.2007, molto tempo dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 22, I. n. 576/1980;
  2. Lamenta la violazione degli artt. 21 e 1372 cod. civ.I. n. 319/1975I. n. 576/1980, e degli artt. 134293137 e 38 Cost. Infatti, ella fa notare che la propria maternità le consentiva l’esonero dalla relativa prova per due anni, compreso quello di nascita del figlio;
  3. Contesta la violazione degli artt. 21 e 1372 c.c., 2, I. n. 319/1975, 22, I. n. 576/1980, e degli artt. 324 e 111 Cost. e 244 e 245 c.p.c. Qui, la professionista pone l’attenzione sull’omissione dell’esame dei fatti decisivi: la Corte non aveva tenuto conto della difficoltà di accrescimento della figlia e della conseguente flessione nel reddito.

La risposta della Cassazione

Innanzitutto, la Corte in riferimento al primo punto contesta che di tanto in tanto è lecita una periodica revisione degli iscritti. Quindi, la Giunta esecutiva della Cassa può farlo in riferimento proprio al criterio della continuità professionale. Così, si rendono inefficaci (agli effetti dell’anzianità d’iscrizione) i periodi per i quali la continuità non risulta dimostrata. Effettivamente, la Corte dimostra che l’art. 22 u. c., L. n. 576/1980, ha modificato l’art. 3 della L. n. 319/1975.

Quindi, il Collegio richiama la sentenza n. 16252 del 2018. Qui, si specifica che per architetti e ingegneri liberi professionisti iscritti alla Cassa di previdenza professionale, il termine quinquennale per le verifiche del requisito della continuità ha natura decadenziale. Inoltre, il termine decorre dalla data in cui il professionista ha presentato la relativa dichiarazione sostitutiva, funzionale all’esercizio della verifica.

Ora, si fa riferimento alla sentenza delle Sezioni Uniten. 13289/2005. Qui, viene esteso all’Inarcassa il principio di diritto secondo cui, quando:

  • non è esercitata la facoltà di revisione prevista dal citato art. 22;
  • l’interessato ha adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dagli artt., 17 e 23 della L. n. 576/1980

allora la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense non può più contestare il requisito della continuità professionale. In particolare, questo discorso è valido per i periodi anteriori al quinquennio precedente la domanda di pensione.

Perciò, la Corte territoriale ha erroneamente confermato la pronuncia di primo grado, non tenendo conto di tale principio. In conclusione, la Cassazione:

  • accoglie il primo motivo;
  • ritiene assorbiti gli altri;
  • cassa la sentenza impugnata;
  • rinvia la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione.

LEGGI ANCHE:

Avvocati: definitivo addio ai cinque mandati

Abolire l’obbligo di iscrizione a Cassa Forense? Presentata la proposta di legge.

la prescrizione per i debiti contributivi (2)

La prescrizione per i debiti contributivi

La prescrizione quinquennale deve ritenersi applicabile anche successivamente alla notifica della cartella esattoriale

Tribunale di Foggia: il caso di prescrizione quinquennale per i debiti contributivi

Dopo 8 anni arriva a Foggia l’articolata pronuncia dell’Ill.ma Giudice dott.ssa Aquilina Picciocchi su un caso di debiti contributivi. Infatti, nel 2013 l’oggi Agenzia Entrate e Riscossione iscrisse ipoteca sull’immobile di un contribuente. La debitoria era molto elevata, pari ad €180.000,00. Ora, vediamo insieme come si è sviluppata la vicenda.

La vicenda sui contributi e le contestazioni all’atto di opposizione

Come anticipato, otto anni fa inizia questa vicenda che vede coinvolti l’ex Equitalia, ipoteche su immobili e un alto debito da saldare. In pratica, arrivarono una serie di cartelle al contribuente, che però non ha mai pagato. Tuttavia, all’epoca le abitazioni dei contribuenti erano pignorabili anche dallo Stato e non solo dalle banche: questo è il perno su cui ha fatto leva l’opposizione.

 

 

L’opposizione è stata sin da subito molto elaborata: non riguardava solo la nullità dell’iscrizione ipotecaria ma entrava anche nel merito della pretesa creditoria. Effettivamente, si rilevò che la prescrizione di molte cartelle era dovuta perché le notifiche giunsero oltre il termine di decadenza. Inoltre, si contestò appunto l’inesistenza dell’iscrizione ipotecaria perché molte cartelle non erano state regolarmente notificate.

Dunque, si avviò la prima fase dinanzi al Tribunale Ordinario per l’opposizione agli atti esecutivi. Qui, la causa inizialmente unita venne poi gestita dalla Commissione Tributaria e dal Tribunale del Lavoro per i crediti rispettivamente di natura tributaria e previdenziale. Inoltre, tra le nullità era stata evidenziata anche la prescrizione delle pretese erariali.

La sentenza del Giudice sul caso della prescrizione dei debiti contributivi

La sentenza emessa dal Giudice (Cass. n. 8061 del 2007) fa notare che del detto caso si contesta il diritto di procedere ad esecuzione forzata per difetto. Esso, sia che sia originario o sopravvenutototale o parziale, rispetto al titolo esecutivo o della pignorabilità dei beni. Inoltre, tale opposizione non è soggetta ad alcun termine, se non quello rappresentato dal compimento dell’esecuzione.

Invece, l’opposizione agli atti esecutivi deve essere proposta nel termine perentorio di venti giorni (ex art. 617 cpc.). Tuttavia, per la scrivente i termini per proporre opposizione decorrono dal termine utile in cui il contribuente ha avuto reale conoscenza dell’atto. Difatti, il contribuente dovrebbe aver avuto modo di contestare la cartella nel termine perentorio previsto per legge.

A tal proposito, la Giudice conferma nella sentenza che il termine decorre “dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza di un atto successivo che necessariamente presupponga il primo”. Di conseguenza, “l’opposizione proposta contro un atto successivo, implicando la legale conoscenza dell’atto precedente, fa decorrere il termine per l’impugnazione di quest’ultimo”.

I diritti del debitore rispetto a cartella esattoriale e mancata notifica

Dunque, è evidente che se non v’è stata notifica della cartella esattoriale, il destinatario non si può sottrarre al rimedio previsto dalla legge. Infatti, la garanzia deve essere recuperata nei confronti del primo atto: momento in cui il contribuente è in grado di esercitare validamente il suo diritto di difesa. Così prosegue la sentenza del giudice:

Il difetto dell’atto presupposto, quale elemento costitutivo della domanda di annullamento dell’atto susseguente per invalidità derivata e causa pretendi dell’eventuale difesa nel merito della pretesa impositiva, deve essere dedotto dal ricorrente nell’atto introduttivo del processo a pena di inammissibilità, risultando altrimenti elusa la perentorietà dei termini di impugnazione.

La sentenza si collega a ciò che è stabilito nell’art.24 Dlgs 46/99. Qui, si evince che: se non avviene opposizione alla cartella esattoriale o all’avviso nel termine dei 40 giorni avverrà la cristallizzazione dei crediti dell’INPS. Però, è altrettanto un diritto del debitore far valere in giudizio, nella forma dell’art. 615 cpc i fatti estintivi del diritto.

Il termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali

Ora, il termine quinquennale di prescrizione dei contributi previdenziali rimane tale anche dopo la notifica di una cartella esattoriale priva d’opposizione? O, in questo caso, il termine si estende alla forma decennale? A tal proposito, la Cassazione si è espressa con la sentenza n. 23397 del 17.11.2016 nel rispetto del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.

Qui, si evince che il credito contributivo è irretrattabile senza che si determini anche l’effetto della conversione del termine di prescrizione breve. Questo, è scritto nell’ art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995. Invece, per quanto riguarda il termine ordinario ai sensi dell’art. 2953 cod. civ. si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo.

Invece, dato che la cartella ha natura di atto amministrativo risulta priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Stessa cosa vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1° gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento. Questa sostituzione è avvenuta per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto, come da legge n. 122 del 2010.

Riscossione dei crediti degli enti previdenziali

Si noti come il sopracitato art. 2953 cod. civ. si applichi a tutti gli atti di riscossione mediante ruolo o di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali. Questi sono crediti relativi a:

  • entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie;
  • crediti delle Regioni;
  • delle province;
  • dei comuni;
  • degli Enti Locali;
  • delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative.

Di conseguenza, se per i relativi crediti è prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sua scadenza corrisponde unicamente al termine concesso al debitore per proporre l’opposizione. Inoltre, non viene consentita l’opposizione all’art. 2953 cod. civ., fuorché in presenza di un titolo giudiziale definitivo. Dunque, la prescrizione quinquennale deve ritenersi applicabile anche successivamente alla notifica della cartella esattoriale.

LEGGI ANCHE:

COVID e retroattività della prescrizione

Processi e prescrizione: la situazione dei tribunali italiani

notifica-via-pec

Quando è valida la notifica PEC?

Inesistente la notifica PEC se inviata da un indirizzo della PA non presente negli elenchi pubblici

L’intimazione di pagamento di una cartella esattoriale deve provenire da uno degli indirizzi PEC presenti nei pubblici elenchi consultabili dai contribuenti. Quindi, nel caso di invio dell’atto da un diverso indirizzo PEC, la notifica è inesistente e l’intimazione annullata per illegittimità. Lo ha stabilito la Commissione Tributaria Provinciale di Roma (sentenza n.11779/2021), che ha accolto così il ricorso di un contribuente.

L’indirizzo PEC mittente deve figurare negli elenchi delle pubbliche amministrazioni

Succede che ad un contribuente venga notificata un’intimazione di pagamento che richiama cartelle esattoriali precedentemente notificate. Tuttavia, succede che tale notifica venga trasmessa via PEC da un indirizzo che non figura negli elenchi degli indirizzi PEC delle Pubbliche Amministrazioni (individuati dall’art.16 ter D.L. 179/2012). Infatti, dall’analisi delle ricevute di avvenuta consegna, l’indirizzo del mittente appare difforme da quelli indicati sul sito dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

 

 

Ora, in base all’art.3 bis, comma 1 legge 53/1994 , “la notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai pubblici elenchi”. Inoltre, lo stesso ente deve anche indicare, nella relata di notifica, il pubblico elenco in cui tale indirizzo è presente. Ne consegue che, in mancanza di tali requisiti, la notifica è da ritenersi nulla (art.11 della medesima legge).

Tornando al caso di specie, l’intimazione viene invece notificata utilizzando indirizzi PEC diversi, difformi da quelli indicati sul sito. In più, gli indirizzi di provenienza non figurano negli elenchi pubblici normativamente previsti. A questo punto, la notifica è da considerarsi inesistente e l’atto di intimidazione nullo, per motivi di illegittimità. Infine, a sostegno della propria tesi, la CTP cita l’autorevole precedente della sentenza della Corte di Cassazione (n.17346 del 2019).

 

LEGGI ANCHE:

Le notifiche telematiche della Pubblica Amministrazione

Ultime novità in materia di notifiche telematiche

domande di selezione al tirocinio

La Clausola di Esclusione dei Terzi

Polizza assicurativa RCT: la Cassazione interviene sulla dubbia interpretazione della clausola

La Corte di Cassazione si è espressa in merito a una vicenda di dubbia interpretazione della clausola. Nello specifico, la Cassazione Civile è intervenuta in merito alla clausola di esclusione dei terzi nella polizza assicurativa di responsabilità civile. Ovvero, di quei soggetti che non sono considerati terzi ai fini del risarcimento assicurativo in caso di danno.

La polizza della responsabilità civile terzi RCT: la vicenda e la sentenza dalla Cassazione

Innanzitutto, la vicenda cominciò con la disputa sulla clausola di una polizza assicurativa di responsabilità civile terzi concernente l'”esclusione dei terzi”. A questo punto, accennato il significato di terzi, è bene fare delle distinzioni. Chi sono quei soggetti da non doversi considerare terzi? Li elenchiamo di seguito:

  • Il coniuge;
  • I genitori;
  • Figli;
  • Gli altri parenti ed affini con loro conviventi;
  • Addetti ai servizi domestici.

Ora, si prenda in esame un caso specifico: se la madre subisce danni, ad esempio cadendo a terra a causa del cane di suo figlio improvvisamente svincolato dal guinzaglio, come si giudica?

Si ricorre in Cassazione poiché si pensa che l’esclusione dei genitori valga solo se sono conviventi.

La Corte di Cassazione Civile n. 25849/2021 accoglie il ricorso rispondendo con due considerazioni:

  1. Il contratto di assicurazione va redatto in modo chiaro e comprensibile. Infatti, il giudice non può attribuire a clausole ambigue un significato univoco. Altrimenti, deve ricorrere ad altri criteri descritti dagli artt. 1362 e ss. c.c. In particolare, quello dell’interpretazione contro il predisponente, di cui all’art. 1370 c.c.;
  2. La convivenza di fatto può riferirsi a tutti. A tal proposito, si noti che nell’elenco degli esclusi i domestici sono menzionati, pur convivendo con gli altri componenti della casa.

Dunque, “il testo della clausola non è univoco, e non lo è per il modo in cui è stata redatta, non già per la oggettiva difficoltà di senso”.

LEGGI ANCHE:  

Incidente con macchina altrui: chi paga?

Legalità delle dashcam per auto

 

 

esame-avvocato-2022

Concorso notaio: solo con Green Pass

Concorso notarile 2021: l’accesso agli esami è possibile solo con la Certificazione Verde Covid

Il sito del Ministero della Giustizia ha pubblicato il bando del prossimo Concorso notarile da 400 posti. In tale avviso sono riportate le modalità di svolgimento delle prove scritte per gli aspiranti notai. Esse si svolgeranno alla Fiera di Roma previa dimostrazione di possesso del Green Pass.

Il concorso per aspiranti notai: bando di concorso, green pass, esclusione dalle prove

Inizialmente, le modalità di svolgimento delle prove scritte del concorso notarile da 300 posti sono state diffuse dal sito del Ministero della Giustizia. Tuttavia, in un secondo momento, il bando è stato modificato e i posti sono aumentati: 400, come riportato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 10 dicembre 2019. Il concorso è bandito dal decreto dirigenziale del 3 dicembre 20194^ serie speciale – concorsi ed esami.

 

 

Da notare che i candidati potranno accedere all’area concorsuale solo se muniti di Green Pass. E solo e solamente per la prima prova scritta, i partecipanti dovranno:

  • Esibire il referto di un test antigenico, rapido o molecolare (non antecedente a 48 ore);
  • Indossare dispositivi di protezione individuale (mascherine).

Questi ultimi, verranno forniti dall’amministrazione i giorni delle prove scritte.

Inoltre, l’avviso riporta alcuni dei casi per i quali varrà l’esclusione dalle prove, in merito alla mancata osservazione delle regole di sicurezza. In particolare, l’esclusione avviene:

  • Quando un candidato non indossa la mascherina protettiva secondo quanto indicato nell’art. 1 del decreto in causa;
  • La mancata esibizione del Green Pass e del referto del test antigenico o molecolare di cui art. 2;
  • Quando viene meno la consegna dell’autodichiarazione, come da art. 3, dove si indica la positività delle proprie condizioni.

Le disposizioni di esclusione saranno impiegate dal presidente della commissione esaminatrice.

 

LEGGI ANCHE:

Concorso magistratura 2021: diario delle prove

Articolo 254 D.L. 34/2020 – Misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione all’esercizio della professione forense

 

avvocati e pa no incompatibilità

Avvocati e praticanti PA: nessuna incompatibilità

Per il Pnrr, avvocati e praticanti assunti nella PA non perdono Albo e Cassa

Il decreto attuativo del Pnrr, presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, all’art. 27 prevede il “Conferimento di incarichi di collaborazione per il supporto ai procedimenti amministrativi connessi all’attuazione del PNRR”. Ora, per questi incarichi di collaborazione, il suddetto articolo va a realizzare apposita modifica al decreto legge n.80/2021. Il fine? Incentivare le assunzioni delle migliori professionalità legali per l’attuazione del PNRR.

Avvocati assunti nella PA per il PNRR: cancellata ogni incompatibilità

Il decreto legge n.80 del 9 giugno 2021 contiene le “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza […]”. Tuttavia, il decreto attuativo del PNRR -non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale- all’art.27 prevede una modifica parziale proprio del dl.n.80. Nello specifico, all’art.27 viene aggiunto il comma 7 bis, che modificherebbe l’articolo 1 del suddetto dl.n.80.

 

 

Qui, la volontà è di modificare la procedura che vede l’obbligo da parte di professionisti assunti anche a tempo determinato di cancellarsi dagli albi, collegi o ordini professionali d’appartenenza. Non solo: per detti professionisti, la nuova disposizione prevede anche la possibilità di conservare l’iscrizione ai regimi previdenziali obbligatori. Infine: vi è l’esclusione dell’onere a carico del professionista di ricongiungere i periodi di lavoro prestati per il PNRR se egli sceglie di non mantenere l’iscrizione alla cassa previdenziale di appartenenza.

Da notare che la norma appena esaminata contrasta nettamente con quanto stabilito dalla Riforma Forense nella “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” (legge 247/2012). Infatti, all’art. 18, lettera d) del testo sull’incompatibilità dell’esercizio della professione forense si prevede il contrasto tra quest’ultima e qualsiasi altra attività di lavoro subordinato. Incompatibilità che riguarda senza compromessi anche le prestazioni lavorative svolte con orario di tempo limitato.

Assunzioni professionisti legali nella PA per il PNRR: Nessuna sospensione dall’esercizio della professione

Perciò, la rivoluzione dell’art.27, attuativo del PNRR, è costituita della possibilità di svolgere compatibilmente l’esercizio della professione forense ed una prestazione lavorativa nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Ciò, rimanendo entro l’ambito specifico dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resistenza.

Non si trio in ballo alcuna questione di incompatibilità dunque, ma non si da neppure la minima indicazione sulle eventuali sospensioni dall’esercizio dell’attività professionale. Questo perché mancano i riferimenti all’art.20 della Riforma Forense, quello che prevede la sospensione dall’attività professionale in due casi esclusivi. Cioè, quando:

  • è l’avvocato a richiederlo;
  • parallelamente alla sua carica, il legale ricopre cariche importanti quali quella del Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio, Ministro, Viceministro, Sottosegretario di Stato, Presidente di Giunta Regionale, delle Regioni autonome di Trento e Bolzano, Membro della Corte Costituzionale o del Consiglio Superiore della magistratura, Presidente di Provincia con più di un milione di abitanti o Sindaco di un comune con più di 500.000 abitanti.

Va detto che tale sospensione può comunque essere richiesta in seguito, se nell’attuare il PNRR l’avocato dipendente della Pubblica Amministrazione riscontri particolari incompatibilità. Oppure, nel caso in cui -come prevede l’art-24 del Codice di deontologia Forense – emergano condizioni in grado di determinarne il minimo conflitto d’interessi.

 

LEGGI ANCHE:

Abolire l’obbligo di iscrizione a Cassa Forense? Presentata la proposta di legge.

Avvocato specialista: pubblicato il Decreto in Gazzetta Ufficiale

Lauree abilitanti alla professione

DDL su Lauree abilitanti alla professione

Lauree magistrali abilitanti all’esercizio delle professioni: il sì del Senato al nuovo DDL

Dopo l’approvazione della Camera, il Senato ha dato il sì definitivo al nuovo DDL sulle lauree abilitanti alla professioneCon questa legge si prevede l’abilitazione a determinate professioni con il solo conseguimento della laurea. Vediamo insieme le specifiche del disegno di legge e a quali indirizzi di laurea si riferisce.

Quali sono le lauree abilitanti presenti nel testo del nuovo DDL n.2305

La discussione sul DDL in questione è iniziata lo scorso 21 giugno e ha ricevuto l’approvazione della Camera. Tale DDL n. 2751-A contiene le “disposizioni in materia di titoli universitari abilitanti”, ovvero indica quali titoli di studio danno l’abilitazione professionale. Successivamente, lo scorso 28 ottobre, il DDL viene approvato anche dal Senato, divenendo DDL n. 2305.

L’articolo continua su SecondoLegge.it

domande di selezione al tirocinio

Iniziano i tirocini ANAS per avvocati

In partenza i tirocini professionali presso ANAS, 20 posizioni aperte per gli avvocati

ANAS S.p.a. apre diverse posizioni per effettuare un tirocinio professionale presso la loro sede. La scadenza per la presentazione delle domande è fissata per il prossimo 26 novembre, data non prorogabile. Per accedere alla selezione, i candidati devono possedere alcuni requisiti di idoneità; vediamo assieme quali.

Tirocini professionali per avvocati presso ANAS S.p.a: l’informativa e i requisiti

Sul sito dell’Anas è possibile presentare la domanda per la formazione di una lista idonei in vista dell’ammissione al tirocinio professionale. La ricerca dei futuri professionisti si svolge nel pieno rispetto della legge ai sensi dell’art. 41 della L. n. 247/2012. Le posizioni ricercate su tutto il territorio nazionale sono in totale 20.

Leggi l’articolo completo su SecondoLegge.it

esonero vaccino covid

Esonero vaccinale e green pass

Come e quando si ottiene il certificato di differimento e di esonero vaccinale?

La normativa vigente in tema di pandemia da Covid-19, impone (D.L. 1° aprile 2021 n.44 convertito in legge n. 76/21 art.4) l’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Quindi, da disposizioni del Decreto Legge del 21 settembre 2021, n. 127, dal 15 ottobre vige l’obbligo di Green Pass anche per i lavoratori pubblici e privati nel luogo di lavoro. Tuttavia, il medico di medicina generale può esonerare o differire la vaccinazione: vediamo insieme quando, perché e come ciò può avvenire.

Certificato di differimento e di esonero vaccinale: quando, perché e come ottenerlo

Dallo scorso 15 ottobre, il green pass è obbligatorio non più soltanto per il personale sanitario ma anche per i lavoratori che si rechino al proprio posto di lavoro. Tuttavia, in presenza di specifiche condizioni cliniche documentate che pongano in “accertato” pericolo la salute dell’interessato, si può richiederne il differimento o l’esonero. Tali condizioni di pericolo devono essere accertate concretamente, per mezzo di evidenze scientifiche (non meramente ipotizzate).

 

 

Quando fare richiesta di omissione o differimento vaccinale?

Il periodo in cui la vaccinazione può essere omessa o differita arriva fino al 31 dicembre 2021.

Comunque, vale la pena sottolineare che la tale previsione di scadenza omogenea al 31 dicembre appare del tutto vana. In effetti, essa tenta di appiattire differenze in realtà completamente inconciliabili, quali quelle del differimento ed esonero.

Ora: chi è il differito? un soggetto solo temporaneamente non vaccinabile, che deve verificare l’esistenza ed il perdurare delle sue condizioni di esonero. Nella fattispecie, è un soggetto sottoposto a determinate condizioni di salute o terapie temporanee e momentaneamente incompatibili con la vaccinazione. Ne consegue che quella del differito è una condizione passeggera e risolvibile, risolta la quale si può procedere con il vaccino.

Quindi, una persona dovrebbe essere differita dal vaccino perché:

  • paziente affetto da SARS-CoV-2 negli ultimi tre mesi e paziente con malattia di COVID-19 curato con anticorpi monoclonali (sempre negli ultimi tre mesi); il loro green pass è valido per 6 mesi
  • soggetto in quarantena o in attesa del risultato del tampone; ricevono il vaccino alla fine della quarantena o all’esito negativo del tampone;
  • Paziente con malattia acuta severa non differibile (es – evento cardiovascolare acuto, epatite acuta, nefrite acuta, stato settico o grave infezione di qualunque organo/tessuto, condizione chirurgica maggiore, …); questi ricevono il vaccino al termine del percorso diagnostico e terapeutico.

Chi è invece l’esonerato? Un soggetto con conclamata, seria ed immutabile patologia, tale per cui sarà per sempre incompatibile con la vaccinazione.

Un soggetto dovrebbe dunque richiedere l’esonero vaccinale perché allergico agli stessi componenti vaccinali, precisamente:

  • il polietilene-glicole-2000 PEG contenuto nel vaccino Comirnaty- (Pfizer-Biontech);
  • il metossipolietilene-glicole-2000 (PEG2000 DMG) (I PEG sono un gruppo di allergeni noti che comunemente si trovano in farmaci, prodotti per la casa e cosmetici);
  • la trometamina (componente di mezzi di contrasto radiografico e di alcuni farmaci somministrabili per via orale e parenterale) contenuta nel vaccino Spikevax (Moderna);
  • il polisorbato contenuto nei vaccini COVID-19 a vettore virale Vaxzevria (AstraZeneca) e Janssen (Johnson&Johnson). lI polisorbato 80 è una sostanza ampiamente utilizzata nel settore farmaceutico e alimentare ed è presente in molti farmaci inclusi vaccini e preparazioni di anticorpi monoclonali;
  • PEG e polisorbato sono strutturalmente correlati e può verificarsi ipersensibilità cross-reattiva tra questi composti;
  • soggetti che hanno manifestato sindrome trombotica associata a trombocitopenia in seguito alla vaccinazione con Vaxzevria;
  • soggetti che in precedenza hanno manifestato episodi di sindrome da perdita capillare con Vaxzevria o Janssen.
Le donne in gravidanza sono esonerate dal vaccino anti-sars covid-19?

La società scrive che la vaccinazione anti COVID-19 non è controindicata in gravidanza. Tuttavia, di recente si sono aperte diverse inchieste e diffuse teorie scientifiche su gravi effetti collaterali di questo vaccino in gravidanza. Perciò, la società precisa che: “qualora, dopo valutazione medica, si decida di rimandare la vaccinazione, alla donna in gravidanza potrà essere rilasciato un certificato di esenzione temporanea alla vaccinazione”.

Come ottenere l’esonero vaccinale

L’esonero vaccinale può essere richiesto al proprio medico di base o allo specialista che abbia personalmente in cura il soggetto in questione. Il principio è che si tratti di un medico appartenente al SSN, munito di timbro SSN e che certifichi su carta intestata dell’azienda o dell’ente ospedaliero esclusivamente pubblico.

Le certificazioni devono contenere:

  • nome, cognome e data di nascita del soggetto in questione;
  • dicitura “soggetto esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Certificazione valida per consentire l’accesso ai servizi e attività di cui al comma 1, art. 3 del DECRETO-LEGGE 23 luglio 2021, n 105”;
  • data di fine validità della certificazione (“certificazione valida fino al _________”);
  • Dati relativi al Servizio vaccinale della Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Regionale in cui opera come vaccinatore COVID-19 (denominazione del Servizio – Regione);
  • Timbro e firma del medico certificatore (anche digitale);
  • Numero di iscrizione all’ordine o codice fiscale del medico certificatore.

Non va riportata la diagnosi: il motivo dell’esonero rimane coperto dal segreto professionale tra interessato e medico certificatore.

Che cosa significa essere esonerato dall’obbligo vaccinale

Il certificato di esonero non rappresenta soltanto il nulla osta per non essere vaccinati, ma costituisce altresì il lasciapassare ai servizi. Quindi, è una sorta di sostituzione al vaccino, un green pass che contiene, implicitamente la non obbligatorietà alla vaccinazione. Di qui, il fatto che non vanno formati due certificati (uno di esonero ed uno di green pass) ma uno solo, comprensivo -appunto- di esonero e di diritto di muoversi liberamente.

Infine, considerando l’esonero una condizione patologica conclamata ed immutabile, non è chiaro il motivo per cui il legislatore abbia voluto fissarci una scadenza. Questo, a meno che il tentativo non sia di rendere affannoso e gravoso lo stato di non vaccinato.

A sostegno di questa ipotesi il fatto che, così come il governo ce lo propina, dal punto di vista giuridico non ci sono gli elementi a supporto costituzionale per sostenere l’uso del green pass. Proprio in questo quadro si inseriscono la richiesta di referendum e la decisione, presa da alcuni avvocati, di ricorrere contro tale obbligo vaccinale.

LEGGI ANCHE:

Referendum green pass: “difesa delle libertà”

Avvocati, “Super Green Pass”: le novità

Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Agid
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto