bonus avvocati

Nessun bonus avvocati nel decreto Cura Italia?

È stato inserito un bonus avvocati o, essere più generalisti, un bonus professionisti nel decreto legge Cura Italia n. 18 del 17 marzo 2020?
La risposta a questa domanda non è così semplice.

IL DECRETO CURA ITALIA E IL BONUS

Il decreto, che stanzia 25 miliardi da destinare a famiglie e aziende per far fronte alla crisi innescata dall’epidemia da COVID-19, ha fatto discutere ancora prima della sua pubblicazione ufficiale.

Sebbene per la prima volta siano stati considerati anche partite iva e lavoratori autonomi (art. 27 e seguenti) , il bonus di 600€ una tantum inizialmente previsto è stato ritenuto insufficiente. Pertanto, è stato convertito in un indennizzo su base mensile fintantoché l’emergenza COVID-19 continua.

Tutto molto bello, se non fosse che della platea di beneficiari non fanno parte i professionisti iscritti alle casse previdenziali professionali, come architetti, medici, giornalisti e, chiaramente, avvocati.

Questa esclusione si fonda su una ragione tutto sommato comprensibile.
Gli iscritti alle casse professionali non versano i contributi all’inps ma, appunto, alla loro Casse. Pertanto ci si aspetterebbe che fossero proprio queste casse a elargire indennizzi ai propri iscritti in difficoltà (c
’è però poco da sperare in tal senso).

Dunque, per tornare alla domanda iniziale, se sia stato inserito un bonus avvocati o un bonus professionisti nel decreto cura Italia, la risposta immediata è no. Ma….

BONUS AVVOCATI E FONDO RESIDUALE

L’art.44 del decreto prevede l’istituzione di “Fondo per il reddito di ultima istanza” da 300 milioni di euro:

«Al fine di garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro

E ancora:

«Con uno o più decreti del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri di priorità e le modalità di attribuzione dell’indennità di cui al comma 1, nonché la eventuale quota del limite di spesa di cui al comma 1 da destinare, in via eccezionale, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103».

Sebbene non si tratti di un bonus avvocati vero è proprio, è possibile che i professionisti possano rifarsi a questa possibilità.

LIMITI DEL FONDO RESIDUALE

A differenza di quanto predisposto per le partite iva e i lavoratori autonomi, l’indennità per i professionisti presenta alcuni limiti:
  a quanto pare erogata solo a fronte della dimostrazione di un danno economico derivante da COVID-19;
– la cifra erogata non è certa,
– finiti i 300 milioni cosa succede? Che viga la regola del ‘chi prima arriva, prima alloggia’?

La ministra del Lavoro Catalfo, ospite al programma “Sono le Venti” ha dichiarato che «Nei prossimi giorni ci sarà un decreto ministeriale che regolerà la questione».
Il ministro dell’Economia Gualtieri, via Facebook, ha aggiunto che: «Con il fondo copriremo tutte le categorie di autonomi, chiederemo la collaborazione degli ordini professionali”. Sarà quindi demandata a un prossimo atto del ministero del Lavoro, in accordo con le diverse casse professionali, la decisione riguardo a chi, quanto e come riceverà l’indennizzo».

LE ALTRE DIFFICOLTÀ DI AVVOCATI E PROFESSIONISTI

Il posticipo dei pagamenti dei contributi e l’erogazione di un bonus, per quanto ancora indefinito, sono certamente disposizioni utili a tirare momentaneamente il fiato nel pieno dell’emergenza.

Il punto è che, prima o poi, quei contributi bisognerà pagarli. E con l’economia ferma a causa dell’epidemia da coronavirus, la crisi di liquidità per i professionisti si preannuncia un ostacolo non da poco.

[AGGIORNAMENTO 31 marzo: estensione del Bonus di 600 euro anche agli avvocati e agli altri professionisti]

In questi giorni Servicematica rimane operativa, sebbene in modalità da remoto. 
Dato il grande afflusso di chiamate, vi invitiamo a contattarci via mail o social

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Nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati

autocertificazione

[AGGIORNATO 18 maggio] Nuovo Modulo di Autocertificazione – emergenza COVID-19

AGGIORNAMENTO 18 MAGGIO
Durante la Fase2 è necessario avere con sé l’autocertificazione SOLO in caso di spostamenti tra regioni. Le regole di compilazione e le motivazioni rimangono invariate.
Scarica il modulo di autocertificazione per gli spostamenti tra regioni.

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Ripubblichiamo a servizio di tutti il nuovo modulo di autocertificazione per gli spostamenti durante l’emergenza Covid-19 predisposto dal Ministero dell’Interno.

Scarica il modulo di autocertificazione aggiornato al 4 maggio.

CONTENUTO DEL MODULO DI AUTOCERTIFICAZIONE

Il modulo di autocertificazione è predisposto per l’inserimento dei dati identificativi del soggetto, del riferimento a un documento e la motivazione dello spostamento.

Inoltre, è presente uno spazio aperto dove spiegare i dettagli del proprio spostamento (lavoro presso…devo effettuare una visita in…).

L’autocertificazione deve sempre essere portata con sé e mostrata nel caso in cui le autorità lo richiedessero.

Oltre all’autocertificazione è bene avere con sé anche altri documenti che giustifichino lo spostamento (dichiarazione del datore di lavoro, certificati medici, ecc).

Scarica il modulo di autocertificazione.

QUALI LIMITI ALLA MOBILITÀ

Ricordiamo che a seguito del DPCM 9 marzo 2020, le misure di contenimento dell’epidemia da coronavirus sono state estese a tutto il territorio nazionale.

Tra le misure principali, l’obbligo di evitare gli spostamenti e gli assembramenti.

Rimangono ammessi solo gli spostamenti per:

  • comprovati motivi lavorativi,
  • situazioni di necessità (spese alimentari o di farmaci, assistenza a persone non autosufficienti),
  • motivi di salute (visite ed esami non prorogabili con impegnativa del medico).

In relazione agli spostamenti per lavoro, va specificato cosa si intenda per comprovati motivi.

Gli spostamenti per lavoro concessi riguardano solo quelle situazioni in cui:
  il lavoratore non abbia altra alternativa per svolgere la sua mansione se non recarsi in azienda, presso i clienti, i fornitori o terzi;
l’operatività dell’azienda non possa proseguire senza la presenza degli addetti.

In altre parole, per tutti i lavori che possono essere svolti da casa o momentaneamente sospesi, dipendenti e collaboratori devono evitare di recarsi in azienda e propendere per lo smart working, o il godimento di ferie, permessi, ecc.

SANZIONI RELATIVE AL DIVIETO DI SPOSTAMENTO O ALL’AUTOCERTIFICAZIONE

Il mancato rispetto dell’obbligo di non uscire è punito secondo l’art. 650 del codice penale che stabilisce l’arresto fino a 3 mesi o un’ammenda fino a 206,00 euro.

A coloro che rilasciano false dichiarazioni tramite l’autocertificazione potrebbero essere contestati i reati indicati negli articoli 495 e 483 del codice penale, che prevedono la reclusione fino a 6 anni.

Scarica il nuovo modulo di autocertificazione. 

 

In questo periodo Servicematica rimane operativa, ma predilige modalità di comunicazione in remoto. 
Dato il grande afflusso di chiamate al nostro help-desk, vi invitiamo a preferire l’invio di mail

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misure di cassa forense

Epidemia da Coronavirus: le misure di Cassa Forense

Vi riportiamo qui di seguito le principali misure di Cassa Forense per affrontare l’impatto delle disposizioni governative per il contenimento dell’epidemia da Coronavirus.

AGGIORNAMENTO 3 APRILE 2020: Cassa Forense ha stabilito nuove misure a sostegno degli avvocati. Leggi l’articolo “I nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati“.

CONTENUTO DELLE MISURE DI CASSA FORENSE

1. CONTRIBUTI 

– Sospensione dei termini di tutti i versamenti e degli adempimenti previdenziali forensi fino al 30 settembre 2020 per tutti gli iscritti.

2. MISURE PER LA SALUTE DEGLI ISCRITTI



– Possibilità di attivare, tramite una convenzione con VIS-Valore in Sanità s.r.l., una card gratuita (il costo è completamente a carico di Cassa Forense).
La tessera permette uno sconto in caso di utilizzo delle strutture convenzionate con la Società.
La validità della carta si estende al nucleo familiare.
Si può richiedere la card a partire dal 12 marzo attraverso la propria area personale nel sito di Cassa Forense, cliccando sul link verde “chiedi VIS CARD”.
Verrà rilasciato un codice da utilizzare per registrarsi al sito di VIS-Valore in Sanità e, da lì, sarà possibile attivare la card.

– All’interno della convenzione con AON, è stata attivato il servizio di consulenza telefonica o di video-consulto per gli iscritti (o i familiari) che dovessero presentare evidenti sintomi riconducibili al Coronavirus.
Il numero da contattare è 039.65546064 e sarà attivo da venerdì 13 marzo per un periodo di 4 mesi e un numero massimo di 2.500 consulti.
L’iscritto che volesse farne uso dovrà dovrà identificarsi all’operatore indicando il codice FOREN001.

Tutte le misure di Cassa Forense per far fronte alle conseguenze delle disposizioni sul contenimento di COVID-19 sono reperibili sul sito ufficiale dell’ente.

AGGIORNAMENTO 3 APRILE 2020: Cassa Forense ha stabilito nuove misure a sostegno degli avvocati. Leggi l’articolo “I nuovi provvedimenti di Cassa Forense a favore degli avvocati“.

In questi giorni di emergenza Servicematica rimane operativa in modalità da remoto. Dato il grande afflusso di chiamate ai nostri centralini, vi chiediamo di contattarci preferibilmente via mail.
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udienze telematiche

Strumenti per le udienze telematiche e lo smart working

Abbiamo pubblicato sul nostro sito delle utilissime istruzioni per utilizzare gli strumenti per le udienze telematiche e lo smart working.

A seguito dei DPCM che impongono limiti alla mobilità e alle attività degli esercizi commerciali al fine di contrastare il contagio da coronavirus, anche gli studi legali e gli avvocati si trovano a dover fare i conti con il lavoro in remoto.

Sappiamo che per molti il passaggio non è così semplice, ecco dunque perché abbiamo deciso di pubblicare delle istruzioni semplici e chiare relative agli strumenti per le udienze telematiche e lo smart working.

Qui di seguito vi offriamo qualche informazione in più

STRUMENTI PER LE UDIENZE DA REMOTO

Pochi giorni fa il Ministero della Giustizia ha diffuso un provvedimento volto a spingere il lavoro da remoto. In particolare, gli strumenti per le udienze telematiche suggerite sono 2: Skype for Business e Teams.

Entrambi sono software di teleconferenza compatibili con Mac e Windows.

Le guide pubblicate sul nostro sito sono state redatte dal Consigliere avv. Federica Santinon dell’Ordine degli Avvocati di Venezia.

STRUMENTI DI SMART WORKING

Quando si tratta di lavorare in remoto, avere la possibilità di accedere a un computer che si trova fisicamente in un altro luogo può fare la differenza.

Tra tutti i software disponibili, noi abbiamo scelto AnyDesk.
Chi di voi ha avuto modo di parlare con il nostro help desk conosce già questo software.

AnyDesk vi permette di connettervi a qualsiasi computer che abbia, a sua volta, il programma scaricato al suo interno.

Quello che vi consigliamo di fare è di scaricare AnyDesk dal nostro sito installandolo nel vostro computer in studio, impostare una password, scaricare Any Desk sul vostro pc di casa e accedere al computer in studio quando volete.

In simil modo, potete consentire ai vostri collaboratori di accedere al vostro computer o, viceversa, potete voi stessi accedere ai loro.

AnyDesk garantisce connessioni remote sicure e affidabili.

Un altro strumento utilissimo è la nostra piattaforma Service1 che permette di:
– depositare telematicamentenotificare e conservare digitalmente a norma di legge.
Funziona per il PCT Processo Civile Telematico, il PAT Processo Amministrativo Telematico e permette di consultare le sentenze di Cassazione del Processo Penale Telematico;

firmare digitalmente i file, verificare l’esatta ora e data di deposito della controparte;

– accedere alla webmail pec integrata e al modulo dedicato alla Privacy, con la creazione del registro del trattamento e le informative per le tue anagrafiche;

– attivare il modulo di Fatturazione Elettronica.

Per aiutarvi a utilizzare Service1 abbiamo pubblicato tantissime guide e altre sono accessibili tramite la piattaforma stessa.

 

Se avete dubbi o perplessità, potete contattarci. Salvo ulteriori decisioni, Servicematica rimane operativa.

 

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smart working

Smart working. Cos’è e come funziona

L’epidemia di coronavirus ha introdotto un nuovo termine nel vocabolario di molti dipendenti e imprenditori: smart working.

Per coloro che incontrano questo concetto per la prima volta non è facile capire esattamente di cosa si tratti, né come si applichi o quali siano i confini normativi entro cui muoversi.

Il primo problema è che nelle visione più semplicistica e comune ‘smart working’ è sinonimo di ‘telelavoro’.
Effettivamente, lo smart working può rientrare nel telelavoro, ma ci sono delle differenze.

Il telelavoro è il lavoro da casa ed è sottoposto a dei vincoli rigidi (deve essere svolto in un luogo ben preciso, con degli strumenti ben definiti, ecc.).
Lo smart working comporta un approccio completamente diverso, basato sulla flessibilità, l’agilità e il raggiungimento di obiettivi. Assomiglia al lavoro di molti professionisti freelance, che possono lavorare a casa o al bar, con il portatile o lo smartphone, di mattina o di sera, ma rimane una forma di lavoro subordinato governata da un accordo fra dipendente e datore di lavoro.

Di smart working si parla nell’art.18 della Legge n. 81/2017, in cui vengono sottolineati gli aspetti tipici di questa modalità di lavoro: flessibilità organizzativa, volontarietà delle parti coinvolte e utilizzo di strumenti per il lavoro da remoto.

Vi riportiamo qui di seguito alcune informazioni utili per comprendere meglio lo smart working e la sua applicazione.

CARATTERISTICHE DELLO SMART WORKING


ATTIVITÀ 


Ricadono nello smart working tutte quelle attività che possono essere completamente o in parte svolte in luoghi diversi dall’abituale posto di lavoro.
Si tratta soprattutto di attività intellettuali: formazione, riunioni, consulenze, stesura di atti e documenti, alcune attività di segreteria, programmazione informatica, attività di amministrazione, ecc.

Potremmo dire che gran parte delle mansioni che non necessitano di particolari strumentazioni, che sono realizzabili via Internet e/o in un luogo diverso dall’ufficio sono convertibili in telelavoro.

Di queste, molte rientrano nello smart working .

LUOGO

L’attività lavorativa può essere svolta ovunqueprevio accordo fra dipendete e datore di lavoro.

MODALITÀ

Il lavoratore opera in completa autonomia, ma deve rispettare gli accordi presi e raggiungere gli obiettivi fissati.
Deve garantire la reperibilità telefonica o telematica all’interno delle fasce orarie stabilite dall’accordo e impegnarsi a garantire la riservatezza dei dati aziendali di cui è custode.

La strumentazione tecnologica può essere fornita dall’azienda o essere di proprietà del lavoratore.
In caso di attrezzature fornite, il lavoratore ne è responsabile, deve averne cura e deve impegnarsi a usarle solo per motivi lavorativi.

Il datore di lavoro o chi per lui monitora l’attività del lavoratore in remoto e ne valuta l’operato.

ORARIO LAVORATIVO

In caso di smart working, un lavoratore non può superare l’ammontare di ore previste dall’accordo.
Le parti hanno la facoltà di decidere un orario di lavoro ben definito.

Il lavoratore in smart working può interrompere il lavoro solo per valide e comprovate ragioni. Nel caso, dovrà informare il datore o chi per lui.

RETRIBUZIONE

In caso di smart working la retribuzione non subisce alcun cambiamento.

SPESE

Le spese derivanti dai consumi elettrici, la connessione alla rete Internet, le comunicazioni telefoniche o il cibo sono a carico del lavoratore.

OBBLIGHI ASSICURATIVI

La legge numero 81 del 22 maggio 2017, art. 23, dice: «il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali.»

La Circolare INAIL numero 48 del 2017 aggiunge che «lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile non fa venir meno il possesso dei requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti ai fini della ricorrenza dell’obbligo assicurativo, rispettivamente, dagli articoli 1 e 4, n. 1) del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124».

In altre parole, per i lavoratori in smart working è prevista la tutela in caso di infortuni e malattie professionali esattamente come per qualsiasi altro dipendente.

Il datore di lavoro non risponde però di infortuni causati da comportamenti non legati al corretto svolgimento della prestazione lavorativa da parte dello smart worker.

SMART WORKING ED EMERGENZA CORONAVIRUS

Tra le misure adottate dal Governo per contenere e gestire l’epidemia da COVID-19 (coronavirus), il Presidente del Consiglio dei ministri ha emanato il 1° marzo 2020 un nuovo Decreto che facilita l’accesso allo smart working.

Per saperne di più, vi invitiamo a visitare il sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

CONCLUSIONI

In sostanza, per realizzare lo smart working servono 2 cose:

  • – accordi chiari e ben definiti sia da un punto di vista contrattuale che organizzativo (cosa va fatto, entro quando, quale risultato si vuole ottenere, ecc.), senza tralasciare gli aspetti legati alla privacy di entrambe le parti;
  • – tecnologie che permettano di lavorare e comunicare in remoto: il dipendente deve poter svolgere i propri compiti e il datore deve poter monitorare l’attività. 

Sei un avvocato o un magistrato e vuoi organizzarti per le udienze in remoto ma non sai come fare?
Sei un’azienda o un professionista e hai bisogno di un supporto tecnico-informatico per applicare lo smart working? CONTATTACI.
Salvo ulteriori disposizioni, Servicematica rimane operativa. 

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Udienze in remoto: le disposizioni del Ministero della Giustizia

Alla luce dell’emergenza coronavirus, anche le attività giudiziarie devono adeguarsi e favorire il contenimento e la gestione dell’epidemia. Pertanto si chiede di favorire le udienze in remoto.

A stabilirlo è il provvedimento emanato dal Ministero della Giustizia a seguito della pubblicazione del decreto legge n.11 dell’8 marzo “Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria”.

Il provvedimento si compone di solo 4 articoli.

SVOLGIMENTO DELLE UDIENZE IN REMOTO – SETTORE CIVILE

Le udienze in remoto del settore civile possono svolgersi utilizzando i software indicati dal Ministero.
Tali software si basano su infrastrutture o data center in dotazione esclusiva al Ministero e dovrebbero quindi garantire un  buon grado di sicurezza informatica.

I programmi sono:
– Skype for Business;
– Teams.

SVOLGIMENTO DELLE UDIENZE IN REMOTO – SETTORE PENALE

Per lo svolgimento in remoto delle udienze penali si possono utilizzare gli strumenti di videoconferenza a già disposizione degli uffici giudiziari e degli istituti penitenziari.

Possono essere utilizzate anche le modalità di collegamento in remoto già indicate per le udienze civili nel caso in cui non sia necessari garantire le comunicazioni audio tra il difensore e il suo assistito o se il numero di imputati coinvolti e detenuti in luoghi diversi permetta la reciproca visibilità.

Alleghiamo il testo originale del provvedimento del Ministero della Giustizia.

Se necessitate di assistenza tecnico-informatica per gestire e organizzare il lavoro da remoto, contattateci. Servicematica rimane operativa.

 

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L’epidemia da Coronavirus COVID-19 non ha solo esposto le debolezze dei sistemi sanitari nazionali e le inadeguatezze organizzative, ma sta anche creando difficoltà nella gestione dell’accesso ai dati personali dei cittadini.

Da un lato, i timori del contagio spingono aziende e datori di lavoro a indagare sullo stato di salute dei propri dipendenti, chiedendo informazioni che spesso rientrano nella sfera personale. Dall’altro, sono le istituzioni stesse a “sospendere” momentaneamente la tutela della privacy.

Al di là dell’emergenza del momento, il tema dell’accesso ai dati personali, soprattutto a scopi giudiziari e di pubblica sicurezza, è molto più rilevante a livello europeo di quello che si potrebbe pensare.

Negli ultimi anni, la Corte di Giustizia Europea si è pronunciata più volte in materia di conservazione e accesso ai dati personali.
Un esempio è la sentenza ‘Tele2 Sverige e Watson’ in cui si dice che gli Stati membri non possono imporre ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica alcun obbligo di conservazione di dati generalizzata e indifferenziata.

Alcuni stati non vedono di buon occhio il crescente impegno alla tutela della privacy digitale: non poter accedere liberamente a email, traffico telefonico e messaggistica dei cittadini significa essere privati di uno strumento utile alla gestione di minacce alla sicurezza nazionale (emergenze sanitarie comprese), della lotta contro la criminalità o del terrorismo.

Non pensiate però che ottenere l’accesso ai dati personali a scopi giudiziari sia così facile. Vi basti pensare che è di poche settimane fa la notizia che Google ha deciso condividere i suoi database con le forze dell’ordine solo a fronte di un pagamento, scoraggiando così molte richieste.

Nel frattempo, le istituzioni europee sono al lavoro per regolamentare la conservazione e l’accesso ai dati personali al fine di tutelare la privacy dei cittadini.

Ecco una breve panoramica su alcune interessanti proposte legislative sulla raccolta di dati tramite tecnologie digitali e il loro uso che, nel prossimo futuro, potrebbero impattare sulla materia.


PROPOSTE LEGISLATIVE RELATIVE ALL’ACCESSO AI DATI DEI CITTADINI

E-EVIDENCE PACKAGE

Questo pacchetto legislativo contiene diverse proposte sulla gestione delle prove elettroniche.
Tra queste, anche l’obbligo per i prestatori di servizi digitali non europei di individuare un rappresentante legale nell’unione europea che possa rispondere alle direttive comunitarie in tema di produzione e conservazione di prove digitali.
La figura del rappresentante legale serve a compensare la mancanza di un obbligo giuridico generale per i prestatori di servizi non europei essere fisicamente presenti nell’Unione quando vi prestano servizi.
L’E-Evidence Package dovrebbe facilitare la cooperazione tra i paesi e la più efficace acquisizione di prove elettroniche dovrebbe impattare positivamente sull’andamento dei procedimenti penali.

Il Consiglio e il Parlamento europei non sono sulla stessa linea di pensiero ma, insieme alla Commissione Europea, presto si impegneranno a trovare una posizione condivisa.

REGOLAMENTO E-PRIVACY  

Lo scopo del regolamento è garantire «il rispetto per la vita privata, la riservatezza delle comunicazioni e la protezione dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche» nell’Unione Europea.
Rafforzerà l’impatto del Gdpr sulle strategie di marketing poiché va a regolarizzare la raccolta e la gestione dei dati memorizzati o inviati dall’utente finale tramite smartphone, tablet e computer.

Il Consiglio non è ancora giunto a un accordo condiviso sul regolamento, pertanto è possibile che venga pubblicata a breve una nuova proposta.

TRATTATO INTERNAZIONALE IN ACCORDO CON GLI USA

I principali fornitori di servizi di comunicazione elettronica hanno sede negli Stati Uniti – Google è l’esempio più calzante – di conseguenza gran parte delle richieste di accesso ai dati personali sono indirizzate verso questo paese.
La normativa sulla tutela della privacy negli USA è diversa da quella Europea, con il Patriot Act che consente all’amministrazione Trump di accedere facilmente ai dati a disposizione delle aziende come Facebook qualora la sicurezza nazionale lo richiedesse. Di contro, il Patriot Act impone di mantenere la riservatezza in casi in cui la Direttiva EU sulla protezione dei dati obbliga le aziende a informare gli utenti se e quando le loro informazioni personali vengono trasmesse a terzi.
È dunque diventato necessario trovare un terreno comune su cui operare.

Questo trattato ha come obiettivo facilitare l’accesso delle autorità europee a dati conservati negli Stati Uniti e viceversa.

PROTOCOLLO ADDIZIONALE ALLA CONVENZIONE DI BUDAPEST

La Convenzione di Budapest del 2001 fu il primo accordo internazionale sui crimini informatici e mirava al raggiungimento di una politica comune fra gli Stati membri basata su una legislazione appropriata capace di consentire un’azione coordinata.

Il protocollo addizionale del Consiglio d’Europa vuole rendere l’ottenimento dei dati relativi al traffico telefonico e telematico conservati all’estero meno dispendioso e più veloce.

A influenzare tutti i lavori legislativi concorreranno gli sviluppi giurisprudenziali dei prossimi mesi. Diverse sono già le cause sull’accesso ai dati personali a scopi giudiziari e non portate davanti alla Corte di Giustizia Europea.
Le sentenze della Corte fisseranno i limiti che gli Stati membri dovranno rispettare nei loro rapporti con i fornitori di servizi di comunicazione elettronica.

 

Desideri che la tua azienda sia in regola con le disposizioni sulla sicurezza e sulla privacy? Scopri cosa può fare per te Servicematica.

 

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inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore

[AGGIORNATO GIUGNO 2020] Inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore ai tempi del Coronavirus

AGGIORNAMENTO GIUGNO 2020: Con il Decreto Legge 30 aprile 2020, n. 28 la mediazione diventa obbligatoria per le controversie generate da inadempimento contrattuale causato dagli effetti di COVID-19.

Il coronavirus COVID-19 e le misure di contenimento imposte dai governi nazionali stanno influenzando negativamente la capacità delle aziende, soprattutto quelle cinesi e italiane, di adempiere ai contratti commerciali sottoscritti.

In particolare, la situazione in Cina sta intaccando l’approvvigionamento di merci e componenti, impattando negativamente sulla produzione e sulla fornitura dei merci e prodotti e già ordinati, ma sta anche ostacolando le esportazioni verso il paese asiatico. 

Lo scenario che si prospetta è alquanto complesso, con i venditori finali che vorranno rifarsi sui fornitori che, a loro volta, vorranno rifarsi sui produttori i quali, però, invocheranno l’inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore.

INADEMPIMENTO CONTRATTUALE PER CAUSA DI FORZA MAGGIORE: RIFERIMENTI NORMATIVI

L’inadempimento contrattuale è definito dall’art. 1218 c.c.: «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile».

 La forza maggiore è invece indicata nell’art.1256 c.c. in cui si dice che: «l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa “impossibile».

Va ricordato che  causa a sé non imputabile” non è ogni fattore che abbia posto il debitore nell’impossibilità di adempiere al contratto, ma quei fattori che:
– sono superiori alla diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per adempiere al contratto,
– comportino delle conseguenze che il debitore non può contrastare con eguale diligenza.

Per il diritto cinese, la forza maggiore riguarda invece situazioni obiettive, imprevedibili, inevitabili e insormontabili (art. 117 legge sui contratti della Repubblica popolare cinese).

Infine, l’art. 79 della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci, ratificata dall’Italia e dalla Cina, definisce la forza maggiore come l’impedimento fuori dal controllo di una parte, non ragionevolmente prevedibile al momento della sottoscrizione del contratto, inevitabile e non superabile.

Secondo l’Unidroit, l’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato, le cause di forza maggiore sono quelle che:
esulano dal controllo della parte obbligata,
– implicano un impedimento (o delle conseguenze) che la parte non poteva prevedere al momento dell stipula del contratto, che non poteva evitare o superare.

COME RISOLVERE LA SITUAZIONE DELLE AZIENDE

L’unico modo per sbrogliare le inevitabili matasse in cui molte aziende e, di conseguenza, molti consulenti legali si ritroveranno, è valutare il contratto stipulato.

Si dovranno esaminare le clausole e verificare – soprattutto nel caso di controparti straniere- il foro competente e la legge di riferimento.

Anche qualora figurassero delle chiare clausole per la gestione di ritardi e inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore, bisognerà però capire se il coronavirus rientri o meno in questa fattispecie.

Il concetto di ‘forza maggiorenon è infatti univoco e pertanto va valutato caso per caso.

Riprendendo i principi indicati dall’Unidroit, esempi di causa di forza maggiore sono le catastrofi naturali, ma anche eventi umani come guerre, atti di terrorismo, rivolte, scioperi e misure governative.

Il coronavirus potrebbe rientrare nella categoria delle catastrofi naturali, ma anche in quella degli eventi umani, a causa degli impedimenti generati dalle misure di contenimento adottate dalle autorità locali (quarantene, limiti alla circolazione di merci e persone, ecc.).

Se il coronavirus fosse effettivamente considerato causa di forza maggiore, questo non escluderebbe una certa responsabilità da parte del soggetto inadempiente.
Vanno infatti valutati:
in che modo l’evento ha condizionato l’adempimento delle obbligazioni contrattuali,
  il rispetto degli obblighi stabiliti dal contratto,
  la già citata diligenza da parte del debitore una volta verificatosi l’evento (se ha informato tempestivamente la controparte, e se ha adottato le misure necessarie ad arginare le cause dell’evento il diffondersi del virus all’interno della sua azienda per evitare stop alla produzione/fornitura).

In conclusione, almeno in via teorica il coronavirus può essere considerato una causa di forza maggiore che genera inadempimento contrattuale.
Nella pratica, ogni caso dovrà essere valutato a sé.

NOTE

Per i legali che seguono aziende che intrattengono relazioni commerciali con la Cina, segnaliamo che il China Council for the Promotion of International Trade (agenzia accreditata presso il Ministero del Commercio Cinese) fornisce certificati che attestano che l’eventuale ritardo o l’inadempimento contrattuale per causa di forza maggiore sono diretta conseguenza dell’epidemia di coronavirus.
Inoltre, segnaliamo che durante e a seguito dell’epidemia di SARS del 2003, diversi arbitrati e tribunali cinesi hanno riconosciuto la sussistenza della causa di forza maggiore.

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riduzione del 50% del compenso dell’avvocato

La riduzione del 50% del compenso dell’avvocato: è possibile?

Può un avvocato vedersi imporre la riduzione del 50% del compenso?

Assolutamente sì.

IL CASO

Un legale impegnato in una causa ereditaria si vede elargire un compenso minore del previsto e decide di fare ricorso.

La seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3842/2020, rigetta però il ricorso ricordando che il giudice ha il potere di ridurre fino al 50% il compenso del difensore nel caso in cui la controversia si riveli “semplice“, secondo quanto indicato nell’art.18 del D.M. 140/2012.

Nel caso specifico, la valutazione di “semplicità” è dipesa dall’analisi dell’attività svolta dall’avvocato difensore nella fase introduttiva, limitata al solo deposito della memoria di costituzione.

I RIFERIMENTI NORMATIVI

Per capire la riduzione del 50% del compenso dell’avvocato dobbiamo considerare che i parametri relativi alle spese processuali sono fissati nel D.M. 55/2014.
La loro applicazione è limitata ai casi in cui la liquidazione giudiziale delle spese:
– avvenga successivamente l’entrata in vigore del decreto stesso,
– sia riferita al compenso del professionista se questo, alla data considerata, non ha ancora completalo la prestazione professionale anche se è iniziata e si sia in parte svolta prima dell’entrata in vigore del decreto stesso.

Nel caso in questione, il Tribunale non ha applicato i parametri fissati in questo decreto poiché l’attività dell’avvocato si è conclusa con la rinuncia del mandato prima dell’entrata in vigore del decreto stesso.

Pertanto, è stato applicato il  D.M. 140/2012 che ammette la riduzione del 50% del compenso dell’avvocato.

Oltre alla riduzione, è stato anche escluso il rimborso forfettario per le spese generali, pari al 15% del compenso totale, sempre perché introdotto con il D.M. 55/2014.

Testo originale dell’ordinanza n. 3842/2020.

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deposito è perfezionato con la sola RAC

PCT: il deposito è perfezionato con la sola RAC

L’irregolarità fiscale inficia il deposito telematico degli atti? Oppure il deposito è perfezionato con la sola RAC e senza la marca da bollo?

L’ordinanza n.5372/2020 emessa dalla Corte di Cassazione ci aiuta a capire che la seconda opzione è assolutamente corretta.

IL CASO E L’ARTICOLO 285

A un cittadino straniero viene negata la protezione internazionale.
Il cittadino ricorre dinanzi al Tribunale di Cagliari che, però, dichiara il ricorso inammissibile perché depositato oltre il termine dei 30 giorni fissato dall’art.35bis, comma 2, d.lgs. n. 25/08.

L’istanza di remissione in termini non viene accolta poiché l’iscrizione a ruolo, effettuata telematicamente, è sprovvista della marca da bollo, determinandone l’irricevibilità secondo quanto indicato dall’art. 285 T.U. n. 115/02, che prevede il rifiuto degli atti da parte del cancelliere in caso di irregolarità fiscale.

Il cittadino ricorre allora per Cassazione, sostenendo che l’articolo in questione non sia applicabile alla sua fattispecie. Ad avvalorare la sua tesi, il fatto che il deposito telematico abbia generato la RAC, la ricevuta di avvenuta consegna della PEC.

La Cassazione concorda.

PERCHÈ IL DEPOSITO È PERFEZIONATO CON LA SOLA RAC

La motivazione dietro la decisione della Cassazione è semplice.

Il rifiuto degli atti da parte del cancelliere in caso di irregolarità fiscale previsto dall’art. 285 del T.U. è applicabile al solo deposito cartaceo. Con l’avvento del PCT, il Processo Civile Telematico, tale possibilità decade.

Anche il Ministero della Giustizia si è espresso in tal senso nella nota n.164259 del 4 settembre 2017, escludendo l’applicabilità in caso di deposito telematico dell’atto introduttivo del processo.

Nell’ordinanza n.5372/2020 la Cassazione spiega che: «il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia».

In caso di irregolarità fiscali, il cancelliere provvede a riscuotere le somme secondo le modalità indicate nella nota ministeriale già citata.

Alleghiamo il testo dell’ordinanza n.5372/2020 della Corte di Cassazione.


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