Firma autografa elettronica: nessun test per verificarne la validità come prova in giudizio

Firma autografa elettronica: nessun test per verificarne la validità come prova in giudizio

Riprendiamo un interessante articolo di Giovanni Manca (ANORC) a proposito del valore della FEA, la firma autografa elettronica, come prova in sede di giudizio.

TANTE FIRME TUTTE DIVERSE

La perizia grafologica è lo strumento utile a stabilire se una firma è autentica o meno, ma anche alcuni elementi della condizione personale del firmatario.

A differenza di ciò che si potrebbe pensare, esistono diverse tipologie di firme.

Esiste la firma autografa, quella che eseguiamo a mano, con penna e carta.
Esiste la firma digitale che, detta in modo semplicistico, è una stringa di caratteri che conferisce a un documento informatico autenticità, integrità e non ripudio.
Ed esiste poi la firma grafometrica, ovvero la firma eseguita con una sorta di penna elettronica su un supporto digitale. È detta anche firma autografa elettronica (FEA).

La firma autografa elettronica assomiglia alla firma autografa tradizionale, poiché è generata da un gesto manuale molto simile, ma i mezzi e i supporti utilizzati sono completamente diversi e presentano questioni di non così immediata soluzione: la perizia grafologica tradizionale non è applicabile e l’acquisizione e al trattamento dei dati personali diventa rilevante.

L’ASSENZA DI UN TEST PER STABILIRE SE LA FIRMA AUTOGRAFA ELETTRONICA SIA UNA PROVA

Come spiega Manca, non esiste un test che permetta di stabilire se una firma grafometrica possa essere una prova da portare in giudizio. Solo «l’intervento di un perito grafologo che abbia acquisito una formazione specifica relativa all’analisi qualitativa e quantitativa dei dati, alla conoscenza dello strumento tecnologico, nonché alla normativa di riferimento per la verifica della FEA grafometrica» potrebbe risolvere la questione.

LA MODALITÀ DI VERIFICA DI UNA FIRMA GRAFOMETRICA

La firma autografa elettronica è una firma acquisita digitalmente, pertanto contiene ed è essa stessa un insieme di dati informatici che possono essere letti solo dal dispositivo con il quale è stata acquisita.
Poiché ogni produttore ha i propri protocolli, l’analisi della firma diventa complicata. Bisognerebbe, infatti, essere in possesso di una moltitudine di dispositivi (e delle relative conoscenze tecniche) per operare in maniera precisa.

L’insieme di dati digitali contenuti in una firma grafometrica devono dunque essere estratti e convertiti in formato ISO/IEC 19794-7 (2014), lo standard di riferimento.

Questo standard indica i parametri da considerare nell’analisi della firma, tra cui le coordinate X e Y del tratto o il tempo di acquisizione della coordinata.
Vi sono altri elementi che potrebbero rivelarsi utili e che non rientrano nello standard. Per esempio, i parametri di acquisizione del dispositivo usato offrono informazioni sulla pressione esercitata al momento della firma.

Molti dei dati estrapolati dalla firma grafometrica sono poi informazioni biometriche realtive firmatario. Per questo motivo, l’analisi deve essere svolta rispettando quanto stabilito dal Garante in materia di protezione dei dati personali (n. 513/2014) e sulla loro disponibilità solo su richiesta dell’Autorità Giudiziaria.

A complicare le cose vi è anche il fatto che la firma autografa elettronica può essere eseguita con una penna digitale ma anche con un dito e questo comporta delle peculiarità che influenzano l’analisi.

In aiuto è venuta AGI (Associazione Grafologica Italiana) che ha pubblicato un documento intitolato “Le buone prassi per l’analisi forense della scrittura” per offrire dei riferimenti per la perizia di una firma grafometrica.

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