Fatture elettroniche: il Garante della Privacy boccia l'Agenzia delle Entrate

Fatture elettroniche: il Garante della Privacy boccia l’Agenzia delle Entrate

Il Garante della Privacy si è nuovamente espresso sulle fatture elettroniche, o meglio, sulle regole per l’emissione e la ricezione indicate dall Agenzia delle Entrate  (“Regole tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti e stabiliti nel territorio dello Stato e per le relative variazioni, utilizzando il Sistema di Interscambio, nonché per la trasmissione telematica dei dati delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi transfrontaliere e per l’attuazione delle ulteriori disposizioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127”).

Il provvedimento del Garante del 9 luglio 2020 si focalizza sulla durata del periodo di conservazione da parte dell’Agenzia delle Entrate delle informazioni contenute nelle fatture elettroniche.

Il periodo, stabilito per permettere all’Agenzia di effettuare controlli, è di 8 anni. Una durata che il Garante ritiene eccessiva.

È il Garante stesso a spiegarne i motivi:

“Lo schema in esame prevede, senza effettuare alcuna distinzione tra tipologie di dati o categorie di interessati, la memorizzazione e l’utilizzo dei file delle fatture elettroniche che contengono i dati inerenti la natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione di cui all’art. 21, comma 2, lett. g), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, estendendo così tanto l’oggetto della memorizzazione, quanto l’ambito di utilizzazione dei dati presenti nella fattura elettronica.
Non vengono escluse neppure alcune tipologie di dati (quali quelli non rilevanti a fini fiscali o quelli inerenti la descrizione delle prestazioni fornite, suscettibili di comprendere anche dati appartenenti a categorie particolari o l’eventuale sottoposizione dell’interessato a procedimenti penali, come per le fatture relative a prestazioni in ambito forense (cfr. artt. 9 e 10 del Regolamento), né i codici fiscali dei consumatori (quantomeno per fatture relative a spese non detraibili).”

Considerando che vengono emesse circa 2 miliardi di fatture all’anno, la mole di dati memorizzata è davvero impressionante.

La conclusione del Garante è quindi che “la previsione della memorizzazione e dell’utilizzazione, senza distinzione alcuna, dell’insieme dei  dati personali contenuti nei file delle fatture elettroniche, anche laddove si assicurino elevati livelli di sicurezza e accessi selettivi, risulta sproporzionata in uno stato democratico, per quantità e qualità delle informazioni oggetto di trattamento, rispetto al perseguimento del legittimo obiettivo di interesse pubblico di contrasto all’evasione fiscale perseguito.”

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