Nuove misure straordinarie di Cassa Forense

Nuove misure straordinarie di Cassa Forense

Le nuove misure straordinarie di Cassa Forense, disponibili sul sito dell’ente, sono pensate per sostenere gli iscritti anche durante la Fase 2 dell’emergenza COVID-19.

Con gli effetti del lock down sui mancati introiti e l’incertezza del futuro dovuta alla parziale ripartenza del settore della Giustizia, agli avvocati non rimane altro che cercare di mettere ordine da soli alla propria esistenza professionale.

Possono le misure straordinarie di Cassa Forense essere d’aiuto? A voi la risposta.
Noi possiamo solo darvene una panoramica.

LE MISURE STRAORDINARIE DI CASSA FORENSE

Misure a favore della salute

Una parte delle misure straordinarie di Cassa Forense è dedicata a coloro che nel periodo tra il 1 febbraio e il 2 giugno 2020 siano stati ricoverati per aver contratto il Coronavirus o posti in isolamento per essere stati in contatto diretto con contagiati.

Nei beneficiari sono compresi anche pensionati e i superstiti degli iscritti.

Misure per gli acquisti in tecnologia

1.500.000 euro vengono stanziati per un bando finalizzato a coprire fino al 50% delle spese che gli avvocati hanno sostenuto per acquistare tecnologie informatiche.

Gli acquisti considerati devono essere stati effettuati tra il 2019 e la data di pubblicazione del bando.

L’importo rimborsabile va dai 300 ai 1500 euro.

Il contributo non è cumulabile con altri contributi derivanti da bandi straordinari emanati nel 2020 o con contributi simili percepiti negli anni precedenti.

Misure per la copertura dei costi della professione

2.500.000 euro vengono messi a disposizione tramite un bando finalizzato al rimborso dei costi derivanti dall’attività professionale nel periodo tra febbraio e aprile 2020.

Il contributo forfettario è pari al 15% della differenza tra il volume di affari e il reddito netto professionale del 2018 come dichiarato con il Mod. 5/2019, e viene concesso nel caso in cui la differenza ammonti a una cifra compresa tra le 300 e le 1200 euro.

Per coloro che si sono iscritti a Cassa Forense nel 2019, a far fede saranno i dati reddituali del 2019.

Coloro che si sono iscritti nel 2020 sono esclusi dal bando, così come coloro che hanno goduto del reddito di ultima istanza in marzo e aprile e coloro che hanno beneficiato di contributi derivanti da altri bandi straordinari nel 2020. 

Misure per gli Ordini Forensi

1.500.000 euro sono destinati agli Ordini Forensi appartenenti alle 10 provincie più colpite dall’epidemia COVID-19 alla data del 3 maggio, valutando il numero di contagi ogni 1000 abitanti.

Gli ordini potranno usare i fondi a disposizione per realizzare progetti connessi all’emergenza sanitaria.

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Avete un collega avvocato che da “ospite temporaneo” è diventato una presenza fissa nel vostro studio? Non ne potete più e non riuscite a farlo sloggiare? Pensateci bene prima di cambiare la serratura senza avvisarlo o di sbarrargli la strada se tenta di entrare!

Un caso simile è oggetto della sentenza 15633/2020 con cui la Cassazione ritiene che impedire a un avvocato di entrare nello studio cambiando la serratura o sbarrando con il proprio corpo l’ingresso rappresenti una condotta violenta.

Ecco, per sommi capi, come si sono svolti i fatti.

Un avvocato si reca presso lo studio legale per prelevare i propri fascicoli ma scopre che la serratura è stata cambiata. Come se non bastasse, un suo collega si piazza all’ingresso nel tentativo di impedirgli l’accesso all’ambiente.

Ne consegue una causa che si conclude con l’assoluzione di quest’ultimo dall’accusa di violenza privata (articoli 392610 c.p.)  e dal reato di favoreggiamento per aver aiutato un altro soggetto a sviare le indagini rilasciando false dichiarazioni.

L’assoluzione viene conferma anche in Corte d’Appello, dove all’imputato vengono riconosciute le difficoltà riscontrate in precedenza nell’allontanare l’avvocato offeso che doveva essere una presenza solo temporanea nello studio.

L’avvocato offeso ricorre in Cassazione, convinto che il reato di violenza privata sussista, soprattutto tenuto conto che ha dovuto ricorrere all’autorità giudiziaria per tornare in possesso del suo materiale di lavoro.

E la Cassazione accoglie il ricorso.

PERCHÈ È VIOLENZA PRIVATA

La decisione della Cassazione si basa sull’idea che il reato di violenza privata possa includere anche condotte improprie e mezzi anomali il cui risultato sia influenzare la volontà o limitare la libertà altrui.

La Cassazione ha inoltre dimostrato che l’avvocato offeso non era poi un ospite così tanto temporaneo. A favore di questo fatto giocano:

  • la presenza del nome dell’avvocato offeso sulla targa esterna dello studio;
  • la presenza nello studio di arredi e spazi a lui dedicati;
  • Il suo contributo alle spese dello studio.

Nella sentenza dunque si legge: «l‘esistenza di ragioni che avrebbero consentito a [imputato] di escludere dall’immobile [avvocato offeso] può assumere rilievo ai fini della qualificazione della condotta come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ma non certo a consentire una violenta condotta idonea a incidere sulla libertà di autodeterminazione del primo.»

 

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Decreto “Rilancio”: le misure in materia di Giustizia

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Il decreto n.34 del 19 maggio 2020, cosiddetto “Rilancio”, contiene numerose misure che riguardano il settore della Giustizia.

L’Ufficio studi del Consiglio Nazionale Forense selezionato gli articoli i cui contenuti che hanno un impatto sugli Avvocati e gli Ordini Forensi e li ha raccolti in una scheda di lettura.

Le misure riguardano:

  • finanziamenti alla Giustizia,
  • fiscalità,
  • lavoro, ammortizzatori sociali e lavoro agile,
  • l’esame di abilitazione alla professione forense,
  • atti e procedimenti amministrativi.

Nei giorni a venire cercheremo di dare una panoramica su ognuno di questi temi.
Partiamo oggi con le misure in materia di Giustizia.

MISURE IN MATERIA DI GIUSTIZIA

Le misure in materia di Giustizia sono contenute negli articoli dal 219 al 221 del decreto.

L’art. 219

Dispone risorse e stanziamenti economici con l’obiettivo di affrontare al meglio gli ostacoli generati dall’emergenza sanitaria.

La somma totale a disposizione è di 40.000.000 euro.

La spesa autorizzata per il 2020 è di quasi 32.000.000 euro.
È destinata soprattutto all’implementazione delle misure di sicurezza e alla santificazione degli uffici giudiziari e degli ambienti delle articolazioni centrali del Ministero della Giustizia, ma anche all’acquisto di materiali igienico-sanitari, dispositivi di protezione individuale, apparecchiature informatiche e loro licenze.

Più di 4.600.000 euro sono destinati all’acquisto di hardware e software per il «personale degli istituti e dei servizi dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile e di comunità».

Quasi 9.900.000 euro sono destinati al personale delle amministrazioni e della polizia penitenziaria. Parte di questa quota va al pagamento del lavoro straordinario.

L’art. 220

Copre solo il 2020 e dispone che «il 98% delle risorse intestate al Fondo Unico Giustizia al 31 dicembre 2018, versate nel 2019, relative alle confische e agli utili della gestione finanziaria del medesimo fondo vengano riassegnate in parti uguali agli stati di previsione del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’interno».

I fondi verranno usati per finanziare interventi urgenti volti a contenere e gestire l’emergenza sanitaria o a coprire somme già anticipate per tali finalità.

L’art. 221

Aggiunge al secondo comma dell’art. 83 del DL 18/20 (convertito con modificazioni in legge 27/20), la sospensione del termine per proporre querela (art. 124 c.p.c) «per il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020». Ciò significa che dai 3 mesi indicati dall’art. 124 c.p. vanno sottratti i 63 giorni compresi nell’intervallo temporale previsto.

 

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Le regole tecniche per l'udienza da remoto nel processo amministrativo

Le regole tecniche per l’udienza da remoto nel processo amministrativo

udienza da remoto nel processo amministrativo
Sul sito di Giustizia Amministrativa sono state pubblicare le regole tecniche che introducono l’udienza da remoto nel processo amministrativo telematico. Tali regole saranno effettive a partire dal 30 maggio 2020.

Lo scopo delle linee guida non è creare un processo amministrativo completamente digitalizzato, ma permettere di attraversare questo momento di emergenza per ripristinare, dopo il 31 luglio (termine fissato dal decreto  Cura Italia”) le modalità ordinarie di svolgimento dei processi. 

QUANDO È DISPOSTA L’UDIENZA DA REMOTO

Come riportato in un articolo di Il Dubbio, l’udienza da remoto nel processo amministrativo può essere disposta:
– su richiesta congiunta delle parti,
– su richiesta di una o alcune parti,
– dal Presidente del collegio.

Se nessuno ne fa richiesta, si procede con il processo cartolare i cui atti scritti devono essere depositati fino a due giorni liberi prima dell’udienza.

LE REGOLE PER L’UDIENZA DA REMOTO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO 

Riportiamo alcuni elementi delle regole tecniche per l’udienza da remoto nel processo amministrativo.

La definizione dell’udienza

Nei casi in cui viene decisa la discussione da remoto, è la segreteria a comunicare agli avvocati, almeno un giorno libero prima della trattazione, il giorno e l’ora del collegamento in videoconferenza, avendo cura di gestire il calendario delle udienze così da evitare tempi di attesa.
Nella comunicazione saranno presenti il link all’udienza, l’avviso sul trattamento dei dati personali anche da parte del gestore della piattaforma,

Il dispositivo e le modalità

Il Presidente del collegio decide l’ammissione o l’esclusione dei difensori o delle altre parti all’udienza, e gestisce la funzione audio per concedere a questi la parola.

Il dispositivo utilizzato per partecipare all’udienza da remoto deve rispettare alcuni requisiti specificati negli allegati alle regole.
All’udienza, il Presidente del collegio e il segretario verificano la funzionalità del collegamento, le presenze e illustrano le modalità di accertamento dell’identità dei soggetti partecipanti e la loro libera volontà di dar corso all’udienza da remoto.

Prima della discussione, i difensori delle parti o le parti che agiscono in proprio dichiarano che non vi sono soggetti non autorizzati in ascolto o in visione dell’udienza o della camera di consiglio.

Se il collegamento dovesse essere impossibile per motivi tecnici, il Presidente del collegio decidere cosa fare ai sensi degli articoli 39 del codice del processo amministrativo, 11 delle disposizioni di attuazione al codice del processo amministrativo e 127 del codice di procedura civile.

I partecipanti hanno il divieto di registrare le udienze pubbliche, camerali e della camera di consiglio da remoto tenuta dai soli magistrati per la decisione degli affari.

Vige anche il divieto di utilizzare la messaggistica istantanea (chat) interna alle piattaforme per l’udienza da remoto.

Infine, è vietato l’uso di qualsiasi strumento o funzione che permettano di memorizzare le dichiarazioni dei partecipanti.

Tempi concessi per gli interventi

Gli interventi delle parti devono rispettare i seguenti tempi massimi:
a) in sede di discussione dell’istanza cautelare e nei riti dell’accesso, del silenzio, del decreto ingiuntivo, dell’ottemperanza e, in ogni altro rito speciale non espressamente menzionato nel presente comma: 7 minuti;
b) nel rito ordinario, nel rito abbreviato comune di cui all’articolo 119 del codice del processo amministrativo, nel rito sui contratti pubblici di cui agli articoli 120 e seguenti del codice del processo amministrativo, nei riti elettorali: 10 minuti.

I tempi indicati riguardano la singola parte, indipendentemente dal numero dei suoi difensori.
Il Presidente del collegio può però ridurre o espandere i tempi di intervento in relazione al numero dei soggetti difesi, la natura e la complessità della controversia.

Per approfondire, vi invitiamo a leggere i documenti ufficiali sulle regole tecniche dell’udienza da remoto nel processo amministrativo.

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Art.83 Cura Italia: incostituzionale la sospensione del corso della prescrizione?

Art.83 Cura Italia: incostituzionale la sospensione del corso della prescrizione?

E se l’art. 83, quarto comma, del decreto legge n. 18 del 2020 Cura Italia fosse in contrasto con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole indicato nell’art. 25, secondo comma, della Costituzione?

L’art. 83, comma 4, dl n. 18 del 2020 introduce la sospensione del corso della prescrizione:

“Nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei  termini ai sensi del comma 2 sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, il corso della prescrizione e i termini di cui agli articoli 303  e  308 del codice di procedura penale.”

Al secondo comma dell’art.25 della Costituzione si legge:

“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.”

Il dubbio di incostituzionalità è esplicitato in due ordinanze del Tribunale di Siena prodotte il 21 maggio 2020.

Entrambe riguardano casi in cui alcuni reati contestati agli imputati sarebbero, senza l’intervento dell’art. 83, caduti in prescrizione al momento della decisione del Tribunale.

SOSPENSIONE DEL CORSO DELLA PRESCRIZIONE E IRRETROATTIVITÀ DELLA LEGGE PENALE SFAVOREVOLE

Secondo il Tribunale di Siena, l’illegittimità della sospensione della prescrizione risiede nel fatto che l’art.83 la rende applicabile a reati commessi prima del 9 marzo 2020. In altre parole, si tratterebbe di un’applicazione retroattiva di una disciplina penale sfavorevole.

Il Tribunale riporta che la Consulta ha in passato affermato in modo chiaro che: «nell’ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione è soggetto al principio di legalità in materia penale, espresso dall’art. 25, secondo comma, Costituzione» (Corte costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, punto 4 del considerato in diritto). Inoltre, il regime legale della prescrizione è «analiticamente descritto, al pari del reato e della pena, da una norma che vige al tempo di commissione del fatto»

Il Tribunale ha quindi evidenziato un contrasto tra la sospensione del corso della prescrizione applicabile a reati commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto Cura Italia e il divieto di applicare trattamenti penali sfavorevoli in modo retroattivo come indicato dalla Costituzione.

È possibile che questa potenziale illegittimità costituzionale venga superata considerando il fatto che il Cura Italia è un decreto sviluppato per gestire una situazione emergenziale? 

Non proprio.

Il Tribunale di Siena ricorda che nella giurisprudenza costituzionale si trovano chiari riferimenti al fatto che non vi possono essere eccezioni al principio di irretroattività della legge penale sfavorevole (Corte costituzionale, sentenza n 236 del 2011, considerato in diritto n. 13).

Come la Consulta ha esplicitato in passato: «il principio di legalità in materia penale esprime un principio supremo dell’ordinamento, posto a presidio dei diritti inviolabili dell’individuo, per la parte in cui esige che le norme penali […] non abbiano in nessun caso portata retroattiva» (Corte costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, punto 2 del considerato in diritto);

In sostanza, i principi cardine indicati nella Costituzione non sono soggetti ad alcuna deroga o eccezione, compreso lo stato di emergenza generato da COVID-19.

Qui il testo della prima ordinanza e della seconda ordinanza.

[Fonte dell’immagine di copertina: Presidenza della Repubblica Italiana]

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Recupero del compenso dell’avvocato: chi è il giudice competente?

La sentenza 4240/2020 emessa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione  lo scorso 19 febbraio 2020 dà un indirizzo in materia di recupero del compenso dell’avvocato mediante procedimento ex art. 28 della legge n. 794/1942.

La sentenza stabilisce che, in caso di attività svolta per il medesimo cliente ma in più gradi di giudizio, il Giudice competente è quello che ha definito il giudizio.

COMPENSO DELL’AVVOCATO: IL GIUDICE COMPETENTE È QUELLO CHE HA DEFINITO IL GIUDIZIO

La sentenza ha per oggetto il recupero del compenso di un avvocato a seguito di attività di patrocinio per uno stesso cliente, per lo stesso processo definito in grado di appello.

Il Tribunale inizialmente interpellato dall’avvocato si dichiara non competente per la liquidazione dell’onorario, rimandando la questione alla Corte d’Appello.
Così facendo, suggerisce che nel caso di assistenza svolta in più gradi di giudizio il recupero del compenso dell’avvocato ricade sul giudice di secondo grado o di quello che abbia conosciuto per ultimo la controversia.

L’avvocato ricorre, sostenendo che sia invece necessario presentare singole domande di liquidazione a ciascun giudice, andando contro quanto stabilito dal Tribunale.

La questione passa alla Sesta Sezione civile della Cassazione, Sottosezione Seconda, che analizza la normativa applicabile e le diverse interpretazioni giurisprudenziali, decidendo di rimettere gli atti al Primo Presidente per un’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Le Sezioni Unite respingono la tesi dell’avvocato, concludendo che l’indirizzo del Tribunale si poggia su un orientamento della giurisprudenza più consolidato, e che l’indirizzo su cui si basa il ricorso dell’avvocato è invece minoritario.

L’orientamento del Tribunale è preferibile perché «Il giudice che decide la causa nel grado superiore ha una migliore visione d’insieme dell’opera prestata dall’avvocato» ed è più adeguato alle «ragioni di economia processuale che presidiano l’ordinamento e mirano ad evitare moltiplicazioni dei giudizi, in linea con i principi del giusto processo».

Il principio di fondo della sentenza è che: «nel caso in cui un avvocato abbia scelto di agire ex art. 28 della l. n. 794 del 1942, come modificato dall’art. 34, comma 16, lett. a), del d.lgs n. 150 del 2011, nei confronti del proprio cliente, proponendo l’azione prevista dall’art. 14 del medesimo d.lgs. n. 150 del 2011 e chiedendo la condanna del cliente al pagamento dei compenso per l’opera prestata in più fasi o gradi del giudizio, la competenza è dell’ufficio giudiziario di merito che ha deciso per ultimo la causa».

[Articolo scritto a partire dall’analisi degli Avv.ti Pierpaolo Greco e Roberto Di Francesco pubblicata sul sito del CNF]

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ammissibilità di nuovi documenti in appello

Ammissibilità di nuovi documenti in appello

L’ammissibilità di nuovi documenti in appello è possibile, come dimostra l’ordinanza n. 8441 del 4 maggio 2020 della Corte di Cassazione.

L’ammissibilità dei nuovi documenti è però vincolata alla loro indispensabilità.

AMMISSIBILITÀ DI NUOVI DOCUMENTI IN APPELLO E INDISPENSABILITÀ

Oggetto dell’ordinanza è il caso che ha visto come protagonista una società condannata a pagare 139.520,34 € all’INPS per mancati tributi relativi a contratti di formazione e di lavoro per i quali aveva goduto di sgravi statali.

La condanna avviene in secondo grado da parte della Corte di Appello di Roma.

La società decide di ricorrere in Cassazione sostenendo che la condanna violi l’art.2697 c.c. e gli artt. 115 e 421 c.p.c. poiché la corte territoriale:

  • – ha ritenuto inammissibile una nota informativa della provincia di Roma che la società aveva presentato in appello al fine di contestare le conclusioni alle quali era giunta la precedente CTU.
  • – non ha considerato il risultati del supplemento di perizia in cui importo doveva risultare minore rispetto ai 139.520,34 €.

La Cassazione dà ragione alla società.

In merito ai nuovi documenti in appello, spiega che:

  • – la loro ammissibilità deve essere valutata in base alla loro indispensabilità ai fini della decisione,
  • – va considerata la loro potenziale idoneità dimostrativa in relazione al thema probandum e tenendo conto dello sviluppo dell’intero processo.

Nel caso in questione, la nota della provincia risultava essere chiaramente rilevante ai fini della decisione e idonea a ridurre l’importo da pagare

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Tra gli impatti che il COVID-19 ha avuto sulla professione degli avvocati vi è anche l’impossibilità di procedere con la formazione obbligatoria.

A tal proposito, vi ricordiamo che nel corso di una seduta straordinaria tenutasi lo scorso 20 marzo, il CNF ha introdotto alcune deroghe, ribadendo però il persistere dell’obbligo formativo previsto dagli articoli 11 e 21 della legge 247/2012.

FORMAZIONE OBBLIGATORIA: LE DEROGHE DEL CNF

La formazione obbligatoria per gli avvocati durante l’anno solare 2020 (1 gennaio – 31 dicembre) sarà assoggettata a questi nuovi criteri:

  • – l’anno solare 2020 viene escluso dal conteggio del triennio formativo (comma 3 dell’art. 12 del Regolamento CNF 6 del 16 luglio 2014);
  • – durante l’anno solare 2020 gli avvocati devono conseguire un minimo di 5 crediti formativi così composti: 3 in materie ordinarie e 2 in materie obbligatorie (ordinamento, previdenza forensi, etica professionale e deontologia);
  • – tutti i crediti formativi dell’anno solare 2020 possono essere conseguiti tramite formazione a distanza (FAD);
  • – è possibile compensare i crediti del 2020 con quelli del triennio formativo precedente e/o successivo. La compensazione è valida sia per la quantità che per le materie.

Il CNF invitata le Scuole Forensi a permette agli iscritti di proseguire i percorsi formativi attraverso la modalità da remoto.

Nell’arco della stessa delibera è stato inoltre deciso di consentire il rilascio del certificato di compiuto tirocinio anche nel caso in cui il tirocinante non assistita a 20 udienze nell’arco del semestre 1° gennaio – 30 giugno 2020.

Qui il testo della delibera CNF del 20 marzo 2020.

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Le misure in tema di Giustizia previste dal D.L. “Rilancio” hanno l’obiettivo di aiutare e garantire la ripresa del regolare svolgimento dell’attività giudiziaria dopo lo stop dovuto a COVID-19 e nonostante le limitazioni che ancora permangono.

In un precedente articolo abbiamo parlato di come il  D.L. 34/2020 abbia indicato la via per sbloccare l’esame per diventare avvocato, aprendo la strada all’uso delle videoconferenze sia per la correzione delle prove scritte già sostenute, sia per le prossime prove orali.

Oltre a ciò, il decreto contiene un piano di assunzioni nella Giustizia dedicato al personale amministrativo degli uffici giudiziari, da selezionarsi tramite concorsi per soli titoli e con esame orale da tenersi su base distrettuale.

LE ASSUNZIONI NELLA GIUSTIZIA: I DETTAGLI

Le assunzioni previste sono più di 3000 e riguardano:

  •  personale amministrativo non dirigenziale
      400 unità da inquadrare come “direttore” (Area III/F3) di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 giugno 2019;
    – 150 unità  (Area III/F1) per coprire la carenza di organico negli uffici giudiziari nei distretti di Venezia, Bologna, Torino, Milano, Brescia;
  • cancellieri esperti
    Le unità richieste sono 2700;
  • giudici ausiliari in Corte d’Appello
    Vengono aggiunte 500 nuove nomine.

Le modalità e i termini di presentazione delle domande verranno disciplinate da un decreto specifico che dovrà essere emanato entro 2 mesi dall’entrata in vigore del D.L. Rilancio.

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L’Art.254 del D.L. 34/2020 (Rilancio”) intitolato “Misure urgenti in tema di concorso notarile ed esame di abilitazione all’esercizio della professione forense” sblocca l’empasse in cui COVID-19 aveva fatto scivolare l’esame per diventare avvocato.

Il Decreto ammette la correzione da remoto delle prove scritte sostenute lo scorso dicembre e la prova orale con una parte della commissione collegata a distanza.

ESAME AVVOCATO: CORREZIONE DELLE PROVE SCRITTE

Nel caso in cui i commissari non fossero in grado di essere fisicamente presenti per la correzione delle prove scritte, questa potrà essere svolta telematicamente, tramite videoconferenza.

Per procedere sarà però necessario che la Sottocommissione ottenga l’autorizzazione da parte del Presidente della Commissione Centrale.

Se l’autorizzazione non fosse richiesta e i commissari volessero procedere con la correzione in presenza, dovranno essere garantite le misure di distanziamento fisico.

La correzione da remoto segue i medesimi criteri di già adottati dalle commissioni d’esame.

I presidenti delle sottocommissioni per l’esame di abilitazione forense:
fissano il calendario delle sedute,
impostano le modalità telematiche con le quali verrà effettuato il collegamento da remoto,
– stabiliscono un’organizzazione della correzione volta a garantire trasparenza, collegialità, correttezza e riservatezza delle sedute;
– garantiscono il rispetto delle misure sanitarie al fine di tutelare la salute dei commissari e del personale amministrativo fisicamente presente.

I presidenti delle sottocommissioni agiscono in conformità ai criteri organizzativi stabiliti dalla commissione centrale.

ESAME AVVOCATO: LA PROVA ORALE

Sempre su richiesta della Sottocommissione, il presidente della commissione centrale può autorizzare che le prove orali programmate fino al 30 settembre 2020 vengano svolte in modalità mista.

Ciò significa che nella sede della prova di esame devo esserci:

  • il presidente della sottocommissione,
  • il segretario della seduta,
  • il candidato.

Mentre tutti gli altri membri della Commissione possono partecipare tramite videoconferenza.

Rimane necessario il rispetto delle norme di sicurezza sanitaria all’interno della sede d’esame.

Anche in questo caso i presidenti delle sottocommissioni garantiscono lo svolgimento delle prove in conformità  ai criteri organizzativi stabiliti dalla Commissione centrale.

ALTRE INFORMAZIONI UTILI

Le disposizioni indicate nell’art.254 del Decreto “Rilancio” si applicano anche alle prove orali dell’esame per l’iscrizione all’albo speciale per il patrocinio in Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori.

Inoltre, l’articolo modifica quanto indicato nella l. n. 247/2012 (“Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”), ampliando la platea di possibili commissari d’esame anche a professori universitari o ricercatori confermati in materie giuridiche in pensione.

L’ESAME PER DIVENTARE AVVOCATO NEL 2020

Nell’articolo 240 non si fa alcun accenno all’esame di abilitazione alla professione forense del prossimo dicembre 2020.

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La digitalizzazione della Giustizia: quale futuro?

Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

Iso 27017
Iso 27018
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Agid
RDP DPO
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