Divorzi tech: ormai in tribunale contano selfie e social

Nel mondo di oggi le relazioni coniugali fanno i conti con la costante esposizione delle vite online, tra chat, social network e motori di ricerca. Che cosa accade, dunque, se le infedeltà vengono scoperte proprio nel mondo di Internet?

Google Maps

Nel 2018, il Tribunale di Milano si è occupato della vicenda di un marito che, attraverso Google Maps, avrebbe scoperto l’auto della moglie parcheggiata in un luogo strano. Dopo aver fatto pressione alla donna, questa ha dovuto ammettere di aver intrapreso una relazione extraconiugale, ponendo fine quindi al loro matrimonio.

La donna ha portato in tribunale…Google, chiedendo il risarcimento per i danni subiti. Infatti, la società non avrebbe avvertito che erano in corso le riprese fotografiche per Maps, e inoltre non aveva nemmeno criptato il numero di targa dell’auto.

Il tribunale meneghino, con una decisione confermata successivamente dalla Cassazione, avrebbe rigettato la domanda. Infatti, sarebbe stata chiamata in causa una società di Google che non fornisce tale servizio, e non è stata prodotta nessuna prova di un nesso causale tra i danni subiti e il comportamento della società.

Un selfie di troppo e siti d’incontri

Se essere paparazzati su Maps è un evento piuttosto raro, lo è anche scoprire un tradimento dando un’occhiata allo smartwatch del proprio partner, come avvenuto di recente a Benevento. Tuttavia, i rischi più grandi per i coniugi infedeli passano per situazioni decisamente più comuni, come, per esempio, un selfie di troppo. Nel 2019, un uomo, davanti alla Corte d’Appello dell’Aquila, ha portato dei selfie che la moglie si sarebbe scattata insieme all’amante.

Autoscatti che non lasciavano molti dubbi, dato che l’amante era a petto nudo sul loro letto. Nonostante tutto, i giudici non hanno ritenuto che le foto fossero sufficienti per provare un effettiva relazione extraconiugale, poiché non vi era alcun atteggiamento intimo tra i due.

Insomma, per i giudici ci potrebbero essere altri motivi dietro alle foto, e per questo hanno escluso l’addebito della separazione alla moglie. Nello stesso anno, due sentenze del Tribunale di Catania e della Corte d’Appello di Palermo hanno stabilito che foto, messaggi e status non sono sufficienti per poter provare un tradimento, ma potrebbero essere validi indizi.

Attenzione anche alla navigazione online sui siti di incontri, che potrebbe determinare la fine di una storia. Si pensi alla sentenza 9284/2018 della Cassazione, per la quale un coniuge che ha cercato una relazione extraconiugale online ha violato l’obbligo di fedeltà del matrimonio.

Un comportamento che rappresenta una causa legittima di addebito di separazione e di allontanamento dal tetto coniugale. Tale orientamento è stato recentemente confermato dalla sentenza 3879/2021 della Suprema Corte, che ha dato rilevanza anche ai pagamenti effettuati online sui siti d’incontri.

Reati e privacy

Ma attenzione, perché a volte si commette un reato nello svelare l’infedeltà del coniuge. Se ci si intrufola nella mail del proprio partner, come stabilito da una sentenza della Cassazione del 2017, nonostante si sia a conoscenza della password, ecco che si inciampa del reato di accesso abusivo ad un sistema telematico o informatico, che può essere punito con reclusione sino a 3 anni.

La stessa cosa vale anche per i social: nel 2019, la Cassazione ha ribadito che la conoscenza delle credenziali d’accesso al profilo Facebook del proprio partner non può escludere il reato. Nello specifico, un marito, che conosceva le credenziali Facebook della moglie, ha deciso di entrare nel profilo di questa, fotografando le conversazioni della donna con un altro uomo per portarle in giudizio.

Insomma, sarebbe meglio acquisire un po’ più di consapevolezza per quanto riguarda la privacy online, che sia la propria o quella del partner.

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