Volete cacciare il vostro collega? Attenzione, potrebbe trattarsi di violenza privata

Volete cacciare il vostro collega? Attenzione, potrebbe trattarsi di violenza privata

Avete un collega avvocato che da “ospite temporaneo” è diventato una presenza fissa nel vostro studio? Non ne potete più e non riuscite a farlo sloggiare? Pensateci bene prima di cambiare la serratura senza avvisarlo o di sbarrargli la strada se tenta di entrare!

Un caso simile è oggetto della sentenza 15633/2020 con cui la Cassazione ritiene che impedire a un avvocato di entrare nello studio cambiando la serratura o sbarrando con il proprio corpo l’ingresso rappresenti una condotta violenta.

Ecco, per sommi capi, come si sono svolti i fatti.

Un avvocato si reca presso lo studio legale per prelevare i propri fascicoli ma scopre che la serratura è stata cambiata. Come se non bastasse, un suo collega si piazza all’ingresso nel tentativo di impedirgli l’accesso all’ambiente.

Ne consegue una causa che si conclude con l’assoluzione di quest’ultimo dall’accusa di violenza privata (articoli 392610 c.p.)  e dal reato di favoreggiamento per aver aiutato un altro soggetto a sviare le indagini rilasciando false dichiarazioni.

L’assoluzione viene conferma anche in Corte d’Appello, dove all’imputato vengono riconosciute le difficoltà riscontrate in precedenza nell’allontanare l’avvocato offeso che doveva essere una presenza solo temporanea nello studio.

L’avvocato offeso ricorre in Cassazione, convinto che il reato di violenza privata sussista, soprattutto tenuto conto che ha dovuto ricorrere all’autorità giudiziaria per tornare in possesso del suo materiale di lavoro.

E la Cassazione accoglie il ricorso.

PERCHÈ È VIOLENZA PRIVATA

La decisione della Cassazione si basa sull’idea che il reato di violenza privata possa includere anche condotte improprie e mezzi anomali il cui risultato sia influenzare la volontà o limitare la libertà altrui.

La Cassazione ha inoltre dimostrato che l’avvocato offeso non era poi un ospite così tanto temporaneo. A favore di questo fatto giocano:

  • la presenza del nome dell’avvocato offeso sulla targa esterna dello studio;
  • la presenza nello studio di arredi e spazi a lui dedicati;
  • Il suo contributo alle spese dello studio.

Nella sentenza dunque si legge: «l‘esistenza di ragioni che avrebbero consentito a [imputato] di escludere dall’immobile [avvocato offeso] può assumere rilievo ai fini della qualificazione della condotta come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ma non certo a consentire una violenta condotta idonea a incidere sulla libertà di autodeterminazione del primo.»

 

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