Giustizia Veneto: nasce l’applicazione per smaltire i tempi d’attesa presso i Tribunali e le Corti d’Appello

Giustizia Veneto è la nuova applicazione realizzata da Servicematica per dispositivi Android e IOS, promossa dall’Ordine degli Avvocati di Venezia in collaborazione con il Tribunale e la Corte d’Appello.

L’applicazione nasce dall’idea di ridurre i tempi d’attesa presso i Tribunali e le Corti d’Appello durante le udienze.

Giustizia Veneto rappresenta la soluzione facile e gratuita che permette all’avvocato di essere avvisato in tempo reale del proprio turno di udienza direttamente sul suo smartphone, evitando così inutili code o assembramenti lungo i corridoi o le aule dei Tribunali e le Corti d’Appello

Una volta completata la prima installazione, l’applicazione Giustizia Veneto non richiede credenziali o codici d’accesso per il suo utilizzo; basterà semplicemente inserire l’udienza e si verrà avvisati tramite notifica push sullo smartphone quando è il momento di entrare in aula.

Giustizia Veneto è disponibile al download gratuito tramite Google Play Store e App Store.

 

Gratuito Patrocinio

Giustizia Veneto permette di consultare le proprie istanze di Gratuito Patrocinio. Le pratiche possono essere visualizzate per ordine cronologico oppure per stato attraverso dei filtri specifici presenti nella barra inferiore del menu.

Cliccando sulle singole istanze sarà possibile visualizzare i dettagli ed effettuare il download di eventuali allegati.

Difese d’ufficio

L’app Giustizia Veneto è l’unica app che consente di avere sempre a portata di mano i propri turni di reperibilità delle difese d’ufficio.

Le nomine vengono aggiornate in tempo reale attraverso notifiche push, segnalando anche eventuali annullamenti.

Appuntamenti

Giustizia Veneto mostra l’agenda completa con tutti gli appuntamenti prenotati presso gli uffici giudiziari.

Udienze

È possibile monitorare continuamente lo stato di aggiornamento del ruolo udienze della giornata.

Il ruolo si aggiorna automaticamente in tempo reale mostrando anche lo stato di avanzamento delle udienze. L’utente sarà informato quando sarà il momento di entrare in aula e verranno segnalate anche eventuali variazioni attraverso notifiche push.


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Tutelare il diritto alla disconnessione - Servicematica

Tutelare il diritto alla disconnessione

A livello europeo si inizia a valutare a una legge per garantire ai lavoratori il diritto alla disconnessione digitale senza rischiare ripercussioni da parte dei datori di lavoro.

Una simile legge assume un valore ancor più importante ora che, a causa dell’emergenza covid, molti lavoratori si trovano alle prese con pregi e difetti dello smart working.

PERCHÈ TUTELARE IL DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE

Le tecnologie digitale hanno permesso a molte aziende di proseguire la loro attività nonostante gli ostacoli della pandemia, ma ha anche dilatato la finestra temporale di disponibilità dei lavoratori e modificato quantità e qualità dei loro compiti. Essere sempre online sta però avendo delle ripercussioni sulla vita privata e sulla salute psicofisica dei lavoratori.

Eurofound segnala che:

  • chi lavora da casa ha una probabilità doppia di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime rispetto a chi lavora in sede;
  • il 27% di chi lavora a casa dichiara di lavorare nel tempo libero tutti i giorni o più volte alla settimana;

I rischi legati al telelavoro continuo sono diversi: riduzione della concentrazione, sovraccarico cognitivo vede emozionale, problemi posturali, esposizione alle radiofrequenze, peggioramento di fenomeni quali l’isolamento, insonnia, ansia ed esaurimento.

DIRITTO ALLA DISCONNESIONE COME DIRITTO FONDAMENTALE

Il Parlamento europeo chiede dunque che il diritto alla disconnessione digitale venga riconosciuto come diritto fondamentale e che ci si impegni a tutela dello stesso di fronte a comportamenti lesivi da parte dei datori di lavoro.

L’iniziativa è già stata approvata con 472 voti favorevoli, 126 contrari e 83 astensioni.

La normativa a cui si sta pensando dovrebbe stabilire i requisiti minimi per il telelavoro, le condizioni per il suo svolgimento, compresi orari e periodi di riposo in cui il lavoratore può non essere reperibile senza alcuna ripercussione.

Il diritto alla disconnessione consiste nel permettere ai lavoratori di non svolgere mansioni lavorative fuori dall’orario di lavoro concordato o durante le ferie o i riposi. Tra queste mansioni figurano telefonate, email e altre comunicazioni digitali.

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Esame di abilitazione forense in versione emergenziale?

esame di abilitazione forense - Servicematica

Esame di abilitazione forense in versione emergenziale?

Con la proroga dello stato di emergenza, come si svolgerà l’esame di abilitazione forense nel 2021?

Vinicio Nardo, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, ha spiegato che: «Non si può ignorare il problema dell’esame che devono svolgere coloro che hanno già completato la pratica nel 2020. E siccome siamo in grado di guardare più in là del nostro naso si capisce che l’indicazione della primavera che poi è diventata aprile è molto aleatoria per fare gli scritti».

Quindi come affrontare gli esami?

Sempre Nardo spiega che «Abbiamo dunque studiato delle forme di esame emergenziale valide solo per quest’anno, per salvare le esigenze sanitarie e che diano una prova seria e che non c’entrano niente con le ipotesi di riforma in discussione in Parlamento».

IN COSA CONSISTE L’ESAME DI ABILITAZIONE FORENSE EMERGENZIALE

La nuova forma di esame di abilitazione forense prende ispirazione dagli esami universitari da remoto.

Nardo spiega che questa idea è però poco realizzabile in un arco di tempo così breve come quello da oggi ad aprile. Servirebbero infatti «strutture e procedimenti informativi che al momento non ci sono». L’alternativa potrebbe essere quella di rafforzare la prova orale, mentre è da escludere l’idea della laurea abilitante.

«Ad aprile non saremo nelle condizioni per riunire 4.000 persone in un posto solo». Meglio «pensare un esame serio, orale, che abbia una struttura molto più ampia di quello di adesso, che parte da prove scritte già fatte, quindi anche con una previsione più ampia di materie».

Per rendere tutto ciò possibile, il presidente richiede un intervento normativo veloce «come può essere solo un decreto legge».

La proposta, se realizzata, dovrebbe consentire «una valutazione selettiva come sempre si è fatto ma che consenta a questi giovani che stanno patendo le conseguenze del covid più di altri di avere una chance di diventare avvocati entro il 2021».

 

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Estensione del deposito telematico nel processo penale

Malfunzionamento della videoconferenza: udienza nulla

Malfunzionamento della videoconferenza: udienza nulla

A causa del malfunzionamento della videoconferenza, un indagato non riesca a partecipare all’udienza camerale fissata per trattare l’appello cautelare.

Durante l’udienza il Tribunale conferma le ordinanze del Gip, che aveva rigettato le istanze per una sostituzione della custodia cautelare.

L’indagato fa ricorso lamentando la violazione di legge proprio a causa del malfunzionamento della videoconferenza che non ha gli consentito di partecipare all’udienza.

Le cause del malfunzionamento non sono note e lo stesso difensore ne è stato informato solo a udienza conclusa. Dai verbali risulta che l’indagato ha chiesto di prendere parte all’udienza fissata in videoconferenza, ma che questo «non è stato presente all’udienza  e neppure viene dato atto della sua partecipazione a distanza».

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione ritiene il ricorso fondato (sentenza n. 2213/2021).

Infatti, la violazione del diritto dell’indagato di prendere parte all’udienza costituisce una nullità assoluta.

La mancata attivazione della videoconferenza rappresenta una violazione del diritto dell’indagato a partecipare all’udienza, soprattutto considerando che la richiesta di presenziare è stata inoltrata con anticipo sufficiente a predisporre i collegamenti.

Come indicato dalle Sezioni Unite con la sentenza  n. 35399/2010, «la mancata traduzione all’udienza camerale d’appello, perché non disposta o non eseguita, dell’imputato che si trovi detenuto o soggetto a misure imitative della libertà personale, e che abbia tempestivamente manifestato in qualsiasi modo la volontà di comparire, determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza».

COVID E UDIENZE TELEMATICHE

Poiché il procedimento è avvenuto in questo periodo durante il quale vige la normativa emergenziale legata alla pandemia COVID, la mancata partecipazione a un’udienza  in videoconferenza equivale a quanto indicato poco sopra perché «ugualmente lesiva del diritto di partecipazione».

In conclusione, l’udienza di appello cautelare del caso va considerata nulla ed è necessario procedere col fissarne una nuova.

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Il Decreto del Ministero della Giustizia del 13 gennaio 2021 offre le istruzioni per il deposito di atti, documenti e istanze durante l’attuale stato di emergenza covid, indicando l’estensione del deposito telematico nel processo penale.

DEPOSITO TELEMATICO NEL PROCESSO PENALE

Il Decreto del 13 gennaio va a integrare il contenuto del Decreto Legge del 28 ottobre 2020, n. 137 (Decreto Ristori) che permetteva il deposito, tramite il portale del processo penale telematico, di memorie, documenti, richieste e istanze previsti dall’art. 415 bis comma 3 c.p.p.

Oltre a questi, ora si può depositare anche:

Il Decreto entrerà in vigore dal 5 febbraio 2021 e rimarrà valido fino al termine dello stato di emergenza, attualmente fissato al 30 aprile 2021.

TESTO DEL DECRETO DEL 13 GENNAIO

il Decreto “Deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, si compone di soli due articoli di cui riportiamo i contenuti originali.

Art. 1

Negli uffici delle Procure della Repubblica presso i Tribunali il deposito da parte dei difensori dell’istanza di opposizione all’archiviazione indicata dall’art. 410 del codice procedura penale, della denuncia di cui all’art. 333 del codice di procedura penale, della querela di cui all’art. 336 del codice di procedura penale e della relativa procura speciale, della nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato indicate dall’art. 107 del codice di procedura penale avviene esclusivamente mediante deposito telematico ai sensi dell’art. 24, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, tramite il portale del processo penale telematico e con le modalità individuate con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.

Art. 2

Il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

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Cassa Forense: nuova proroga agli adempimenti previdenziali

La crisi economica generata dalla pandemia covid perdurerà ancora a lungo e per tale motivo Cassa Forense ha deciso di posticipare al 31 marzo 2021 gli adempimenti previdenziali già sospesi.

ADEMPIMENTI PREVIDENZIALI, I PRECEDENETI PROVVEDIMENTI

Già il 2 aprile 2020 Cassa Forense aveva deciso di:
sospendere tutti gli adempimenti previdenziali in scadenza tra l’11 marzo e il 30 settembre 2020,
prorogare al 31 dicembre 2020 i termini per il pagamento dei contributi minimi 2020, l’invio della comunicazione obbligatoria dei dati reddituali relativi al 2019 (mod. 5/2020), i versamenti dei contributi in autoliquidazione connessi al mod. 5/2020, dando la possibilità di scegliere fra quattro diverse modalità di pagamento.

Successivamente, il 18 giugno 2020, una nuova delibera comunicava la ripresa della riscossione dei tributi previdenziali sospesi, indicando per ognuno una nuova scadenza.

Ogni professionista avrebbe ricevuto diversi bollettini MAV con scadenza al 31 ottobre, momento in cui però si è verificata la ripresa dei contagi.  Cassa Forense ha notato come «le richieste di pagamento rimaste inevase, risultassero decisamente più elevate rispetto agli anni precedenti».

GLI EFFETTI E LA DECISIONE DI UNA NUOVA PROROGA

È Cassa Forense stessa a spiegare che questi mancati pagamenti avrebbero avuto «evidenti ripercussioni negative sulle posizioni previdenziali degli iscritti interessati». Pertanto, il 10 dicembre 2020 ha deciso per una nuova proroga degli adempimenti, stabilendo un nuovo termine al 31 marzo 2021.

Il termine riguarda anche le richieste di pagamento tramite MAV in scadenza al 31 ottobre 2020.

Sul sito di Cassa Forense è possibile visualizzare la tabella completa degli adempimenti previdenziali e delle loro nuove scadenze.

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Vaccino COVID: Codacons contesta il modulo di consenso

 

 

Vaccino COVID: Codacons contesta il modulo di consenso

Vaccino COVID: Codacons contesta il modulo di consenso

La campagna per la somministrazione del vaccino contro il COVID è iniziata da poco e non mancano certo i dubbi, uno dei quali riguarda il modulo di consenso alla vaccinazione. Modulo che ha spinto il Codacons a presentare un’istanza al Ministro della Salute Speranza e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri perché si sforzino maggiormente per favorire la tutela della salute nel rispetto però dei diritti dei cittadini.

Cerchiamo di capire meglio quali siano le perplessità del Codacons.

IL MODULO DI CONSENSO, LE CLAUSOLE DUBBIE

Oltre ai dati personali e alle informazioni relative al vaccino, il modulo di consenso contiene un’informativa composta da 10 punti, di cui 3 sono quelli che destano maggiore preoccupazione secondo l’associazione:

  • il n. 6: “il vaccino potrebbe non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono. Infatti l’efficacia stimata dalle sperimentazioni cliniche (dopo due dosi di vaccino) è del 95% e potrebbe essere inferiore in persone con problemi immunitari)“;
  • il n. 8 contenente un elenco degli effetti collaterali e la precisazione che “non è esaustivo di tutti i possibili effetti indesiderati che potrebbero manifestarsi durante l’assunzione del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19″;
  • il n. 10: “non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza“.

L’ANALISI DEL CODACONS

Secondo il Codacons “sembrerebbe che chi si sottopone al vaccino prodotto da Pfizer-Biontech debba obbligatoriamente sottoscrivere dei ‘moduli di scarico di responsabilità che esonerano l’azienda farmaceutica e il personale sanitario che esegue la vaccinazione da qualsiasi responsabilità per eventuali reazioni avverse, danni a lunga distanza ovvero inefficacia della vaccinazione”.

Inoltre, il Codacons ricorda che “l’art. 1229 del codice civile, tuttavia, stabilisce che ‘è nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico’. Non solo. La legge n. 210 del 1992 riconosce indennizzi in favore dei soggetti che riportano danni irreversibili cagionati da vaccinazioni obbligatorie, e la Corte costituzionale ha più volte affermato che la sua applicazione deve estendersi anche a quelle vaccinazioni riconoscibili come raccomandate”.

Partendo da questi presupposti “l’imposizione della sottoscrizione di un esonero di responsabilità per eventuali danni cagionati dal vaccino anti-Covid è del tutto contraria alla disciplina prevista dalla legge nonché ai diritti costituzionalmente garantitial singolo quali, in primo luogo, il diritto alla salute. Ne consegue, pertanto, che il modulo di cui si richiede la sottoscrizione per poter accedere alla campagna di vaccinazione contro il Covid-19 è da ritenersi contrario ai principi del nostro ordinamento e, quindi, nullo, nella parte in cui prevede un esonero di responsabilità in favore dell’azienda produttrice e del personale sanitario per eventuali reazioni avverse, danni a lunga distanza ovvero inefficacia della vaccinazione”.

VACCINO E CONTROLLI

Sul sito del Ministero della Salute è presente una sezione dedicata alle domande sul vaccino contro il COVID in cui si spiega che i vaccini sono autorizzati solo a seguito di un’analisi della loro sicurezza. L’analisi si basa sui dati raccolti in fase di sperimentazione e è costantemente portata avanti anche dopo l’autorizzazione alla somministrazione.

Il Ministero spiega anche che “l‘AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), oltre alle attività di farmacovigilanza normalmente previste per farmaci e vaccini (basate sulle segnalazioni spontanee e sulle reti di farmacovigilanza già presenti), promuoverà l’avvio di alcuni studi indipendenti post-autorizzativi sui vaccini COVID-19. […] L’AIFA si è dotata di un Comitato scientifico, che, per tutto il periodo della campagna vaccinale, avrà la funzione di supportare l’Agenzia e i responsabili scientifici dei singoli studi nella fase di impostazione delle attività, nell’analisi complessiva dei dati che saranno raccolti e nell’individuazione di possibili interventi. La finalità è quella di disporre, anche attraverso una rete collaborativa internazionale, della capacità di evidenziare ogni eventuale segnale di rischio e, nel contempo, di confrontare i profili di sicurezza dei diversi vaccini che si renderanno disponibili, di fornire raccomandazioni.

 

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L’Oversight Board: il tribunale di Facebook

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L’oscuramento del profilo Twitter di Trump ha portato nuovamente all’attenzione generale il difficile rapporto fra democrazia e grandi colossi digitali che, ricordiamolo, in ultima analisi sono aziende il cui obiettivo è generare un profitto.

Forse non tutti sanno che esiste un tribunale di Facebook, l’Oversight Board.

Da sempre gli utenti di Facebook hanno la possibilità di segnalare all’amministrazione la presenza di contenuti inappropriati. L’assistenza si occupa di verificare che siano effettivamente in contrasto con le regole della Community e, in caso, di rimuoverli. Lo stesso sistema funziona anche su Instagram, di proprietà di Facebook.

Finora chi si vedeva eliminare un contenuto non poteva fare altro che accettare la decisione del social, a meno di non passare alle vie legali. Ma quanti erano disposti a farlo? Un post può valere i costi e tempi di un processo tradizionale?

L’OVERSIGHT BOARD

L’Oversight Board è l’entità alla quale ora gli utenti possono rivolgersi per obiettare la rimozione dei propri contenuti.

Questo tribunale di Facebook si occuperà però principalmente dei casi che hanno una maggiore eco a livello pubblico.

Sebbene l’organismo abbia iniziato le sue attività solo nell’ottobre del 2020, fu Zuckerberg stesso a pensarlo ancora nel 2018, in concomitanza con una generale perdita di fiducia verso il social dovuta allo scandalo Cambridge Analytica.

Il tribunale di Facebook si compone di 40 membri, selezionati tra dipendenti di Facebook, ufficiali governativi, attivisti e professori universitari. La composizione è variegata, con membri da più di 20 paesi, parlanti più di 20 lingue diverse e di generazioni diverse.

All’Overisight Board si affianca dal 2019 l’Oversight Board Trust, organo indipendente a garanzia dell’imparzialità dell’Oversight Board e che si occupa della retribuzione dei membri dell’organismo. I fondi derivano dalle entrate di Facebook.

COME FUNZIONA IL TRIBUNALE DI FACEBOOK

Non è solo l’utente che si vede rimuovere un contenuto a potersi rivolgere all’Overisight Board, anche Facebook stessa può sottoporre dei casi particolari.

Il caso viene esaminato da una selezione di componenti del Board e la loro conclusione sarà poi presentata al consiglio intero. Entro 90 giorni dalla risposta dell’assistenza Facebook all’utente ricorrente, il Board comunica la propria decisione.

Facebook non può contestarla a meno che non sia in contrasto con altre leggi vigenti.

Le decisioni saranno pubblicate e consultabili, nel rispetto della privacy degli utenti coinvolti.

I DUBBI

Che cos’è esattamente l’Oversight Board? Un organo extragiudiziale che si occupa di redimere controversie in modo alternativo ed emette decisioni vincolanti.

Potrebbe dunque apparire come una forma di arbitrato, ma ci sono alcuni elementi da considerare.

Nelle controversie fra Facebook e l’utente, il Board non è l’organo scelto da entrambe le parti. Al contrario, è l’unico canale a disposizione dell’utente per ottenere “giustizia”. L’utente non ha quindi altra scelta.

Inoltre, l’imparzialità dell’organismo è discutibile. Certo, l’Oversight Board Trust ha il compito di garantirla, ma i membri dell’organismo sono scelti (e stipendiati) da Facebook.

Infine, c’è da chiedersi come l’attività del tribunale di Facebook possa inserirsi nelle strutture giuridiche dei diversi paesi: fino a che punto è possibile consentire a un’azienda privata di assumere decisioni irrevocabili che vanno a toccare i diritti fondamentali degli individui?

[Per approfondire: Nasce la Corte Suprema di Facebook, si chiama Oversight Board]

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Magistrati onorari: risarcimento per la violazione delle direttive europee

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La categoria dei magistrati onorari ha vissuto mesi turbolenti, caratterizzati da scioperi della fame, flash mob e l’astensione dalle udienze civili e penali dal 19 al 22 gennaio proclamata dalla Consulta della magistratura onoraria.

La stessa Consulta ha spiegato i motivi dell’azione e, per esteso, del malcontento della categoria: «si è appena chiuso un anno orribile, connotato da una drammatica crisi pandemica che ha svelato impietosamente tutte le criticità di una categoria di lavoratori, i magistrati onorari, vessata da oltre vent’anni di imbarazzanti silenzi, proroghe attendiste, normazione ipovedente. L’assenza di tutele assistenziali e le modalità di retribuzione a cottimo, in ragione delle sospensioni ex lege e della costrizione delle attività, in uno con lunghi periodi di malattia e quarantene, hanno prodotto devastanti conseguenze nella vita di 5000 servitori dello Stato e delle loro famiglie, rimasti privi di reddito e privi di adeguati indennizzi»

MAGISTRATI ONORARI, CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA E TRIBUNALE DI ROMA

Lo scorso 16 luglio 2020 la Corte di Giustizia Europea ha equiparato la figura del Giudice di Pace alla magistratura professionale, non solo da un punto di vista giuridico ma anche economico.

La pronuncia nasceva dalla controversia tra il Giudice di Pace Cristina Piazza e il governo della Repubblica Italiana, al quale aveva chiesto che il proprio riposo estivo fosse retribuito secondo gli stessi canoni per i magistrati.

Alla Corte di Giustizia Europea si accoda ora anche il Tribunale di Roma. Come spiega l’avvocato Elisa Iorio, che ha assistito i numerosi magistrati onorari nel ricorso, il Tribunale «ha riconosciuto per la prima volta il diritto dei magistrati onorari al risarcimento dei danni derivanti dalla violazione delle direttive comunitarie che tutelano i lavoratori, riconoscendogli il diritto a ferie retribuite, a congedi e assenze retribuite per maternità e paternità, a percepire un trattamento previdenziale e il Tfr».

I magistrati onorati «hanno anche diritto ad una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del loro lavoro e comunque sufficiente ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione».

Quella del Tribunale di Roma è la «prima decisione nazionale che riconosce a centinaia di magistrati onorari la violazione dei diritti riconosciuti dal diritto europeo, ampliando l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia Europea, che si era pronunciata solo sul diritto alle ferie retribuite».

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Così come chiesto dall’ANM al Min. Bonafede, le norme emergenziali sono state prorogate fino al 30 aprile 2021 anche per il settore della Giustizia.

NORME EMERGENZIALI PER RIDURRE LE OCCASIONI DI CONTAGIO

La proroga delle norme emergenziali fa riferimento a quanto contenuto nell’articolo 1, comma 1, del D.L. 19/2020 che aveva inizialmente fissato la fine dell’emergenza al 31 gennaio 2021, anche per la giustizia.

Le misure hanno come obiettivo il contenimento dei contagi tramite una riduzione delle occasioni di assembramento. Ne deriva quindi la necessità di una limitazione alla presenza fisica del personale all’interno degli uffici pubblici «fatte comunque salve le attività indifferibili e l’erogazione dei servizi essenziali prioritariamente mediante il ricorso a modalità di lavoro agile».

CONSEGUENZE SULLA GIUSTIZIA

Per la Giustizia ciò significa che si proseguirà seguendo le misure già in adozione.
Tra queste:

– i processi d’appello e quelli davanti alla Corte di Cassazione si svolgono in modalità cartolare, salvo istanza delle parti per l’udienza in presenza;

– gli atti possono essere depositati via PEC;

– le indagini preliminari possono essere svolte usufruendo delle tecnologie da remoto, soprattutto per i colloqui con la persona offesa, la persona sottoposta alle indagini, i consulenti o gli esperti di cui si avvale il pm, o la polizia giudiziaria;

– il deposito di memorie e documenti per la conclusione delle indagini viene eseguito tramite il portale del processo penale telematico;

– le udienze civili e penali per le quali sarebbe ammessa presenza del pubblico, vengono ora celebrate a porte chiuse;

– il processo d’appello avviene in modalità scritta, con la Camera di consiglio da remoto e lo scambio di documenti al posto della presenza fisica di avvocati e pubblici ministeri;

– è conferma la sospensione della prescrizione e dei termini di custodia cautelare nei procedimenti penali.

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