Accertamento handicap e invalidità civile semplificato

Accertamento handicap e invalidità civile semplificato

Il decreto semplificazioni rende possibili i procedimenti di accertamento invalidità anche senza visita diretta

E’ dello scorso 1° ottobre il messaggio dell’Inps in cui si rende noto un punto importante in materia disabilità. Nello specifico, si tratta del messaggio n. 3315/ 2021 circa la semplificazione e velocizzazione dell’iter di accertamento per handicap e invalidità civile. Ora, nei casi più gravi le Commissioni Mediche Inps potranno redigere i verbali anche senza visita diretta.

Nuovo iter di accertamento invalidità civile e handicap: la valutazione sugli atti

Ora, come è possibile accertare minorazioni civili e handicap senza effettuare direttamente la visita medica all’invalido? Le commissioni mediche Inps preposte all’accertamento possono redigere verbali anche solo sulla base degli atti depositati dalla parte. Ciò, ovviamente, va a riguardare, sia nel caso di prima istanza che di revisione, esclusivamente i casi più gravi.

 

 

Per beneficiare di tale servizio, è necessario che il cittadino ne faccia richiesta diretta all’Inps per via telematica. Nella domanda, egli dovrà inserire tutta la documentazione comprovante la propria situazione sanitaria idonea ad accertarne una valutazione obiettiva. Dal punto di vista pratico, per far ciò, dal sito dell’Inps si va alla sezione “Allegazione documentazione Sanitaria Invalidità Civile”.

A chi è rivolto questo servizio online? Il nuovo servizio online dell’Inps si rivolge a due schiere di interessati. Da una parte, a chi deve presentare domanda d’invalidità o handicap; dall’altra, a chi la domanda l’ha già presentata ma ha ricevuto comunicazione di revisione della stessa da parte dell’Istituto. A questo punto, la medesima Commissione convocherà l’interessato per una visita diretta solo qualora la comunicazione pervenuta non fosse sufficiente e/o idonea.

 

LEGGI ANCHE:

Disabili: normativa per difendersi da maltrattamenti

Spid ora obbligatorio per Inps e Pa

 

Il difensore d’ufficio ha diritto al rimborso delle spese per il recupero del credito

Il difensore d’ufficio ha diritto al rimborso delle spese per il recupero del credito

Il difensore d’ufficio ha diritto al rimborso delle spese sostenute nel tentativo di recuperare il credito che gli era dovuto. Così ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza n. 24522/2021.

IL CASO

Un avvocato ha assistito, in qualità di difensore d’ufficio, un imputato in un processo penale, senza però ottenere alcun pagamento del proprio lavoro.
L’avvocato ha dunque tentato tutte le procedure possibili per recuperare il credito, senza successo. Ha dovuto così passare per le vie giudiziarie, richiedendo il pagamento delle spettanze dovute, nonché il rimborso delle spese anticipate ai sensi dell’art. 116 d.p.r. n. 115/2002.

In un primo momento l’istanza viene rigettata, e poi accolta in sede di opposizione, ma solo per la liquidazione del compenso professionale, del rimborso forfetario e degli accessori di legge. Il Tribunale non riconosce al difensore d’ufficio il rimborso delle spese sostenute per le iniziative volte a recuperare il credito non andate a buon fine.

RECUPERO DEL CREDITO: I MOTIVI DEL DIFENSORE D’UFFICIO

L’avvocato non ci sta e porta la questione in Cassazione, sulla scorta di 3 motivi:

1) la violazione delle norme sulla competenza con riferimento all’art.15, secondo comma, del d.lgs. n. 150/2011 e la nullità assoluta dell’ordinanza impugnata;

2) denuncia la violazione e falsa applicazione degli art..82 e 116 d.p.r. n. 115/2002 e dell’art.15, comma 5, del d.lgs. n. 150/2011. Secondo l’avvocato, il Tribunale ha errato a ritenere che il difensore di ufficio non abbia diritto alla liquidazione degli onorari e delle spese connesse alle procedure per il recupero del credito non andate a buon fine.

«L’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in materia, il difensore d’ufficio, in quanto esercente un munus publicum, non può accollarsi gli oneri economici connessi alle imprescindibili attività di recupero del proprio credito al compenso professionale, oneri di cui inevitabilmente l’erario deve farsi carico».

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 132 c.p.c.
Il Tribunale ha errato a compensare integralmente le spese del giudizio di opposizione in considerazione dell’accoglimento solo parziale dell’opposizione e della mancanza costituzione del Ministero.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Cassazione respinge il primo motivo, ma conferma l’interpretazione presentata dall’avvocato nel secondo:

«il difensore d’ufficio di un imputato in un processo penale ha diritto, in sede di esperimento della procedura di liquidazione dei propri compensi professionali, anche al rimborso delle spese, dei diritti e degli onorari relativi alle procedure di recupero del credito non andate a buon fine” (cfr. Cass. ord. n. 22579/2019)».

Ne consegue che il difensore d’ufficio non si deve accollare gli oneri economici di una attività che è prevista dalla legge. Pertanto, l’ordinanza del Tribunale viene cassata con rinvio allo stesso in persona di diverso magistrato, con il compito di regolamentare le spese del giudizio di legittimità.

Rendi il processo telematico più facile con Service1, la piattaforma di Servicematica. Scopri di più

——–

LEGGI ANCHE:

Avvocati: il compenso va concordato per iscritto

Esame avvocato, la proposta per continuare con le modalità straordinarie

Qual è il valore giuridico delle FAQ?

Qual è il valore giuridico delle FAQ?

Le FAQ non sono utilizzate solo per fornire spiegazioni su prodotti e servizi, ma anche quando si parla di concorsi, bandi e contratti pubblici. Hanno dunque valore giuridico?

COSA SONO LE FAQ

Le FAQ, Frequently Asked Questions, ovvero le “domande poste frequentemente” che troviamo nei siti web, sono uno strumento molto utile perché evitare di rispondere ogni volta agli stessi quesiti posti dagli utenti.

Spesso infatti un argomento fa sorgere negli utenti la necessità di avere chiarimenti, e ancor più spesso questi chiarimenti sono più o meno gli stessi.

Creare una pagina all’interno del sito dove si raccolgono tutte queste domande e se ne offre la risposta permette all’utente di avere immediatamente maggiore chiarezza e al fornitore di risparmiare tempo.

IL VALORE GIURIDICO DELLE FAQ

Con il parere 1275 del 20 luglio 2021, il Consiglio di Stato ci offre qualche chiarimento sul valore giuridico delle FAQ pubblicate dalla PA, dichiarando che esse non sono contemplate tra le fonti del nostro ordinamento. Infatti, l’art. 1 delle preleggi del Codice Civile cita come fonti del diritto solo le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi.

Il Consiglio di Stato spiega:

“Esse svolgono una funzione eminentemente pratica né, in genere, indicano elementi utili circa la loro elaborazione, la procedura o i soggetti che ne sono i curatori o i responsabili. Non sono pubblicate a conclusione di un procedimento predefinito dalla legge. È quindi da escludere che le risposte alle FAQ possano essere assimilate a una fonte del diritto, né primaria, né secondaria. Neppure possono essere considerate affini alle circolari, dal momento che non costituiscono un obbligo interno per gli organi amministrativi. In difetto dei necessari presupposti legali, esse non possono costituire neppure atti d’interpretazione autentica.”

Nonostante ciò, il Consiglio non sottovaluta gli effetti che le FAQ (e le loro risposte) producono sia sulla pubblica amministrazione che le condivide che sul cittadino che le legge:

“In definitiva, le risposte alle FAQ, pur nella loro atipicità, si pongono a metà strada tra le disposizioni di carattere normativo, per loro natura (almeno di regola) generali e astratte e inidonee quindi a prevedere ogni loro possibile applicazione concreta, e il singolo esercizio della funzione amministrativa da parte di una pubblica amministrazione. Essenziali criteri di affidamento del cittadino nella pubblica amministrazione richiedono tuttavia di tenere conto dell’attività svolta dall’amministrazione stessa con la pubblicazione delle FAQ sul proprio sito istituzionale.”

Il Consiglio di Stato si era già espresso sulle FAQ con la sentenza n. 846/2020 nella quale si legge che le FAQ non hanno alcun valore normativo, né integrativo (nel caso di specie di un decreto ministeriale) e rappresentano una semplice risposta a un quesito. S

Della stessa opinione anche la sentenza n. 904/2021 del TAR del Lazio.

Rendi il processo telematico più facile con Service1, la piattaforma di Servicematica. Scopri di più

——–

LEGGI ANCHE:

Rischi sicurezza in Google Chrome: l’azienda invita gli utenti ad aggiornare il browser il prima possibile

Spid ora obbligatorio per Inps e Pa

 


LEGGI ANCHE

Incidente con macchina altrui: chi paga?

In caso di incidente stradale con auto in prestito chi è responsabile L’ipotesi di usare l’auto in prestito di un’altra persona non è infrequente, anzi,…

Avvocati, compensi più alti

I nuovi parametri forensi Il decreto ministeriale n.392 della Ministra Marta Cartabia apporta delle modifiche al DM giustizia 55/2014. I pareri delle Commissioni delle Camere arriveranno entro la…

Il CNF critica la protesta dell’ANM: “Serve dialogo, non gesti eclatanti”

Il Consiglio Nazionale Forense invita la magistratura a un confronto rispettoso e costruttivo, ribadendo i principi di eguaglianza e rispetto istituzionale.

bonus-occhiali

Bonus occhiali: chi può beneficiarne

Istituito Fondo per la tutela della vista: 15 milioni per l’acquisto degli occhiali

Il bonus occhiali è inserito nella Manovra 2021 al fine di aiutare chi deve farne acquisto. A tal proposito, il fondo stanziato è pari a 15 milioni di euro per i prossimi tre anni: una vera novità. Ne sono destinatarie le famiglie con Isee molto modesti che, in questo periodo di emergenza sanitaria, rischierebbero di non tutelare la salute dei loro occhi.

Fondo per la tutela della vista e bonus occhiali: a chi spetta e come funziona

La Manovra finanziaria 2021 al comma 437 ricalca il contenuto dell’emendamento proposto dal deputato Paolo Russo. Infatti “Al fine di garantire la tutela della salute della vista, anche in considerazione delle difficoltà economiche conseguenti all’emergenza epidemiologica da Covid-19, nello stato di revisione del Ministero della salute [istituisce] un fondo, denominato -Fondo per la tutela della vista”. Il budget stanziato per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 è di 5 milioni di euro.

 

 

Nello stesso articolo viene altresì specificata la natura del provvedimento: aiutare la popolazione più bisognosa ad acquistare occhiali da vista o lenti a contatto correttive. Quindi, tale bonus occhiali consiste in un voucher da corrispondere una tantum: 50 euro, per l’acquisto -appunto- di occhiali e lenti a contatto correttive. Ora, data l’entità del bonus, esso ha la finalità di aiutare le famiglie con maggiori difficoltà economiche.

Dunque, la misura è rivolta a nuclei familiari con reddito ISEE non superiore ai 10.000 euro. In realtà, al momento le modalità di funzionamento del bonus occhiali non sono ancora definite. Infatti, la manovra assegna tale compito al Ministero della Salute, di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze. Spetta a questi due soggetti l’emanazione del decreto che definisca criteri, modalità e termini per l’erogazione del contributo.

 

LEGGI ANCHE:

Bonus rottamazione Tv 2021

Decreto sostegni: bonus prima casa agli under 36

 

Avvocati: il compenso va concordato per iscritto

Avvocati: il compenso va concordato per iscritto

Cassazione. L’accordo cliente- avvocato sul compenso del professionista vale soltanto se redatto in forma scritta

La sentenza n.24213/ 2021 della Cassazione afferma il principio della necessità della forma scritta del contratto cliente- avvocato. Nello specifico, a pena di nullità, l’accordo che intercorre tra cliente ed avvocato per quanto riguarda il compenso di quest’ultimo, non può essere sostituito da alcun altro mezzo probatorio. Principio valido in ogni situazione, salvo specifici casi del tutto eccezionali.

Accordo cliente avvocato sul compenso del professionista: deve avere forma scritta

Succede che il Tribunale riconosca ad un avvocato un compenso inferiore rispetto a quello richiesto dallo stesso per una sua attività. In particolare, si tratta di un’attività svolta dal professionista in favore di una S.n.c. con la quale, sulla base di testimonianze, emerge il precedente accordo cliente- avvocato sulla misura del compenso. Ora, l’avvocato ricorre in Cassazione contro la decisione del Tribunale.

 

 

Nel suo ricorso, l’avvocato solleva tre motivi, ma il secondo appare come principale e tale da assorbire gli altri. Si tratta della denuncia della violazione dell’art. 2233 comma 3 del codice civile, che sancisce la nullità del patto tra avvocato e cliente per stabilire la misura del compenso quando non redatto in forma scritta. Succede quindi che la Cassazione accolga il ricorso sulla base del secondo motivo descritto: “Il compenso spettante al porofessionista è pattuito […] per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale”.

Di conseguenza, in caso di mancanza di forma contrattuale scritta la pena è la nullità dei patti relativi al compenso dell’avvocato. Tuttavia, in questo caso il Tribunale non fa corretta applicazione del principio suddetto perché ritiene provato l’accordo sul compenso tra cliente e avvocato solo sulla base di testimonianze e sulla corrispondenza intercorsa tra le parti. Infine, il Tribunale ritiene provato l’accordo solo sulla base di presunzioni, trascurando l’elemento probatorio principe della prova scritta, imprescindibile e insostituibile.

 

LEGGI ANCHE:

Gratuito patrocinio: transazione e compenso legale

Il giudice può rivalutare il compenso richiesto da un avvocato

esame avvocato servicematica

Esame avvocato, la proposta per continuare con le modalità straordinarie

Il Ministero della Giustizia è all’opera su una proposta legislativa che estenda anche alla prossima sessione dell’esame per diventare avvocato le modalità attualmente utilizzate.

Nella nota dello scorso 18 settembre si legge:

«Per lo svolgimento dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato, la Ministra della Giustizia Marta Cartabia sta lavorando, insieme ai tecnici del Ministero, per proporre anche per la prossima sessione 2021 la stessa formula adottata per la sessione 2020, iniziata lo scorso mese di maggio. Il perdurare dello stato di emergenza sanitaria, correlata alla pandemia da Covid-19, rende opportuno evitare ancora che si svolgano a dicembre le tradizionali prove scritte, con il successivo assembramento di migliaia di candidati per più giorni e molte ore».

ESAME AVVOCATO, LE MODALITÀ ATTUALI

Dato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2021, e i rischi di aggregare migliaia di aspiranti avvocati in un unico luogo, anche per il 2021 l’esame di avvocato sarà strutturato con due prove orali e nessuna prova scritta.

La prima prova orale sostituisce le tre prove scritte e si configura come una discussione su una questione pratico-applicativa. In particolare, consiste nella soluzione di un caso in materia civile, penale o amministrativa.

La discussione non si svolge dal vivo, bensì con la commissione esaminatrice collegata da remoto.
Il candidato non può collegarsi da casa propria, ma deve recarsi presso gli uffici giudiziari del distretto della Corte d’Appello di appartenenza o presso i Consigli dell’Ordine degli Avvocati.

Alla prima prova orale segue la seconda, la cui formulazione non è diversa da quella classica, se non per il fatto che anche questa è svolta tramite videoconferenza.

Questa seconda prova prevede la discussione di brevi questioni relative a 5 materie che il candidato sceglie al momento dell’iscrizione all’esame, oltre alla deontologia professionale. Tra le materie deve esserci almeno una procedura, civile o penale.

RISOLTO IL PROBLEMA DEI RITARDI?

Il Ministero della Giustizia comunica che le modalità straordinarie utilizzate per lo svolgimento dell’esame di abilitazione forense, introdotte con il Decreto Legge n. 31 del 13 marzo 2021, hanno anche permesso di recuperare il ritardo dovuto al rinvio delle precedenti prove scritte, fissate a dicembre 2020:

«Ad oggi, il 90% dei candidati praticanti-avvocati ha infatti già sostenuto la prima prova orale, sostitutiva delle prove scritte, avente ad oggetto l’esame e la discussione di una questione pratico applicativa, nella forma della soluzione di un caso, in una materia a scelta tra diritto civile, diritto penale e diritto amministrativo. L’inizio delle seconde prove orali, che si dovrebbero concludere entro la fine dell’anno, è imminente».

Si attendono ulteriori sviluppi.

Vuoi aggiornare l’informatica del tuo studio o della tua azienda? Scopri i servizi e i prodotti di Servicematica.

——–

LEGGI ANCHE:

Minori, separazioni e divorzi: nasce il Tribunale della Famiglia

Riconoscimento facciale per individuare clienti pregiudicati. Scatta la sanzione

Nuovo problema per i social network di Zuckerberg

Instagram, WhatsApp e Facebook down da oggi alle 17:30

Da oggi alle 17:30 circa le piattaforme di proprietà di Zuckerberg hanno smesso di funzionare.

La popolare app di messaggistica WhatsApp risulta offline impedendo agli utenti di potersi scambiare messaggi di testo e vocali. Stessa sorte è capitata per i principali social network come Facebook e Instagram dove i siti risultano non raggiungibili.

Tantissimi gli utenti che hanno iniziato a segnalare il malfunzionamento delle app tramite Twitter con gli hashtag #WhatsAppDown, #InstagramDown e #FacebookDown.

L’ultimo down dei sistemi è stato rilevato all’inizio dell’estate. I problemi di connessione sono stati segnalati anche dal servizio online come DownDetector che riporta errori e crash per tutte e tre le piattaforme.

Al momento il team di ingegneri sono al lavoro per ripristinare i disservizi.

 

aggiornamento chrome servicematica

Rischi sicurezza in Google Chrome: l’azienda invita gli utenti ad aggiornare il browser il prima possibile

Google ha scoperto due vulnerabilità in Chrome e ha rilasciato un aggiornamento correttivo, invitando tutti gli utenti a scaricare la nuova versione del browser per evitare falle alla sicurezza.
L’aggiornamento è già disponibile per per Windows, Mac e Linux.

Pierluigi Paganini, Cyber Security Analyst e Ceo di CYBHORUS, spiega che il browser deve essere urgentemente aggiornato alla versione 94.0.4606.71 e che queste sono la quarta e quinta vulnerabilità zero-day individuate in un solo mese:

“La prima falla CVE-2021-37976 è anonima, descritta come ‘Information leak in core’ e le è stata attribuita una severità di livello medio, ma la seconda vulnerabilità zero-day, CVE-2021-37975, è a elevata severità e lascia supporre attori nation-state, attaccanti consapevoli di andare a segno, e la cui capacità di attaccare le falle nei browser si sta rafforzando. Lo conferma il fatto che è la quattordicesima segnalazione di falle zero-day da inizio dell’anno”.

LE COS’È UNA VULNERABILITÀ ZERO-DAY

Con vulnerabilità zero-day si intende un problema di sicurezza che non è noto né al fornitore del software né agli antivirus disponibili, oppure è noto ma non può essere gestito.

Ve ne sono di due tipi:

  • – una vulnerabilità zero-day, cioè una falla nella protezione del software,
  • – un exploit zero-day, cioè un attacco da parte di cybercriminali che hanno individuato la suddetta falla e la sfruttano per installare software dannosi su un dispositivo.

Il nome “zero-day” deriva dall’idea che siano passati zero giorni dal momento in cui lo sviluppatore ha individuato il problema e che questo abbia quindi avuto zero giorni a disposizione per ripararla prima di eventuali attacchi.

La risoluzione delle vulnerabilità zero-day ricade sul fornitore del software, il quale rilascia una patch di sicurezza che la corregge. Agli utenti rimane solo il compito di aggiornate il software.

COME AGGIORNARE GOOGLE CHROME

Senza dover attendere l’aggiornamento automatico di Google Chrome, è possibile scaricare la nuova versione del browser seguendo queste istruzioni:

  1. Aprire Chrome sul computer.
  2. Cliccare sui tre pallini verticali  in alto a destra.
  3. Cliccare su Aggiorna Google Chrome.
    Attenzione: se manca questa voce significa che è già installata la versione più recente.
  4. Cliccare su Riavvia.

L’aggiornamento deve essere eseguito su ogni dispositivo. Per ulteriori informazioni, visitare la pagina delle istruzioni offerta da Google.

Vuoi aggiornare l’informatica del tuo studio o della tua azienda? Scopri i servizi e i prodotti di Servicematica.

——–

LEGGI ANCHE:

Microsoft: basta password, l’autenticazione si fa via app

GDPR e trattamento dati personali: privacy by default e privacy by design

privacy by default e privacy by design Servicematica

GDPR e trattamento dati personali: privacy by default e privacy by design

Il GDPR richiede ai titolari del trattamento di adottare tutte le misure atte a tutelare i dati personali dei soggetti coinvolti. Queste misure sono sia tecniche che procedurali e trovano un riferimento nell’art.25 del Regolamento Europeo, nel quale si parla di privacy by design e privacy by default.

Cerchiamo di capire meglio il significato dei due termini.

PRIVACY BY DEFAULT

Come suggerisce il nome, la privacy by default prevedere che:
– la tutela dei dati personali sia una impostazione predefinita della tecnologia, del servizio, del processo o altro che l’utente utilizza;
– che le aziende trattino solo i dati strettamente necessari alle finalità e per il tempo previsti.

L’onere di impostare questo livello di privacy non ricade sull’utente ma sull’azienda. L’utente non deve quindi trovarsi nella situazione di dover cercare nello smartphone o in un sito internet l’opzione specifica.

Un esempio ce lo offre il browser Firefox.
Nel 2019 Firefox ha introdotto la funzione “Enhanced Tracking Protection”, ovvero il blocco dei cookie di tracciamento di terze parti. Questa protezione è attivata come impostazione predefinita, non è l’utente a doverla attivare. A lui rimane comunque la scelta di visionare quali cookies vengano bloccati in automatico e consentire eventuali eccezioni.

PRIVACY BY DESIGN

Il concetto di privacy by design è un’evoluzione di quello di privacy by default.

In questo caso, la tutela dei dati personali viene considerata fin dalla fase di progettazione di una qualsiasi tecnologia ma anche di ogni processo aziendale (servizi, procedure, luoghi). Possiamo dire che l’intero processo creativo viene disegnato intorno alla tutela della privacy.

L’approccio si basa su 7 principi:
1. proattività non reattività (prevenire è meglio che curare)
2. privacy come impostazione di default
3. privacy incorporata nella progettazione
4. massima funzionalità (l’obiettivo è doppio: realizzare un buon prodotto/servizio e garantire la privacy)
5. sicurezza dall’inizio alla fine, lungo tutto il processo
6. visibilità e trasparenza
7. centralità dell’utente

La privacy by design non contempla valutazioni di conformità successive alla realizzazione del progetto: ogni rischio e ogni ipotetica situazione vanno considerate prima.

Non si deve però credere che la privacy by design si applichi solo alle tecnologie.
Un esempio semplice ma poco scontato è la progettazione delle sale d’attesa o di uffici pubblici. Immaginate di recarvi in un centro medico privato e alla reception vi chiedono alcuni vostri dati personali nonché il motivo per cui siete lì. Se lo spazio è progettato male, gli altri pazienti nella sala d’attesa comune sentiranno la conversazione. Al contrario, se progettato bene la vostra privacy sarà al sicuro

Per passare alle tecnologie, immaginate un sistema di controllo domestico che potete controllare da remoto con il vostro smartphone. Mentre siete a lavoro potete assicurarvi che le luci siano spente, che nessuno sia entrato in casa, che il forno si accenda all’ora che avete deciso per farvi trovare l’arrosto pronto quando tornate. Tutto il sistema è collegato alla rete e a un vostro account che, in fase di registrazione, vi ha chiesto dei dati personali. Se il sistema di domotica (e persino lo smartphone) non viene progettato fin dall’inizio considerando i rischi per la privacy, un cybercriminale prenderebbe facilmente il controllo della vostra casa o dei vostri dati. O magari sareste proprio voi stessi, incautamente, a condividerli.

L’UTENTE AL CENTRO

Privacy by default e privacy by design sono dunque due approcci, legati tra loro, per lo sviluppo di strumenti, processi, luoghi e situazioni che garantiscano un più alto livello di tutele in caso di trattamento di dati personali.

Non esistono però modelli preconfezionati e ogni caso va valutato singolarmente. Lo stesso GDPR specifica che le misure di protezione della privacy vanno messe in atto “tenendo conto dello stato dell’arte e dei costi di attuazione, nonché della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento”.

Al di là degli aspetti puramente pratici, il GDPR chiede alle aziende una cosa, tutto sommato, semplice: cambiare il modo in cui pensano i propri processi, mettendo l’utente al centro di tutto.

Vuoi rendere il tuo studio o la tua azienda in regola con il GDPR? Scopri la i servizi Privacy di Servicematica.

——–

LEGGI ANCHE:

Processi decisionali automatizzati e consenso informato: la giurisprudenza va oltre il GDPR

Riconoscimento facciale per individuare clienti pregiudicati. Scatta la sanzione

Spid ora obbligatorio per Inps e Pa

Dal primo ottobre l’accesso ai servizi digitali della PA avverrà solo tramite Spid o Carta d’Identità Elettronica

Il Decreto “Semplificazione e innovazione digitale”, poi legge 120/2020 stabilisce che dal prossimo primo ottobre sarà possibile accedere ai servizi on line della PA (Inps, Agenzia delle Entrate) solo muniti di Spid. Dunque, bando alle vecchie credenziali e largo al Sistema Pubblico di Identità Digitale.

Spid: pochi italiani ce l’hanno

Il conto alla rovescia è partito: tra poco esisterà solo lo Spid come strumento d’accesso ai portali on line della PA. Dunque, per accedere al sito dell’Inps, proprio come per consultare determinate aree riservate del sito dell’Agenzia delle Entrate, è necessario inserire lo Spid. Tuttavia, sembra che la percentuale di italiani over 65 effettivamente in possesso della propria identità digitale si attesti tra il 10 e il 15%. Numeri alla mano, si tratta solo di 24,3 milioni di italiani.

 

 

Quindi, proprio per colmare questo divario tra ciò che dovrebbe essere e ciò che in realtà è, si è pensata la figura del “delegato Spid”: un tutore informatico che può accedere ai servizi dei soggetti anziani, o con carenze informatiche.

Alternative allo Spid

Su che cosa si basa lo Spid? Sull’inserimento delle credenziali ed autorizzazione tramite applicazione smartphone o servizi di messaggistica. Dunque, attualmente si tratta di una possibilità sostituibile con: carta d’identità elettronica (CIE) o con la CNS (Carta Nazionale dei Servizi: una smart card corrispondente ai dispositivi digitali e alla tessera sanitaria). Tuttavia, ambe due queste alternative sono adesso poco utilizzate, per via dei loro requisiti hardware: richiedono un lettore smart card o uno smartphone con sistema NFC.

Infine, è da notare che la nuova regola non riguarda le Partite Iva, le imprese ed i professionisti: per questi soggetti, l’accesso ai servizi digitali della PA continuano ad essere garantito attraverso l’utilizzo delle solite credenziali: di Entratel, del Sister o di Fisconline.

 

LEGGI ANCHE:

Cloud e Pubblica Amministrazione. Transizione necessaria ma complicata

Quando la Pubblica Amministrazione può rifiutare una fattura elettronica?

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto