Garante della privacy e sicurezza dei dati nella fatturazione elettronica

Garante approva lo schema di decreto su fatturazione elettronica e privacy

Il 22 dicembre 2021 il Garante per la protezione dei dati personali esprime parere positivo sullo schema di decreto del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Tale decreto ha come fine la sostituzione per intero del precedente provvedimento del 30 aprile 2018. Tuttavia, il Garante ritiene necessario apportare alcuni correttivi.

Grande flusso di fatturazioni elettroniche mettono a rischio la privacy, interviene il Garante

Il problema principale della fatturazione elettronica si può evincere da una semplice constatazione. Ovvero, che sullo SDI dell’Agenzia delle Entrate transitano circa 2 miliardi di fatture elettroniche all’anno. Di queste, poco meno della metà è emessa nei confronti dei consumatori persone fisiche. Inoltre, alcuni dati presenti in questi documenti elettronici non hanno finalità prettamente fiscale.

Quindi, il Garante esegue un’analisi delle fatture elettroniche per valutare gli aspetti con maggior impatto sui diritti e sulle libertà degli interessati. In particolare, per quanto riguarda l’emissione di fatture elettroniche nei confronti dei consumatori finali nell’ambito del commercio elettronico. Questo vale anche quando questi documenti non si impongono nella normativa fiscale.

L’analisi del Garante Privacy su fatturazione elettronica e sicurezza dati di settori diversi

Nell’effettuare questa analisi, il Garante si occupava distintamente dei seguenti settori:

  • attività legale;
  • servizi di investigazione;
  • commercio al dettaglio;
  • servizi alberghieri;
  • trasporti, noleggi/riparazioni veicoli e parcheggi;
  • ristorazione;
  • fornitura di energia elettrica;
  • gas;
  • acqua e altre utenze.

Ora, questi sono i settori in cui il Garante rileva dei profili di criticità in relazione ai dati presenti nelle fatture elettroniche. In particolare, quello maggiormente colpito è il settore dei servizi legali.

Infatti, il punto nodale per quanto riguarda i servizi legali è che la memorizzazione integrale dei file XML comporta la concentrazione presso l’Agenzia delle Entrate di miliardi di fatture elettroniche. Queste contengono dati, anche appartenenti a categorie particolari o relativi a condanne penali e reati. Comunque, di ogni aspetto della vita quotidiana, comprese abitudini e scelte di consumo delle persone fisiche.

Rispetto e tutela personale secondo le normative, nei confronti di fatturazione elettronica

Per il Garante:

“Tali trattamenti – in assenza di adeguate misure di garanzia a tutela degli interessati che assicurino, in modo rigoroso, nel rispetto del principio di privacy by design e by default (art. 25 del Regolamento), il trattamento delle sole informazioni necessarie ai fini del contrasto all’evasione dell’IVA, cui l’istituto della fatturazione elettronica è preordinato – determinano un’ingerenza, sistematica e preventiva, nella sfera privata più intima delle persone fisiche, non proporzionata all’obiettivo di interesse pubblico, pur legittimo, perseguito dall’Agenzia e dalla Guardia di finanza.”

Dunque, il Garante ritiene opportuno applicare misure di garanzia per garantire che il trattamento dei dati avvenga in modo conforme al Regolamento UE e al Codice interno che si occupa della tutela dei dati personali.

Inoltre, il Garante sottolinea che non è sempre necessaria l’identificazione del cessionario/committente. Tuttavia, ad eccezione di alcuni casi particolari come quando occorre rispettare gli obblighi antiriciclaggio.

Inoltre, il Garante specifica che:

“la riferibilità a un consumatore dei dati personali presenti nelle fatture, a fini diversi da quelli per i quali sono raccolti (quali, in particolare, l’attuazione delle disciplina dell’IVA), potrebbe portare a trattamenti non corretti, con errata rappresentazione della sua capacità contributiva, e in relazione ai quali potrebbe risultare impossibile (o, quantomeno, difficile) per l’interessato comprovare, a posteriori e a distanza di tempo, l’inesattezza.”

Garante Privacy: i rimedi per tutelare la privacy con la fatturazione elettronica

In seguito all’analisi, il Garante pondera provvedimenti per la tutela della privacy. In particolare, risultano necessarie misure per:

  • Proteggere le informazioni presenti nei campi di descrizione dei beni ceduti e dei servizi prestati. In particolare, in riferimento al settore legale e agli eventuali allegati, i file XML delle fatture elettroniche (con le relative operazioni B2BB2C e B2G);
  • Garantire che i dati contenuti nei file XML delle fatture elettroniche non siano utilizzabili nei confronti del consumatore finale. Oppure, che questo si faccia esclusivamente nel caso di un controllo delle verifiche fiscali;
  • Limitare l’utilizzo delle informazioni nei file XML delle fatture elettroniche alle sole finalità individuate dall’art. 14 del d.l. n. 124/2019. Dunque, sottraendole anche dall’accesso ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 da parte di soggetti diversi dal cedente/prestatore o dal cessionario/committente;
  • Individuare con sufficiente chiarezza il ruolo assunto dall’Agenzia delle Entrate in relazione a tali attività di trattamento;
  • Rappresentare agli operatori economici che l’emissione dei dati comporta anche i trattamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza disciplinati dallo schema in esame. Questa pratica è autorizzata ai sensi del Regolamento unicamente laddove ciò sia previsto da un obbligo di legge (art. 6par. 1lett. c). Ovvero, su richiesta del consumatore finale.

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Cartabia, proposte concrete per migliorare carceri

Cartabiaun messaggio di ringraziamenti natalizi e proposte concrete per migliorare le carceri

In occasione delle festività natalizie la guardasigilli Marta Cartabia dedica un messaggio a istituti penitenziarimagistrati e al personale degli uffici giudiziari. Qui, riconosce il delicato ruolo che ogni soggetto svolge e tanto più in una situazione storica delicata come la corrente. Inoltre, propone di percorrere con ognuno di loro un percorso di rinnovamento con proposte concrete per migliorare le carceri, che giovi all’intera comunità penitenziaria.

Rinnovare il carcere con soluzioni concrete, questa la proposta della guardasigilli Cartabia

«Il mio è un messaggio di vicinanza, oltre che di riconoscenza. Nella convinzione di poter percorrere al vostro fianco un percorso di rinnovamento che giovi all’intera comunità penitenziaria». Queste le parole della Ministra della GiustiziaMarta Cartabia, in occasione delle festività invernali.

Poi, aggiunge che di recente sono terminati i lavori di una Commissione a cui chiedeva di lavorare in merito a un tema che le sta a cuore. Ovvero, elaborare proposte per il miglioramento della vita quotidiana in carcere. Inoltre, Cartabia rimarca che si tratta di proposte concrete e nate dall’esperienza di chi vive il carcere ogni giorno.

Ovviamente, tali proposte si ispirano “ai valori costituzionali, che sempre dobbiamo tenere nel nostro sguardo. Ogni mattina in cui ricominciamo il nostro lavoro varcando le soglie dei cancelli di detenzione”

La ministra ribadiva il suo impegno per risolvere l’emergenza carcere qualche giorno fa in occasione di un incontro con Rita Bernardini, presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino. La Commissione istituita dalla guardasigilli per migliorare le condizioni nelle carceri è capeggiata da Marco Ruotolo, professore ordinario di Diritto Costituzionale.

Al proposito, egli afferma che: “Mi ha chiesto di sospendere lo sciopero della fame per le feste natalizie e mi ha autorizzato di rendere pubblico questo suo auspicio”.

 

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Direttiva UE: clausole abusive e consumatore

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La direttiva sulle clausole abusive si estende a disposizioni nazionali per garantire un livello di tutela dei consumatori maggiore. In particolare, la direttiva riguarda le clausole che non rientrano nel relativo ambito di applicazione. A chiarirlo è la Corte Ue, con la sentenza nella causa C-243/20, relativa all’acquisto di un mutuo da parte di una coppia con una banca greca.

Maggiore tutela per i consumatori, contro le clausole abusive: il caso e la nuova direttiva UE

Innanzitutto, il caso inizia nel 2007: dalla sostituzione della valuta del contatto di mutuo dall’euro al franco svizzero a seguito di due modifiche da parte dei contraenti. Successivamente, nel settembre 2018 i consumatori si rivolgono al Tribunale collegiale di primo grado di Atene. In effetti, il loro obiettivo è di ottenere l’accertamento del carattere abusivo di alcune clausole.

Ovvero, parliamo di quelle clausole che nel caso stabiliscono che il rimborso del prestito deve effettuarsi o in CHF o nel controvalore in euro. A tal proposito, interviene la Corte di Cassazione spiegando che la direttiva concernente le clausole abusive è applicabile, in linea di principio, a tutte le clausole contrattuali non oggetto di negoziato individuale.

Tuttavia, tale direttiva non si applica se una clausola contrattuale riproduce una disposizione legislativa o regolamentare imperativa. Inoltre, i giudici ricordano che l’esclusione delle clausole che riproducono una disposizione di diritto nazionale imperativa ha una sua giustificazione. In linea di principio, si ritiene legittimo presumere che il legislatore nazionale abbia stabilito un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti di determinati contratti.

Così, la Corte dichiara che tale direttiva esclude dal suo ambito di applicazione una clausola contrattuale che riproduce una disposizione nazionale suppletiva. Ovvero, una disposizione che si applica se non si conviene nessun altro accordo tra le parti contraenti al riguardo. Questo vale anche se tale clausola non è oggetto di negoziato individuale.

Stati membri possono adottare norme diverse dalla direttiva Ue per maggiori tutele del consumatore

Poi, la Corte parla del caso in cui non c’è trasposizione formale nell’ordinamento della disposizione che definisce l’ambito di applicazione di detta direttiva. In tale caso, i giudici nazionali non possono ritenere che tale disposizione vi sia indirettamente incorporata.

Infine, la Corte ricorda che la direttiva procede solo ad un’armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive. Così, lascia agli Stati membri la possibilità di garantire al consumatore un livello di protezione più elevato di quello che essa prevedeva. Pertanto, gli Stati membri possono mantenere o adottare norme più severe di quelle che prevede la direttiva stessa. Questo purché tali norme nazionali siano dirette a garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore.

Ciononostante, la Corte constata che le clausole escluse dall’ambito di applicazione della direttiva (perché con disposizioni di diritto nazionale imperative) non rientrano nel settore disciplinato da tale direttiva. Di conseguenza, la disposizione della stessa che prevede la possibilità sopra menzionata non si applica con riferimento a siffatte clausole.

Tuttavia, la Corte precisa che gli Stati membri possono applicare disposizioni della direttiva a situazioni che non rientrano nel suo ambito di applicazione. Ma solo nel caso in cui ciò sia compatibile con gli obiettivi di quest’ultima e con i trattati.

Infine, la Corte conclude specificando che la direttiva sulle clausole abusive non previene all’adozione o al mantenimento di disposizioni di diritto nazionale. Queste ultime hanno l’effetto di applicare il sistema di tutela dei consumatori a clausole che sono escluse dall’ambito di applicazione di tale direttiva. Infatti, riproducono disposizioni nazionali imperative.

 

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Consigli e normative per un uso sicuro di internet da parte dei minori

Oggigiorno, gli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning raccomandano con efficienza i contenuti da visionare. Infatti, tutte le piattaforme di streaming suggeriscono video accattivanti e coerenti con i gusti di ogni profilo. Così, creerà un cliente fedele e incline al binge watching. In particolare, cosa cambia per la famiglia e la tutela dei bambini in questa trasformazione digitale?

Contenuti multimediali incontrollabili e irrinunciabili per i bambini: quali tutele adottare?

Sempre più velocisemplici e iper-colorati: queste le caratteristiche dei video che maggiormente circolano in rete. E, specialmente dalla pandemia in poi, compagni inseparabili per i minori di tutto il mondo. Effettivamente, tali contenuti sono studiati appositamente per tenere i bambini incollati agli schermi per ore. Come? Specialmente grazie alle tecniche di design di professionisti e algoritmi analoghi a quelli utilizzati per i social media.

A tal proposito, interviene Carla GarlattiAutorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, e i professori universitari:

  • Giuseppe Riva (ordinario di Psicologia generale, Università Cattolica del Sacro Cuore);
  • Ernesto Caffo (fondatore del Telefono Azzurro, ordinario di psichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Università di Modena e Reggio-Emilia. Dal 2018, membro della Commissione pontificia per la protezione dei minori).

Come fare usare consapevolmente ai bambini i dispositivi digitali nella riproduzione dei video

Oltre a ciò che si anticipava, si noti che in quasi ogni video in rete imperversa la pubblicità: un ossessivo invito all’acquisto da parte di un advertising sempre più mirato sui profili dei minori. Ora, vediamo assieme alcuni consigli degli esperti.

Innanzitutto, Giuseppe Riva consiglia ai genitori di spegnere il meccanismo automatico di suggerimento dei video di YouTube. Effettivamente, se si lascia un figlio da solo per qualche minuto, il meccanismo di suggerimento dei video continua a proporre video in maniera compulsiva. Inoltre, l’algoritmo è estremamente efficace e si corre il rischio che il bambino non si stacchi più dallo schermo.

Poi, Riva specifica che un bambino prova un’attrazione innata per il movimento e i colori di questi video così coinvolgenti. Dunque, per evitare che il bambino si rattristi e inizi magari a piangere, sarebbe utile impostare un tempo per la visione. Egli ritiene ideale sarebbe strutturare il tempo di visione, per esempio dopo aver svolto i compiti, o nel tardo pomeriggio, in modo che il bambino possa dedicarsi ad altre attività.

Unire alla visione multimediale anche la noia e il gioco libero

A questo punto, Riva fa notare un dettaglio particolarmente rilevante, in paragone con le generazioni di bambini precedenti:

“In realtà ciò che sta succedendo è che le generazioni precedenti sono cresciute vedendo i cartoni animati, con una struttura narrativa e che cercavano di trasmettere una morale. Quello che oggi accade è che i video da cui i bambini sono attratti sono molto più semplici, ma velocissimi e coloratissimi. Il cartone animato richiede una valutazione cognitiva: i bambini guardano lo stesso cartone decine di volte perché, per capirlo bene, devono rivederlo”.

Ora, i video che oggi vanno di moda hanno il vantaggio di presentare sempre un elemento di sorpresa. Tuttavia, sono molto più semplici proprio sotto il profilo della valutazione cognitiva, della comprensione. Dunque, sono video che non vanno visti e rivisti per capirli, ma sono un consumo facile.

Quindi, il consiglio è proporre ai bambini di vedere oltre ai video degli YouTuber anche cartoni e film con una narrativa più strutturata. Così, si abitueranno a una narrazione complessa, anche da condividere socialmente. Comunque, la visione dei video non dovrebbe essere solitaria, ma diventare un’attività sociale: visione con altri bambini, con un genitore, con i nonni, in modo tale da costruire insieme un senso.

Infine, Riva esorta a non utilizzare il video come tappabuchi per i figli. Infatti, i bambini devono imparare il senso dell’assenza. Si tratta di bambini sempre coinvolti, sempre attivati, sempre impegnatissimi, che non conoscono più la noia. Invece, dovrebbero avere il tempo anche per annoiarsi e riscoprire il gioco libero, non solo tecnologico.

Carla Garlatti: le normative in merito a bambini r uso consapevole del digitale

Ora, interviene anche Carla GarlattiAutorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Afferma che la visione di video da parte dei bambini è opportunità di intrattenimento, usualmente in assenza di vigilanza dei genitori. Fa notare che in Italia sono soltanto due milioni gli under 14 dotati di un account Google, quindi anche di YouTube, nel quale siano state attivate funzioni di controllo parentale.

la Garante italiana continua:

“Da una parte, la visione di contenuti online realizza il diritto di bambini e ragazzi di cercare e ricevere idee e informazioni a prescindere dalle frontiere, sancito dall’articolo 13 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Dall’altra, però, si pone il problema dei rischi a cui si espongono i minorenni nell’esercitare questo diritto. La Convenzione, a tal proposito, all’articolo 17 richiede che lo Stato incoraggi la divulgazione da parte dei media di materiali che abbiano utilità sociale e culturale e, nel contempo, favorisca l’elaborazione di principi direttivi per proteggere i fanciulli da informazioni e materiali che possano nuocere al loro benessere”.

A tal proposito, afferma che advertising e marketing digitale sono importanti oggi nella dieta mediale dei minori. Tanto che lo scorso 2 marzo il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia interveniva con una serie di raccomandazioni agli stati per prevenire il rischio di violazioni o abusi nei confronti dei loro diritti.

Direttiva dell’Unione Europea per tutelare i minori da programmi, video pericolosi

Dunque, Garlatti specifica che:

  • Da un lato, si rinnova l’invito ai genitori a non lasciar da soli i piccoli davanti agli schermi e in ogni caso ad attivare sistemi di parental control;
  • Dall’altro, i gestori delle piattaforme non possono ritenersi esenti da responsabilità magari perché ‘si limitano a diffondere’ contenuti prodotti da altri.

A tal proposito, è stato approvato il 4 novembre scorso un decreto legislativo sul quale l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza esprimeva il proprio parere. Con la normativa si dà attuazione alla direttiva (UE) 2018/1808 per mezzo della quale l’Unione europea intende tutelare i minori da programmi, video generati dagli utenti e comunicazioni commerciali audiovisive che possano nuocere al loro sviluppo fisico, mentale o morale.

Ecco come funziona la normativa per tutelare in minori in questo campo:

“Il decreto attuativo italiano detta una disciplina generale e prevede che l’Agcom, sentita l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, definisca una disciplina di dettaglio servendosi di procedure di co-regolamentazione insieme ai provider. L’Autorità garante per l’infanzia sarà poi sentita in occasione della definizione da parte di Agcom di linee guida che disciplineranno i codici di condotta dei fornitori. Codici che, tra l’altro, dovranno contenere misure per ridurre l’esposizione dei minori di 12 anni a pubblicità video relative a prodotti alimentari, la cui assunzione eccessiva non è raccomandata. Infine, sono previsti dal decreto – che entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale – programmi per i genitori e campagne scolastiche sull’uso corretto e consapevole del mezzo televisivo, che saranno realizzati dal Ministero dello Sviluppo economico d’intesa con il Ministero dell’istruzione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza”.

Ernesto Caffo: usare il digitale in maniera matura e competente per la tutela dei bambini

Infine, Ernesto Caffo afferma che negli anni si osserva che di fronte al digitale genitori e insegnanti si trovano in enorme difficoltà e lo usano in maniera immatura e incompetente. Invece, bambini e adolescenti usano il digitale con maggiore capacità e competenza degli adulti, probabilmente perché il digitale nasce con la loro cultura.

 “Analogamente, per il bambino il digitale è uno strumento di facile accesso: il bambino usa il touch dello smartphone dei genitori e toccando lo schermo scopre che di colpo si apre un mondo, un universo di voci, immagini, colori e suoni, tutto questo innesca la sua curiosità e da qui nascono nuove competenze: basta premere un tasto per accedere a nuove immagini, video ed altre opportunità, tutto ciò che il mondo delle aziende ha sviluppato per aprire nuovi mercati”.

A tal proposito, il divieto totale non è la soluzione, servono piuttosto nuove normative di tutela. Ad esempio, un primo problema da risolvere riguarda la verifica dell’età. Infatti, oggigiorno tutti i siti sono accessibili a qualunque età. Dunque, le normative ci sono, ma vengono aggirate.

Dunque, Caffo suggerisce che si debbano costruire nuovi paradigmi, culturali e sociali.

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Digitale, problemi di privacy in UE

EDPS e EDPB, rischi e problemi di privacy con la condivisione dei dati in Unione Europea

Sia il Garante europeo della protezione dei dati (EDPS) che il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) nutrono perplessità nei confronti delle nuove normative europee sulla privacy in ambito digital. In particolare, richiamano l’attenzione sui rischi della condivisione dei dati degli utenti secondo quanto regolano le nuove proposte EU (DGADSADMA). Effettivamente, si rischia di violare proprio il GDPR.

Proposte per un Mercato Unico Digitale europeo, con rispetto ai valori di privacy

Innanzitutto, ricordiamo che le proposte regolatorie della Commissione in ambito di tutela dei dati informatici è contenuta in tre testi principali:

Ora, il 18 novembre 2021 si diffonde sul sito del Garante privacy italiano il parere dell’EDPB e dell’EDPS su tali proposte. Si tratta di un parere importante per il suo contenuto ma ancora di più per il momento nel quale viene diffuso.

Poi, ricordiamo che ognuna di queste proposte regolatrici è ideata e voluta con l’auspicio di direttive comuni europee in vista anche di un Mercato Unico digitale ed economico. Dunque, l’ambizione è di poter competere in ambito digitale con i grandi colossi mondiali del settore, Cina e USA.

Ovviamente, tutto il Pacchetto digitale si basa anche sulla dichiarata volontà di dettare regole per l’economia digitale che siano rispettose dei valori fondamentali della UE a cominciare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e del GDPR.

Il problema di privacy digitale in UE e il parere di EDPB e EDPS

EDPB e EDPS mettono in rilievo che le regole contenute nelle proposte hanno di mira, proprio a tutela del Mercato unico digitale, la condivisione dei dati tra soggetti pubblici e privati. Inoltre, questo anche per promuovere l’utilizzazione delle nuove tecnologie digitali. In primis, l’Intelligenza Artificiale, non a caso oggetto di una apposita proposta regolatoria.

Ora, si noti che le regole delle proposte si riferiscono ai dati non personali, mentre la critica sui rischi riguarda i dati personali. In effetti, tali proposte non contengono alcuna garanzia specifica per i trattamenti di dati personali. Tuttavia, in molti casi si prefigurano garanzie ritagliate sul GDPR e sulla necessità di assicurare che gli interessati mantengano anche il controllo sui loro dati.

Per questa ragione, necessario chiedere alla Commissione e al Parlamento di vigilare sugli aspetti messi in luce dallo EDPB. Così, si garantirà che il rispetto del GDPR e la compatibilità della nuova regolazione col quadro normativo europeo sia una realtà effettiva e non una pura affermazione di scarso contenuto.

Digitale, problemi di privacy in UE: il ruolo delle Autorità di protezione dei dati personali

Inoltre, il parere dello EDPB chiede anche ai decisori europei di vigilare sul ruolo delle Autorità di protezione dei dati personali e sulle risorse concretamente messe a loro disposizione. In effetti, sembra che le proposte regolatorie diano vita a nuove forme di controllo sull’applicazione delle nuove regole.

Così, si stabilisce una nuova Governance che riconosce una posizione di primazia alla Commissione anche sul piano del costante aggiornamento della nuova normativa, sia importante e centrale il ruolo delle Autorità di protezione dei dati personali.

Solo un forte ruolo di queste Autorità può concretamente rendere credibile anche per il futuro l’effettiva compatibilità tra la nuova normativa e il quadro regolatorio europeo in materia di diritti fondamentali.

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Contributo unificato, chi rimborsa la sanzione?

A chi chiedere il rimborso della sanzione per mancato o tardivo pagamento del contributo unificato?

Il Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero chiarisce i dubbi in merito ai rimborsi delle sanzioni per mancato o tardivo versamento del contributo unificato. Lo fa con la Circolare del 17 dicembre 2021 protocollo 0044636Testo delle spese di Giustizia in caso di omesso o tardivo pagamento del contributo unificato. Nello specifico, la domanda principale a cui rispondere è a chi si deve inoltrare la richiesta dell’istanza di rimborso.

 

 

I compiti dell’Ufficio Giudiziario ed Equitalia in merito a sanzioni, rimborsi e contributo unificato

Il Dipartimento, un’attenta analisi alla normativa di settore, chiarisce che:

  • La quantificazione del contributo unificato da recuperare tramite Equitalia S.p.a. spetta all’ufficio giudiziario;
  • Invece, la quantificazione della sanzione, la sua irrogazione e la sua iscrizione a ruolo sono di competenza della Società.

Inoltre, ricorda che la precedente Circolare n. 33/2007 si occupa solo del rimborso del contributo unificato. Infatti, tale Circolare prevede che le istanze siano presentate all’ufficio giudiziario competente. Quest’ultimo, dopo aver compiuto l’istruttoria, inoltra all’Agenzia delle Entrate il provvedimento che contiene il diritto al rimborso del contributo. Tuttavia, non dispone nulla in merito alla sanzione.

Ad ogni modo, l’Ufficio giudiziario non può esperire l’istruttoria relativa al rimborso della sanzione. Difatti, non provvede alla notifica dell’invito al pagamento e non prende parte al procedimento di quantificazione e irrogazione della sanzione. Questo perché non conosce il termine di scadenza assegnato al debitore.

Inoltre, il diritto al rimborso della sanzione già versata ha origine da un provvedimento particolare. Ossia, riguardo l’annullamento della partita di credito di Equitalia Giustizia S.p.a. La società in questione cura la cancellazione della scrittura dal registro SIAMM.

In conclusione, la competenza a ricevere le istanze di rimborso della sanzione per omesso o tardivo pagamento del contributo unificato spetta alla società Equitalia S.p.a. Infatti, è ad essa che compete l’avvio sia dell’istruttoria che della procedura di rimborso.

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L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato accerta la sussistenza di una serie di violazioni alle disposizioni del Codice del Consumo. In particolare, in materia di clausole vessatorie relative ad alcune presenti all’interno dei contratti Cloud. A tal proposito, il problema è lo squilibrio di potere contrattuale ai danni degli utenti, che lo segnalano.

Il caso delle clausole vessatorie nei contratti Cloud dei colossi dei servizi informatici

A seguito del riconoscimento delle clausole vessatorie nei contratti di Google DriveDropBox e iCloud Apple, l’Associazione Nazionale Utenti di Servizi pubblici, che accoglie le segnalazioni. Ecco com’è andata.

Il 20 agosto 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avviava alcuni procedimenti contro le seguenti società:

Ognuno di essi in qualità di professionista, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c), del Decreto Legislativo del 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), offrono servizi di:

  • File hosting;
  • Cloud storage;
  • Sincronizzazione automatica dei file;
  • Cloud personale e software client.

 

 

In particolare, gli utenti avvisavano che tali piattaforme violavano di diverse disposizioni del Codice del Consumo. Ossia, presentavano all’interno dei propri termini di servizio per l’utilizzo delle piattaforme Cloud alcune clausole fumose. In effetti, a detta dei consumatori queste lasciavano spazio a margini di potenziale abuso nella:

  • Preclusione per il consumatore della possibilità di esercitare pienamente la propria libertà di autodeterminazione contrattuale. In particolare, in relazione alla sottoscrizione delle condizioni generali e con riferimento alla determinazione del contenuto;
  • Alterazione dell’equilibrio tra le parti contrattuali.

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Successivamente, Google Drive e DropBox predisponevano delle modifiche ad alcune delle clausole in esame. E dunque, tali modifiche sanavano il carattere di vessatorietà posto al vaglio dell’Autorità. Invece, iCloud Apple si limitava ad evidenziare i profili di liceità delle clausole sottoposte a controllo.

Insomma, per ognuno dei colossi dei servizi informatici, l’AGCM dispone la pubblicazione dei provvedimenti emessi sulle rispettive home page dei siti internet. Pena l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

Ora, notiamo che il ragionamento dell’Autorità si basa su due considerazioni fondamentali. La prima è di natura prettamente giuridica – normativa e giurisprudenziale –; la seconda è di carattere meramente logico e notorio. Ossia:

  1.  l’AGCM ricorda che secondo l’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea“il sistema di tutela del consumatore in materia di clausole vessatorie istituito dalla direttiva 93/13/CEE, il cui recepimento è avvenuto tramite gli artt. 33 e ss. del Codice del Consumo, è fondato sul presupposto che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al Professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione; nella sua costante giurisprudenza, la richiamata Corte ha sottolineato la natura e l’importanza dell’interesse pubblico costituito dalla tutela dei consumatori, proprio in ragione di siffatta posizione di inferiorità, situazione che li induce ad aderire alle condizioni predisposte dal Professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse”.
  2. Si assume che i servizi offerti da tali Società si scelgano con sempre maggior frequenza dai consumatori, come unico strumento di memorizzazione dei dati. Questi ultimi possono essere di svariata tipologia, specialmente di carattere personale. Perciò, costituiscono informazioni meritevoli di una protezione rafforzata e favorevole all’utente.

Si accerta la violazione delle disposizioni del Codice del Consumo

A questo punto, è interessante notare che i tre provvedimenti hanno in comune l’accertamento in positivo della violazione del medesimo disposto normativo. Ovvero, l’art. 33, commi 1 e 2, lett. m), del Codice del Consumo. Infatti, i contratti Cloud in esame prevedevano il diritto del Professionista di modificare unilateralmente, in qualsiasi momento, le condizioni originariamente pattuite dalle parti.

Secondo l’Autorità, tali clausole si pongono apertamente in violazione della normativa italiana ogniqualvolta esse non prevedano espressamente:

  • la modalità per la comunicazione delle variazioni unilaterali;
  • il motivo a fondamento della modifica (preferibilmente per iscritto);
  • un termine certo di almeno 15 giorni per la comunicazione delle variazioni unilaterali di portata sostanziale.

Praticamente, tale facoltà si concretizzava nella prassi dei Professionisti di apportare modifiche al costo del servizio. Dunque, l’Autorità coglieva l’occasione per affermare un importante principio di dirittonon dovrebbe sussistere alcuna distinzione tra utenti paganti e non paganti. Infatti, il consumatore sottoscrive in entrambi i casi le condizioni contrattuali che vengono mantenute fino alla cancellazione del servizio.

Effettivamente, tra i due casi varia solo lo spazio di archiviazione messo a disposizione e le connesse condizioni economiche. Perciò:

“la modifica delle clausole contrattuali o del prezzo originario (anche dal valore 0 a un valore positivo) va, dunque, sempre motivata dal Professionista e le motivazioni che potrebbero essere addotte vanno inserite nel contratto stesso ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. m), del Codice del consumo”.

Il secondo tipo di clausola vessatoria: esclusione di responsabilità nei contratti Cloud

Ora, vediamo che il secondo tipo di clausola vessatoria riguarda la violazione dell’art. 33, commi 1 e 2, lett. b), del Codice del Consumo. Sostanzialmente, i Professionisti escludevano qualsiasi responsabilità per il cattivo o mancato funzionamento del servizio. Inoltre, stesso atteggiamento rivolgevano anche per i danni causati al dispositivo e ai dati caricati.

Così, ponevano a carico del consumatore l’intero rischio ed escludevano qualsiasi tutela o diritto di quest’ultimo. Pertanto, senza fornire alcun tipo di garanzia. Difatti, tali clausole “a scatola chiusa” esonerano il fornitore da responsabilità per ogni eventuale errore o malfunzionamento che si dovesse verificare.

Di conseguenza, il consumatore non può chiedere alcun risarcimento nel caso in cui dovesse subire dei danni in seguito all’uso del servizio. Ad esempio, per la perdita di dati o l’interruzione dell’attività.

Dunque, secondo l’AGCM:

“ai fini dell’equilibrio tra gli interessi delle parti, il Professionista non deve ovviamente rispondere per i danni cagionati dalle azioni od omissioni che dipendono dalla condotta dolosa o colposa di terzi e/o che sfuggono alla propria sfera di controllo ma è necessario prevedere, nel contratto, diversi gradi di responsabilità del Professionista in funzione delle diverse tipologie di eventi che possano verificarsi a danno del consumatore, distinguendo tra quelli riconducibili alla Parte e quelli ad essa non riconducibili”.

La normativa in merito

Effettivamente, la graduazione di responsabilità è un principio discendente dall’art. 1225 del Codice Civile: “se l’inadempimento o il ritardo non dipende dal dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione”.

Pertanto, l’Autorità conclude che la limitazione di responsabilità dovrebbe riguardare eventi che influenzano la prestazione dovuta determinandone la sopravvenuta impossibilità. Invece, una sua eccessiva ed arbitraria estensione riduce lo spazio di tutela sostanziale e processuale normalmente riconosciuto al consumatore.

 

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Servicematica al Tribunale di Vicenza: installazione di maxischermi e di una nuova rete Wi-Fi

Siglato l’accordo tra Comune di Vicenza, Tribunale di Vicenza, Ordine degli Avvocati di Vicenza e Servicematica per il potenziamento della rete wi-fi e l’installazione di maxischermi. Una rete per digitalizzare i fascicoli e i rapporti tra processi e magistrati

Ora il telefono prenderà anche ai piani bassi del Tribunale di Vicenza, dove si svolgono i processi più lunghi e importanti. Inoltre, in stazione e in aeroporto ci saranno precise indicazioni sulle aule, sull’orario e sul nome delle udienze, in modo tale da facilitare avvocati, utenti, e giornalisti.

L’intervento costerà 47mila euro e ha lo scopo di potenziare la rete wi-fi e installare maxischermi, diventando uno dei primi Tribunali in Italia (dopo quello di Venezia) a dotarsi di questa innovazione.

Questo è quello che prevede l’accordo siglato il 23 dicembre 2021 tra il Comune di Vicenza, il Tribunale di Vicenza e dall’Ordine degli Avvocati di Vicenza.

Oltre a Servicematica, erano presenti il sindaco Francesco Rucco, Alberto Rizzo, presidente del tribunale, Marco Zocca, assessore al bilancio, Alessandro Moscatelli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati e Paolo Gabbi, dirigente del Servizio Infrastrutture e gestione urbana del Comune.

Spiega Rucco: «Da cittadino e da legale dico che andiamo a risolvere un problema che abbiamo vissuto tutti in questi anni. L’iniziativa ha avuto una gestazione record, perché abbiamo iniziato ad occuparci del problema nel 2015 e sembrava di facile risoluzione».

«Questa rete», continua, «ci servirà per poter digitalizzare ulteriormente i fascicoli e i rapporti tra processi e magistrati».

Gli operatori di giustizia potranno utilizzare i servizi telematici del palazzo attraverso un’app, Ordine Avvocati Vicenza, ideata con Servicematica, che permetterà di evitare assembramenti, di snellire i flussi di comunicazione con gli uffici e implementare il servizio “salta coda udienze” per calendarizzare le attività in maniera automatica.

 

 

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IVA agevolata per le ristrutturazioni edilizie

IVA agevolata per le ristrutturazioni edilizie

Tutti i benefici fiscali possibili con le ristrutturazioni edilizie

Quando si applica l’IVA al 22%, 10% e 4% in merito alle ristrutturazioni edilizie? Quali altri benefici fiscali si dedicano alla riqualificazione del patrimonio edilizio? Vediamo assieme le specifiche.

Ristrutturare abitazioni, aliquota IVA ridotta al 10% per manutenzione ordinaria e straordinaria

Innanzitutto, ricordiamo che nel sistema giuridico italiano esistono differenti aliquote fiscali che si applicano ogniqualvolta si spende per ristrutturazioni edilizie. A tal proposito, quali interventi godono di agevolazioni? Ecco a confronto le norme che trattano di questo.

In particolare, la Legge n. 488/99 individua nella ristrutturazione edilizia, ossia nella manutenzione ordinaria e straordinaria, l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10%. Tale specifica si esprime con l’articolo 7, comma 1, lettera b) e 2 della detta Legge. L’applicazione dell’aliquota agevolata si riserva per: contratti d’appalto; di opera; di concessione con posa in opera o con accordi negoziali.

Nello specifico, la Legge n. 488/99 si riferisce a:

  • Manutenzione ordinaria e straordinaria;
  • Restauro e risanamento conservativo;
  • Ristrutturazione edilizia.

 

 

Il confronto con l’emendamento Legge di Bilancio 2018

Ulteriori informazioni in merito si leggono nell’emendamento della Legge di Bilancio 2018, in particolare nell’articolo 3, co. 6 bis. Qui, si rileva che l’aliquota IVA al 10% si riserva per i beni significativi nei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia.

Ora, si prenda nuovamente in considerazione la Legge 488/1999 si evince che l’IVA agevolata si applica fino alla concorrenza del valore della prestazione. A tal proposito, si considera al netto del valore dei beni significativi.

Pertanto, il primo passo da fare è quello di stabilire cosa sono i beni significativi per i quali non si applica l’IVA ridotta al 10% per gli interventi di recupero edilizio, in richiamo della Legge di Bilancio 2018. Praticamente, bisogna determinare i beni significativi sulla base dell’autonomia funzionale delle parti separate rispetto al manufatto principale.

In sostanza, è come l’Agenzia delle Entrate spiegava nella circolare n. 12/E del 2016. Ovvero, in presenza di questa autonomia, i componenti o le parti staccate non si devono comprendere nel valore del bene. Invece, lo si comprende nel valore della prestazione.

I beni significativi su cui si può applicare l’aliquota IVA al 10%, specifiche

Ora, elenchiamo quali sono questi beni significativi che il D.M. 29 dicembre 1999 individua:

  • ascensori e montacarichi;
  • Infissi esterni e interni;
  • Caldaie;
  • video citofoni;
  • apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria;
  • sanitari e rubinetteria da bagni;
  • impianti di sicurezza.

Per tali beni vige la regola dell’applicazione dell’IVA agevolata fino a concorrenza del valore della prestazione al netto del loro valore. In tali casi, il contribuente dovrà sottrarre al valore complessivo della prestazione il valore dei beni significativi. In sintesi, su questi beni significativi l’aliquota agevolata del 10% si applica solo sulla differenza tra:

  • Valore complessivo della prestazione;
  • Quello dei beni stessi.

Infine, si sottolinea come l’aliquota IVA del 10% si applichi solo alle forniture dei cosiddetti beni finiti. Ossia, a quei beni che, anche se incorporati nella costruzione, conservano la propria individualità. Invece, si escludono le materie prime e semilavorate.

Lavori di recupero del patrimonio edilizio, altri interventi con IVA agevolata

A questo punto, diamo uno sguardo al D.P.R. 633/1972 istitutivo dell’IVA. Qui, si tratta delle cessioni di beni finiti che si forniscono per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Ad essi è attualmente prevista l’applicazione dell’aliquota IVA 10%.

Poi, si segue alla lettura dell’art. 31 della legge n. 457/78, dove alle lettere da a) ad e) si considerano cinque distinti interventi di recupero:

  • ristrutturazione urbanistica;
  • restauro e risanamento conservativo;
  • manutenzione ordinaria;
  • ristrutturazione edilizia;
  • manutenzione straordinaria.

Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio. Inoltre, riguardano anche l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso. Infine, riguardano anche l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio.

A questo proposito, si noti che con la nuova nozione di ristrutturazione si contemplano: l’ampliamento delle fattispecie agevolabili con aliquota del 10% e anche le riqualificazioni edilizie di cui all’art. 16- bis del DPR 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi).

Detrazioni agevolative con aliquota IVA al 4% in merito alle ristrutturazioni edilizie

Innanzitutto, ricordiamo che la vigente normativa sull’IVA prevede che scontino un’aliquota agevolata al 4%:

 “le prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche”.

A tal proposito, per gli interventi di ristrutturazione edilizia sugli immobili è possibile fruire di una detrazione Irpef pari al:

  • 50% su un importo massimo di 96.000 euro. Nel caso in cui la spesa è sostenuta nel periodo compreso tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2020;
  • 36%, da calcolare su un importo massimo di 48.000 euro, per le spese effettuate dal 1° gennaio 2021.

Inoltre, rientrano nella categoria degli interventi agevolati:

  • I lavori che si effettuano per l’eliminazione delle barriere architettoniche (per esempio, ascensori e montacarichi);
  • Le prestazioni per la realizzazione di strumenti che, attraverso la comunicazione, la robotica e ogni altro mezzo tecnologico, siano idonei a favorire la mobilità interna ed esterna delle persone portatrici di handicap grave. Come da art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992.

Ora, si noti che la detrazione non è fruibile contemporaneamente alla detrazione del 19% che si prevede per le spese sanitarie riguardo i mezzi necessari al sollevamento del disabile. Infatti, la detrazione si attua solo per gli interventi sugli immobili che favoriscano la mobilità interna ed esterna del disabile. Invece, non si applica per il semplice acquisto di strumenti o beni mobili, anche se diretti a favorire la comunicazione e la mobilità del disabile.

Agevolazioni favorite dal nuovo Superbonus al 110% e cessione credito d’imposta

Sui costi degli interventi destinati all’eliminazione delle barriere architettoniche dal 1° gennaio 2021, interviene il Superbonus al 110%. Essi mirano a favorire la mobilità interna ed esterna all’abitazione alle persone portatrici di handicap in situazione di gravità.

In merito, per richiedere tale agevolazione è necessario che questi lavori siano eseguiti congiuntamente a interventi di isolamento termico delle superfici opache o di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti (gli interventi trainanti).

Infine, in alternativa alla detrazione, si può optare per la cessione ad altri soggetti del credito d’imposta. Questo si corrisponde alla detrazione spettante o per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto. L’importo massimo non è superiore al corrispettivo stesso, anticipato dal fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati (lo sconto in fattura).

 

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Nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche

Nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche

Decreto di attuazione della Direttiva 2018/1972 approvato dal Consiglio dei Ministri

Il 4 novembre 2021 il Consiglio dei Ministri approva il decreto di attuazione della Direttiva 2018/1972, istituendo un nuovo regolamento. La legge è in Gazzetta Ufficiale il 9 dicembre ed entra in vigore il 24 dello stesso mese. Con esso si auspica di modificare radicalmente il quadro normativo attuale migliorando la qualità dei servizi e rafforzando la tutela dei consumatori.

Approvazione del dl e punti chiave del Codice delle comunicazioni elettroniche italiano

Anzitutto, è importante ricordare che l’approvazione del dl potrebbe porre fine alla procedura di infrazione che la Commissione aveva avviato nei confronti dell’Italia. Succedeva il 3 febbraio 2021 (infrazione INFR (2021)0056) per non aver trasposto il Codice entro il termine ultimo del 21 dicembre 2020, come stabilito dalla Direttiva 2018/1972.

Ora, vediamone assieme i punti chiave.

I contratti avranno una durata massima di 24 mesi

Qualsiasi contratto (comprese le rate di apparati) dovrà durare massimo 24 mesi. Inoltre, vi è l’obbligo che si preveda che tra le offerte commerciali almeno una abbia una durata massima iniziale di 12 mesi. Eppure, ecco l’eccezione:

“contratto a rate se il consumatore ha convenuto in un contratto separato di rateizzare i pagamenti esclusivamente per l’installazione di una connessione fisica, in particolare a reti ad altissima capacità”.

Tuttavia:

“un contratto a rate per l’installazione di una connessione fisica non include l’apparecchiatura terminale, a esempio router o modem, e non impedisce ai consumatori di esercitare i loro diritti in virtu’ del presente articolo”.

 

 

Rinnovi e tariffe nuove più chiari col nuovo codice comunicazioni elettroniche italiano

Ora, i fornitori devono informare l’utente finale almeno con due mesi d’anticipo rispetto alla proroga automatica del contratto. Dunque, si spiegheranno in modo chiaro e tempestivo e su un supporto durevole. Sia per quanto riguarda la fine dell’impegno contrattuale sia in merito alle modalità di recesso dal contratto.

Inoltre, i fornitori dovranno offrire agli utenti finali le informazioni in merito alle migliori tariffe almeno una volta all’anno.

Grazie al nuovo Codice, i fornitori informeranno gli utenti finali di qualsiasi modifica delle condizioni contrattuali con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Al contempo, comunicano all’utente anche del loro diritto di recedere dal contratto. A tal proposito, non si incorrerà in alcuna penale né in ulteriori costi di disattivazione se non accettano le nuove condizioni.

In merito a questo, la novità sta nel fatto che il diritto di recedere al contratto può essere esercitato entro sessanta giorni (attualmente sono 30). Il termine si conta dall’avvenuta comunicazione di modifica delle condizioni contrattuali.

Il testo del nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche approvato dal Consiglio

In vigore dal 20 dicembre 2018, il Codice riunisce in un unico testo normativo la precedente disciplina delle comunicazioni elettroniche. Essa ricomprende le seguenti Direttive:

  • 2002/19/CE sull’accesso alle reti di comunicazione elettronica;
  • 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica;
  • 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica;
  • 2002/22/CE relativa al servizio universale;
  • 2002/58/CE in materia di vita privata e trattamento dei dati personali;
  • il Regolamento 1211/2009/CE che istituisce l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (Body of European Regolators for Electronic Communications, BEREC).

Si tratta della terza fase dell’evoluzione dell’ordinamento comunitario in materia di telecomunicazioni. Effettivamente, si tratta di un percorso della durata di quasi 10 anni. Il suo scopo è di fornire a tutti i cittadini europei la migliore connessione internet possibile. Così, chiunque potrà partecipare pienamente e attivamente alla società e all’economia digitale.

Gli obiettivi del nuovo codice europeo sul digitale: più investimenti pubblici e attenzione al consumatore

Quali sono le volontà specifiche a cui si auspica con questa nuova regolamentazione? Innanzitutto, si parla dell’importanza di un focus maggiore sugli investimenti pubblici. A tal proposito, si vogliono incentivare gli investimenti nelle reti a banda larga ad alta velocità, oltre che promuovere un approccio più coerente al mercato interno riguardo alla politica e alla gestione dello spettro radio, nonché ad assicurare un’efficace protezione dei consumatori.

Già nel 2016 con la Comunicazione “Gigabit Society” si sottolineava come l’adozione su vasta scala di reti ad altissima capacità in tutti gli strati della società fosse fondamentale. Infatti, chiunque potrebbe beneficiare appieno dei vantaggi economici e sociali della trasformazione digitale. Inoltre, si ribadiva l’importanza cruciale dei grandi investimenti nelle reti e di una connettività Internet ad alte prestazioni nel mercato unico.

Quali sono le novità del Codice europeo delle comunicazioni elettroniche?

Al fine di promuovere lo sviluppo del mercato delle reti e dei servizi di telecomunicazione nell’Unione, il Codice intende:

  • Favorire una concorrenza sostenibile;
  • Ampliare la connettività e l’accesso alle reti 5G da parte dei cittadini europei;
  • Garantire l’accessibilità generalizzata a reti sicure a vantaggio degli utenti finali.

L’importanza delle reti 5G

In primo luogo, nell’ottica di una migliore implementazione delle reti 5G il Codice invita gli Stati Membri e le istituzioni europee a cooperare. Effettivamente, si vogliono attuare politiche di pianificazione strategica, coordinamento ed armonizzazione dell’uso dello spettro radio.

In particolare, gli Stati Membri devono assicurarne una gestione efficace. A tal fine, garantiranno che:

  • la sua allocazione
  • il rilascio delle relative autorizzazioni generali e dei diritti d’uso individuali da parte delle autorità competenti

siano fondati su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali.

Nello specifico, la concessione di diritti d’uso individuali deve limitarsi alle situazioni in cui tali diritti siano necessari per massimizzare l’uso dello spettro alla luce della domanda. Inoltre, la loro durata non deve essere inferiore a 20 anni. In tal modo, dovrebbe garantire certezza giuridica e stimolare investimenti a lungo termine.

Qual è il ruolo delle autorità nazionali in merito?

In secondo luogo, il Codice amplia le competenze delle autorità nazionali di regolamentazione (ANR). Innanzitutto, queste svolgeranno un ruolo tecnico, che consiste nel:

  • Attuare la regolamentazione ex ante del mercato;
  • Provvedere alla gestione dello spettro e alle relative decisioni;
  • Contribuire alla tutela dei diritti degli utenti finali nel settore delle comunicazioni elettroniche;
  • Valutare e monitorare la definizione dei mercati e le questioni relative alla concorrenza.

Per quanto riguarda l’accesso aperto a internet, le ANR possono perseguire anche degli obiettivi di politica settoriale. Essi riguardano la:

  • Promozione della connettività e dell’accesso alle reti ad altissima capacità;
  • degli interessi dei cittadini dell’Unione e della concorrenza nella fornitura delle reti.

Inoltre, per tutelare la concorrenza nel mercato interno le ANR possono imporre alle imprese detentrici di un significativo potere di mercato (significant market power, SMP). Tra gli altri, ci sono specifici obblighi come quello di trasparenza, di non discriminazione e di separazione contabile.

I servizi che il nuovo codice verso il digitale e mercato unico offre

In terzo luogo, il Codice provvede ad ampliare la definizione di “servizio di comunicazione elettronica”. Al fine di garantirne la fruibilità universale, include:

  • Servizi di accesso ad Internet;
  • I servizi che consistono esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali;
  • Prestazioni di comunicazione interpersonale.

In particolare, questi ultimi consentono gli scambi interattivi di informazioni attraverso reti di comunicazione elettronica. Esse avvengono tra un numero finito di persone che si determina dal mittente. Inoltre, comprendono servizi come:

  • Le chiamate vocali tradizionali tra due persone;
  • I messaggi di posta elettronica;
  • Servizi di messaggistica;
  • Chat di gruppo.

In questo modo, rientrano nel campo di applicazione del Codice la maggior parte delle imprese “over the top” (OTT). Ossia, coloro che forniscono sevizi, contenuti e applicazioni di tipo “rich media“. Quindi, quelle che traggono ricavo prevalentemente dalla vendita di contenuti e servizi tramite concessionari agli utenti finali o di spazi pubblicitari.

La tutela dei consumatori

Infine, si parla dell’importante questione della tutela dei consumatori. A tal proposito, il Codice impone ai service providers l’obbligo di fornire loro una sintesi contrattuale concisa, di agevole lettura e gratuita. Inoltre, essa dovrà contenente le informazioni principali sui termini del contratto.

Poi, si dovrà redigere seguendo un formato standard. Pur non sostituendo il contratto vero e proprio, la sintesi svolge un ruolo fondamentale. Effettivamente, il contratto è efficace solamente quando il consumatore conferma il proprio accordo in seguito alla sua ricezione.

Inoltre, vi è un ulteriore misura nell’ottica di garantire l’armonizzazione a livello europeo per quanto riguarda le tariffe di terminazione. Ossia, in data 18 dicembre 2020 la Commissione adotta un regolamento per definire le tariffe uniche massime di termine per le chiamate vocali su reti mobili e fisse a livello europeo. Esse sono da imporre a tutti i fornitori di chiamate vocali.

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