depistaggio

Depistaggio: la Cassazione chiarisce l’importanza dell’intenzione di deviare l’indagine

Con la sentenza n. 32470 del 9 agosto 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale riguardo al reato di depistaggio. Secondo la Sezione VI Penale, presieduta dal Consigliere Fidelbo, per configurare il delitto previsto dall’art. 375 del codice penale, è necessario che il pubblico ufficiale agisca con l’intenzione specifica di deviare il corso naturale di un’indagine o di un processo.

La sentenza chiarisce che non è sufficiente un’azione volta a rafforzare o consolidare prove già acquisite; per il reato di depistaggio, occorre una chiara volontà di alterare la verità giudiziaria. Questo distingue il depistaggio da altre condotte meno gravi e sottolinea la necessità di un dolo specifico.

La Cassazione ha inoltre ribadito che il reato di depistaggio può configurarsi anche se il procedimento penale non è ancora formalmente avviato, a condizione che la condotta del pubblico ufficiale sia idonea a creare un inganno che ostacoli l’accertamento della verità.

Questa pronuncia conferma l’orientamento giurisprudenziale che vede nel depistaggio una grave violazione del dovere pubblico, con l’obiettivo principale di preservare l’integrità delle indagini e la ricerca della verità giudiziaria.


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Suicidio in carcere a Benevento: sale a 68 il bilancio delle vittime tra i detenuti nel 2024

Un altro suicidio scuote il sistema penitenziario italiano. Un uomo di 62 anni, ex tossicodipendente e apparentemente senza legami familiari, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella della sezione isolamento del carcere di Benevento. Con questo gesto, il numero di detenuti suicidi dall’inizio dell’anno sale a 68, a cui si aggiungono sette agenti di polizia penitenziaria.

Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, ha denunciato la situazione di estrema difficoltà all’interno delle carceri italiane, parlando di una “palese situazione d’illegalità diffusa” che mina le funzioni rieducative previste dalla legge e dalla Costituzione. De Fazio ha sottolineato come le carenze strutturali e organizzative colpiscano non solo i detenuti, ma anche gli agenti, costretti a turni estenuanti e incapaci di prevenire queste tragedie.

Con un sovraffollamento di 14.500 detenuti oltre i posti disponibili e una carenza di 18mila unità nella polizia penitenziaria, De Fazio ha chiesto interventi urgenti e incisivi, auspicando che il ministro della giustizia Carlo Nordio e il governo Meloni passino finalmente ai fatti.


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Le nuove assunzioni riguarderanno principalmente le sedi della direzione grandi contribuenti di Roma e Milano, con 120 professionisti destinati alla capitale. La decisione è stata ufficializzata in una delibera del giugno 2024, firmata dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini.


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Consiglio di Stato, patente a crediti in edilizia: stop solo in caso di colpa grave del datore di lavoro

Il Consiglio di Stato, nel parere n. 01090/2024, ha chiarito che la sospensione della “patente a crediti” nei cantieri edili non scatta automaticamente in caso di decesso di un lavoratore, ma solo se vi è colpa grave da parte del datore di lavoro, del suo delegato o del dirigente. La “patente a crediti”, introdotta dal decreto legge n. 19/2024 e in vigore dal 1° ottobre, è un nuovo sistema per migliorare la sicurezza sul lavoro e contrastare il lavoro nero.

Il parere del Consiglio evidenzia una restrizione rispetto alla norma di delega, che prevede la possibilità di sospendere la patente anche in caso di infortuni gravi senza necessità di colpa grave. Il Consiglio sottolinea che questa scelta del decreto attuativo riduce la discrezionalità degli ispettori, limitando la sospensione solo ai casi di colpa grave, ma ritiene che tale approccio possa essere compatibile se viene mantenuta la possibilità di valutazioni diverse da parte dell’Ispettorato del Lavoro, soprattutto considerando l’elevato numero di violazioni delle norme di sicurezza che persistono in Italia.


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Come spiegato da Stefano Saracchi, direttore dell’Organizzazione e Trasformazione digitale dell’Agenzia, è in fase di lancio la riforma territoriale dell’Agenzia, prevista da una norma del 2012 e conclusa nel maggio 2024. La riforma ha portato a una mappatura dettagliata di 225 procedimenti amministrativi, suddivisi tra accise, dogane e gioco pubblico, che saranno oggetto di nuove modalità operative digitali.


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Le sue analisi, sempre attente ai diritti degli ultimi e alle libertà fondamentali, hanno lasciato un’impronta indelebile, orientate non solo dalla Costituzione italiana ma anche dai trattati internazionali. Le sue opinioni, spesso controcorrente, sono state fonte di riflessione per l’intera Unione. I penalisti italiani si uniscono nel dolore per la sua perdita, esprimendo vicinanza ai familiari, ai discepoli e alla Camera Penale di Padova.


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Roma, 3 settembre 2024. Con l’ordinanza n. 23474, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha ribadito un consolidato principio in materia probatoria civile, sancito dall’art. 2719 c.c.: le copie fotografiche e fotostatiche di un documento hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale, a meno che non siano espressamente disconosciute dalla parte contro la quale sono prodotte.

La Suprema Corte ha precisato che il disconoscimento non richiede formule sacramentali, ma deve essere espresso in modo chiaro e specifico, tale da mettere in dubbio in modo inequivocabile l’autenticità del documento. Tale principio si applica a tutte le copie, anche quelle non formate dalla parte contro la quale sono prodotte, sebbene in quest’ultimo caso il grado di specificità richiesto nel disconoscimento possa essere leggermente inferiore.

Implicazioni della decisione

La sentenza in esame conferma l’ampia applicabilità dell’art. 2719 c.c. e offre un utile orientamento per i professionisti del diritto in merito alla valutazione della prova documentale. In particolare, la decisione sottolinea l’importanza del disconoscimento come strumento difensivo e le conseguenze che ne derivano in termini di onere della prova.


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“Ecco gli orrori della quotidianità nel carcere”: la lettera dei detenuti è straziante

Riportiamo di seguito il testo di una lettera scritta da detenuti del carcere di Brescia Nerio Fischione – Canton Mombello, inviata recentemente al Presidente della Repubblica e ai deputati bresciani, in seguito alla visita di una delegazione. La lettera fornisce una testimonianza e una denuncia eccezionali delle condizioni di vita in un carcere sovraffollato, che ospita oltre il doppio dei detenuti consentiti: 385 contro una capienza regolamentare di 182. Redatta in modo encomiabile, la lettera offre anche una riflessione sui diritti umani e sull’aspetto costituzionale della pena, ed è particolarmente rilevante in un periodo in cui i media stanno affrontando l’emergenza del sovraffollamento e il grave aumento dei suicidi in carcere (66 dall’inizio dell’anno).

La lettera è stata richiamata dalla stampa grazie al Presidente Mattarella, che l’ha menzionata durante un incontro con l’Associazione della stampa parlamentare a fine luglio, in occasione della tradizionale cerimonia del ventaglio. Prima di pubblicare il testo della lettera, riportiamo le parole del Presidente: “Esiste un tema che richiede sempre più attenzione: la situazione nelle carceri. Non serve dilungarsi in grandi parole di principio: è sufficiente pensare ai numerosi suicidi avvenuti quest’anno in poco più di sei mesi. Vorrei condividere una lettera che ho ricevuto, tramite il garante del territorio, da alcuni detenuti di un carcere di Brescia. La descrizione è straziante, con condizioni angoscianti che colpiscono chiunque abbia sensibilità e coscienza. Tali condizioni sono indecorose per un Paese civile come l’Italia, che deve e può fare meglio. Il carcere non deve essere il luogo in cui si perde ogni speranza e non deve trasformarsi in una palestra criminale. Sono in corso attività di recupero attraverso il lavoro che dimostrano che è possibile un modello carcerario diverso. È un dovere perseguire questo obiettivo”.


LETTERA DEI DETENUTI DEL CARCERE DI BRESCIA “NERIO FISCHIONE – CANTON MOMBELLO”

Fa caldo, il sudore scivola sulla pelle, e si appiccica con i vestiti addosso, sono madido, e si sono ormai impregnati lenzuola e materasso, anch’essi di sudore come i miei panni e le nostre membra.

Si boccheggia, in cella, e l’acqua che ci trasciniamo dietro, dopo la tanto sofferta e agognata doccia, evaporando riempie d’umidità l’angusto luogo. L’aria satura d’umidità, sudore, miasmi, la puoi tagliare con un coltello, in verità, farlo è impossibile, i coltelli sono di plastica riciclata, e si rompono anche solo a guardarli. Devo andare in bagno, ma è occupato, altri 15 sono in fila davanti a me. Un anziano di circa 74 anni ha il mio stesso problema, purtroppo per lui, e per noi, non fa in tempo a dire che gli occorre con urgenza il bagno. Ha una scarica di dissenteria, mentre dimenandosi cerca di alzarsi a fatica dalla branda con il materasso vecchissimo in gomma piuma. In un attimo, lenzuola e materasso s’impregnano di liquame e urina, lui non sa come comportarsi, indifeso, imbarazzatoumiliato, impietrito, attonito. Piange, un uomo di settantaquattro anni, i capelli radi e canuti, piange e si scusa, geme, si lamenta, impreca, bestemmia, chiede a Dio di morire. La sua colpa è quella d’aver commesso un grave reato: bancarotta fraudolenta. I suoi carnefici sono fuori, si sono approfittati di lui, di un vecchio che a stento sa leggere e scrivere. L’hanno circuito, e lui, è qui, in questo piccolo inferno, devastato nel corpo nella mente e nell’anima, ma in fondo questo non è un nostro problema. Il nostro problema sono gli odori. Il problema è suo, infatti, uno della cella si sta alzando irritato, gridando qualcosa d’incomprensibile nella sua lingua. Probabilmente vuole mettergli le mani addosso, non lo fa per mera cattiveria, è lo stress, il caldo, gli odori insopportabili, il fatto che non parla la nostra stessa lingua e che non riesce a sentire la sua famiglia se non per dieci minuti a settimana. È stanco arrabbiato, sofferente, lo siamo tutti. Qualcuno si alza per ragionarci, per calmarlo, ma subito l’aria s’infiamma, cominciano a volare parole grosse e i primi spintoni, per fortuna altri intervengono e si riesce a placare gli animi. Questa volta è andata bene, ma la situazione è sempre questa, e purtroppo, non tutte le volte termina cosi. 15 e un solo bagno, un vero e proprio stabilimento balneare per germi e batteri, per loro è la condizione migliore, una festa, per noi, forse un po’ meno.

Questa combinazione è il cocktail perfetto per far insorgere discussioni, litigi e tutto quanto di brutto può conseguirne. Oltretutto il cesso è una vecchia turca fatiscente con sopra un tubo dell’acqua per farsi la doccia, che d’estate scotta dannatamente, e d’inverno, è maledettamente freddaA pochi centimetri, sempre nel bagno, cuciniamo i nostri pasti, e se è vero che quando tiri lo sciacquone, le feci nebulizzate schizzano fino a due metri, allora cosa stiamo mangiando da anni? In fondo però, è notevolmente migliore della sbobba che ci servono dal carrello. In quindici è pressoché impossibile permanere in piedi in cella, figuriamoci seduti tutti al piccolo tavolino per mangiare, quindi facciamo a turno. Nei turni con noi, si accodano cimici, scarafaggi e altre bestiacce, che non ne vogliono sapere di rispettare la fila. Ben pensandoci però, più che mancanza d’intimità, non stiamo forse parlando di una vera e propria violenza? Violentati, intimamente, mentalmente, moralmente, proprio in linea con l’articolo 27 della Costituzione.

Di persone non auto sufficienti in questo Istituto ce ne sono parecchie, si può spaziare dalle malattie psichiatriche più accentuate sino alla tossicodipendenza, e come visto sopra, a malattie senili. Il sovraffollamento in un carcere causa tutto questo, o meglio, in tutte le carceri di questo paese, non puoi aspettarti altro. E cosi, come soffriamo noi allo stesso modo, soffrono gli operatori che ci devono assistere, dagli agenti per la sicurezza al personale sanitario, e che dire di quelle migliaia che in carcere sono finite, ma nulla avevano fatto per meritarlo? Tutte persone incrinate, inevitabilmente, irreparabilmente, una tristezza desolante e sconfinata, per i rei e non. Elevati sono i suicidi in carcere, 44 in soli cinque mesi e mezzo dall’inizio dell’anno, un gesto troppo estremo? Forse, ma è quello che viviamo qui che porta queste persone a compiere certi gesti, e qui di persone ce ne sono sicuramente troppe. I gesti estremi accadono sempre vicino a noi, ti svegli una mattina e forse mestamente ti accorgi che nel bagno un tuo cancellino ha reso l’anima, oppure accade al vicino o al dirimpettaio. È aberrante. Siamo sovraffollati, in condizioni che rasentano la disumanità, definite di tortura dall’Unione Europea, sopra, lo abbiamo ben spiegato. La domanda giusta da porsi è: come può funzionare il reinserimento? La così chiamata rieducazione? Come si possono svolgere i corsi organizzati? Non solo manca personale, sono concretamente assenti gli spazi. Sappiamo che alcuni di voi sono già venuti a vedere le nostre celle, ma viverci è molto diverso. Voi ci dovete credere, queste non sono lamentele, non vogliamo né impietosire né mendicare, né invocare clemenza, ma solo riportare quanto è vero e ahinoi terribile. Si certo, alcuni di noi meritano di stare in carcere, hanno commesso reati, è altresì verosimile che, questa mancanza pressoché totale, di umanità nei confronti dei carcerati non è forse pari a commettere dei reati?

È giusto pagare per chi ha sbagliato, perché occorre rieducazione; è altresì vero che oggi, con questo sovraffollamento, le persone detenute vengono poco alla volta, giorno dopo giorno, defraudate della loro umanità, e questa cosa deve fare paura, e fa concretamente spavento. La violenza fatta a quell’anziano prima citato, non è simile a compiere un reato, è uno dei tanti è vero, ma quanti, quanti ce ne sono come lui, non sono dei veri e propri reati, trattare le persone in questo modo, e non è forse vero che le condizioni in cui ci troviamo in carcere sono un costante incitamento al suicidio? Non pensiamo sia edificante, ma umanamente avvilente per un agente di turno dover sciogliere un nodo che un detenuto esanime si è messo al collo ponendo fine alla esistenzaTutti possono sbagliare, ma il carcere deve essere impostato per rieducare, non per toglierci di mezzo, non penso che lo Stato attuale sia uno Stato non improntato al dialogo, anzi! È proprio per questo che possono nascere dal dialogo vere e proprie soluzioni. Vedere qui oggi le Signorie Vostre per noi è fonte di speranza, voi ci rappresentate, indifferentemente dall’appartenenza politica, voi ci rappresentate come persone, come abitanti di questo Bel Paese, l’Italia. Il problema carceri in Italia è grande, non è di sicuro il nostro fiore all’occhiello. In Europa ci rimproverano (2006-2013) per il nostro sistema carcerario, perché quindi, non provare ad ascoltare chi in carcere ci vive per immaginare possibili soluzioni? Questo non vuol dire scendere a patti con nessuno, ma semplicemente sarebbe un atto di democrazia, un modo per riuscire a sistemare questo problema carceri, o perlomeno un punto da cui cominciare. Da questo punto potrebbero nascere idee, e qui a Canton Mombello, il problema del sovraffollamento è eclatante, quindi perché non cominciare da qui? Sarebbe bello che compiendo un atto di umanità il nostro paese venisse visto in maniera diversa, in maniera positiva anche per il sistema carcerario oltre a tutto quello che di bello in Italia già c’è. Leggendo i giornali abbiamo letto che alcuni, considererebbero la concessione dei giorni in più di Liberazione Anticipata come un fallimento dello Stato. Noi ci chiediamo: “Perché concedere dei giorni in più di liberazione anticipata a persone “meritevoli” sarebbe un fallimento?”.

Abbiamo visto, che non è facile essere meritevoli, sappiamo, che solo chi ha fornito prova di partecipazione ad un percorso rieducativo e riabilitativo può beneficiare di detti giorni, abbiamo osservato come non sia semplice rientrare nelle maglie di questa rete, quindi, davvero sarebbe un fallimento? Personalmente crediamo che non si tratti per nulla di un fallimento, al contrario sarebbe la concreta dimostrazione che lo Stato c’è, e ha vera volontà di cambiare le cose, di migliorare la vita a tutti i suoi cittadini, anche a quelli che hanno sbagliato, ma che comunque non sono esclusi.

Ad oggi, causa il sovraffollamento, il carcere non mette in condizioni nessuno di essere rieducato, e fa vivere pesanti condizioni anche ai suoi operatori.

Come può un sistema che mette in avaria il suo stesso personale passando da quello sanitario, dell’area educativa sino agli agenti che con un giuramento si prodigano tutti i giorni in questo lavoro, funzionare? Cosi come i detenuti vivono quotidianamente con il sovraffollamento, gli stessi operatori sono costretti a conviverci e a fare i conti con i problemi che causa. Tutti quanti sono mesi a dura prova ogni giorno, e alla nostra sofferenza si somma la loro.

Chi vuole, cerca e si prodiga per la rieducazione, conscio dei propri errori, si ritrova a lottare per frequentare corsi, che non possono esserci per tutti, poiché siamo davvero tanti. Qui nessuno chiede alcuna misura di grazia, desideriamo solamente poter avere un percorso corretto, giusto, che ci consenta di migliorarci come persone, e a cosa servirebbero i giorni aggiunti di Liberazione anticipata se non a migliorare questo sistema? Con la concessione di questi giorni, non solo si allevierebbe la sofferenza dei detenuti e degli operatori del carcere diminuendo sensibilmente il problema del sovraffollamento, ma incentiverebbe un sistema virtuoso che da una speranza ai meritevoli.


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Al via la banca dati nazionale per gli affitti brevi

Roma, 2 settembre 2024 – Dal 1° settembre è entrato in vigore l’obbligo di registrazione per gli affitti brevi, con la creazione di una banca dati nazionale. Questa nuova misura, prevista dal decreto legge n. 145/2023, mira a sostituire il sistema regionale attualmente in uso e a centralizzare le informazioni sugli affitti a breve termine.

I proprietari che non si registrano rischiano sanzioni fino a 8.000 euro. L’obbligo di iscrizione riguarda anche i titolari di strutture alberghiere e si basa sul Codice Identificativo Nazionale (CIN), come previsto dal recente aggiornamento del regolamento europeo 2018/1724.


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Riforma contributiva: più vantaggi per chi regolarizza i pagamenti con l’Inps

Roma, 2 settembre 2024 – La nuova riforma, entrata in vigore il 1° settembre, semplifica e rende più vantaggioso il processo di regolarizzazione delle omissioni e delle evasioni contributive. Le sanzioni per chi non ha pagato i contributi possono ora essere notevolmente ridotte.

Per le omissioni, i contribuenti possono sanare la loro posizione entro 120 giorni dalla scadenza, pagando una sanzione calcolata solo sul tasso BCE, senza l’aggiunta della maggiorazione del 5,5% abitualmente prevista. Se il pagamento avviene dopo una contestazione da parte dell’Inps, ma entro 30 giorni, la sanzione è ridotta al 50%.

Le modifiche riguardano anche l’evasione contributiva: se denunciata spontaneamente entro 12 mesi, la sanzione applicata sarà quella ridotta, basata sul tasso BCE più il 5,5% o il 7,5%, a seconda del termine di pagamento. Tuttavia, il mancato pagamento delle rate successive comporta l’applicazione della sanzione piena.

Inoltre, a partire dal 1° settembre, viene soppressa la sanzione civile per casi di incertezze giuridiche, e saranno applicati solo gli interessi legali.

A partire da ottobre, entrerà in vigore una nuova misura di sicurezza nei cantieri: le imprese e i lavoratori autonomi dovranno possedere una “patente a crediti” per operare, con un punteggio di almeno 15 crediti. I crediti verranno decurtati in caso di violazioni e dovranno essere recuperati attraverso corsi di formazione specifici.


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