scorciatoie shortcut

Shortcut, le scorciatoie da tastiera che facilitano il lavoro

Gli shortcut, scorciatoie o abbreviazioni da tastiera, sono tasti e combinazioni di tasti che permettono di eseguire azioni molto più velocemente di quanto si farebbe con il mouse.

Questa velocizzazione permette di rendere più comodo e più scorrevole il lavoro con il portatile, specie in condizioni in cui non sia possibile utilizzare un mouse. Ma gli shortcut/scorciatoie sono utilissimi anche quando si lavora con un pc fisso, perché permettono di non staccare le mani dalla tastiera.

Le abbreviazioni da tastiera cambiano in base al tipo di macchina che si utilizza.
Ne esistono molte e in questo articolo vi proponiamo le più utili per Mac e per Windows.

SCORCIATOIE PER MAC

Prima di scoprire l’elenco delle scorciatoie è bene sapere quali siano i tasti di riferimento e i simboli.

scorciatoieCmd + A
Seleziona tutto.

Cmd + C
Copia l’elemento.

Cmd + X
Taglia l’elemento selezionato (e lo copia negli Appunti).

Cmd + V
Incolla l’elemento copiato (testo, immagine, file, cartella).

Cmd + Z
Annulla il comando precedente.

Cmd + Shift/Maiusc + Z
Ripristina l’annullamento (Cmd + Z) appena eseguito.

Cmd + Delete
Sposta il file nel Cestino.

Cmd + F
Cerca elementi nel file o nella finestra.

Cmd + P
Apre la finestra di stampa.

Cmd + S
Salva il documento.

Cmd + barra spaziatrice
Mostra o nasconde il campo di ricerca Spotlight.

Cmd + Ctrl + barra spaziatrice
Apre la cartella degli emoji e altri simboli.

Cmd + D
Duplica il file selezionato.

Cmd + E
Espelle il volume selezionato (per esempio, una chiavetta USB).

Cmd + I
Apre la finestra Informazioni del file selezionato.

Ctrl + A
In un file di testo sposta il cursore all’inizio della riga o del paragrafo.

Ctrl + E
In un file di testo sposta il cursore alla fine di una riga o di un paragrafo.

Ctrl + F
In un file di testo sposta il cursore avanti di un carattere.

Ctrl + B
In un file di testo sposta il cursore indietro di un carattere.

Ctrl + L
In un file di testo centra il cursore o la selezione nell’area visibile.

Ctrl + P
In un file di testo sposta il cursore alla riga precedente.

Ctrl + N
In un file di testo sposta il cursore alla riga successiva.

Ctrl + O
In un file di testo inserisce una riga dopo il punto in cui si trova il cursore.

Ctrl + T
In un file di testo inverte il carattere prima del punto in cui si trova il cursore con quello dopo.

Alt + Cmd + C
In un file di testo copia lo stile (formattazione) dell’elemento selezionato (per esempio, impostazioni come dimensione del font, tipo di font, grassetto, italico, colore o altro)

Alt + Cmd + V
In un file di testo incolla lo stile all’elemento selezionato.

Trovate tutte le scorciatoie qui

SCORCIATOIE PER WINDOWS

Dato che dal 14 gennaio 2020 Windows 7 non è più aggiornato, abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione solo sugli shortcut/scorciatoie di Windows 10.

Prima dell’elenco vi mostriamo i tasti di riferimento e i loro simboli.

scorciatoieCtrl + C 
Copia un elemento selezionato (testo, file, ecc.).

Ctrl +  V
Incolla l’elemento selezionato.

Ctrl + X
Taglia l’elemento selezionato.

Ctrl + N
Apre un nuovo documento o una nuova finestra su esplora risorse.

Ctrl + Z
Annulla l’azione precedente (per esempio, i caratteri di un testo o un file cancellato per errore).

Ctrl + B
Trasforma in grassetto il testo selezionato e lo imposta per il nuovo testo successivo.

Ctrl + I
Trasforma in corsivo il testo selezionato e lo imposta per il nuovo testo successivo.

Ctrl + S
Sottolinea il testo selezionato e quello futuro.

Ctrl + P
Apre il menu per la stampa.

Ctrl + N
Apre un nuovo foglio di lavoro.

Ctrl + A
Seleziona tutti gli elementi presenti nell’app (per esempio, tutto il testo in un file word) o nella finestra (per esempio, se sottocartelle e i file all’interno di una cartella). 

Alt + F4 
Chiude l’app o la finestra aperta.

Alt + TAB
Consente di passare da una app o finestra aperta all’altra.

Alt + F4
Chiude la finestra attiva in quel momento. 

Shift/Maiusc + Delete
Elimina l’elemento selezionato in maniera definitiva, senza spostarlo nel cestino.

Tasto Windows + Stamp
Crea uno screenshot (una fotografia) dello schermo e lo salva in Immagini.

Tasto Windows + D
Mostra il desktop. 

Tasto Windows + I
Apre Impostazioni di Windows.

Tasto Windows + S
Apre il modulo di ricerca.

Tasto Windows + X
Apre il menù di avvio.

Tasto Windows  + punto (.) o punto e virgola (;)
Apre la finestra con emoji e simboli.

F2
Rinomina l’elemento selezionato.

Trovate l’elenco completo degli shortcut per Windows qui.

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data breach

Data Breach: cosa significa e cosa è meglio fare

Con l’introduzione del GDPR, il regolamento europeo sul trattamento dei dati personali, la tutela della privacy dei dati informatici è diventato un tema importante nella vita professionale di aziende e professionisti. Con esso, un nuovo termine è entrato a far parte del vocabolario: Data Breach.

COSA SIGNIFICA DATA BREACH

Con Data Breach si intende una qualsiasi violazione alla sicurezza (informatica) che comporta l’accesso, la perdita, la modifica o la divulgazione non autorizzata di dati personali o il furto di questi.

In sostanza, è una violazione alla riservatezza, all’integrità e anche alla disponibilità di tali dati.

Non sempre il Data Breach è un processo volontario, come nel caso di furti o attacchi informatici. A volte, la violazione è del tutto involontaria e nasce dall’adozione di scarse misure di sicurezza.

ESEMPI DI VIOLAZIONI

L’esempio tipico di Data Breach è l’accesso da parte di terzi ai dati a causa di furto o smarrimento del dispositivo di archiviazione.

Spesso la violazione deriva dal comportamento malevolo di soggetti autorizzati ad accedere ai dati e intenzionati a diffonderli pubblicamente  o a comportamenti criminosi da parte di soggetti non autorizzati (attacchi informatici, clonazione di carte di credito, ecc.).
In questo ultimo caso, è ormai frequente l’uso di malware che “sequestrano” i pc e impediscono al proprietario di accedere ai propri dati fintantoché non viene pagato un riscatto. 

COSA FARE IN CASO DI DATA BREACH

Ad oggi, dicembre 2019, sul sito ufficiale il Garante della Privacy spiega che, in caso di Data Breach, il titolare del trattamento dati* (che siate voi, un’azienda o un altro professionista) è tenuto a notificare la violazione al Garante stesso entro 72 ore dalla scoperta della falla, insieme ai motivi dell’eventuale ritardo nella comunicazione.

L’obbligo alla notifica riguarda solo violazioni ai dati personali che possono incidere significativamente sui soggetti coinvolti. Un esempio è quando il Data Breach espone i soggetti al rischio di discriminazione, al furto di identità, a frodi, a perdite finanziare, a danni alla reputazione e alla perdita di riservatezza di dati coperti dal segreto professionale. 

La notifica deve contenere le informazioni indicate nell’art. 33, par. 3 del Regolamento (UE) 2016/679 e indicate nell’allegato al Provvedimento del Garante del 30 luglio 2019 sulla notifica delle violazioni dei dati personali (doc. web n. 9126951).
Allegato al provvedimento vi è un modello che può essere scaricato e compilato.  

Una volta creata, la notifica deve essere sottoscritta con firma digitale e inviata al Garante tramite mail PEC a protocollo@pec.gpdp.it. Può anche essere inviata tramite email ordinaria a protocollo@gpdp.it sottoscritta con firma autografa e accompagnata dalla copia del documento d’identità del firmatario.
L’oggetto della mail deve essere “NOTIFICA VIOLAZIONE DATI PERSONALI”.

Oltre alla notifica al Garante, se la violazione comporta un rischio elevato per i diritti delle persone coinvolte, il titolare deve informare tutti gli interessati tramite i canali più appropriati, a meno che abbia già provveduto a dotare misure atte a limitare i danni.

Indipendentemente dalla notifica al Garante, il titolare tiene traccia di tutte le violazioni. Per farlo, può provvedere alla creazione di un apposito registro che permetterà all’Autorità di verificare il rispetto delle normative. 

Il Garante sta lavorando per rendere disponibile a breve una procedura di segnalazione online.

Hai bisogno di migliorare le procedure di trattamento dei dati personali interne alla tua azienda? Scopri le nostre soluzioni.

[* Il titolare del trattamento non è chi gestisce i dati, ma chi decide le finalità e le modalità del loro trattamento. È il soggetto responsabile giuridicamente del rispetto degli obblighi normativi in materia di protezione dei dati, nazionali e internazionali.]

 

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Windows 7

Gennaio 2020: Windows 7 va in pensione. Ecco cosa fare.

Il 14 gennaio 2020 Microsoft concluderà il periodo di supporto a Windows 7 durato 10 anni.
Nei primi 5 anni l’azienda ha garantito l’assistenza tecnica e il rilascio periodico di aggiornamenti e patch di sicurezza per la risoluzione di quei problemi che, inevitabilmente, ogni software presenta. Nei secondi 5 anni, ha limitato il supporto ai soli aggiornamenti di sicurezza.

A partire da gennaio 2020, questi non verranno più rilasciati.

SI PUÒ CONTINUARE A USARE WINDOWS 7?

Sì, Windows 7 potrà continuare ad essere usato.
Qualche funzione, per esempio alcuni giochi, potrebbe non rispondere più, ma nell’immediato non vi saranno difficoltà operative.

Il vero problema di continuare a usare un sistema giunto ormai alla fine della propria vita è l’esposizione a rischi legati alla sicurezza.
La mancanza di aggiornamenti rende infatti il sistema operativo, e quindi il pc, più soggetto ad attacchi informatici, virus, data breach e altro.
Gli hacker si evolvono, nuovi virus vengono creati, ma il vostro sistema operativo rimarrà fermo ai rischi dell’epoca dell’ultimo aggiornamento e non avrà le difese necessarie ad affrontare le nuove minacce.

Un altro problema che si verificherà nel lungo periodo è legato alla compatibilità con altri software (gestori mail, antivirus, gestionali, ecc.).
Le case produttrici, infatti, smetteranno di creare programmi che “girano” su Windows 7 e, quindi, la gamma di software disponibili agli utenti Windows 7 andrà via via riducendosi.

Vi è comunque la possibilità che Microsoft rilasci in via del tutto eccezionale qualche patch per affrontare problematiche particolarmente gravi. Così ha fatto in passato con altri sistemi operativi e, sebbene non sia una certezza, potrebbe rifarlo anche in futuro.

Buone abitudini nel caso voleste continuare a utilizzare Windows 7:

– dotatevi di un buon antivirus,
– scegliete un browser web valido (Google Chrome o Mozilla Firefox),
– attivate un firewall e non disattivatelo mai,
– visitate solo siti sicuri,
– prestate attenzione agli allegati che ricevete via mail (potrebbero essere virus),
non scaricate file e programmi da siti non ufficiali,
– fate spesso backup,
evitate di memorizzare le password, di effettuare pagamenti con carte di credito, di utilizzare servizi con accesso tramite credenziali (homebanking),
staccate il vostro pc dalla rete locale.

COSA E MEGLIO FARE?

È vero, con la fine del supporto a Windows 7 il vostro pc continuerà a funzionare come al solito, ma prima o poi dovrete fare i conti con l’obsolescenza del sistema operativo.

Sarebbe meglio fare qualcosa prima di ritrovarsi a dover affrontare problemi davvero gravi. Ma cosa?

Microsoft consiglia di passare a Windows 10, un sistema operativo più recente con aggiornamenti costanti che garantiscono alti livelli di sicurezza.

Per passare a Windows 10 ci sono 2 vie:
comprare un nuovo pc, che avrà Windows 10 installato di default;
acquistare la licenza del sistema operativo e scaricarlo nel pc, a patto che questo sia in grado di supportarlo. In questo caso, vi servirà l’aiuto di un tecnico che possa indicarvi se il vostro computer è sufficientemente potente e che possa installarvi il nuovo sistema operativo.

Per ogni dubbio o aiuto, potete affidarvi a noi e alla nostra assistenza tecnica. Potete anche richiederci l’acquisto di un pc creato appositamente per le vostre esigenze.

SE HAI UN’AZIENDA

Microsoft ha predisposto il programma Extended Security Updates (ESU) per permettere ad aziende grandi e piccole, pubbliche e private, che non possono passare velocemente a Windows 10, di utilizzare ancora Windows 7 senza i rischi connessi all’obsolescenza.

Il programma altro non è che un servizio in abbonamento che permette di ricevere aggiornamenti per Windows 7 anche dopo il 14 gennaio 2020.

Extended Security Updates per Windows 7 comprende 3 anni di aggiornamenti di sicurezza, fino a gennaio 2023. È attivabile solo a partire da Windows 7 Enterprise e Windows 7 Professional e prevede prezzi crescenti di anno in anno.

Per avere maggiori informazioni e ottenere l’attivazione è necessario trovare un partner autorizzato Microsoft. È possibile farlo da questo indirizzo, specificando Windows 7 in Prodotti.

Avete domande o dubbi sul vostro pc con Windows 7? Volete valutare delle alternative? Contattateci.

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giustizia e privacy

Intelligenza artificiale e il confine (sempre più sottile) tra giustizia e privacy

Domotica, intelligenza artificiale e assistenti vocali stanno lentamente trasformando il rapporto tra giustizia e privacy.

Le nostre case stanno cambiando, non solo da un punto di vista tecnologico, ma anche esperenziale. Se, un tempo, potevamo sentirci liberi di dire e fare quello che volevamo senza occhi e orecchi indiscreti a monitorarci, oggi, con dispositivi come Alexa Echo di Amazon, che ascoltano e registrano rumori e voci anche quando non in funzione, non è più così.
E cosa succederebbe se Alexa captasse e registrasse gli ultimi momenti di vita di una persona assassinata? Potrebbe un dispositivo trasformarsi in un testimone capace di incastrare o scagionare un presunto assassino?

A dir la verità, potremmo anche evitare di usare il condizionale.
È di poche settimane fa la notizia che la polizia di una contea in Florida ha chiesto ad Amazon di utilizzare le registrazioni di Alexa per capire se Sylvia Galva Crespo, morta in casa a seguito di una ferita dovuta a un corpo appuntito, sia stata uccisa da suo marito durante una lite o, come sostiene l’uomo, sia stata vittima di un incidente.

Amazon ha consegnato le registrazioni, ma un portavoce si è affrettato a dichiarare che la società “non divulga le informazioni dei clienti in risposta alle richieste del governo, a meno che non siamo tenuta a farlo per rispettare un ordine legalmente valido e vincolante”.

L’uso delle registrazioni inasprisce il sempre più attuale conflitto tra giustizia e privacy: dove si colloca il confine fra le due? È giusto che la nostra privacy venga assoggettata al dovere di giustizia facendo, spesso, leva sul senso di sicurezza? 
Siamo forse destinati a veder realizzarsi quanto descritto in 1984 di Orwell, una società in cui il Grande Fratello non concede alcuno spiraglio di intimità?

Sia chiaro, sebbene il dispositivo Alexa Echo sia stato chiamato a testimoniare e le registrazioni siano state raccolte, non è detto che queste possano davvero risolvere il mistero della morte di Crespo: Alexa Echo “sente” tutto, ma non “ascolta” tutto. Non è detto, insomma, che il dispositivo abbia davvero registrato qualcosa di rilevante.

Un ultima nota: gli utenti di Alexa sempre hanno la facoltà di cancellare le proprie registrazioni, anche se pochi sanno come fare.

Vuoi migliorare la regolamentazione sulla privacy della tua azienda o del tuo studio legale? Scopri le soluzioni di Servicematica.

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validità della fattura elettronica

La validità della fattura elettronica ai fini del decreto ingiuntivo

In un precedente articolo abbiamo già parlato della validità della fattura elettronica ai fini del decreto ingiuntivo. Allora perché ne parliamo ancora?

Per offrirvi qualche informazione in più, anche a fronte delle diverse reazioni da parte della giurisprudenza.

SULLA VALIDITÀ DELLA FATTURA ELETTRONICA

Il dibattito sulla validità della fattura elettronica ai fini del decreto ingiuntivo ruota intorno a quanto diposto dagli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972, ove si indica che un decreto ingiuntivo è ammissibile qualora si fornisca prova scritta dell’esistenza del diritto da parte del ricorrente. Tale prova è data dagli estratti delle scritture contabili che il ricorrente deve presentare.

Con l’introduzione del processo telematico e della fattura elettronica, questo obbligo ha iniziato a risultare superabile.

Il perché lo ha spiegato l’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento n. 89757/2018 del 30 aprile 2018.

Nel provvedimento, l’Agenzia ricordava che il formato della fattura elettronica, l’xml, assicura che gli atti, i fatti e i dati contenuti nel file non possano essere modificati.
Inoltre, ricorda anche che i documenti generati dal Sistema di Interscambio sono originali informatici.
Pertanto, coloro che sono tenuti a emettere fattura esclusivamente via SdI sono esonerati dall’obbligo di annotazione nei registri cartacei (art. 1, comma 3-ter, D.Lgs. 127/2015), in quanto una sorta di registro digitale si “forma” in automatico a partire dalla stessa attività di fatturazione elettronica

E se tali soggetti non sono obbligati a tenere le scritture, è chiaro che non sono nemmeno tenuti a rispettare l’obbligo di presentare le proprie scritture ai fini dell’ottenimento del decreto ingiuntivo (previsti dall’art. 634 comma 2 c.p.c.). Basterà la fattura elettronica e la ricevuta dello SDI.   

LE RECENTI SENTENZE

A conferma della validità della fattura elettronica ai fini del decreto ingiuntivo vi sono le sentenze emesse dal Tribunale di Padova l’8 agosto 2019 e dal Tribunale di Verona il 29 novembre 2019.

Di tutt’altro parere è un altro foro veneto, il Tribunale di Vicenza che, con la sentenza del 25 ottobre 2019, si è espresso in senso contrario a quanto detto finora.

Secondo il Tribunale, la presentazione dell’estratto delle scritture contabili permetterebbe il controllo della regolare tenuta di tali scritture, verifica che non può essere effettuata a partire dalla sola fatturazione elettronica.
Il Sistema di Interscambio garantisce infatti solo l’autenticità delle fatture, non la regolare tenuta delle scritture. Ai fini della prova scritta, il ricorrente è quindi sempre tenuto a presentare l’estratto autenticato delle scritture contabili.

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obbligo iscrizione a cassa forense

Abolire l’obbligo di iscrizione a Cassa Forense? Presentata la proposta di legge.

Poche settimane fa l’On. Bignami (FDI) ha presentato in Parlamento la proposta di legge 2030 con l’obiettivo di abolire l’obbligo di iscrizione a Cassa Forense.

La proposta segue anni di proteste da parte degli avvocati contro quello che, per molti, risulta essere un obolo particolarmente oneroso.

Il versamento è, infatti, fisso (circa 4000€ all’anno) e completamente slegato dal reddito dell’avvocato. Chi ha appena avviato la professione, coloro che la esercitano in modo discontinuo o stanno patendo la maggiore concorrenza di questo periodo storico o clienti insolventi, possono trovare difficoltoso l’adempimento di tale obbligo.
Come se non bastasse, l’inadempimento è sanzionato dal codice deontologico.

La proposta dell’On. Bignami non si limita solo all’abolizione dell’obbligo di iscrizione a Cassa Forense, ma propone modifiche anche ad altri aspetti dell’avvocatura, come l’esame di Stato, il lavoro subordinato o il praticantato, che necessitano di essere rivisti o ripristinati.

Per maggiore chiarezza, vi riportiamo il testo integrale della proposta, che si compone di un unico articolo:

«Al fine di procedere a una revisione e a una semplificazione della disciplina dell’ordinamento della professione forense, di cui alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, e di favorire l’accesso alla professione di avvocato da parte dei giovani, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) modifica del corso di studi in giurisprudenza agevolandone l’indirizzo verso la specializzazione professionale mediante l’istituzione e l’attuazione di tirocini curricolari al quarto e al quinto anno di corso di studi e anticipando l’immissione dei neolaureati nel mercato del lavoro;

b) obbligo del  rimborso delle spese per il praticante avvocato;

c) eliminazione dell’incompatibilità della professione forense con il lavoro subordinato di cui all’articolo 18 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, prevedendo l’applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro degli studi professionali per avvocati e praticanti;

d) ripristino della figura del praticante abilitato, prevedendo che la stessa non sia soggetta a limitazioni temporali e contestuale abolizione della figura del praticante sostituto processuale;

e) revisione delle modalità dell’esame di abilitazione previste dagli articoli 46 e seguenti della legge 31 dicembre 2012, n. 247, mediante l’introduzione di misure premianti e di meccanismi di trasparenza, con l’obbligo di motivazione non puramente numerica e la fissazione di criteri effettivi, obiettivi e omogenei, su scala nazionale, da seguire per la valutazione delle prove di cui all’articolo 17-bis del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37. Previsione dell’aggiunta di una ulteriore sessione per le prove scritte salvaguardando l’esito favorevole delle stesse in caso di superamento, al fine di poter affrontare un’unica prova orale;

f) previsione di  agevolazioni fiscali e previdenziali per i giovani avvocati;

g) previsione di un rimborso delle spese obbligatorio per i tirocinanti;

h) eliminazione dell’obbligo di iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e liberalizzazione del settore previdenziale e assistenziale con la fornitura delle relative prestazioni anche da parte di altri soggetti mediante l’introduzione di forme di previdenza complementare e di meccanismi concorrenziali, individuando meccanismi efficienti di progressività nella contribuzione previdenziale;

i) abolizione dei requisiti dell’abitualità, dell’effettività e della continuità della professione forense di cui all’articolo 21 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, al fine della permanenza dell’iscrizione al relativo albo;

l) reintroduzione dell’accordo con il quale l’avvocato e il cliente stabiliscono che il compenso per la prestazione professionale svolta è determinato in percentuale rispetto al risultato ottenuto, al fine di ridurre gli oneri a carico dei clienti.»

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riforma del processo civile

La riforma del processo civile: riduzione dei tempi e semplificazione

La riforma del processo civile trova il via libera con la seduta del 5 dicembre 2019 del Consiglio dei Ministri.

Gli obiettivi della riforma si possono riassumere nelle parole del premier Conte: «garantire un servizio della giustizia civile ancora più efficiente e attrarre più investitori».
In sostanza, si vogliono ridurre i tempi della giustizia e semplificare le regole che governano la procedura civile, in modo da rendere lo scenario più appetibile alle imprese che decidono di investire nel nostro paese.

Ma qual è il rapporto tra una giustizia efficiente e la presenza di investimenti stranieri?
Semplice: un ambiente legale efficiente aumenta la competitività del paese.

Correva l’anno 213 quando Edward Luttwak, politologo ed esperto statunitense di strategie militari, in un’intervista rilasciata a Panorama criticava la giustizia italiana additandola come una delle principali cause della mancanza di investimenti stranieri nel nostro paese. A suo parere, 3 i motivi:

  • – la lentezza del sistema, incompatibile con la certezza del diritto,
  • – l’arbitrarietà dei magistrati e la possibilità di arrestare le persone senza le prove richieste dal principio dell’habeas corpus,
  • – l’ “imperialismo giurisprudenziale”, ovvero la criminalizzazione di  attività economiche o di eventi che in altri paesi sono soggetti alla sola giustizia civile.

La riforma che entrerà in vigore il prossimo gennaio 2020 è partita proprio dall’analisi di cosa non funziona.
Sono emersi 2 ostacoli:

  • – troppi tempi morti durante i processi;
  • – troppe regole diverse in base al tipo di procedimento.

 L’ovvia conclusione è che meno regole (e meno passaggi) renderanno il sistema più snello e, conseguentemente, più veloce.

riforma del processo civile
Immagine tratta dal video della conferenza stampa del Presidente Conte e del Ministro Bonafede, Consiglio dei Ministri n. 15, 5/12/19.

LE PRINCIPALI NOVITÀ DELLA RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE

Ecco alcune delle novità introdotte dalla riforma del processo civile.

I riti di riferimento passano da 3 a 1 solo (riduzione già prevista dal d.lgs 150/2011).

– Vi è un unico atto introduttivo, il ricorso.

– Viene cancellata l’udienza di precisazione delle conclusioni così da ridurre il numero delle udienze.

Il perimetro della causa deve essere definito prima della prima udienza e il calendario del processo deve essere fornito alle parti fin da subito.

– Anche il processo d’appello e rito collegiale vengono riformati su misura dell’unico rito sopravvissuto.

– Anche il rito davanti al giudice di pace viene semplificato: viene eliminato l’obbligo del tentativo di conciliazione in quei settori in cui si è spesso rivelato poco performante. Contemporaneamente, l’obbligo viene esteso ad altre controversie.

Si investe nella digitalizzazione del processo civile.
Alle parti viene richiesto di depositare i documenti e gli atti esclusivamente con modalità telematiche.
Viene inserito il divieto per l’ufficiale giudiziario di notifica cartacea se il destinatario possiede un domicilio digitale o un indirizzo pec.
La digitalizzazione riguarda anche la Cassazione e i processi davanti al giudice di pace.

– Viene abrogato il rito Fornero, che offriva una corsia preferenziale alle controversie sul licenziamento illegittimo, e si ritorna al rito unico, sempre nell’ottica di accelerare le tempistiche dei procedimenti.

– In tema di espropriazione immobiliare vengono introdotte nuove norme per garantire una maggior tutela del debitore e la possibilità, per quest’ultimo, di ottenere l’autorizzazione da parte del giudice a vendere direttamente il bene pignorato.

– La riforma si muove a favore della leale collaborazione delle parti. Significa che si vuole disincentivare l’uso della giustizia come mezzo per ledere i diritti altrui.
Con la riforma, ha spiegato il Ministro Bonafede durante la conferenza stampa della scorsa settimana, si vuole che «Il ‘fammi causa’ [ndr: tanto il processo durerà all’infinito] non sia più una minaccia possibile. Chi fa una causa temeraria o chi resiste in una causa non solo paga il risarcimento, ma deve pagare una sanzione a favore della Cassa delle Ammende perché ha creato un danno anche allo Stato».

Il risultato finale della riforma del processo civile sarà un processo con una struttura, come dice Bonafede, ‘a fisarmonica‘: se la causa è semplice, dovrà essere risolta in poche udienze, impiegando la metà del tempo necessario oggi.

Guarda il video integrale della conferenza stampa ufficiale.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=334&v=lYNS3QefhJk&feature=emb_logo 15:45

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Antiriciclaggio: le regole tecniche emesse dal CNF

Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, il riciclaggio di denaro sporco incide sul PIL del pianeta in una percentuale compresa tra il 3 e il 5%.

Secondo la Banca d’Italia, nel nostro paese la percentuale sale al 10% del PIL totale, una cifra compresa tra i 150 e160 miliardi di euro all’anno.

Le attività illecite coinvolte sono soprattutto il narcotraffico (7,7 miliardi di euro), le estorsioni (4,7 miliardi), lo sfruttamento della prostituzione (4,6 miliardi) e la contraffazione (4,5 miliardi).

Nonostante questi dati possano sembrare sconfortanti, c’è da dire che nel 2018 l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) ha ricevuto 98.030 segnalazioni di operazioni sospette,  il 4,5 % in più rispetto al 2017.

L’aumento delle segnalazioni è dovuto soprattutto a una maggiore partecipazione di coloro che operano nel settore dei giochi (+94,9%) e degli intermediari e altri operatori finanziari (+20,9%).

In calo, invece, le segnalazioni da parte di professionisti, specie commercialisti, avvocati e studi interprofessionali (da 4.969 a 4.818).

Da un punto di vista geografico, le segnalazioni sono aumentate in modo marcato in Campania (da 10.863 a 12.183) e in Calabria (da 2.657 a 2.696). In diminuzione quelle nelle regioni del Nord, a causa delle minori segnalazioni a seguito di voluntary disclosure.

VOLUNTARY DISCLOSURE

La voluntary disclosure fu introdotta la prima volta con l’articolo 1 della legge 186/2014 allo scopo di far rientrare in Italia capitali depositati all’estero.

Tale procedura permetteva a chi deteneva capitali all’estero in modo illecito di regolarizzare la propria posizione. Potemmo dire che consisteva in una sorta di “autodenuncia” al Fisco che consentiva al soggetto di regolarizzare la sua posizione, anche a livello penale, ottenendo uno sconto sulle sanzione.

Il modello della voluntary disclosure fu ripreso nel 2017, questa volta per far emergere introiti derivanti da attività interne non dichiarate al Fisco.

AVVOCATI E REGOLE ANTIRICICLAGGIO

Nella gestione della propria attività, è bene che gli avvocati si dotino di strumenti e procedure che li aiutino a gestire al meglio il rischio connesso al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo.

Nonostante non esista un modello standard (ogni professionista si trova infatti ad affrontare una molteplicità di situazioni che possono esporlo a tale rischio), il CNF ha emanato, lo scorso 20 settembre 2019, 14 regole tecniche che offrono dei riferimenti utili all’analisi e alla valutazione del rischio, ai controlli interni e alla verifica della clientela.

Gli avvocati sono liberi di applicare del tutto o in parte tali regole.

IL BASSO RISCHIO

Le linee guide del CNF suggeriscono due strumenti utili a ridurre il rischio connesso al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo:

  • la creazione e l’uso di un documento di autovalutazione;
  • la creazione di una procedura di profilazione del cliente.

Il processo di analisi deve permettere all’avvocato di capire qual è il grado di rischio e, da lì, decidere quali contromisure adottare.
Più il rischio è basso e più il controllo da parte dell’avvocato potrà essere superficiale e semplice.

Tra i soggetti considerati a “basso rischio” figurano:

– le pubbliche amministrazioni ovvero organismi o enti che svolgono funzioni pubbliche, anche conformemente al diritto UE;
società ammesse alla quotazione su mercati regolamentati nella UE;
società ammesse alla quotazione su mercati regolamentati extra UE a condizione che non siano situate in Paesi terzi ad alto rischio;
i soggetti sottoposti a vigilanza ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993 no. 385, del D. Lgs. 24 febbraio 1998 no. 58 e del D. Lgs. 7 settembre 2005 n. 209;
enti creditizi o finanziari situati in uno Stato extra UE, di cui all’art. 23, comma 2, lettera c, numeri 2), 3), e 4);
clienti con sede legale in aree geografiche a basso rischio.

Gli Avvocati possono eseguire la valutazione del rischio autonomamente, oppure affidarsi a professionisti o società di consulenza.

I fascicoli di analisi relativi ai propri clienti possono essere conservati in modalità cartacea, digitale o entrambe.

VERIFICA DEL CLIENTE  E IDENTIFICAZIONE DEL TITOLARE EFFETTIVO

Il titolare effettivo è la persona fisica o le persone fisiche nell’interesse della quale o delle quali, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita.

Non sempre coincide col cliente.

L’avvocato deve dunque identificare e verificare il proprio cliente e l’eventuale titolare effettivo.

Ai fini dell’identificazione del cliente, è sufficiente ottenere la fotocopia del documento di identità di questo.

La verifica può essere svolta:
raccogliendo dati e informazioni attraverso percorsi guidati o questionari, anche facendo uso di  software che assegnino in modo automatico la classe di rischio;
richiedendo al cliente una dichiarazione che confermi i dati e le informazioni fornite.

Per l’identificazione dell’eventuale titolare effettivo, è sufficiente ottenere una dichiarazione, purché ragionevolmente attendibile, dello stesso titolare effettivo o una dichiarazione del cliente con allegata l’eventuale documentazione atta ad identificarlo (es. visura CCIA).

In caso di clienti a basso rischio, l’Avvocato può avvalersi di una procedura semplificata che gli permette di compiere controlli con cadenze più ampie, anche triennali, e lo esonera dal:
raccogliere informazioni dettagliate sulla situazione economica e patrimoniale dell’assistito;
verificare in maniera approfondita la provenienza dei fondi e delle risorse a disposizione di questo.

Molti altri sono i dettagli da considerare nelle procedure di valutazione del rischio connesso al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo.
Per tale motivo, vi invitiamo a prendere visione dei seguenti documenti emessi dal CNF: Criteri e metodologie di analisi e valutazione del rischio e Regole Tecniche In materia di procedure e metodologia di analisi e valutazione del rischio.

 

Sei un avvocato? Puoi eseguire l’autovalutazione del rischio in maniera autonoma e veloce con il nostro Portale Antiriciclaggio di Servicematica.

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società di capitali

L’UNCC chiede la cancellazione delle società di capitali dagli albi degli avvocati

È di pochi giorni fa la notizia che l’Unione Nazionale delle Camere Civili ha inoltrato ai Consigli dell’Ordine degli avvocati competenti per territorio una «istanza di cancellazione delle società di capitali iscritte nei loro albi».

L’Uncc ritiene infatti illegittime alcune disposizioni previste dalla legge 124/ 2017, in particolare quelle che consentono l’esercizio della professione forense a società di capitali, composte da una pluralità di soggetti, non solo avvocati, ma anche professionisti iscritti ad altri albi e soci di capitale».

Come ha sottolineato Antonio de Notaristefani, presidente dell’Uncc, le società di capitali sono guidate da interessi di tipo economico e commerciale.

L’Uncc spiega quindi che dalla normativa del 2017 «discende una commistione di interessi tra avvocati e imprese commerciali che ha conseguenze dirette sull’esercizio dell’attività forense, non più libera e indipendente, ma condizionata da strategie commerciali esterne. Un contesto che viola apertamente il diritto di difesa, la libertà di iniziativa economica e il diritto a un giusto processo previsti espressamente dagli articoli 24, 41 e 111 della Costituzione».

L’istanza ha l’obiettivo di superare una normativa considerata illegittima e ripristinare la la piena autonomia della classe forense, prerequisito essenziale per poter garantire lo svolgimento di un giusto processo.

SOCIETÀ DI CAPITALI E AVVOCATI

La forma societaria per gli avvocati era stata introdotta una prima volta dal D. lgs. 96/2001 in attuazione della direttiva 98/5/CE, ma non aveva trovato grande diffusione. Le cause? Probabilmente la concessione di unica forma societaria (società in nome collettivo) e la scarsa convenienza fiscale.

La Legge 124/2017 ha poi concesso la possibilità di costituire di società di capitali, ovvero società aperte anche a soggetti non professionisti, a patto che gli avvocati rappresentassero almeno i 2/3 del capitale e costituissero la maggioranza degli aventi diritto al voto.

Già all’epoca, parte del mondo forense reagì con preoccupazione.
A sollevare particolari timori vi era l’idea che i soci di capitali avrebbero investito risorse negli studi più grandi (più redditizi) decretando la fine di quelli più piccoli (che rappresentano la forma tipica nel nostro paese) e che l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati sarebbero state assoggettate alle regole del profitto.

A quanto pare, nonostante sia passato qualche anno, tali preoccupazioni sono ancora vive.

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sospensione cautelare.

Modifiche alla sospensione cautelare

Il 12 luglio scorso, a seguito di consultazioni, il Consiglio Nazionale Forense ha deliberato le modifiche all’art.32, titolo III del regolamento CNF 2/2014, relativo alla sospensione cautelare.

La modifica principale riguarda le tempistiche di intervento, che diventano più brevi per far fronte a casi di assoluta urgenza che minano l’immagine della categoria.

Con l’entrata in vigore delle modifiche, non sarà più necessario attendere la designazione della Sezione del Consiglio Distrettuale di Disciplina (che però potrà sempre revocare o modificare la sospensione), ma la misura potrà essere applicata da una sezione specificatamente incaricata dal Presidente.

LA SOSPENSIONE CAUTELARE, QUANDO SI APPLICA

L’art.60 della legge 247 del 2012 stabilisce che la sospensione cautelare è adottata in caso di:

  1. applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello;
  2. pena accessoria di cui all’articolo 35 c.p., anche se è stata disposta la sospensione condizionale della pena, irrogata con la sentenza penale di primo grado;
  3. applicazione di misura di sicurezza detentiva;
  4. condanna in primo grado per i reati previsti nei seguenti articoli del codice penale: 372 (falsa testimonianza), 374 (frode processuale), 377 (intralcio alla giustizia), 378 (favoreggiamento personale), 381 (altre infedeltà del patrocinatore), 640 (truffa) e 646 (appropriazione indebita), se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio; art. 244 (atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra), 648bis (riciclaggio) e 648ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita);
  5. condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni.

A propendere per l’applicazione della misura intervengono due fattori:

  • la gravità dei fatti che hanno portato alle sanzioni e la loro incompatibilità con i principi etici e morali alla base della professione;
  • l’impatto sull’immagine e la dignità della categoria.

NON APPLICABILITÀ, REVOCA E MODIFICA

La sospensione deve essere sempre adeguatamente motivata, pena la sua illegittimità. Non può essere superiore a 1 anno e diventa esecutiva dal momento della notifica all’interessato.

Non è applicabile quando la Sezione competente:

  • non deliberi il provvedimento sanzionatorio entro i 6 mesi dalla condanna;
  • deliberi che non vi siano i presupposti per dare luogo alla sanzione;
  • disponga l’applicazione della sanzione di avvertimento o censura.

La sospensione cautelare può essere revocata o modificata dalla Sezione qualora non venga considerata adeguata alla gravità di quanto commesso.

Lo stesso avvocato può muovere istanza di revoca o modifica e può fare ricorso al CNF entro 20 giorni dalla notifica del provvedimento.
Il ricorso non sospende l’esecuzione della misura.

L’applicazione della sospensione impedisce all’avvocato lo svolgimento delle attività processuali, ma non lo solleva dall’obbligo di ricevere tutti gli atti relativi ai propri incarichi e al suo ruolo professionale.

Per approfondire, leggi il documento originale.

 

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Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

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