Premi dedicati agli avvocati

Premi dedicati agli avvocati: risorsa o inganno?

Prendiamo spunto da un’interessante conversazione che si è sviluppata a partire dai post dell’Avv. Andrea Lisi su LinkedIn a proposito dei premi dedicati agli avvocati e sulla reazione del Consiglio Distrettuale di Disciplina della Corte d’Appello di Milano a tal proposito.

Il Consiglio, ancora nel novembre del 2019, si è espresso sui numerosi post che gli avvocati pubblicano sui loro social, molto spesso proprio su LinkedIn, mostrando l’assegnazione di premi “qualificanti capacità professionali in singoli campi di operatività”.

A contorno di questi post, altri in cui gli avvocati parlano apertamente di incarichi ricevuti e di chi glieli ha commissionati.

Questo tipo di condotta è in linea con i principi di veridicità, correttezza, onestà e discrezione indicati dal codice deontologico?

I PREMI DEDICATI AGLI AVVOCATI: COSA NON FUNZIONA

Il guaio di utilizzare l’assegnazione di premi come leva della comunicazione di un avvocato nasce dalla loro natura dei premi stessi.

Per prima cosa, sono assegnati da istituzioni che non sembrano essere oggettivamente abilitate a valutare l’operato professionale degli avvocati: come vengono scelti i finalisti? Quali sono i parametri utilizzati per stabilire chi è meritevole di un premio e chi no? Chi li stabilisce? In base a quale analisi? E, poi, è davvero possibile stabilire in modo oggettivo se un avvocato è bravo o meno?

Poi, alla mancanza di una procedura di valutazione trasparente si aggiunge il fatto che, a quanto pare, spesso vengono rilasciati solo a seguito della partecipazione a costosissime cerimonie di premiazione che, in qualche modo, ne inficia la validità. Infatti, se non si partecipa alla cerimonia, non si può ritirare il premio. Insomma, il premio è il risultato di un pagamento.

Infine, proprio il costo di tali cerimonie taglia fuori gli studi più piccoli o gli avvocati più giovani, imponendo una selezione che non ha nulla a che fare con la qualità del lavoro.

È proprio l’aspetto economico a rendere i premi dedicati agli avvocati una leva pubblicitaria ingannevole.
A dir la verità, non lo sono solo per il settore legale, ma per tutti.

Pensiamoci un attimo: se un macellaio o un cantante ricevesse un premio che celebra le sue competenze semplicemente perché ha versato una certa somma e poi usasse questo premio come leva di marketing, chiaramente omettendo di aver pagato, potremmo considerarla una forma di comunicazione onesta? Decisamente no.

Lo stesso discorso vale anche per articoli, interviste, pubblicazioni su riviste scientifiche e partecipazioni a convegni come relatori, se a pagamento e se tale pagamento viene omesso nel contenuto utilizzato a fini di marketing.

LA DELIBERA DEL CONSIGLIO DISTRETTUALE DI DISCIPLINA DELLA CORTE D’APPELLO DI MILANO

La conclusione indicata nella delibera è che i post pubblicati da avvocati in cui si pubblicizza il ricevimento di premi si configurano come una possibile violazione al codice deontologico (in particolare degli articoli 35 comma 8 e 37). Il Consiglio pertanto chiede ai presidenti degli ordini distrettuali della corte di appello di Milano di valutare possibili procedimenti disciplinari verso quegli avvocati che sfruttano questo tipo di pubblicità considerata occulta se non, addirittura, scorretta.

GLI ARTICOLI 35 E 37 DEL CODICE DEONTOLOGICO

L’art 35, “Dovere di corretta informazione”, al comma 8 dispone che:
«Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano.
»

L’art 37, “Divieto di accaparramento della clientela” dispone che:
«L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.
»

Il codice deontologico impone trasparenza, correttezza, decoro, veridicità, e informazioni non comparative e non suggestive. È possibile far coincidere questi dogmi con le nuove spinte a cui è soggetta la professione?

Perché bisogna affrontare la realtà: la pubblicità sta diventando importante anche per gli avvocati, soprattutto sul web. La sfida è dunque capire come gestirla: che il codice deontologico necessiti di ulteriori revisioni per adeguarsi a un contesto che cambia velocemente? O è importante cercare di preservare le specificità della figura dell’avvocato, mantenendola distante dalle più scomode regole del mercato, della domanda e dell’offerta e, quindi, del marketing?

Leggi qui la delibera.

Sei un avvocato e vuoi fare marketing nel rispetto del codice deontologico? Contattaci!

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