notifica teleamtica

Notifica telematica dopo le 21: valida o no?

Uno dei vantaggi delle tecnologie digitale è la possibilità di svolgere compiti in orari svincolati dall’apertura degli Uffici.

Grazie alle modalità telematiche, possiamo lavorare di notte, durante i weekend persino nei giorni di festa! In altre parole, sempre.

Decidere se questa è un’evoluzione positiva o meno, sta a voi deciderlo.
Ciò che è certo è che, se ai tempi del processo cartaceo era necessario recarsi ad orari ben precisi presso un Ufficio per notificare l’atto introduttivo, con l’introduzione del PCT gli avvocati avrebbero dovuto godere di maggiore libertà.

Eppure, l’art. 147 cpc indica che le notifiche non possono essere eseguite tra le 21 e le 7 e che, se eseguite dopo le 21, vengono perfezionate alle 7 del giorno successivo, sia per il mittente che per il destinatario.

Nato in un contesto cartaceo, tale articolo è stato esteso anche alla dimensione digitale, come confermato dall’art. 16-septies del D.L. 179/2012 che stabilisce che «la disposizione dell’art. 147 c.p.c. si applica anche alle notificazioni eseguite con modalità telematiche. Quando è eseguita dopo le ore 21, la notificazione si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo».

A sostegno di ciò anche la sentenza 21915 della Cassazione civile, sez. III, del 21 settembre 2017.

La Cassazione all’epoca sentenziava che l’articolo sopraindicato «espressamente disciplina i tempi per il corretto ed efficace svolgimento di una attività (a tutela del diverso interesse, rafforzato dalle possibilità tecniche offerte dalla notifiche telematiche, di non costringere i professionisti alla continua verifica, a qualsiasi ora del giorno e della notte, dell’arrivo di atti processuali)».

In altre parole, conservando il divieto temporale tra le 21 e le 7, la Cassazione tutelava il periodo di riposo del destinatario o dei suoi rappresentanti.

In realtà, spesso questa disposizione ha complicato la vita degli avvocati. Infatti, una notifica telematica effettuata dopo le 21 e perfezionata solo alle 7 del giorno successivo non poteva essere considerata valida per un’impugnazione tempestiva, anche se compiuta entro le 24 dell’ultimo giorno utile.

Sotto richiesta della Corte d’Appello di Milano, la Corte Costituzionale ha valutato la legittimità dell’art. 16-septies in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.

Con la sentenza n. 75 del 9 gennaio 2019 la Corte Costituzionale ha stabilito l’incostituzionalità della parte in cui si indica che la notifica telematica la cui ricevuta di accettazione sia generata dopo le 21 ed entro le 24 ore, si perfezioni per il notificante alle 7 del giorno successivo e non al momento in cui viene generata la ricevuta.

Come suggerito dalla Corte d’Appello, l’incostituzionalità deriva dal fatto che la tutela del domicilio espressa nell’art.3 della Costituzione non trova sostanza nel mondo digitale.

Per quanto riguarda gli arti. 24 e 111, l’incostituzionalità nasce dalla violazione del diritto del notificante di sfruttare pienamente il limite giornaliero di notifica che la legge gli riconosce.

Gli effetti di questa decisione sono semplici.

In caso di notifica telematica effettuata entro i termini, questa verrà perfezionata in due momenti diversi a seconda del soggetto preso in considerazione.

Per il notificante, al momento in cui viene generata la ricevuta di consegna; per il notificato, alle 7 del mattino successivo.

In questo modo, il notificante potrà godere delle libertà orarie concesse dalle tecnologie telematiche, mentre il notificato vedrà tutelato il suo diritto al riposo.

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password sicure

Come creare password sicure e facili da ricordare

In questo articolo vogliamo darvi alcuni suggerimenti per creare password sicure, difficili da decifrare e facili da ricordare.

Le nuove tecnologie, lo sviluppo di internet e l’introduzione del processo telematico hanno  obbligato molti avvocati a fare i conti con il tema della sicurezza informatica.
Indipendentemente dal grado di interesse e competenze tecniche che potete avere, c’è un aspetto della sicurezza informatica con il quale siamo certi abbiate a che fare ogni giorno. Si tratta proprio delle password!

Le password sono il baluardo della nostra sicurezza online. Pertanto, è importante sceglierle con attenzione.

Dunque, come si crea una buona password?

COME FANNO GLI HACKER A RUBARE LE PASSWORD

Potreste pensare che l’abilità degli hacker nel rubare le password sia dovuta solo alle loro competenze informatiche, decisamente superiori alla media.

In realtà, il motivo principale è di tipo “psicologico”.

Gli hacker conoscono molto bene come ragionano le persone comuni e, quindi, sanno quali siano le formule più utilizzate per creare le password.

Del resto, chi non ha mai usato date di nascita, nomi di figli e partner, nomi di animali domestici, soprannomi o sequenze di numeri come 1111 o 12345678?

Si tratta di password molto frequenti, prevedibili e facili da individuare.  

All’hacker basta una visita al vostro profilo Facebook o Instagram per capire quando siete nati, chi sono le persone a voi care, se avete degli animali, dove vivete, cosa vi piace o quando vi siete laureati.

A facilitargli la vita concorre anche la brutta abitudine di utilizzare la stessa password per siti/servizi diversi.

COME CREARE PASSWORD SICURE

Ora che abbiamo capito come gli hacker sfruttano la nostra prevedibilità, il nostro obiettivo sarà quello di limitarla il più possibile.

Il segreto per creare password sicure è la casualità degli elementi che le compongono.
Più gli elementi sono casuali e più le password sono complesse, imprevedibili e, quindi, sicure.

La casualità si crea mescolando elementi diversi.

Una password è valida quando:

– ha almeno 8 caratteri (più lunga, più sicura),

– contiene lettere maiuscole e minuscole,

– contiene dei numeri, meglio se alternati alle lettere

– contiene caratteri speciali (!@&%#£”…)

Potete inventarvi sequenze di lettere e numeri a vostro piacimento oppure usare i generatori di password disponibili online.

L’unico difetto di questo tipo di password sicure potrebbe essere la difficoltà nel ricordarle.

COME CREARE PASSWORD SICURE E FACILI DA RICORDARE

Una delle tecniche più semplici per creare password sicure e anche facili da ricordare è quella degli acronimi.

Tecnicamente, queste password si chiamano passphrase perché, come suggerisce il nome, “nascondono” una frase che solo voi conoscete.

Anche nel caso delle passphrase è bene inserire numeri, maiuscole e minuscole e caratteri speciali.

Se non sapete come inserire numeri e caratteri speciali, potete sfruttare la loro somiglianza con le lettere.
Per esempio, il 3 richiama la E; la a può essere sostituita dalla @; la I con !, la O con lo 0, e così via.

Ecco un esempio di passphrase.

Frase:  il mio piatto preferito è la pasta alla carbonara
Acronimo: imppelpac
Password: !Mpp3Lp@C

VADEMECUM FINALE

Ecco alcune regole riassuntive per creare password sicure e facili da ricordare:

  1. evitate parole o serie di numeri  troppo comuni (“password”, “principessa”, “1111”, ecc),
  2. evitate di utilizzare dati personali che possano essere recuperabili online o sui vostri profili social (date di nascita o di eventi importanti, nomi di persone care e animali, soprannomi, preferenze sportive, ecc.);
  3. create password di almeno 8 caratteri;
  4. utilizzate numeri, lettere maiuscole e minuscole e caratteri speciali,
  5. utilizzate la tecnica degli acronimi;
  6. usate password diverse per diversi siti/servizi.

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Atto di Indirizzo Politico e Istituzionale

Atto di Indirizzo Politico e Istituzionale: le novità 2020 del Ministero della Giustizia

Con la pubblicazione dell’Atto di Indirizzo Politico e Istituzionale il Ministero della Giustizia ha condiviso le proprie priorità politiche per il 2020.

Tra queste, trovano spazio progetti di digitalizzazione e informatizzazione della Giustizia, tra le quali l’estensione del PCT e l’introduzione del Processo Penale Telematico.

Come indicato nel documento, l’obiettivo principale è velocizzare i processi civili e penali e migliorare la qualità dei servizi amministrativi garantiti ai cittadini.

L’idea è che l’utilizzo degli strumenti digitali e l’integrazione tra sistemi operativi già esistenti facilitino lo scambio di informazioni tra uffici e istituzioni, garantendo la sicurezza dei dati personali.

Vediamo nel dettaglio le novità più interessanti.

NOVITÀ 2020 PCT

1) Il Processo Civile Telematico potrebbe dire addio alle PEC.
L’intenzione è quella di modificare quanto disposto nell’art. 16 bis del d.l. 179/2012, dando la possibilità di
effettuare i depositi anche tramite altri sistemi, primo fra tutti l’upload dei documenti su PST.

2) Partirà poi la sperimentazione che estenderà alla Corte di Cassazione la possibilità di depositare gli atti, consultare i fascicoli e effettuare i pagamenti telematici.

3) L’estensione del PCT agli Uffici Minorili è ancora in fase di analisi per meglio capire come consentire il deposito degli atti e la consultazione telematica dei fascicoli tutelando i dati personali dei soggetti coinvolti.

4) Ai Giudici di Pace verranno consentiti la consultazione dei fascicoli e, successivamente, il deposito telematico.

5) Un’altra novità riguarda lo sviluppo a livello nazionale della “nuova infrastruttura distrettuale evoluta” (GSU – Gestione Servizi Unep) già attivata sul Circondario di Milano.
La sperimentazione prevede la possibilità per gli avvocati di notificare telematicamente agli UNEP.

NOVITÀ 2020 PPT

1) Secondo l’Atto di Indirizzo Politico e Istituzionale, il 2020 vedrà l’introduzione ufficiale del Processo Penale Telematico, a partire dalla realizzare del deposito degli atti e della consultazione dei fascicoli.

2) Verrà incoraggiato l’uso della multivideoconferenza in modo che i dibattiti possano essere svolti a distanza e in conformità all’introduzione dalla legge 103/2017 che ha ampliato il numero di soggetti che possono fare richiesta di partecipazione a distanza.
Al momento, il servizio di multivideoconferenza è possibile in quasi 400 locali adibiti presso 29 istituti penitenziari e 95 uffici giudiziari. Sarà quindi necessario aumentare il numero di spazi attrezzati e implementarne le tecnologie.

3) Un altro intervento riguarda l’unificazione dei registri dei carichi pendenti sul territorio. Uniformando il sistema di ricerca si faciliterà l’ottenimento di informazioni utili alle indagini, soprattutto quelle relative alla criminalità organizzata.

4) Verranno implementati i sistemi di sicurezza per garantire la protezione dei dati relativi alle intercettazioni. Il Team centrale di gestione e coordinamento del Security Operation center del Ministero della Giustizia realizzerà le misure necessarie a proteggere le risorse informatiche e i dati in esse ospitati.

NOVITÀ 2020 BANCHE DATI

1) Si prevede la configurazione della banca dati nazionale integrata collegata all’istituzione della “Squadra Speciale di giustizia per la protezione dei minori” che si occuperà dei dati relativi agli affidi familiari.
L’obiettivo è consentire una maggiore vigilanza sulle procedure di affidamento. Sarà quindi necessario un censimento di tutti gli affidi e delle motivazioni che hanno spinto l’allontanamento dei minori dalle famiglie. Questo permetterà di comprendere la situazione a livello nazionale e individuare quali interventi tecnici e normativi sono necessari.

2) Un’altra banca dati che verrà coinvolta nei processi di ammodernamento è quella della magistratura onoraria di primo grado (giudici onorari di pace e viceprocuratori onorari). Questa banca dati è ormai obsoleta e necessita di essere aggiornata in base a quanto previsto dal d.lgs. 116/2017. Sarà necessario creare un software gestionale che consenta tale rinnovamento.

Potete leggere il testo integrale dell’Atto di Indirizzo Politico e Istituzionale del Ministero della Giustizia cliccando qui.

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Massiva campagna via PEC diffonde FTCODE con nuove funzionalità

Dalla tarda mattinata del 29/10 il CERT-PA ha rilevato il vasto utilizzo di caselle PEC, precedentemente compromesse, utilizzate per veicolare il malware FTCODE che nelle scorse settimane è stato ampiamente utilizzato in diversi attacchi verso strutture della PA o caselle di aziende e professionisti.

La peculiarità rilevata nella variante odierna è che, oltre agire come ransomware avviando la cifratura dei dati degli utenti, attiva una serie di funzionalità di “info-stealer” ed in particolare tenta di catturare le credenziali immagazzinate nei comuni software quali:

  • FireFox
  • Chrome
  • Outlook
  • IE
  • Thunderbird

Questa particolarità fornisce un duplice vantaggio agli attaccanti ovvero quella di recuperare informazioni, che possono essere riutilizzate per scopi illeciti, quindi monetizzare tramite la richiesta di riscatto conseguente la cifratura dei file personali.

La campagna osservata è inoltre particolarmente insidiosa perché utilizza caselle PEC mittenti sempre diversi oltre a innumerevoli oggetti che fanno anche riferimento a comunicazioni pregresse.

Di seguito un esempio tra quelli rilevati:

 

Alcuni degli oggetti identificati nella campagna in corso sono:

  • esposto circa la SOGEI
  • candidatura Profilo F1
  • 272435426
  • Ricevuta protocollo
  • INAIL Comunica [9633468]
  • Fatture Ottobre 2019
  • POSTA CERTIFICATA: Candidatura profilo F2
  • ReRicevuta protocollo
  • Nota prot n 114438 del 18092019
  • 5Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 20172019 Definizione dei piani di adesione e attivazione a PagoPA
  • AVVISO 012016profio F2

L’oggetto non è un elemento caratteristico per l’identificazione della campagna, ma sono da ritenere altamente sospetti tutti i messaggi PEC in cui l’oggetto è utilizzato anche nel corpo sotto forma di un link internet.

Nello specifico il link redirige verso fonti esterne dalle quali viene scaricato un file archivio .zip contenete file con estensione .vbs.

Sono in corso aggiuntive analisi sul malware e verifiche atte al recupero di indicatori di compromissione.

Indicatori di Compromissione

Si consiglia di utilizzare gli IoC seguenti per arginare l’infezione.

  • IoC (.txt) – URL, domini, hash;
  • Hashr (.txt) – SHA256

fonte: cert-pa.it

formazione continua

Obbligo di formazione continua non valido dopo 25 anni di iscrizione all’albo

L’art. 11 della legge 247/12 stabilisce che gli avvocati sono soggetti all’obbligo di formazione continua e costante al fine di assicurare la qualità delle loro prestazioni professionali nell’interesse dei clienti e dell’amministrazione della giustizia.

Lo stesso articolo, al comma 2, prevede anche l’esenzione o l’esonero dall’obbligo di formazione continua per gli avvocati iscritti all’albo da almeno 25 anni.

Tale esenzione può essere applicata anche retroattivamente in base al superamento del principio del tempus regit actum, ossia l’idea che a un illecito disciplinare debba applicarsi la sanzione vigente nel momento stesso in cui l’illecito è commesso e non quella successiva, più favorevole al colpevole.

IL CASO DI RIFERIMENTO

Nell’ottobre 2014 un avvocato impugnava la decisione del COA di Brescia che gli infliggeva la sanzione della censura.

A seguito di verifiche, il COA scopriva infatti che l’avvocato aveva conseguito solo 19 crediti formativi e non i 31 previsti. Lo invitava pertanto a fornire chiarimenti indicando che, in mancanza quantitativa o qualitativa di questi, avrebbe provveduto all’avvio di un procedimento disciplinare.

L’avvocato ammetteva la propria mancanza giustificandola con la difficoltà nell’uso degli strumenti informatici necessari a individuare i corsi formativi e a iscrivervisi.
Aggiungeva poi di essersi impegnato a tenersi aggiornato con “i metodi della sua epoca”.
Si diceva disponibile a porre rimedio alla sua mancanza, a rispettare l’obbligo di formazione in futuro e confidava nella comprensione dell’Ordine territoriale che però finiva col ritenerlo responsabile e decideva di applicare la sanzione.

Il COA ha valutato inadeguate le ragioni dell’avvocato e ha concluso che la difficoltà nell’utilizzo delle tecnologia non potesse essere considerata un’attenuante. Anzi, quest’ultima poteva risultare addirittura un ostacolo all’esercizio della professione in previsione dell’introduzione del PCT.

DECADENZA DELL’OBBLIGO DI FORMAZIONE CONTINUA

A questo punto l’avvocato ricorreva riferendosi al già citato art. 11, comma 2, della Legge n. 247 del 31 dicembre 2012 e all’esenzione dall’obbligo di formazione continua per gli avvocati iscritti all’albo da almeno venticinque anni.

Il ricorrente inoltre adduceva che “l’intervento del legislatore integrava per i soggetti esentati l’ipotesi della c.d. “abolitio criminis” e che, comunque, la disposizione integrava e costituiva norma più favorevole per l’incolpato con ogni conseguente effetto, anche in ordine alla sua retroattività.”

L’avvocato ricorrente risultava essersi iscritto all’albo nel febbraio 1982, ricadendo pienamente nella casistica indicata dall’art.11.

A fronte della non ravvisabilità della violazione contestata, il ricorrente chiedeva il proscioglimento e solo l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Leggi la sentenza.

 

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secondment

Avvocato in prestito alle aziende: ecco il secondment

Gli studi legali possono prestare temporaneamente i propri avvocati alle aziende che ne hanno bisogno. Questa pratica ha un nome, secondment, e all’estero (soprattutto nel Regno Unito), è talmente frequente da aver spinto diversi studi legali a creare unità ad hoc.

In Italia è ancora agli albori e solleva pareri contrastanti tra coloro che la ritengono portatrice di grandi opportunità e coloro che invece vi riconoscono dei rischi.

Per spiegarvi di cosa si tratta, faremo riferimento ai dati raccolti dall’indagine di inhousecommunity.it per MAG, rivista dedicata al mondo legale e imprenditoriale.

secondment 1

COME FUNZIONA IL SECONDMENT

Una grande azienda può trovarsi ad affrontare un caso che richiede una specializzazione particolare o può dover far fronte a picchi di attività che non possono essere smaltiti completamente dal pool legale interno. 

In questi casi, poter contare su un avvocato in prestito è un ottima soluzione: l’azienda può massimizzare il rapporto tra investimento e ritorni, servendosi delle competenze di una risorsa in più per il solo tempo necessario.

In Italia, i periodi di secondment non superano mai i 12 mesi e quasi in 1 caso su 4 non superano i 6 mesi. (A)

A far uso del secondment sono soprattutto gli istituti bancari e finanziari (32%), le aziende energetiche (17%) e quelle di moda e design (12%). (B)

Bisogna precisare una cosa.
Gli studi coinvolti nell’indagine sono di grandi dimensioni e contano in media più di 100 avvocati ma, mediamente, contano solo 5 risorse interne coinvolte in progetti di secondment.
In più, solo il 15% degli studi dichiara di avere un’unità interna dedicata a questa pratica e il 9% si sta organizzando per crearne una. (C)

Come vedete, nel nostro paese la pratica è davvero ancora marginale, ma ciò che ci interessa sottolineare è che il 69% degli intervistati ha segnalato una crescente domanda del servizio da parte delle aziende. (D)

PROFILO DELL’AVVOCATO IN PRESTITO

L’avvocato in prestito italiano è generalmente un professionista con un livello di seniority medio. Più raramente è un senior associate o un praticante. Chi ha più esperienza non viene mai coinvolto in questi progetti. (E)

L’avvocato in prestito si occupa soprattutto di Banking & Finance (il 32%) o fusioni e acquisizioni (29%).

La remunerazione dei servizi dell’avvocato in prestito viene generalmente definita tra lo studio e l’azienda cliente (74%). Un’alternativa è inglobare la remunerazione all’interno di contratti di consulenza forfettari.

Tre volte su cinque è lo stesso studio a pagare l’avvocato in prestito, molte volte è il cliente (31%) e più raramente la quota è divisa fra studio e azienda cliente.

PERCHÈ IL SECONDMENT È UNA RISORSA

Il 69% degli intervistati ritiene che il secondment sia una pratica vantaggiosa per gli studi legali per i seguenti motivi:
– permette di acquisire informazioni sul cliente e sulle dinamiche aziendali utili a personalizzare le consulenze e i servizi da offrire;
– rappresenta un’occasione di formazione per i professionisti che acquisiscono così nuove competenze (soprattutto pratiche) da portare nel bagaglio dello studio;
– aiuta a fidelizzare il cliente.
(F)

secondment 2

QUALI SONO I RISCHI

Il 31% dei partecipanti ritiene invece che il secondment comporti più svantaggi che altro.

Per prima cosa, l’investimento di tempo e risorse rischia di non tradursi in un ritorno proporzionato. Poi, c’è sempre il rischio che, col tempo, l’avvocato in prestito venga assorbito dall’azienda.

L’indagine ha infatti evidenziato che, alla fine dei secondment, quasi due avvocati su cinque (il 37%) vengono assunti dal cliente

[Fonte dati e informazioni: inhousecommunity.it ]

 

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Sempre meno laureati in giurisprudenza. Che succede?

banca dati

Dal PCT all’Intelligenza Artificiale: sfide e opportunità

Il Processo Civile Telematico è certamente stato un progetto di innovazione tecnologica e organizzativa che ha rivoluzionato il modo di lavorare di Professionisti, Magistrati e personale amministrativo.

Il percorso è stato lento e accidentato, per tanti motivi, certamente per una certa resistenza culturale al cambiamento, ma anche per la scarsità di risorse messe a disposizione dal bilancio pubblico, a volte soccorso da alcuni Ordini professionali (es. Ordine degli Avvocati di Milano con Presidente il compianto Paolo Giuggioli) e altre Istituzioni (es. ABI).

Si è partiti dall’informatizzazione dei registri di cancelleria dei Tribunali e via via degli altri UU.GG., una volta tenuti e conservati su carta, ora gestiti su Sistemi informativi su base distrettuale (SICID e SIECIC) accessibili telematicamente da chiunque in forma pseudonima e dai Professionisti, con accesso anche agli atti di causa, via PST (Portale Servizi Telematici) Giustizia o Punti di Accesso e strumenti ad essi collegati (Service1, Consolle Avvocato, etc.).

Quanto sopra ha consentito agli operatori di giustizia di aggiornare i fascicoli creando dei database molto utili per la condivisione tempestiva di dati sempre più affidabili, anche a fini statistici.

E’ sulla base di questo lavoro di “pulizia” del dato e di creazione di una piattaforma tecnologica nazionale che è stato possibile, dal 2006 in avanti, introdurre il PCT come lo consociamo oggi, con i depositi telematici di atti di Avvocati e Consulenti e provvedimenti dei Magistrati.

Tra le introduzioni più importanti, ma meno sfruttate, che il PCT ha consentito, troviamo quello che veniva definito “Archivio giurisprudenziale”, una raccolta di sentenze di merito su base nazionale.

Questo archivio è stato costituito, negli anni, su base sostanzialmente volontaria, dai singoli magistrati, che hanno qui depositato le sentenze ritenute più significative in base alla propria valutazione o a linee guida concordate nell’ambito dell’Ufficio Giudiziario.

La costituzione di questo dataset non è scevra da vizi di impostazione, infatti i documenti (sentenze e ordinanze) inseriti nel database non si possono considerare omogenei, né sono dotati di TAG utili ad organizzarli, classificarli e ricercarli (in altre parole, sfruttarli) in modo automatizzato.

Ciò nonostante, grazie alle maschere di ricerca che sia gli strumenti del Magistrato (Consolle del Magistrato) sia quelli degli Avvocati integrano, l’archivio è stato pensato per essere interrogato con ricerca full-text e con la possibilità di inserire filtri di ricerca in funzione del Magistrato, dell’Ufficio o di altri elementi precodificati.

Le opportunità che questo archivio fornisce sono molteplici.

In primo luogo, consente al Magistrato di accedere ad un database per verificare come una determinata fattispecie è stata affrontata e risolta dai suoi Colleghi, anche in secondo grado di giudizio. Questo consente, ove il Giudice lo ritenga corretto, una maggiore uniformità di giudizio nell’ambito quantomeno dello stesso Distretto di Corte d’Appello.

Guardando all’utilità per gli Avvocati, e quindi dell’utenza Giustizia, dei cittadini, questo archivio può dare modo all’Avvocato di valutare in fase precontenziosa l’impostazione, o persino l’opportunità, di un’azione civile.

Il servizio di consultazione per gli Avvocati è stato però inaspettatamente sospeso per lungo tempo con comunicazioni ministeriali 14/03/18 e 26/6/2018 per poi essere più di recente riattivato e rinominato in “Archivio Nazionale di merito”.

E’ oggi, quindi, possibile accedere a questo archivio da PST Giustizia (non senza qualche inciampo tecnico) e da PdA privati tramite gli usuali strumenti di consultazione (e deposito).

Quanto al potenziale sfruttamento che questa banca dati presenta, ci sono certamente due usi da valutare, da una parte la possibilità che questo dataset sia utile per consentire all’Avvocato di ottenere, grazie ad un tool, una valutazione automatizzata sul rischio di un eventuale contenzioso e dall’altra la possibilità di introdurre nella giurisdizione italiana una qualche forma di Intelligenza Artificiale.

Quanto al primo uso questo potrà essere consentito in primo luogo se la base dati sarà messa a disposizione degli operatori privati, liberamente o a fronte di accordi commerciali.

Come noto il tema è molto attuale e, a livello globale, esistono diverse esperienze di Legal Tech Company che sfruttano l’office automation e in alcuni casi anche l’AI per commercializzare prodotti che elaborino in modo automatizzato documenti legali (si veda tra le molte la ROSS Intelligence e in Italia LT 42).

Sul tema la Direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche di dati considera che l’obiettivo del diritto sui generis è di accordare al costitutore di una banca di dati la possibilità di impedire l’estrazione e/o il reimpiego non autorizzati della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di tale banca. All’Art. 7 della medesima Direttiva infatti si indica che “Gli Stati membri attribuiscono al costitutore di una banca di dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo.”

Esistono anche applicazioni dell’AI nella giurisdizione, in particolare sono noti i tool di risk assessment utilizzati da tempo nella giustizia penale USA contenziosa e precontenziosa.

Ma quali sono i presupposti tecnologici necessari perché si possano introdurre nel sistema del PCT sistemi di AI?

Come noto, uno degli elementi fondamentali per il machine learning, che è un metodo per poi per arrivare ai sistemi di AI, è la disponibilità di dataset adeguati per le varie fasi di sviluppo (dal training, al cross validation e test). È diretto il rapporto tra maggior dimensione del database e qualità dei dati e l’accuratezza dei modelli risultanti.

Partendo da questa premessa è facile intuire il ruolo determinate della potenza di calcolo necessaria per uno sviluppo e una successiva gestione di questi sistemi. Pertanto, i progetti basati sull’intelligenza artificiale che non utilizzino il cloud computing possono implicare costi di elaborazione elevati.

Esaminati gli aspetti tecnologici vanno poi affrontati quelli progettuali.

Lo svolgimento di una DPIA (Data Protection Impact Assessment) preliminare sul sistema di trattamento che si intende implementare, che descriva anche i benefici attesi e raccolga l’opinione, necessariamente atecnica, dei soggetti interessati da questo trattamento di dati personali “particolari”, come definiti dal GDPR (General Data Protection Regulation).

Tra i benefici, con tutta evidenza, ci si aspetta di avere un miglioramento in termini di conoscenza e di efficienza, che dovrebbe consentire al Giudice di avere un provvedimento proposto dalla macchina da ratificare o modificare.

Tra le opinioni, con ogni probabilità, una certa resistenza al cambiamento verso un sistema così innovativo e poco comprensibile ai più.

Ulteriore passaggio dovrebbe certamente essere la consultazione preventiva dell’Autorità per la Protezione dei Dati Personali, anche al fine di evitare inciampi come avvenuto nella recente realizzazione del sistema di Fatturazione Elettronica.

Altro tema molto delicato e aperto, è quello relativo alle questioni più strettamente legali: quali sono le responsabilità di chi progetta, gestisce o utilizza un software che produce decisioni automatizzate errate?

Sono noti i casi di bias che possono affliggere questi sistemi: tra i più noti si pensi al caso di discriminazione razziale del servizio di photo-TAG di Google o a quello di discriminazione di genere del sistema di assunzioni di Amazon.

Queste decisioni dovrebbero avere una revisione umana (del Giudice) non trascurabile, si possono in effetti considerare decisioni automatizzate?

Guardando allo stato dell’arte in Italia, la Consolle del Magistrato già da tempo consente al Giudice di attingere al fascicolo informatizzato per compilare in modo automatizzato l’epigrafe del documento, verbale, ordinanza o sentenza che sia, sulla base di modelli predefiniti. In questo contesto di automazione, però, i contenuti del documento, quali la verbalizzazione, il percorso argomentativo, la decisione, sono di esclusiva competenza del Giudice (rectius dell’Ufficio del Processo).

Venendo all’Archivio giurisprudenziale, anzi all’”Archivio nazionale di merito”, va valutato se si tratta di una base dati che può essere presa in considerazione per istruire una macchina con un sistema di machine learning e quindi di costruire un sistema di intelligenza artificiale che supporti in particolare il Giudice nell’emissione di un provvedimento ove ricorrano determinati elementi che la macchina può riconoscere.

Va approfondito come deve essere strutturato questo provvedimento e quindi di che tipo e qualità deve essere il dato per realizzare un sistema di machine learning e in seconda battuta come questo sistema può essere inserito nell’attuale sistema di PCT, se a livello centrale/ministeriale con banca dati accentrata e capacità di calcolo accentrata o su base distrettuale/distribuita.

Infine, questo sistema dovrebbe avere un approccio etico.

Come ha affermato alla 40esima Conferenza Internazionale sulla Privacy Giovanni Buttarelli, stimatissimo ex “Garante Privacy UE“, faro ispiratore e promotore del GDPR nel Mondo, scomparso prematuramente con dolore e sgomento di tutta la comunità scientifica, della sua famiglia e dei suoi affetti, non tutto ciò che rispetta la legge ed è fattibile tecnicamente, è anche moralmente sostenibile.

Nel dicembre 2018, proprio su questi temi, la Commissione europea per l’efficacia della giustizia (CEPEJ) del Consiglio d’Europa ha emanato la Carta etica europea per l’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi di giustizia penale e nei relativi ambienti, che dimostra senza dubbio una certa consapevolezza riguardo al tema e riconosce una «crescente importanza della intelligenza artificiale (IA) nelle nostre moderne società e dei benefici attesi quando questa sarà pienamente utilizzata al servizio della efficienza e qualità della giustizia».
Per «i soggetti pubblici e privati responsabili del progetto e sviluppo degli strumenti e dei servizi della IA» sono state indicate alcune fondamentali linee guida a cui attenersi quali:

  1. principio del rispetto dei diritti fondamentali
  2. principio di non discriminazione
  3. principio di qualità e sicurezza
  4. principio di trasparenza
  5. principio di garanzia dell’intervento umano

Questi principi dovrebbero tendere, secondo le aspettative della Carta etica, a prevenire un «approccio deterministico» ovvero il rischio di un eccessivo automatismo, senza revisione umana, o standardizzazione delle decisioni.

Avvocato Cesare C.M Del Moro

Esperto in diritto delle nuove tecnologie e privacy, nel contenzioso Civile e Amministrativo.
DPO, Lead Auditor ISO 27001 e consulente aziendale, ha contribuito allo sviluppo e alla diffusione di progetti ministeriali per l’innovazione tecnologica e organizzativa della Giustizia Civile sul territorio nazionale.
Collabora con case editoriali, Ordini professionali e con la Scuola Superiore della Magistratura per la divulgazione dei temi legati al diritto delle nuove tecnologie.

cryptolocker

ATTENZIONE: Italia sotto attacco mail

In questi giorni molti studi legali stanno segnalando casi di attacco Cryptolocker via mail/pec.

I Cryptolocker sono malware (virus informatici) che bloccano i pc e vengono trasmessi via mail.

Se:

– state ricevendo un numero eccezionale di mail/pec,

– se le mail sembrano provenire da persone che conoscete, istituzioni, grandi aziende, banche, enti, organi di mediazione, scuola forense, ordine degli avvocati, ecc.,***attenzione: è possibile che riceviate anche mail spam che sembrano inviate da parte di Servicematica.***

– se queste mail hanno degli allegati,

FATE ATTENZIONE!

NON APRITE LE MAIL/PEC!
Cestinatele subito e svuotate immediatamente il cestino.

 

Se malauguratamente avete aperto la mail o l’allegato:

staccate immediatamente il cavo di rete (così da proteggere altri computer),

– continuate a lavorare per 30 minuti,

– spegnete e riaccendete il pc.

– Se NON riuscite ad aprire i documenti sul vostro desktop, quasi sicuramente avete infettato il vostro pc. CHIAMATE SUBITO IL VOSTRO TECNICO DI RIFERIMENTO.

– Se riuscite ad aprire i file, molto probabilmente il vostro computer è salvo. Avviate la scansione completa con il vostro antivirus e avvisate comunque il vostro tecnico d’ufficio. Una volta completata la scansione, ricollegate il cavo di rete.


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avvocati su amazon

Avvocati su Amazon

Cosa pensereste se vi dicessimo che è possibile “comprare” gli avvocati su Amazon?

Pochi giorni fa la piattaforma ha lanciato un nuovo servizi, Amazon IP Accellerator.

IP sta per Intellectual Property, difatti il servizio è limitato alla tutela dei marchi, delle idee e dei brevetti. Non è rivolto ai comuni utenti Amazon ma a coloro che decidono di aprire o hanno già aperto un negozio online sulla piattaforma.

Per ora il servizio è disponibile solo negli Stati Uniti, ma riguarda anche il mercato italiano: di 6 studi IP già presenti su Amazon, 2 offrono i servizi anche in lingua italiana, sebbene riferiti alla normativa USA.

In ogni caso, Amazon ha già comunicato la sua disponibilità a entrare in contatto con studi legali di altri paesi in modo da poter estendere il servizio in tutto il mondo

COME FUNZIONA AMAZON IP ACCELLERATOR

Qualunque venditore Amazon può “acquistare” uno degli avvocati facenti parte del network di studi legali che aderiscono al servizio, godendo di tariffe predeterminate e competitive, e con la possibilità di recensire l’esperienza

A quanto pare, Amazon non chiede al venditore/acquirente alcuna commissione e non favorisce nessuno studio in particolare.

L’obiettivo della piattaforma è migliorare la user experience dei venditori e aumentare i loro livelli di fidelizzazione offrendo assistenza in uno degli ambiti più delicati della loro attività. 

GLI AVVOCATI SU AMAZON SONO UN RISCHIO O UN’OPPORTUNITÀ?

È indubbio che la presenza degli avvocati su Amazon assoggetti l’assistenza legale alle più comuni logiche del mercato digitale, dove la domanda e l’offerta si incontrano velocemente e le recensioni influenzano le scelte d’acquisto.

In Italia, c’è chi vede questo come un rischio per la professione forense, che perderebbe quella dimensione di assistenza, consiglio e relazione interpersonale che dovrebbe contraddistinguerla, riducendola a una mera transazione commerciale.

D’altro canto, Amazon IP Accellerator offre agli avvocati nuove prospettive, soprattuto in quegli ambiti in cui le procedure sono maggiormente standardizzate e il fattore consulenziale è più limitato.

Al momento è difficile prevedere gli esiti di questa novità. Seguiremo gli sviluppi e vi aggiorneremo.

[fonte delle informazioni: Il Sole 24 Ore]

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Il sito di Servicematica si arricchisce della nuova bacheca utenti

Dopo il lancio del nuovo sito di Servicematica, ecco un’altra novità.

Abbiamo creato una bacheca utenti che vi permette di visualizzare tutte le informazioni a proposito del vostro percorso formativo.

All’interno della bacheca è possibile:

  • aggiungere e aggiornare i vostri dati anagrafici,
  • controllare le iscrizioni ai corsi,
  • tenere traccia dei corsi già frequentati,
  • scaricare gli attestati di partecipazione.

La creazione del vostro profilo è automatica nel momento in cui vi iscrivete per la prima volta a uno dei nostri corsi.
In fase di iscrizione vi verrà chiesto di scegliere una password che vi permetterà di entrare nella vostra bacheca e di iscrivervi a corsi successivi.

Se vi siete già iscritti ai nostri corsi in passato, il vostro profilo è già stato creato e potete accedervi utilizzando la password che avete scelto all’epoca.

COME ACCEDERE ALLA VOSTRA BACHECA UTENTI

Accedere alla bacheca utenti è semplice. Potete cliccare qui oppure seguire le istruzioni qui di seguito:

– entrate nel sezione CORSI del sito Servicematica;
– cliccate sull’icona LOGIN nell’angolo in alto a destra;
– inserite il vostro codice fiscale e la password che avete scelto quando vi siete iscritti a uno dei nostri corsi.

NON RICORDATE PIÙ LA PASSWORD?

Se non ricordate più la password che avevate scelto per iscrivervi ai corsi, non preoccupatevi! Potrete ottenerne una nuova in qualsiasi momento. Tutto quello che dovete fare è cliccare qui.

Dal processo telematico alla fatturazione elettronica, scopri i prossimi corsi Servicematica

 

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