Stato d’emergenza e giustizia, la lettera al Min. Cartabia

Stato d’emergenza e giustizia, la lettera al Min. Cartabia

Il Primo Presidente della Corte di Cassazione, il Procuratore Generale della Corte di Cassazione e il Presidente del CNF hanno inviato una lettera congiunta al Min. Cartabia con la quale chiedono le intenzioni a proposito del perdurare dello stato di emergenza.

STATO D’EMERGENZA E GIUSTIZIA

Il termine dello stato di emergenza è attualmente fissato al 30 aprile. Una data molto vicina. Così tanto da creare incertezza tra gli operatori della giustizia.

Viene chiesto dunque al Min. Cartabia di valutare l’eventuale proroga del termine, con tutto ciò che ne consegue, e di comunicare la decisione in tempi brevi e in modo chiaro.

Solo questo darà infatti la possibilità agli Uffici della Corte e della Procura Generale, nonché all’Avvocatura, di affrontare le inevitabili difficoltà organizzative.

IL TESTO DELLA LETTERA AL MIN. CARTABIA

“In data 16 marzi 2021 il Primo Presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio, il Procuratore Generale della Corte di Cassazione Giovanni Salvi e la Presidente del CNF Maria Masi, in ragione dell’aggravarsi della pandemia, con una lettera a firma congiunta, hanno sottoposto alla Ministra della Giustizia prof.ssa Marta Cartabia l’opportunità di valutare in tempi rapidi se il termine dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario, attualmente fissato al 20 aprile 2021, debba essere prorogato, e con esso l’attuale regime processuale operante per il giudizio di legittimità (artt. 23 e 24 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137, convertito dalla legge n.176 del 18 dicembre 2020).

La richiesta è stata sottoposta alla Ministra della Giustizia per rappresentare l’oggettiva difficoltà organizzativa in cui si verrebbero a trovare gli Uffici della Corte e della Procura Generale nel perdurare di uno stato di incertezza sul punto, nonché le esigenze dell’Avvocatura di poter operare scelte difensive consapevoli.

Poiché sono stabilite modalità processuali diverse per la trattazione dei ricorsi di legittimità, a seconda che persista o meno lo stato di emergenza sanitaria, è auspicabile che sull’eventuale proroga vi sia una scelta chiara, in tempi brevi.

Tale esigenza è connessa ai tempi richiesti dagli Uffici della Corte di Cassazione per gli adempimenti di cancelleria, per le comunicazioni alle parti e per la gestione delle udienze e delle adunanze, e dalla Procura Generale per effettuare le proprie valutazioni e assumere le opportune conclusioni.”

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Eccessiva durata dei processi

Eccessiva durata dei processi: l’Europa condanna l’Italia

Uno dei mali principali della Giustizia italiana è l’eccessiva durata dei processi, che spesso si concludono con la prescrizione.

Ancora nel 2019 Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Ucpi dichiarava:

«i processi che si concludono per prescrizione sono il 10% del totale. In questo 10%, quelli in cui la prescrizione matura prima della sentenza di primo grado sono il 70%».

E proprio a causa dell’eccessiva durata di un procedimento, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia.

IL CASO PETRELLA

Il 28 luglio 2001 Vincenzo Petrella, avvocato ed ex presidente della squadra di calcio Casertana, querela il quotidiano Il Corriere di Caserta dopo la pubblicazione di articoli in cui veniva accusato corruzione e frode.

Petrella si costituisce parte civile e chiede un risarcimento di circa cinque milioni di euro, ma non riesce a far valere i propri diritti poiché la causa rimane ferma per più di  5 anni presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Salerno, cadendo così in prescrizione.

Nel 2007 il giudice per le indagini preliminari di Salerno interrompe definitivamente il procedimento, togliendo a Petrella anche la possibilità di agire civilmente, in base alle disposizioni dell’articolo 79 c.p.c. secondo cui «la costituzione di parte civile può avvenire per l’udienza preliminare», fase in cui è però avvenuta la prescrizione.

ECCESSIVA DURATA DEI PROCESSI. LA CONDANNA DI STRASBURGO

Il caso arriva innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che riconosce eccessiva la durata delle indagini preliminari, in totale violazione del requisito della ragionevole durata dei procedimenti.

La Corte evidenzia anche come Petrella non abbia neppure potuto ricorrere alla “Legge Pinto” per richiedere un’equo risarcimento per l’irragionevole durata del procedimento. Petrella dunque non ha avuto accesso ad alcuno strumento di diritto per contestare le tempistiche.

«A un attore non può essere richiesto di intentare una nuova azione in un tribunale civile, per gli stessi scopi della responsabilità civile, laddove il procedimento penale idoneo ad affrontare la domanda fosse scaduto per colpa delle autorità penali»

La Corte dunque ritiene siano stati violati l’articolo 6 (diritto ad un processo equo e all’accesso a un tribunale) e l’articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo) della CEDU, la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.

Pertanto, condanna l’Italia a risarcire Petrella della somma di 5.200€ per danni morali e 2.000€ per spese legali.

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Il programma di riforme presentato dal nuovo Guardasigilli si concentra anche sulla giustizia penale, sul ruolo della detenzione e sulla magistratura.

Vediamone alcuno dettagli.

IL PROCESSO PENALE

Il Min. Cartabia sottolinea l’importanza di affrontare il problema della durata eccessiva dei processi penali.

A tal proposito, i gruppi parlamentari hanno deciso di accantonare gli emendamenti sulla prescrizione in modo da non ostacolare le riforme necessarie.

I punti principali su cui si lavorare sono:

  • – la spinta al processo penale telematico (deposito telematico degli atti e notificazioni telematiche);
  • – la riforma delle indagini e dell’udienza preliminare;
  • – l’ampliamento dei riti alternativi;
  • – novità a livello organizzativo per rendere più fluido il dibattimento di primo grado, tutelando il diritto di difesa;
  • – il rafforzamento della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo attraverso una maggiore conformità alla Direttiva UE 2016/343;
  • – la revisione del Giudizio di appello, ripensando i criteri di accesso sempre nel rispetto dell’interesse all’impugnazione.

La Cartabia punta anche a una “deflazione sostanziale” attraverso:

  • interventi sui meccanismi di procedibilità;
  • un maggiore rilievo delle condotte riparatorie;
  • l’ampliamento di messa alla prova e non punibilità in caso di particolare tenuità del fatto.

IL RUOLO DELLA DETENZIONE

Il Ministro ha sottolineato l’importanza di superare “l’idea del carcere come unica effettiva risposta al reato”.
Le alternative sono:

  • – puntare su pene pecuniarie ove possibile;
  • – valorizzare misure sospensive e di probation;
  • – sostituire le detenzioni brevi con altre forme di pene;
  • – puntare su una giustizia ripartiva che permetta “alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente […] alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale”.

Al di là di ciò, nel programma di riforme della Giustizia non dovrebbero mancare azioni volte a migliorare la qualità delle pene detentive. In particolare, sarebbe opportuno rafforzare l’obiettivo rieducativo, data l’efficacia nel prevenire le recidive.

LOTTA ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E ALLA CORRUZIONE

All’Italia è richiesto di adeguarsi alle richieste della Commissione Europea a proposito di:

  • – lotta alla criminalità organizzata e alle mafie, attraverso il posizionamento sul territorio di un “contingente di procuratori europei delegati” che assicurino la tutela penale degli interessi finanziari dell’Unione Europea;
  • – lotta alla corruzione, operando sui ritardi negli accertamenti giudiziali, sulla semplificazione e la trasparenza delle procedure nei contratti pubblici, su una migliore gestione dei conflitti di interesse e del potere delle lobby.

RIFORMA DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA E MAGISTRATURA ONORARIA

Nel programma di riforme della Giustizia del Min. Cartabia trovano spazio:
– la riconfigurazione del CSM, con la consapevole distinzione tra “pluralità” e “correnti”;
– una maggiore definizione della figura del giudice onorario, in attesa però di una prossima pronuncia della Corte Costituzionale che potrebbe portare nuovi elementi sul tavolo di discussione.

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Nel discorso rivolto alla Commissione Giustizia pochi giorni fa, il nuovo Ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha illustrato il programma di riforme sulle quali è importante lavorare per rimettere a nuovo l’intero sistema.

Ve ne offriamo di seguito una panoramica sintetica.

TEMPI DELLA GIUSTIZIA

La riduzione dei tempi della giustizia è la priorità per riottenere la fiducia dei cittadini e riattivare gli investimenti nel paese.

La Guardasigilli assicura che tempi più brevi non si ottengono necessariamente attraverso modifiche dei riti processuali. Più importante sarebbe invece la riorganizzazione della “macchina giudiziaria e amministrativa”, attraverso:

  • – l’Ufficio per il Processo composto da addetti alla classificazione dei casi, alle ricerche sui precedenti e sulla dottrina, alla stesura di bozze e a tutti quei compiti in supporto al magistrato durante la parte “conoscitiva” della causa;
  • – inserimento nelle cancellerie di personale con competenze tecniche diverse da quelle giuridiche, soprattutto legate alla digitalizzazione;
  • formazione in materie organizzative e gestionali dei magistrati destinati a funzioni direttive.

GIUSTIZIA CIVILE

ADR E MEDIAZIONE

Il programma di riforme di Cartabia passa per il rafforzamento delle ADR, le soluzioni alternative alle controversie. Secondo il Ministro, queste soluzioni non sono “alternative” al sistema giustizia, ma  complementari” e permetterebbero di alleggerire la mole di arretrati.

In particolare, la mediazione richiede un intervento normativo per:

  • – estendere l’ambito di applicazione;
  • – inserire incentivi processuali economici e fiscali per chi ne fa uso;
  • – introdurre una mediazione endoprocessuale, attraverso premi per quei giudici che ne fanno uso.

LA “GIUSTIZIA PREVENTIVA E CONSENSUALE”

La “giustizia preventiva e consensuale”sarà utile per gestire la probabile crescita dei contenziosi all’indomani dello sblocco dei licenziamenti e degli sfratti. Questo tipo di giustizia sarebbe utile per:

  • – rinegoziare i contratti per eccessiva onerosità sopravvenuta;
  • – il pagamento di somme di denaro;
  • – le crisi societarie;
  • – le relazione tra banche e clienti;
  • – le contestazioni di cittadini e imprese verso la pubblica amministrazione.

LA RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE

Il processo civile necessita di essere velocizzato.

Una delle ipotesi è la possibilità di introdurre un nuovo rito semplificato, anche se il Min. Cartabia riconosce il rischio di rallentare ulteriormente la giustizia.

In ogni caso, è indispensabile favorire una maggiore sinteticità degli atti, pensare a dei filtri alle impugnazioni e sostenere la la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione.

GIUSTIZIA TRIBUTARIA

La giustizia tributaria soffre anch’essa dei due grandi mali della giustizia italiana: l’enorme arretrato e l’eccessiva durata dei processi, soprattutto in Cassazione.

Insieme al Ministero dell’economia si sta già lavorando a una riforma della giustizia tributaria che rafforzi la professionalità e l’indipendenza dei giudici per far sì che la Cassazione possa esercitare senza ostacoli la propria funzione nomofilattica.

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Procura alle liti con sottoscrizione illeggibile: valida o no?

Se non è possibile decifrare la firma, la procura alle liti può essere considerata valida? Con l’ordinanza n. 6426/2021, pubblicata il 9 marzo 2021, la Corte di Cassazione si è espressa sulla validità o meno della procura alle liti in caso di sottoscrizione illeggibile.

SOTTOSCRIZIONE ILLEGGIBILE, IL CASO

Il ricorso di una società contro l’Agenzia delle Entrate viene dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Provinciale a causa dell’illeggibilità della sottoscrizione del mandato conferito al legale e la mancanza del nome e della qualità del mandante.

Successivamente il ricorso viene però accolto dalla Commissione Tributaria Regionale.
La Commissione rileva che la sottoscrizione illeggibile non è rilevante, poiché la firma è riconducibile al soggetto che aveva svolto la funzione di amministratore unico prima della procedura della liquidazione, diventando poi il liquidatore.

L’Agenzia delle Entrate ricorre e la questione giunge in Cassazione.

L’AdE, fra e viarie, sostiene la violazione dell’art.83 c.p.c. poiché il ricorso originario è stato considerato ammissibile nonostante gli atti del fascicolo processuale non presentassero alcuna prova dell’esistenza del conferimento della procura alle liti al difensore e di elementi da cui dedurre l’identità del sottoscrittore.

LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso, ribadendo che: “l’illeggibilità della firma del conferente la procura alla lite, apposta in calce od a margine dell’atto con il quale sta in giudizio una società esattamente indicata con la sua denominazione, è irrilevante non solo quando il nome del sottoscrittore risulti dal testo della procura stessa o dalla certificazione d’autografia resa dal difensore ovvero dal testo di quell’atto, ma anche quando detto nome sia con certezza desumibile dall’indicazione di una specifica funzione o carica, che ne renda identificabile il titolare per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese”.

La Corte ha inoltre sottolineato che al Processo Tributario si applicano i principi previsti dall’art. 182 c.p.c. Ciò è valido anche in presenza della norma speciale di cui all’art. 18, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 “per cui il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisca in rappresentanza organica di un altro soggetto può essere sanato, in ogni stato e grado del giudizio (e, dunque, anche in appello), con efficacia retroattiva, rispetto agli atti processuali già compiuti, a seguito della costituzione in causa del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza, che manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la condotta difensiva del falsus procurator”.

 

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Giudici ausiliari incostituzionali?

Con la sentenza n.41 depositata il 17 marzo 2021, la Corte Costituzionale definisce incostituzionali le norme che permettono ai giudici ausiliari di avere funzioni collegiali come giudici onorari presso le corti d’appello.

GIUDICI AUSILIARI E ARTICOLO 106

La decisione della Corte Costituzionale trae origine dalla terza sezione civile della Cassazione a proposito di due giudizi relativi a due ricorsi contro sentenze in appello emesse da collegi a cui ha partecipato anche un giudice onorario ausiliario.

Nel trattare la questione, la Cassazione ha preso come riferimento l’art.106 della Costituzione, di cui riportiamo il testo:

Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

L’articolo indica che i giudici onorari non possano dunque coprire funzioni collegiali in appello o cassazione.

La conseguenza è che la loro effettiva partecipazione ai collegi risulta incostituzionale.

LA RIFORMA DELLA MAGISTRATURA E LA SCADENZA DEL 2025

La sentenza della Corte rende quindi incostituzionali gli articoli dal 62 al 72 del Dl n. 69/2013 (convertito dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013).

La Corte Costituzionale ha comunque deciso di lasciare al legislatore un margine di tempo per adeguare la normativa. Il termine di riferimento è quello previsto dall’articolo 32 del d.lgs. n. 116 del 13 luglio 2017, ovvero il 31 ottobre 2025. Entro quella data ci si aspetta una riforma generale della magistratura onoraria.

Nel frattempo viene concessa una “temporanea tollerabilità costituzionale” della situazione corrente, in modo tale da:
evitare l’annullamento di molte decisione prese con la partecipazione dei giudici ausiliari in corte d’Appello;
– continuare a contare sui giudici onorari per lo smaltimento degli arretrati.

 

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Prorogato il termine per la conservazione delle fatture elettroniche 2019

Prorogato il termine per la conservazione delle fatture elettroniche 2019

Il MEF conferma la proroga di tre mesi al termine di conservazione delle fatture elettroniche relative al periodo d’imposta 2019.

CONSERVAZIONE DELLE FATTURE ELETTRONICHE: PERCHÈ LA PROROGA

Come riporta IPSOA, la proroga sorge dalla novità dell’adempimento all’interno del calendario delle scadenze tributarie. Ciò dipende dal fatto che l’obbligo di fatturazione elettronica nelle operazioni tra privati è stato introdotto nel 2019.

IL TESTO DEL COMUNICATO MEF

Nel comunicato stampa del 13 marzo 2021del MEF si legge:

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze comunica che nel decreto ‘Sostegni’ attualmente in corso di redazione verrà prevista la proroga dei termini per la conservazione delle fatture elettroniche relative al 2019 e di quelli per la trasmissione telematica e la consegna della ‘Certificazione Unica’.

In particolare, la prima misura consentirà agli operatori di avere tre mesi in più per portare in conservazione le fatture elettroniche del 2019.

La proroga in via di definizione tiene conto del fatto che l’adempimento in oggetto costituisce una novità nel panorama delle scadenze tributarie, in quanto l’obbligo di fatturazione elettronica nelle operazioni tra privati è stato introdotto a decorrere dalle operazioni effettuate il 1° gennaio 2019, per cui è la prima volta che occorre procedere alla conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche emesse e ricevute nel periodo d’imposta.

Vengono così accolte le richieste degli operatori del settore impegnati nella gestione dei numerosi adempimenti connessi alle misure straordinarie varate dal Governo per far fronte alla grave crisi economico-sociale causata dalla pandemia che si sono aggiunti alle scadenze ordinariamente previste dal nostro sistema tributario”.

ALTRE PROROGHE DEL DECRETO SOSTEGNI

La proroga del termine di conservazione delle fatture elettroniche sarà ufficializzata con la pubblicazione del Decreto Sostegni.

Il Decreto prevede anche la proroga al 31 marzo 2021 della scadenza per la trasmissione telematica e la consegna della certificazione unica.

Infine, si ricorda che l’Agenzia delle Entrate renderà disponibile ai cittadini la dichiarazione dei redditi precompilata il 10 maggio 2021 e non più il 30 aprile.

 

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Dal 18 febbraio al 30 aprile 2021 si svolgeranno i consueti controlli triennali da parte dei Consigli dell’Ordine per verificare l’effettivo esercizio della professione forense.

La legge professionale forense, all’art.21, indica che l’iscrizione all’albo è soggetta all’esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente.

La verifica avviene in considerazione di alcuni criteri indicati dal Decreto Ministeriale n. 47 del 2016.

ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE FORENSE: L’AUTODICHIARAZIONE

È compito dell’avvocato rilasciare una dichiarazione con cui attesta il possesso dei seguenti requisiti:

  • essere titolare di una partita iva attiva;
  • usare locali o avere almeno un’utenza telefonica destinati allo svolgimento dell’attività lavorativa (anche in condivisione con altri avvocati);
  • aver seguito almeno cinque cause all’anno; valgono anche gli incarichi conferiti da altri professionisti;
  • possedere un indirizzo PEC, comunicato al Consiglio dell’Ordine;
  • aver assolto l’obbligo di aggiornamento professionale;
  • essere intestatario di una polizza assicurativa a copertura della responsabilità professionale;
  • essere in regola con i contributi dovuti al Consiglio dell’Ordine e a Cassa Forense.

Gli Ordini mettono a disposizione software o piattaforme telematiche per agevolare l’invio della dichiarazione.

Una volta raccolte tutte le dichiarazioni, gli stessi Consigli dell’Ordine individuano, in modo automatizzato, un “campione” da sottoporre a ulteriori controlli.

DEROGHE AI CRITERI

I suddetti criteri non si applicano a:

– donne avvocato per il periodo di maternità, per i primi due anni di vita del bambino o dal momento dell’adozione;

– avvocati vedovi o separati affidatari della prole in modo esclusivo;

– avvocati che dimostrano di essere affetti o di essere stati affetti da una malattia che ne ha compromesso le possibilità lavorative;

– avvocati che assistono in modo continuativo congiunti o coniugi affetti da una malattia che ne ha compromesso l’autosufficienza;

– avvocati iscritti all’albo da meno di cinque anni.

CONSEGUENZE DEI CONTROLLI ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE

Nel caso i controlli dovessero dimostrare che l’esercizio della professione forense non è portato avanti in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, la conseguenza è la cancellazione dall’albo.

In caso di cancellazione, l’avvocato ha  sempre il diritto di presentare le proprie rimostranze ed essere ascoltato. Inoltre, può sempre chiedere la reiscrizione.

 

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Con la sentenza n. 5420/2021, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un avvocato sospeso dal CNF per la violazione del codice deontologico forense.

In particolare, l’avvocato non ha rispettato i principi di decoro, probità, dignità e correttezza, e le norme sulla riservatezza e sull’accaparramento della clientela.

VIOLAZIONE DEL CODICE DEONTOLOGICO E MEDIA: IL CASO

Il caso in questione tratta di una professionista che:

– ha rilasciato interviste su processi da lei effettivamente seguiti come difensore;
– ha partecipato a trasmissioni televisive in cui sono stati ricostruiti processi inventati, anche con l’uso di figuranti;
– ha proposto giudizi di classe infondati dopo aver anticipato tramite i giornali un risultato positivo certo;
– ha indicato come proprio recapito ai clienti quello di altri professionisti;
– si è procacciata nuovi clienti con modalità poco ortodosse.

Tali condotte rappresentano una violazione del codice deontologico e dei criteri di equilibrio, misura, riservatezza e segretezza richiesti nei rapporti tra avvocati e i media.

LA CONDANNA DEL CNF E LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Il CNF, raccolti i documenti che testimoniavano le condotte improprie, ha deciso per la sospensione dalla professione dell’avvocato, la quale ha presentato ricorso.

Le motivazioni del ricorso sono le seguenti:

  • vizi derivanti dalla violazione delle norme del procedimento svolto davanti al Consiglio dell’Ordine;
  • l’inadeguatezza della sanzione, considerata troppo severa, trattandosi del primo provvedimento disciplinare nei suoi confronti;

La Cassazione conferma però la condanna decisa dal CNF. In particolare, nella sentenza  viene spiegato che “la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 1609 del 24/01/2020), con conseguente inammissibilità della censura al riguardo”.

 

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Esame di abilitazione forense 2021: due prove orali e modalità da remoto

Continua la saga dell’esame di abilitazione forense 2021.

Con un apposito decreto in attesa di firma del Presidente della Repubblica, la prova scritta è sostituita con una prova orale della durata di 1 ora.

La nuova prova scritta sarà incentrata su un caso pratico di cui il candidato dovrà fornire la soluzione. Al candidato verrà data la possibilità di scegliere la materia di riferimento tra civile, penale e amministrativo.

ESAME DI ABILITAZIONE FORENSE: COME FUNZIONA LA NUOVA PROVA ORALE

La nuova prova orale dell’esame di abilitazione forense sarà gestita da una sottocommissione composta da tre membri (con un avvocato per presidente).

Prima della prova di ciascun aspirante, la commissione sceglierà 3 quesiti che saranno posti all’interno di 3 buste chiuse. Il candidato dovrà scegliere la busta e procedere con l’analisi del caso e poi la discussione.

I quesiti saranno predisposti seguendo le linee guida stabilite dalla Commissione Centrale.

Tutta la prova si svolgerà da remoto ma con il candidato presso la sede della prova d’esame. Insieme al candidato sarà presente il segretario della seduta.

Ogni membro della commissione potrà valutare il candidato con un massimo di 10 punti. Per accedere alla seconda prova, il candidato dovrà ottenere almeno un punteggio di 18.

La seconda prova consisterà nella discussione di argomenti relativi a 5 materie scelte dal candidato: una tra diritto civile o penale, una tra diritto processuale civile o diritto processuale penale, e tre tra diritto costituzionale, amministrativo, commerciale, tributario lavoro, internazionale privato, dell’Unione europea o ecclesiastico.

I DUBBI DEL CNF

Il CNF ha collaborato con il Ministero della Giustizia per giungere a una soluzione che permettesse lo svolgimento dell’esame di abilitazione forense durante l’emergenza Covid. Nonostante ciò, Maria Masi, presidente facente funzioni del CNF, ha sollevato alcuni dubbi sul testo del decreto:

«il Cnf nutre alcune perplessità, relativamente alla formulazione del testo del decreto, per l’effettiva garanzia di equilibrio e parità di trattamento nei confronti di tutti coloro che affronteranno il primo colloquio orale. […] Il Cnf aveva suggerito che i quesiti del primo orale, sostitutivo della prova scritta e della durata di una sola ora, fossero elaborati centralmente dal Ministero stesso in modo di assicurare a tutti i candidati una condizione di omogeneità. Il Cnf interloquirà con il ministero della Giustizia e con la commissione centrale d’esame per verificare che non sussista un eventuale rischio di disparità di trattamento per gli aspiranti avvocati»

[Fonte: Sole24Ore – “Esame avvocati: niente prove scritte e due orali”]

 

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Rapporto Censis: le difficoltà degli avvocati in Italia

 

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