Cosa sta combinando Elon Musk con Twitter?

Dopo aver comprato Twitter per 44 miliardi di dollari e aver licenziato la metà del personale, sembra che Musk stia contattando decine di dipendenti che hanno perso il lavoro chiedendo se possono tornare.

Alcuni, infatti, sarebbero stati licenziati soltanto per errore, prima che la direzione capisse che la loro esperienza risulta fondamentale per l’azienda.

In risposta alle decisioni estreme di Musk, alcuni inserzionisti hanno ritirato i propri investimenti su Twitter.

La sospensione degli annunci pubblicitari

Il piano di Elon Musk per risollevare Twitter sta incontrando i primi ostacoli. Diverse aziende, infatti, hanno deciso di sospendere gli annunci pubblicitari sino a quando non ci sarà una visione completa di come diventerà la piattaforma sotto la guida del miliardario.

Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, società come Pfizer, General Mills, Volkswagen, Mondelez International Inc. e Audi hanno interrotto la pubblicità su Twitter dopo l’assunzione del controllo dell’azienda da parte di Musk.

La decisione è stata presa a causa delle preoccupazioni sul modo in cui i contenuti verranno moderati. Le case automobilistiche Ford e General Motors, per esempio, la scorsa settimana hanno dichiarato che non hanno più intenzione di acquistare spazi pubblicitari su Twitter fino a quando non sarà chiaro il futuro della piattaforma.

Donald Trump verrà riaccolto su Twitter?

La scorsa settimana Musk, tramite una lettera aperta pubblicata su Twitter, prometteva che con lui «Twitter non sarebbe diventato un paesaggio infernale libero per tutti, dove si può dire qualsiasi cosa senza conseguenze».

Musk ha detto che voleva acquistare Twitter «per il bene dell’umanità», in quanto «piazza digitale, dove un’ampia gamma di convinzioni può essere discussa in modo sano». Ha dichiarato inoltre la sua apertura al ritorno sulla piattaforma di figure polarizzanti, come l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Twitter creerà un consiglio di “moderazione dei contenuti” che, a detta di Musk, costituirà un processo più chiaro per consentire ai vari utenti di ritornare sulla piattaforma. Il consiglio includerà «la comunità dei diritti civili e i gruppi che si trovano ad affrontare violenze alimentate dall’odio».

Twitter Blue

Musk ha introdotto un servizio di abbonamento chiamato Twitter Blue, per avere la “spunta blu” di riconoscimento. L’abbonamento costerà 8 dollari al mese e servirà a coprire le perdite economiche della piattaforma.

Tutto questo, però, ha sollevato numerose critiche. Per riuscire a coprire i debiti dell’azienda, circa 10.4 milioni di utenti dovrebbero acquistare il nuovo abbonamento. Parliamo, dunque, di 25 volte di più rispetto ai 400mila account con le “spunte blu”.

Fa sapere il miliardario che «ogni cambio di nome provocherà temporaneamente la perdita della spunta blu senza preavviso». Qualsiasi «impersonificazione dove non sia specificata la parola “parodia” sarà sospesa». Questo metodo di verifica, secondo Musk, «renderà più democratico il giornalismo e darà più potere alla voce della gente».

Fuga da Twitter

La nuova era di Twitter non convince tutti gli utenti, dunque si cercano soluzioni alternative.

Sono in molti a dirigersi verso Mastodon, che esiste sin dal 2016 ma che nelle ultime settimane ha registrato una crescita significativa. È simile a Twitter, ma non ci sono abbonamenti né pubblicità fastidiose. Tutto grazie al crowdfunding.

Nella sua versione italiana, Mastodon è la più grande rete di microblogging libera, open-source e decentralizzata di tutto il mondo. In termini più semplici è come Twitter, ma viene autogestita dagli stessi utenti.

Fa parte del fediverso, ovvero una comunità internazionale che si compone di più di 5 milioni di iscritti che si distribuiscono su 12.000 server indipendenti. Il loro obiettivo è rimettere il social direttamente nelle mani degli utenti.

A differenza dei tradizionali social, è open source, non raccoglie i dati degli iscritti e non ha algoritmi segreti o pubblicità che determinano cosa devi vedere. Un tweet su Mastodon prende il nome di toot, e prevede un massimo di 500 caratteri.

Imitazione a scopo satirico

D’ora in poi, secondo le nuove decisioni di Musk, imitare un’altra persona sulla piattaforma senza specificare se si tratta di una parodia sarà assolutamente vietato. Per protesta diversi utenti con la spunta blu hanno cominciato a twittare fingendo di essere Musk. Il risultato? Utenti bannati dal social.

Diverse persone stanno notando l’incoerenza del miliardario. Il giornalista Judd Legum, per esempio, ha fatto notare che la Corte suprema statunitense si è espressa nel 1988 sull’imitazione a scopo satirico, in quanto protetta dal Primo emendamento della Costituzione.

Scrive Legum: «Può inventare tutte le regole che vuole dato che questo è il suo sito web, ma la parodia è protetta ai sensi del primo emendamento, indipendentemente dal fatto che sia etichettato o meno come parodia».

Anche Meta non scherza

Secondo il Wall Street Journal, anche Meta si sta preparando a licenziare buona parte del suo personale. Si tratta del più grande ridimensionamento dell’azienda in 18 anni di attività.

Durante la pandemia Meta ha assunto molte persone, ma ora soffre la concorrenza di altre app come TikTok o dello stop al tracciamento di Apple.

Il taglio sarà inferiore rispetto a quello che effettuerà Twitter, ma il numero dei dipendenti Meta che perderanno il posto di lavoro sarà il più grande mai raggiunto da un’azienda tecnologica. Mark Zuckerberg ha dichiarato che l’azienda «concentrerà i propri investimenti su un numero limitato di aree di crescita ad alta priorità».

Alcuni team «cresceranno in modo significativo, ma la maggior parte degli altri team rimarranno fermi o si ridurranno nel corso del prossimo anno». A fine giugno Zuckerberg aveva già detto ai dipendenti che «in azienda ci sono un po’ di persone che non dovrebbero essere qui».

Durante la pandemia Meta ha assunto moltissime persone: nel 2021 più di 27.000 e nei primi nove mesi di quest’anno altre 15.344. Tuttavia, quest’anno le azioni di Meta sono scese oltre il 70%.

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Quali sono le caratteristiche di un buon avvocato?

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Non è un segreto che le parole siano lo strumento principale del lavoro dell’avvocato. Ma come fare per riuscire a padroneggiarle al meglio?

Dobbiamo partire dal presupposto che un buon avvocato dovrà essere in grado di scrivere e parlare senza alcun problema. Anzi, più si ha facoltà di linguaggio più si dà la percezione di essere bravi.

Dunque, se hai intenzione di fare concorrenza ai colleghi puntando sulla facoltà di linguaggio dovrai seguire alcuni semplici consigli per distinguerti al meglio dalla concorrenza.

Entriamo nello specifico e capiamo come parlare e scrivere come un avvocato di successo.

Alleniamoci!

Per padroneggiare al meglio la lingua parlata bisogna allenarsi. Sono cruciali sia la lettura che l’ascolto, che consentono di apprendere sempre più termini e di dar forma a nuovi costrutti.

È interessante, per quanto riguarda l’ascolto, sottolineare che esiste la possibilità di concentrarsi sulle arringhe più famose e importanti. Si potrebbe analizzare attentamente queste arringhe, per comprendere nello specifico quali sono le parole utilizzate più spesso e quali sono i costrutti che gli avvocati di maggior successo tendono a snobbare.

No alla presunzione

Qualsiasi comunicazione deve essere chiara, precisa e riportare l’essenziale. Bisogna fare attenzione, però, a non ricadere nella presunzione.

Il linguaggio dell’avvocato, pur essendo puntuale, deve essere diretto ma soprattutto comprensibile. Ricorrere ai tecnicismi potrebbe rivelarsi assolutamente controproducente.

La vera bravura dell’avvocato si nasconde nella capacità di coniugare perfettamente la capacità di utilizzo dei termini tecnici cercando, al tempo stesso, di essere compreso sia dagli addetti ai lavori ma anche dagli estranei al settore.

I clienti dovranno comprendere quello che il legale sta dicendo senza alcun problema; in questo modo si instaura un rapporto di fiducia.

Attenzione ai dettagli

Quando si parla di lingua scritta e parlata risulta utile partire dal presupposto che ogni tipo di comunicazione dovrebbe essere puntuale e corretta.

Potrebbe sembrare superfluo parlare di correttezza, anche se in realtà è un aspetto cruciale. Non è raro, infatti, fare i conti con errori di vario tipo, che potrebbero compromettere la reputazione di un avvocato.

Un errore, anche se apparentemente irrilevante, potrebbe risultare fatale. Prestiamo attenzione anche ai dettagli più piccoli, sia nella lingua scritta che in quella parlata.

Ogni avvocato dovrebbe riuscire ad utilizzare termini specifici senza alcun problema. Gli assistiti, infatti, si aspettano dal legale un linguaggio puntuale e ricercato. A contare non è soltanto l’accuratezza del linguaggio, ma anche l’ordine con il quale vengono presentati gli argomenti.

Le regole non dovrebbero essere rispettate scrupolosamente, anzi. Sta a te capire, in base al contesto, quando utilizzare un ordine preciso e quando optare per altre soluzioni.

Plasmare il linguaggio in base alle situazioni è un valore aggiunto importantissimo.

Avvocati con esperienza vs avvocati giovani

Indubbiamente, è necessario distinguere tra avvocati con una certa esperienza e avvocati che si interfacciano per la prima volta al mondo legale.

Non è difficile intuire come i primi avranno una proprietà di linguaggio parecchio differente rispetto ai secondi, grazie alla pratica e alla familiarità. Gli anni di lavoro, però, non si traducono automaticamente in una netta capacità di linguaggio.

Spesso sono proprio i più giovani a dimostrare di padroneggiare al meglio la lingua. Gli avvocati più anziani, infatti, non sono abituati ad allenare scrittura e dialettica così come lo fanno quelli più giovani.

Marchio di fabbrica

Tuttavia, gli avvocati con più esperienza alle spalle dovrebbero tener presente che alcune formulazioni che caratterizzano il loro operato non dovrebbero mai mancare. Capita, per esempio, che ci siano avvocati soliti ad utilizzare figure retoriche o termini specifici.

Questa è un’abitudine che deve diventare un vero e proprio marchio di fabbrica, che nel corso degli anni non deve assolutamente venir meno, ma rappresentare un punto di forza notevole.

Puntualità e precisione

Il segreto per un buon avvocato è riuscire a dare il meglio di sé durante le arringhe ma anche nei testi scritti. Inoltre, non dovrà mai sottovalutare il confronto con i clienti.

Sono proprio i clienti infatti a tenere sotto controllo ogni fase del rapporto con il legale. Per questa ragione l’avvocato deve essere puntuale e preciso in qualsiasi tipo di comunicazione. Nulla deve essere lasciato al caso.

Studiare ogni aspetto

Per padroneggiare al meglio il linguaggio durante la discussione di una causa, o in generale, quando si ha a che fare con un incarico di vario genere, bisogna studiarne qualsiasi aspetto.

La fase di studio non appare soltanto cruciale ma assolutamente necessaria. È proprio studiando nel dettaglio tutti gli aspetti di una situazione che si avrà la possibilità di dar forma ad argomentazioni scritte e verbali, interessanti e articolate.

L’approssimazione non farà altro che rendere il lavoro dell’avvocato qualcosa di superficiale, poco professionale; non degno di essere preso in considerazione. Se hai intenzione di apparire agli occhi dei tuoi clienti come un avvocato capace di padroneggiare perfettamente la lingua dovrai allenarti e studiare.

Dunque, chi è un buon avvocato?

Puntare su un linguaggio puntale e specifico rappresenta un punto di forza molto importante. Per questo motivo, non resta che cimentarsi nello studio continuo per raggiungere uno standard elevato e per fare concorrenza a qualsiasi professionista legale.

Un buon avvocato coniuga la capacità di linguaggio con quella di adeguarsi alle varie situazioni. Soltanto così si potrà colpire nel segno e avere la possibilità di apparire preparati e in grado di ricercare soluzioni personalizzate e pensate per primeggiare in qualsiasi circostanza.

Per un diventare un avvocato di talento non dovrai far altro che potenziare il linguaggio, allenarlo, leggere, studiare i vecchi casi, confrontarti con gli avvocati che hanno più esperienza di te e partire dal presupposto che quello dell’avvocato è un mestiere che deve essere approfondito costantemente.

Non bisogna mai fermarsi alla fase di studio, ma approfondire continuamente qualsiasi argomento.

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A che punto siamo con la transizione digitale in Italia?

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A che punto siamo con la transizione digitale in Italia?

La trasformazione digitale ha introdotto alcuni termini nel nostro vocabolario, che rapidamente sono diventati di uso comune, come Spid, servizi cloud e fatturazione elettronica.

La pandemia ha sicuramente accelerato il processo di digitalizzazione, sia per i cittadini che per le imprese. L’ultimo rapporto Istat certifica che l’Italia è al terzo posto nella graduatoria per l’utilizzo dei servizi cloud, subito dopo Svezia e Finlandia. Mentre è in cima alla classifica per quanto riguarda la fatturazione elettronica.

Servizi digitali per cittadini e imprese

Negli ultimi dieci anni sono nate molte realtà che hanno cavalcato il trend della trasformazione digitale- Per esempio, i trust services provider sono società che offrono servizi digitali a cittadini e imprese al fine di garantire il valore legale delle transazioni online ma anche per interfacciarsi con la PA.

Ad oggi i trust services sono un’infrastruttura strategica per l’Italia, con ricadute importanti sul Pil nazionale.

Nello specifico, i servizi offerti da un trust services provider sono Pec, firma digitale, conservazione di documenti e SPID. Sono soluzioni utili per comunicare, interagire ed effettuare delle transazioni con valore legale e in maniera certificata.

Il processo di digitalizzazione, oltre a permettere di alleggerire i costi e di rendere più veloci alcuni processi, riduce anche l’impatto ambientale: permette di risparmiare carta e di perdere delle ore in mezzo al traffico.

European Digital Identity Wallet

Anche se la pandemia ha accelerato la trasformazione digitale, il boom vero e proprio deve ancora arrivare. Tra due anni, infatti, entrerà in vigore l’European Digital Identity Wallet (EUDI), il prossimo step per l’identità digitale, sia in Italia che in Europa.

All’interno dell’EUDI troveremo diverse identità digitali, come, per esempio, la versione dematerializzata dei documenti di identità, ma anche attestazioni certificate e non.

La Commissione europea vuole permettere a cittadini e imprese di accedere ad un sistema di riconoscimento che dia la possibilità di utilizzare e archiviare dati collegati all’identità digitale per accedere a un set di servizi. Se tutto va bene, l’EUDI sarà nelle mani dei cittadini europei entro settembre 2023.

L’obiettivo è la creazione di un’app che consente all’utente di avere pieno controllo di tutti i suoi dati, decidendo quali informazioni condividere e con chi. L’app garantirà la sicurezza delle informazioni degli utenti mentre utilizzano il wallet e chiarirà i processi di utilizzo e condivisione dei dati, affinché un utente possa prendere decisioni consapevoli.

La CIE potrà sostituire lo SPID

Una novità pubblicata in Gazzetta Ufficiale pochi giorni fa è che la carta d’identità elettronica (CIE) potrà sostituire lo SPID. L’Italia, infatti, sta facendo grandi passi in avanti per quanto riguarda l’identità digitale.

Fino ad oggi, infatti, il codice univoco utilizzato per accedere ai servizi online era soltanto lo SPID – anche se l’art. 65 del codice dell’amministrazione digitale prevedeva di già 3 diverse modalità di identificazione: CIE, SPID e CNS.

In molti hanno già adottato la CIE come principale modalità di accesso ai servizi, anche se è ancora necessario avere con sé la carta. Per entrare nei portali, infatti, la CIE deve essere riconosciuta attraverso un’applicazione. Inoltre, bisogna avere il sensore RID/NFC dove avvicinare il documento per autorizzare l’accesso.

Il sensore è disponibile sugli smartphone, ma la procedura potrebbe essere piuttosto macchinosa. Questo decreto semplificherà l’accesso e la fruizione dei servizi tramite CIE.

SPID gratis per la Pubblica Amministrazione

Il Dipartimento della Funzione pubblica ha recentemente firmato un avviso pubblico per fornire identità digitale gratuita per tutti i dipendenti pubblici che sono ancora sprovvisti di SPID.

Commenta Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione: «Le identità SPID erogate in Italia hanno superato i 32 milioni. È un risultato importante, perché l’identità digitale permette l’accesso sicuro e inclusivo ai servizi della PA».

Continua: «Per questo il Governo si è impegnato a rendere il suo utilizzo più capillare e per questo ho voluto assicurare lo SPID gratuito a tutti i dipendenti pubblici. È un modo per rimarcare il loro ruolo da protagonisti in questa stagione di grande rinnovamento della PA. Più semplice, più digitale, più efficiente».

Le amministrazioni pubbliche interessate dovranno richiedere all’Agid una verifica dei sistemi di assegnazione e gestione delle credenziali rilasciate al personale. In caso di esito positivo, ogni dipendente potrà utilizzarle per richiedere l’attivazione dello SPID gratuitamente.

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Salvo l’ergastolo ostativo e rinviata la riforma Cartabia

Il nuovo governo ha deciso di salvare l’ergastolo ostativo e di rinviare al prossimo 30 dicembre la riforma Cartabia sulla giustizia penale.

Spiega il ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Questo rinvio non ha nessun impatto negativo sul Pnrr, anzi. Avremmo corso il rischio, dando attuazione immediata alla riforma, che per l’incompatibilità con le risorse disponibili, fosse inapplicabile. In questi due mesi avremo la possibilità di capire meglio le problematiche e di intervenire per la loro soluzione».

Secondo Nordio, il governo «ha accolto il grido di dolore di Procure, gip, Corti di Appello e Procure generale nel chiedere il rinvio dell’applicazione della riforma Cartabia che comunque va nella giusta direzione».

Senza questo slittamento (sempre secondo Nordio) ci sarebbe stato un enorme sovraccarico all’interno degli uffici giudiziari, e la gestione della norma della riforma che ha fatto diventare alcuni reati procedibili solo a querela sarebbe stata parecchio problematica.

Infatti, con poche risorse disponibili, avremmo visto montagne di fascicoli da esaminare al fine di accertare i reati ancora pendenti. Inoltre, i detenuti che stanno espiando una pena non avrebbero ragion d’essere, se il reato è improcedibile.

Una task force con i vertici di tutti i dipartimenti del ministero della Giustizia si occuperà di perfezionare le misure organizzative che sono già state avviate, assicurando anche adeguati supporti tecnologici, al fine di garantire migliori condizioni agli uffici giudiziari.

«E’ una giornata importante per la giustizia. Abbiamo accolto l’indicazione della Consulta con una norma che non compromette la sicurezza e la certezza della pena» garantisce Nordio, parlando di ergastolo ostativo.

Per poter accedere ai benefici penitenziari per questa tipologia di reati non basterà soltanto la buona condotta carceraria o partecipare al trattamento. Si dovranno fornire anche alcuni “elementi specifici” che escludano tutti i collegamenti con la criminalità organizzata.

Il giudice di sorveglianza, prima di decidere, dovrà sentire una serie di pareri, anche quello del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Il testo introduce anche modifiche per quanto riguarda la concessione della liberazione condizionale. La richiesta in questo caso potrà essere presentata dopo aver scontato almeno 30 anni di pena. Prevede, inoltre, una norma transitoria per i detenuti che hanno commesso reati prima dell’entrata in vigore della riforma.

L’Anm esulta per il rinvio della riforma Cartabia, mentre per i penalisti il dl ha «evidenti e gravi profili di incostituzionalità».

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Quando il web diventa realtà: chi sono gli Incel e come possiamo difenderci

Chi sono le persone che si definiscono “Incel” e qual è il loro percorso all’interno del mondo del digitale? Il termine racchiude una precisa condizione che si è evoluta nel corso degli anni, e che ad oggi descrive gruppi di persone che si definiscono “celibi involontari”.

Non sono dei single, ma uomini che si sentono emarginati dalla società e dalle donne che “non li ritengono alla loro altezza”. Il motivo è che non sono né ricchi, né belli e non hanno nemmeno successo.

Vediamo insieme chi sono gli Incel e perché potrebbero rappresentare una minaccia.

Persone in cerca d’amore

Il movimento Incel nasce grazie a forum dedicati, anche se ora comincia a diffondersi in altri spazi online, come TikTok, Instagram, Discord e Twitch. Nel 2017, il sito Reddit ha chiuso la sua principale community Incel, che contava 41.000 membri.

Il termine Incel si è sviluppato a partire da una contrazione dell’espressione inglese “involuntary celibate” ovvero “celibe involontario”. La parola nasce nel 1993 a seguito di un’intuizione di una studentessa dell’Università di Ottawa, che si firmava come Alana. Grazie a lei è nato il forum Alana’s involuntary celibacy project.

Alana aveva aperto un sito web per persone sole in cerca d’amore: non aveva la minima idea che il suo sito avrebbe generato odio e rabbia verso le donne. Alana’s involuntary celibacy project avrebbe dovuto essere un luogo accogliente, dove pubblicare articoli e condividere la propria solitudine con altri utenti.

Alana ha abbreviato “involontariamente celibe” in “invcel”, che si è trasformato in “incel”. Dunque, all’inizio il termine Incel indicava qualsiasi individuo, di sesso maschile o femminile, che si sentiva profondamente solo.

Ma quando Alana ha abbandonato il blog, le cose hanno cominciato a prendere una brutta piega.

Chi sono veramente gli Incel

Parliamo di una precisa categoria di persone, che si identifica in maschio, eterosessuale e celibe involontario. Quello che li contraddistingue è una forte disistima verso loro stessi e dal loro sentirsi inadeguati rispetto ai coetanei.

Credono di non essere all’altezza del genere femminile, in quanto non sono in grado di intrecciare con loro una relazione amorosa. Credono di essere dei perdenti, in continua competizione con gli altri.

Non possono essere identificati tutti come persone violente, dato che gli Incel racchiudono in loro una grande quantità di persone. Ma il loro livello di esasperazione porta a gravi forme di misoginia.

Si tratta di un fenomeno maschile, intriso di stereotipi che riguardano sia il mondo femminile sia quello maschile. Nella società occidentale, infatti, gli uomini vengono considerati come persone di successo soltanto se riescono ad avere rapporti d’amore con l’altro sesso.

Le donne, concepite come prede e trofei, preferirebbero i Chad, ovvero il maschio alfa, attraente e di successo.

Uscire dal web

Il fenomeno Incel è rimasto profondamente radicato nei blog fino al 2013. Poi, hanno cominciato a diffondersi gruppi di persone che hanno trasformato il fenomeno in una reale manifestazione di odio e di violenza.

Il termine ha raggiunto notorietà nel 2014, dopo la sparatoria di Elliot Rodger a Isla Vista in California, dove sono state uccise 6 persone e 14 sono rimaste ferite. Le vittime, secondo Rodger, erano responsabili di averlo rifiutato per tutta la vita.

L’assassino spiegò la sua condanna di eterno scapolo in un video, dove affermava di essere un «gentleman supremo, messo all’angolo dalla malvagità delle donne» che preferiscono i «ragazzi stupidi ma popolari».

La teoria Redpill

Questa teoria trae ispirazione dal celebre film “Matrix”, dove la pillola rossa (red pill) apre la mente del protagonista, Neo, mostrandogli la verità sulla realtà.

Quando un Incel entra in contatto con la teoria Redpill, capisce che il mondo di oggi lo mette in una condizione di svantaggio, facendolo diventare vittima della società.

I “redpillati” diventano uomini liberati, che comprendono che il femminismo e la rivoluzione sessuale sono la “sventura” dell’uomo etero, dato che le donne hanno la possibilità di scegliere liberamente il proprio partner, lasciando soli gli uomini “poveri e brutti”.

Una realtà irreale

Gli Incel si rifanno alla teoria LMS (Look, Money, Status), che afferma che la condizione economica, l’aspetto fisico e lo status sociale sono i parametri in grado di attrarre l’amore e le donne. Se un uomo non possiede queste caratteristiche, è destinato a restare tagliato fuori da qualsiasi tipo di rapporto, e rimarrà solo per tutta la sua vita.

Chiaramente è una rappresentazione non realistica, sessista e maschilista, che nasce da un modello sociale che rafforza il pensiero Incel. Inoltre, gli uomini Incel ritengono che sia stata l’emancipazione femminile ad escluderli dai loro rapporti con le donne.

Le donne diventano oggetti del desiderio, che contengono tutta la loro felicità negata. Se non viene conquistata, la donna diventa per l’Incel il conduttore di tutte le aspettative disattese. Nasce da qui la sensazione di insicurezza e inferiorità nei confronti delle donne.

Questo disagio, però, non si limita ai forum online, ma è radicato nella società.

Un fenomeno in crescita

Secondo il Guardian, il movimento Incel si intensifica sempre di più. I riferimenti online sono otto volte superiori rispetto al 2016, anno in cui i ricercatori hanno cominciato a monitorare i contenuti misogini del web.

Nel 2016, in media, nei forum Incel si registravano 112 riferimenti al giorno di termini misogini estremi, associati alle parole pugno, pugnalata, spara, attacco. Oggi siamo arrivati a 849 riferimenti al giorno.

In questi gruppi, le donne vengono definite come NP, ovvero non persone – anche se per alcuni l’acronimo sta per narcisiste patologiche.

Tale aumento ai riferimenti alla violenza deve essere preso sul serio, dato che ci sono stati oltre 50 casi di violenza correlata agli Incel dal 2014.

In un’intervista rilasciata a BBC, Alana ha dichiarato che: «Anche nei forum Incel di oggi è una cosa positiva che le persone siano amiche tra loro. Sarebbe meraviglioso se riuscissero a trovare una visione più positiva della vita. Se riuscissero a costruire forti amicizie e ad ottenere supporto emotivo dove ce n’è bisogno».

Rivolgere la rabbia verso l’esterno

La narrazione delle donne malvagie non è qualcosa di nuovo, ma comincia da un equivoco che gli Incel includono nella loro ideologia. Tutto parte dall’enfatizzazione del corpo, che viene ridotto ad un mero oggetto del desiderio di donne considerate superficiali e attratte soltanto dall’apparenza.

Gli Incel ritengono di avere dei brutti corpi, e per questo si sentono esclusi dalla società, che è responsabile di farli sentire emarginati. Per loro diventa più semplice caricare la pistola piuttosto che vedersi sotto una luce migliore, rivolgendo tutta la loro rabbia verso l’esterno.

La vera pericolosità degli Incel, dunque, sta proprio nella loro scarsa capacità di lavorare su loro stessi.

Riconoscere le emozioni

Degli Incel non si discute molto. Anzi, è un fenomeno sottovalutato: si tende ad ignorare il problema, addirittura normalizzandolo.

Non è semplice difendersi da questa condizione, perché gli uomini Incel sono difficili da riconoscere. Sarebbe opportuno raggiungere la radice del problema per lavorare sulla prevenzione. Il primo passo, dunque, passa attraverso l’educazione dei ragazzi, dando loro strumenti adeguati per riconoscere e gestire le loro emozioni.

Fondamentale anche l’intercettazione dei primi segnali di malessere per intervenire il prima possibile, per tornare in possesso dei sentimenti e delle emozioni che tutti proviamo.

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La maggioranza delle persone (e noi avvocati non siamo da meno) aspetta magicamente che la fata turchina compaia nella loro vita, per prenderli per mano e accompagnarli saltellando in un mondo fantastico. Ma la realtà è molto diversa.

La maggior parte di noi sa bene che cosa vuole cambiare nella propria vita: qualcuno vorrebbe smettere di fumare, perdere qualche chilo, portare a termine un progetto o finire gli ultimi esami dell’università.

Tuttavia, ogni volta che decidiamo di intraprendere un percorso di cambiamento, corriamo il rischio di ritrovarci in brutto circolo vizioso. Vediamo insieme di che cosa si tratta.

Emotional Cycle of Change

I ricercatori americani Don Kelley e Daryl Conner, negli anni ’70 notarono che molti individui che avevano affrontato un cambiamento si erano ritrovati ad attraversare cinque fasi, caratterizzate da un preciso vissuto emotivo.

Nacque da qui il nome Emotional Cycle of Change, letteralmente il Ciclo Emotivo del Cambiamento. L’espressione può tornarci utile in quanto ci consente di conoscere anticipatamente gli ostacoli che incontreremo lungo il nostro sentiero del cambiamento. Ma soprattutto, ci permette di riconoscere i nostri stati d’animo.

Montagne russe emotive

Quando parliamo degli alti e bassi della vita, non ci rendiamo conto che questi momenti sono molto più reali di quanto possiamo immaginare. Ma soprattutto, influenzano tantissimo le nostre giornate e i nostri risultati.

Mentre affrontiamo un cambiamento volontariamente, cominciamo una corsa su una montagna russa emotiva. Dobbiamo assolutamente essere pronti ad andare incontro a questa situazione.

Vediamo qual è l’atteggiamento mentale corretto e le azioni concrete da mettere in atto per evitare di ritrovarsi incastrati nella “Valle della disperazione”.

Motivazione ai massimi livelli: l’ottimismo ingiustificato

Primo giorno di un nuovo progetto.

Primo gennaio.

Primo del mese.

Conosciamo tutti l’entusiasmo di cominciare un percorso e di rincorrere un nuovo obiettivo. Ci sentiamo pervadere da questa irrazionale e ingiustificata sensazione di invincibilità. La nostra motivazione è ai massimi livelli.

È una fase che non dura, ma è proprio qui che dovremmo porre le fondamenta che ci porteranno al successo. Nello specifico, ecco due azioni pratiche da compiere in questi primi giorni di percorso di cambiamento:

  • scriviamo una lista dei benefici che ci aspettiamo da questo tipo di cambiamento. Cerchiamo di non tralasciare nulla: la lista, infatti, ci aiuterà a “cristallizzare” l’entusiasmo, e diventerà preziosissima nei momenti di sconforto e difficoltà;
  • tiriamo il freno a mano: dopo aver intrapreso un cambiamento abbiamo la tendenza a strafare, per poi avere il fiato corto dopo soltanto pochissimi km. È sempre bene cominciare il nostro percorso in maniera graduale, tenendoci al di sotto di quelle che crediamo le nostre potenzialità e focalizzandoci esclusivamente sulla nostra costanza.

L’ottimismo ingiustificato non dura. Ci troveremo presto a fare i conti con la seconda fase del ciclo emotivo del cambiamento.

Andare a sbattere contro la realtà: il pessimismo giustificato

Dopo poche settimane o pochi giorni dall’inizio del nostro percorso di cambiamento andremo inevitabilmente a sbattere contro la realtà. Le difficoltà che incontreremo lungo il nostro sentiero andranno ad aumentare la frustrazione e l’assenza di risultati ci porterà a mettere in discussione l’impegno preso con noi stessi.

Nel nostro cervello cominceranno a risuonare frasi come:

“Stai sbagliando qualcosa”

“I sacrifici che stai facendo non serviranno a nulla”

“Forse c’è una soluzione più rapida”

“Non ha senso continuare”

“Ma sì dai, uno sgarro non è la fine del mondo”

“Lo farò domani, giuro!”

Questi pensieri negativi ci portano dritti dritti nella Valle della disperazione.

Chi sono i “mollaccioni”

Eccoci nel luogo dove vanno a finire tutti i tentativi di cambiamento della maggior parte delle persone: la Valle della disperazione.

La motivazione dei primi tempi, infatti, è ormai andata a farsi benedire, e la forza di volontà è diventata un lontano ricordo. Davanti a noi vediamo un arido deserto, dove crescono soltanto sconfitte e frustrazioni.

Eccoci pronti a mollare. E in molti lo fanno. Mollano.

I “mollaccioni” trascorrono la loro vita oscillando tra l’esaltazione di un nuovo luccicante obiettivo e la depressione che deriva dal sporcarsi le mani per raggiungere veramente un obiettivo.

Sono persone che smaniano continuamente per nuovi progetti, ma alla fine non concludono mai nulla. Dunque, soltanto se saremo in grado di oltrepassare la Valle della disperazione potremmo emergere dalla mediocrità.

Scale a chiocciola

Le persone che superano la fase del pessimismo giustificato, oltre ad affidarsi alla forza di volontà, instaurano degli incoraggianti meccanismi di realismo.

Pensaci un attimo: perché, nel passato, hai mollato tutte le volte che il gioco si faceva duro? Perché avevi cominciato a percorrere una scala a chiocciola, e non ne intravedevi la fine. Vedevi soltanto tantissimi gradini che si aggrovigliavano l’uno sopra l’altro. Più guardavi in alto, più ti scoraggiavi.

Ma il segreto sta proprio qui. Per uscire dalla Valle della disperazione dobbiamo focalizzarci sul prossimo scalino, per approdare finalmente nella fase del realismo incoraggiante.

Date di scadenza e auto-valutazioni

Diamoci una data di scadenza, per auto-valutare i progressi che sono stati fatti. Tiriamo le somme del nostro percorso di cambiamento soltanto in quella data.

Dobbiamo sforzarci di ignorare i risultati che stiamo ottenendo prima di quel giorno: concentriamoci soltanto sulle azioni giornaliere.

Arrivata la data di scadenza, valutiamo i progressi. Se li abbiamo ottenuti, cerchiamo di fare di più di quello che si è dimostrato funzionare. Se, invece, i risultati sono stati al di sotto delle nostre aspettative, avremo comunque ottenuto delle preziose informazioni, che ci saranno utili per sperimentare un nuovo approccio (al quale assegneremo un’ulteriore data di scadenza).

Se siamo pragmatici e ci concentriamo esclusivamente sul prossimo gradino, metteremo più facilmente da parte il pessimismo, sviluppando un atteggiamento di speranza e ottimismo.

Un meritato ottimismo giustificato

Rimanere focalizzati sulle singole azioni quotidiane, per un periodo di almeno 90 giorni, ti consentirà di entrare nella quarta fase del tuo ciclo emotivo del cambiamento, ovvero, l’ottimismo giustificato.

Finalmente tutto comincerà ad andare nel verso giusto. I tuoi progressi diventeranno sempre più visibili, non dubiterai più del percorso intrapreso e saprai bene come affrontare i nuovi ostacoli.

Il tuo cambiamento non sarà completo: dovrai andare a cementificare i risultati ottenuti. In che modo? Aiutando gli altri!

Infatti, tu sei uno dei pochi che sono riusciti a superare la Valle della disperazione. Se vuoi rafforzare i tuoi progressi, mettiti a disposizione di quelle persone che stanno affrontando un cambiamento simile al tuo.

Guidale, spronale nei momenti di maggior difficoltà, dimostra loro con il tuo esempio che ottenere un cambiamento profondo e duraturo è possibile! Sarai l’estensione della forza di volontà di una persona, e al tempo stesso ricorderai a te stesso quanto è importante restare focalizzato sui tuoi obiettivi, per non perdere tutti i progressi fatti.

Celebriamoci!

Arriviamo, dunque, all’ultima fase del nostro ciclo emotivo del cambiamento: la celebrazione!

Se il cambiamento che ci eravamo promessi di fare diventerà finalmente realtà, non dobbiamo commettere l’errore di darlo per scontato. Premiamoci, celebriamo il traguardo raggiunto e riconosciamo i nostri meriti.

Dobbiamo sempre comunicare al nostro cervello che quello che siamo stati in grado di fare è stato meraviglioso! Soltanto in questo modo andremo ad instaurare un circolo virtuoso che ci farà raggiungere mete sempre più alte e ambiziose.

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BeReal: il nuovo social che odia la perfezione

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Cosa conta di più: essere o apparire?

Quando scrolliamo la home di Instagram o di Facebook ci imbattiamo in fotografie di corpi e vite perfette, che diventano a tutti gli effetti stereotipi da imitare e che vanno ad incidere sull’autostima delle persone.

Si vanno a delineare degli standard di vita e di bellezza che causano problemi nell’accettare i propri difetti o il proprio status economico e sociale. Per questi motivi, l’anno scorso la Norvegia ha adottato una legge che obbliga le persone a dichiarare se nelle foto pubblicate ci sono o meno dei filtri.

In generale, negli ultimi tempi, sta nascendo un tipo di narrazione di sé molto meno selettivo. Diversi influencer hanno deciso, infatti, di instaurare un rapporto più spontaneo e sincero con i loro seguaci, mostrandosi spesso al naturale.

Come funziona BeReal

Dopo anni di celebrazione della ricchezza e di un mondo di fantasia, c’è sempre più voglia di realtà. Le foto scattate vicino a macchine di lusso cominciano a starci strette. Sempre più persone sono interessate a vedere com’è il mondo reale: ecco che entra in gioco BeReal!

È un social che rappresenta un ritorno alle cose noiose, quelle che facciamo tutti nella nostra routine: ma che per questo sono reali.

BeReal nasce nel 2020, in Francia, grazie all’idea di due ragazzi: Kevin Perreau e Alexis Barreyat. È partita sotto tono, ma durante l’estate di quest’anno l’app è esplosa in tutto il mondo, con oltre 40 milioni di installazioni.

Dopo aver scaricato l’app e inserito pochi dati, si è già operativi. Il sistema ci avverte una volta al giorno con una notifica di scattare una foto di quello che stiamo facendo. O meglio, due: una con la fotocamera interna e una con quella esterna.

Abbiamo a disposizione soltanto 2 minuti per scattare le foto e pubblicarle sul nostro profilo. La differenza tra BeReal e gli altri social sta proprio nell’input al post: quando pubblicare? A che ora? È BeReal che ce lo dice, con l’obiettivo di mostrare agli amici momenti di pura realtà: senza filtri o esagerazioni.

Appartenenza e intimità

Il forte accento dell’app sull’autenticità lo distingue da tutti gli altri social. Non è un concetto completamente nuovo: esistono da sempre i blog “confessionali”, oppure i secondi profili Instagram dove pubblicare versioni più disordinate di noi stessi, ritenute inadeguate per i profili principali.

In quanto esseri umani, cerchiamo appartenenza e intimità: questo concetto sta alla base del progetto BeReal. Cerchiamo di presentare le migliori versioni di noi stessi, anche se vogliamo essere accettati per quelli che siamo veramente.

Elevare il banale in arte

Questo processo è avvenuto anche nella storia dell’arte. All’inizio, gli artisti ritraevano le persone mentre erano addobbate con i loro gioielli e vestiti migliori. Soltanto più avanti le persone hanno deciso di dipingere la quotidianità, ed il risultato è stato rivoluzionario: si è elevato il banale in pura arte.

Anche la fotografia e i social media sono andati verso la stessa strada. All’inizio, in molti utilizzavano i social media come un album fotografico, salvando soltanto le loro foto migliori. E ancora prima della diffusione degli smartphone, una persona non aveva la possibilità di scattare molte foto.

Ma oggi, tutto questo sta cambiando. L’autenticità della vita reale sarà inevitabile. Anche se è più semplice presentare una facciata di noi stessi, il desiderio di essere amati e accettati per quello che siamo è radicato in noi.

Non deve essere per forza tutto perfetto

Tuttavia, dobbiamo tener presente che anche l’autenticità può essere curata, compromessa. Anch’essa segue delle tendenze. Dunque, condividere ogni secondo delle nostre vite non è una cosa possibile, in quanto la condivisione si trasformerebbe in una performance.

Ogni generazione cerca la sua identità: chi siamo noi veramente? Oppure, chi vogliamo essere? I social sono diventati il luogo migliore per rispondere a queste domande. Grazie ad uno schermo che ci divide dalla realtà, possiamo giocare con le nostre varie identità e vedere quella che più si adatta a noi.

Ci contraddiciamo? E così sia! Potremmo pubblicare sia il pasto perfetto su Instagram sia un selfie mentre mangiamo il cibo del fast food a letto su BeReal: siamo sempre noi. BeReal cerca di normalizzare l’idea che alcuni giorni sono soltanto giorni. Non deve essere per forza sempre tutto perfetto.

TikTok Now

TikTok ha deciso di implementare le sue funzioni con una simile a BeReal. Si chiama TikTok Now, e ha lo scopo di «creare un’esperienza completamente nuova che connette le persone».

Funzionerà esattamente come BeReal: ogni giorno, TikTok invierà ai propri iscritti una notifica, chiedendo loro di scattare foto o video di massimo 10 secondi. I creator avranno il pieno controllo di chi potrà o meno interagire o visualizzare i contenuti.

TikTok ha dichiarato di prestare molta attenzione alla sicurezza dell’app quando vengono introdotte delle nuove funzionalità. Per esempio, se un utente con meno di 16 anni crea un account per utilizzare TikTok Now, il suo account sarà impostato come privato di default.

Ig Candid

Anche Instagram non sta perdendo tempo e ha deciso di introdurre la nuova funzionalità “IG Candid”. Una nuova funzione che permette agli utenti la pubblicazione del contenuto in una finestra temporale ben precisa, per veicolare foto e video “più reali” di quelli che vengono postati dopo revisioni e modifiche.

Non sarebbe la prima volta che una app di Meta prende spunto dalle app rivali. Pensiamo alle stories rubate da Snapchat, e ai reels, parenti dei video TikTok.

Alessandro Paluzzi, un noto sviluppatore, avrebbe confermato la mossa di Instagram. La feature, attualmente è disponibile in test, e senza fornire programmazione apre una finestra improvvisa di 2 minuti in cui un utente potrà pubblicare una foto “reale”.

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Spear phishing: che cos’è e come possiamo difenderci

Avvocato, attenzione alla luminosità del PC!

Spear phishing: che cos’è e come possiamo difenderci

Lo spear phishing è una particolare tipologia di truffa, con la quale i cybercriminali spingono le vittime a rivelare informazioni sensibili. I truffatori ottengono l’accesso ai dati attraverso link o allegati malevoli, che, se aperti, installano dei malware nel pc della vittima.

Si distingue dal generico phishing a causa della natura mirata dell’attacco. Infatti, questi attacchi corrispondono all’invio di messaggi molto personalizzati, confezionati appositamente per una persona avvalendosi delle informazioni della vittima disponibili online.

Più le mail sono ricche di dettagli, più risultano credibili agli occhi delle vittime.

Mail scritte su misura

Le mail, quindi, vengono scritte su misura per ogni vittima. Chi attacca potrebbe fingersi un sostenitore di una causa condivisa, oppure spacciarsi per qualcuno che la vittima conosce; o ancora, utilizzare tecniche di social engineering.

Un esempio potrebbe essere qualcosa del tipo:

Ciao Paola! Vista la tua gran passione per i vini rossi di annata, non dovresti assolutamente perdere la fiera del vino di questo weekend a cui parteciperà anche Anna.

Nel messaggio ci sarà il link falsificato o compromesso del sito web della “fiera del vino”.

Phishing e spear phishing: quali sono le differenze

Sia il phishing che lo spear phishing hanno l’obiettivo di spingere le vittime a rivelare le proprie informazioni sensibili. Il secondo, però, richiede più sforzo da parte dei truffatori, dato che per creare una mail credibile dovranno fare accurate ricerche su una vittima.

Le campagne di phishing, invece, non hanno obiettivi specifici. I truffatori potrebbero infatti creare una mail molto generica da parte di PayPal, per esempio, senza sapere se l’utente abbia o meno un account PayPal.

Lo spoofing

Durante una campagna di phishing, un truffatore invierà molte mail ad una lunga lista di indirizzi, sapendo che soltanto una piccola parte degli utenti cadrà vittima nella trappola. Il dominio utilizzato per inviare i messaggi sembra molto simile a quello ufficiale dell’azienda per la quale si spacciano i cybercriminali.

Un attacco phishing potrebbe basarsi sullo spoofing (email finte). I server mail, infatti, vengono utilizzati per manipolare il dominio del mittente per far apparire la mail come proveniente dal sito vero e proprio.

Oggi lo spoofing è meno pericoloso, perché è stato concepito il DMARC (Domain-based Message Authentication, Reporting & Conformance) che rileva e blocca questo tipo di mail.

Aggirare le misure di sicurezza

Le vittime degli attacchi di spear phishing potrebbero effettuare bonifici molto alti intestati ai criminali o divulgare le credenziali di accesso per la rete aziendale.

Adottare l’autenticazione a due fattori e/o sistemi di rilevamento delle intrusioni si rivela molto utile per contenere i danni di queste operazioni criminali. Tuttavia, potrebbero subentrare anche metodi che aggirano queste misure di sicurezza, come l’installazione di malware sulla rete aziendale e l’utilizzo di credenziali rubate per esfiltrare i dati (data breach).

I criminali, una volta in possesso delle credenziali di accesso, possono anche decidere di mantenere la loro presenza sulla rete della vittima per mesi, prima di essere finalmente scoperti. Quando la compromissione esce allo scoperto, l’azienda dovrà correre ai ripari e risanare la vulnerabilità.

Brand noti che generano fiducia

Mai sottovalutare il rischio di diventare vittima di spear phishing soltanto perché pensate che la vostra azienda sia troppo piccola per ricevere questo tipo di attenzioni. I cybercriminali sanno benissimo che le aziende più piccole hanno anche risorse limitate da investire per la sicurezza informatica. Proprio per questo sono facilmente prese di mira.

Di solito vengono utilizzati nomi di brand noti, che generano fiducia nelle vittime, come PayPal, Google, Amazon e Microsoft. Per esempio, alcuni attacchi phishing sfruttano il nome di Google e Microsoft per informare i clienti che hanno vinto dei soldi da loro, e che per ricevere quei soldi dovranno inviare un piccolo anticipo per coprire i costi della spedizione.

Google di solito filtra molto bene questi messaggi, ma capita che gli utenti se li ritrovino lo stesso sulla propria mail. Questi messaggi, in una rete aziendale, dovrebbero essere messi immediatamente in quarantena.

Esempi di spear phishing

Vediamo insieme alcuni esempi di spear phishing:

  1. Un finto cliente insoddisfatto si lamenta di un recente acquisto. Il truffatore invita la vittima ad aprire un link che riporta ad un sito malevolo identico in tutto e per tutto a quello dell’azienda, dove il dipendente inserirà le proprie credenziali di accesso;
  2. Una mail o un sms vi avvisa che il conto in banca è stato compromesso. Per rimediare bisogna cliccare un link che collega alla finta pagina della banca dove inserire le proprie credenziali;
  3. Un finto fornitore informa la vittima del fatto il suo account sta per essere disattivato oppure è in scadenza. Dunque, per mantenerlo attivo sarà necessario cliccare sul link fornito;
  4. Un chiaro tentativo di spear phishing sono le richieste di inviare o donare denaro a qualche gruppo o ente;
  5. Prima di pagare una fattura, assicuratevi che sia dovuta. I truffatori infatti utilizzano il nome di aziende vere e proprie, con tanto di partita IVA falsa per ingannare la vittima.

La sicurezza parte dalle persone

I casi riportati di spear phishing e di phishing, dal 2020, sono aumentati tantissimo. Circa il 74% delle aziende americane ha subito un attacco phishing, e il 96% degli attacchi sono stati realizzati via mail.

Alla fine, la cosa fondamentale è adottare una strategia di sicurezza che si basa sulle persone. Bisogna, infatti, considerare il rischio individuale che rappresenta ogni singolo utente per la sicurezza della vostra azienda. Provate a capire in che modo un dipendente potrebbe essere preso di mira, in base a quali dati di accesso ha a sua disposizione o se è già stato vittima di truffe simili in passato.

La formazione dei vostri dipendenti è indispensabile: devono essere in grado di segnalare e individuare email sospette. Una formazione regolare, accompagnata anche dalla simulazione degli attacchi di phishing, potrebbe fermare molti attacchi veri e propri.

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Chi trascorre molte ore al giorno davanti al pc sa molto bene cosa vuol dire avere gli occhi stanchi. La computer vision syndrome, ovvero l’affaticamento oculare, si verifica nei casi in cui si fissa per lungo tempo un monitor o un display senza mai distogliere lo sguardo.

Chi ha spesso gli occhi stanchi, oltre all’affaticamento visivo potrebbe soffrire di cefalea, visione offuscata, dolori al collo e alle spalle. In genere, gli occhi diventano sempre più secchi.

Gli occhi stanchi costano molto, in termini di salute e produttività. Meglio trattare correttamente il problema.

Perché i nostri occhi si affaticano?

L’affaticamento visivo potrebbe presentarsi per più motivi. Quando non guardiamo il display, le nostre palpebre sbattono circa 12 volte al minuto. Se invece si fissa lo schermo, scendiamo a 5 volte al minuto. Questo, chiaramente, incide sulla secchezza oculare e sui disagi relativi.

Gli occhi diventano stanchi se si usano schermi con un grande riverbero della luce, con un contrasto scarso o se si guardano i display da un’angolatura non così corretta. Ma quali potrebbero essere le soluzioni migliori per gli occhi stanchi?

Leggiamo spesso che basta ridurre il tempo trascorso davanti allo schermo. Ma questo suggerimento non può essere seguito da chi utilizza il pc per lavoro. Esiste la regola del 20-20: ogni 20 minuti si dovrebbe distogliere lo sguardo dal monitor e fissare un punto per 20 secondi a circa 5 metri di distanza.

Con questa semplice regola, gli occhi trarranno subito un gran benessere.

Accortezze tecnologiche

Ma passiamo alle accortezze tecnologiche per provare ad evitare la stanchezza degli occhi. I monitor più recenti, infatti, offrono alcune caratteristiche da non trascurare.

DC dimming

Per molto tempo i display LED hanno utilizzato la modulazione di larghezza d’impulso, che consiste nello spegnere l’illuminazione per brevi periodi di tempo con dei cicli di accensione e di spegnimento che avvengono in maniera rapida.

L’occhio umano, ovviamente, non si rende conto di questo meccanismo, che da un lato rende l’immagine più fioca e dall’altro causa uno sfarfallio. Questo meccanismo, a lungo andare, potrebbe affaticare gli occhi.

I display moderni utilizzano il DC dimming: al posto di accendere e spegnere il display a potenza piena, viene regolata la potenza in ingresso: in questo modo non avviene alcuno sfarfallio.

L’unico svantaggio è che con una bassa luminosità i colori risultano di qualità inferiore.

Regolazione manuale della luminosità

I monitor troppo luminosi o impostati con una luminosità che supera quella dell’ambiente circostante potrebbero causare stanchezza oculare. La luminosità dello schermo non dovrebbe mai essere lasciata sull’impostazione predefinita: dobbiamo regolarla sulla base della luminosità della stanza in cui ci troviamo.

Soltanto questa semplice attenzione potrebbe attenuare molto lo stress visivo.

Un trucco per impostare in maniera corretta la luminosità dello schermo è quello di prendere un foglio completamente bianco, formato A4, e tenerlo verticalmente con una mano alla sinistra o alla destra del monitor. La luminosità del foglio di carta dovrebbe essere simile a quella del monitor proprio a causa dell’illuminazione della stanza.

Teniamo a mente, però, che se la luminosità della stanza cambia spesso durante la giornata, dovremo regolare di conseguenza anche la luminosità del monitor.

Regolazione automatica della luminosità

Anche se è abbastanza semplice regolare la luminosità da soli, ci sono molti nuovi monitor in grado di regolare automaticamente la luminosità; opzione particolarmente utile nel momento in cui l’illuminazione ambientale si modifica frequentemente durante la giornata.

Tali monitor sono dotati di sensori che vanno a rilevare il livello di illuminazione dell’ambiente, regolando la loro luminosità nel modo più ottimale possibile. Alcuni permettono anche di personalizzare il loro funzionamento in profondità.

Windows 10 e 11

Qualora l’accesso alla regolazione della luminosità fosse un’operazione scomoda, esistono alcuni metodi per migliorare la situazione. Tutto dipende dal monitor, dalla scheda video e dal PC che si sta utilizzando. Con Windows 10 e 11 basta digitare Luminosità oppure Modifica livello di luminosità nella casella di ricerca del PC.

Sui portatili si può anche premere il tasto Fn e i tasti F5 e F6 per modificare la luminosità.

Riduzione della luce blu

Alcuni produttori di monitor stanno cominciando a prendere provvedimenti per la riduzione dell’affaticamento degli occhi andando a limitare la luce blu che emettono i loro prodotti.

Windows 10 e 11 hanno la funzione Luce notturna, che permette di ridurre la luce blu facendo virare le immagini su colori più caldi. L’opzione può anche essere programmata per entrare in funzione soltanto in alcuni orari.

f.lux

Un’alternativa è anche il programma gratuito f.lux. È un programma che esiste da una vita, ed è super utile al fine di controllare il livello di luminosità dello schermo seguendo l’orario della giornata.

Appena avrete avviato l’applicazione, infatti, vi sarà chiesto di confermare il luogo in cui ci si trova. In questo modo il software calcolerà la luminosità da impostare durante la giornata, riducendo le emissioni di luce blu verso il tramonto e durante la notte.

Sul menu a tendina si può selezionare Reduce Eyestrain, impostando f.lux in modo tale da ridurre lo stress oculare. Grazie alle impostazioni avanzate, f.lux potrà anche essere collegata con lampade per la smart home, regolando anche qui l’illuminazione a seconda del momento della giornata in cui ci si trova.

Una funzione simile per macOS è Night Shift.

È vero che ci vuole un po’ di tempo per abituarsi completamente ad uno schermo che tende all’arancione-rosso, ma è stato ampiamente dimostrato come la luce notturna o applicazioni come f.lux fanno la differenza. Soprattutto nei casi in cui si fa fatica a prendere sonno: infatti, la luce blu dei display ostacola l’addormentamento.

Monitor curvo

Anche gli schermi curvi vengono utilizzati da sempre più utenti. All’inizio, la sensazione provata potrebbe essere ben poco gratificante, con l’impressione di aver fatto lavorare gli occhi ancora di più. In realtà è tutto il contrario!

Con un tradizionale schermo piatto, c’è bisogno di una continua messa a fuoco dell’immagine. Mentre uno schermo curvo fa mantenere una distanza focale in modo molto più uniforme, eliminando la continua necessità di ri-focalizzare rapidamente.

I monitor curvi migliorano la percezione della profondità, coprendo una maggior porzione del campo visivo dell’utente. Il risultato sono immagini più grandi e più semplici da visualizzare. Una ricerca dalla Harvard Medical School ha attestato che chi utilizza un monitor curvo ha riscontrato un minor affaticamento oculare rispetto a chi utilizza un monitor con lo schermo piatto.

Monitor ergonomici

I monitor ergonomici sono pensati per portare il comfort al massimo livello, e vengono spesso utilizzati negli ambienti di lavoro. L’utilizzo dei monitor ergonomici è assolutamente fondamentale per la riduzione dell’affaticamento oculare. Quelli non ergonomici, invece, potrebbero condurre ad una serie di disturbi, come torcicollo e mal di schiena.

Al posto di allungare il collo, sforzando gli occhi, possiamo optare per un monitor ergonomico, che può essere facilmente regolato per impostare l’ideale angolo visivo, che sta tra i 20 e i 50 gradi sotto l’orizzontale.

Se si guarda il monitor dritto davanti a sé, il collo sta bene, ma gli occhi sono affaticati. La migliore posizione dovrebbe essere quella che replica l’angolazione adottata quando si legge un libro.

Rivestimenti antiriflesso

Se il monitor utilizzato è lucido e riflette molta luce, gli occhi potrebbero essere costretti a compiere un pesante lavoro in più. I riflessi e l’abbagliamento rendono difficile mettere a fuoco e aumentano la stanchezza degli occhi.

Ma per fortuna oggi è semplice trovare dei monitor con rivestimenti antiriflesso. Monitor opachi tendono a sembrare un po’ sbiaditi, mentre display semi-lucidi producono dei riflessi ma senza complicare la visualizzazione dei dettagli.

Sono la scelta migliore, dunque, per le postazioni di lavoro che vengono raggiunte direttamente dalla luce del sole o che riflettono le luci del soffitto.

Dark mode: sì o no?

Sempre più applicazioni e sistemi operativi permettono l’attivazione della modalità scura, con degli sfondi che diventano neri e i testi bianchi.

In generale, aiuta a riposare gli occhi, ma soltanto di sera o di notte, quando l’ambiente circostante è scuro. Chi soffre di astigmatismo, per esempio, non trarrà alcun beneficio dall’utilizzare la modalità scura. Anzi, ne sarà fortemente penalizzato. Il testo sarà ancora più difficile da leggere e ci si dovrà sforzare molto rispetto alla modalità con sfondo bianco.

Inoltre, la modalità scura è innaturale per la visione umana, che di solito predilige dei supporti bianchi con testi scuri. Prestiamo sempre attenzione, però, all’elevata luminosità dello schermo, che potrebbe favorire difetti visivi come la miopia.

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Carlo Nordio è riuscito a convincere anche Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, infatti, avrebbe voluto Maria Elisabetta Alberti Casellati alla Giustizia, ma Nordio si è presentato al colloquio attitudinale a Villa Grande, superandolo alla grande.

Il pellegrinaggio non è piaciuto alle toghe, anche se è servito a raggiungere lo scopo. Nordio, infatti, ha ottenuto la poltrona più alta di via Arenula.

Il nuovo ministro della giustizia del governo Meloni è un ex pm famoso per le sue posizioni, malviste da una buona parte dei suoi colleghi. Durante la campagna elettorale ha detto di volere la separazione delle carriere, il ritorno dell’immunità parlamentare e della prescrizione, ed è nemico della legge Severino. Vorrebbe ridurre le intercettazioni, poiché a suo dire costano troppo.

Posizioni più morbide dopo la campagna elettorale

Le prime dichiarazioni fatte dopo il giuramento al Quirinale rispecchiano invece posizioni più morbide. La separazione delle carriere «è nel nostro programma, ne sono profondamente convinto, perché è consustanziale al processo accusatorio che ha introdotto Vassalli 40 anni fa, ma credo che in questo momento sia più importante concentrarsi sull’aspetto pratico cioè l’implementazione degli organici, la velocizzazione dei processi, insomma rendere la giustizia più efficiente».

I primi provvedimenti ai quali ha intenzione di lavorare sono «l’attuazione piena del codice Vassalli, un codice firmato da una medaglia d’argento della Resistenza e in prospettiva la revisione del codice penale firmato da Mussolini, ancora in vigore e di cui nessuno parla».

Continua: «Ma visto che la prima emergenza è quella economica, a breve bisogna intervenire in quella parte della giustizia che aiuti la ripresa economica e cioè velocizzare i tempi». L’obiettivo della velocizzazione dei tempi della giustizia piace a tutti. Da qualche tempo, Nordio parla di «riforme meno divisive, perché nessuno può essere contrario a una velocizzazione dei processi».

Ma in che modo il nuovo guardasigilli riuscirà laddove molti altri hanno fallito? Il processo di velocizzazione della giustizia «passa attraverso una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati». Nordio introduce nel dibattito, dunque, il tema delle depenalizzazioni.

Tema sul quale la sua coalizione non si è mai esposta. Dovremmo capire, dunque, quali sono i reati che intende depenalizzare: i piccoli reati minori o i reati amministrativi dei colletti bianchi?

Chi è Carlo Nordio

Nato a Treviso 75 anni fa, Nordio è in magistratura dal 1977 ed è l’esponente più anziano del nuovo esecutivo. Ha trascorso a Venezia la sua carriera in toga e ha condotto l’inchiesta sulle Brigate Rosse Venete.

Negli anni ’90 ha conquistato notorietà grazie alle indagini sulle tangenti delle Coop Rosse. In quel periodo, polemizza con i colleghi milanesi che si occupano di Mani Pulite.

Nel 2017 è andato in pensione, e ha cominciato ad avvicinarsi sempre più alle posizioni di centrodestra. Ha attaccato le riforme dei 5 stelle e ha sostenuto i referendum della giustizia promossi dal leader della Lega Matteo Salvini.

Nordio si è dimostrato favorevole ai quesiti che FdI non appoggiava, come, per esempio, quello contro la legge Severino. Questo punto non è stato inserito tra le sue priorità, ma il neo guardasigilli crede che la legge anticorruzione deve essere limitata.

Nonostante la differenza di vedute, Giorgia Meloni lo ha indicato come candidato al Quirinale, prima di eleggerlo alla camera e di riuscire a farlo diventare Ministro della Giustizia.

I limiti della riforma Cartabia

Nordio prenderà il posto di Marta Cartabia, autrice di riforme che hanno modificato molto le regole del processo penale. Ma che cosa ne pensa sull’improcedibilità, ovvero il meccanismo in grado di uccidere i processi se non si concludono entro un certo lasso di tempo in Appello? «Con la ministra Cartabia a breve avremo un incontro. La sua riforma andava nella direzione assolutamente giusta, ma aveva dei limiti».

Spiega il neo ministro che la vecchia maggioranza politica non ne consentiva l’attuazione vera e propria, poiché era composta da giustizialisti, non garantisti.

Oggi ci sono idee decisamente diverse. Dunque, risulta evidente che Nordio abbia intenzione di intervenire anche sulle riforme della giustizia Cartabia.

Gli auguri al nuovo Guardasigilli

Al nuovo ministro sono arrivati molti auguri dagli addetti ai lavori: dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Anm ma anche da David Ermini, vicepresidente uscente del Csm.

Sono arrivati anche appelli da magistrati come Nicola Gratteri: «Mi auguro che il nuovo ministro della Giustizia faccia il contrario di quello che ha fatto il governo uscente che ci ha lasciato riforme che – contrariamente a quanto richiesto dall’Europa – rallentano la definizione dei processi dato che già mancano 1600 magistrati».

Gratteri ha fornito all’ex collega anche consigli non richiesti: «Sarebbe auspicabile aumentare l’età pensionabile dei magistrati su base volontaria da 70 fino a 75 anni. Questa è una cosa che si può fare anche dopodomani. Un’altra cosa che il governo Meloni può fare da subito è fermare l’emorragia dei fuori ruolo, ci sono in giro 250 magistrati per Ministeri, sarebbe il caso che almeno la metà tornasse a scrivere sentenze o a fare indagini».

La lotta alla mafia

Fuori dal mondo della magistratura, invece, realtà come l’associazione Wikimafia definiscono il nuovo ruolo di Nordio come un «pessimo segnale per la lotta alla mafia». L’associazione creata a Milano ricorda come durante la campagna elettorale il nuovo guardasigilli abbia avanzato la proposta di risparmiare sulle intercettazioni ambientali e telefoniche, e investire quei soldi nelle assunzioni dei cancellieri.

A chi lo accusava di indebolire la lotta alla mafia aveva risposto: «Se si crede che i mafiosi parlino al telefono, si ha della mafia una visione infantile».

Scrive l’associazione antimafia: «Le affermazioni di Nordio denotano una scarsa conoscenza delle indagini antimafia più recenti, soprattutto al Nord. Senza le intercettazioni, molte cose che oggi sappiamo sulla più potente organizzazione mafiosa al mondo, la ‘ndrangheta, non le sapremmo».

L’associazione ricorda che tra i vari dossier che il nuovo ministro troverà sul suo tavolo in via Arenula ci sarà quello sull’ergastolo ostativo. Senza la riforma che il precedente Parlamento ha deciso di affossare, infatti, i boss delle stragi avrebbero la possibilità di ritornare in libertà, anche senza la collaborazione con la magistratura.

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