Carlo Nordio: chi è veramente il nuovo Guardasigilli?

Carlo Nordio è riuscito a convincere anche Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia, infatti, avrebbe voluto Maria Elisabetta Alberti Casellati alla Giustizia, ma Nordio si è presentato al colloquio attitudinale a Villa Grande, superandolo alla grande.

Il pellegrinaggio non è piaciuto alle toghe, anche se è servito a raggiungere lo scopo. Nordio, infatti, ha ottenuto la poltrona più alta di via Arenula.

Il nuovo ministro della giustizia del governo Meloni è un ex pm famoso per le sue posizioni, malviste da una buona parte dei suoi colleghi. Durante la campagna elettorale ha detto di volere la separazione delle carriere, il ritorno dell’immunità parlamentare e della prescrizione, ed è nemico della legge Severino. Vorrebbe ridurre le intercettazioni, poiché a suo dire costano troppo.

Posizioni più morbide dopo la campagna elettorale

Le prime dichiarazioni fatte dopo il giuramento al Quirinale rispecchiano invece posizioni più morbide. La separazione delle carriere «è nel nostro programma, ne sono profondamente convinto, perché è consustanziale al processo accusatorio che ha introdotto Vassalli 40 anni fa, ma credo che in questo momento sia più importante concentrarsi sull’aspetto pratico cioè l’implementazione degli organici, la velocizzazione dei processi, insomma rendere la giustizia più efficiente».

I primi provvedimenti ai quali ha intenzione di lavorare sono «l’attuazione piena del codice Vassalli, un codice firmato da una medaglia d’argento della Resistenza e in prospettiva la revisione del codice penale firmato da Mussolini, ancora in vigore e di cui nessuno parla».

Continua: «Ma visto che la prima emergenza è quella economica, a breve bisogna intervenire in quella parte della giustizia che aiuti la ripresa economica e cioè velocizzare i tempi». L’obiettivo della velocizzazione dei tempi della giustizia piace a tutti. Da qualche tempo, Nordio parla di «riforme meno divisive, perché nessuno può essere contrario a una velocizzazione dei processi».

Ma in che modo il nuovo guardasigilli riuscirà laddove molti altri hanno fallito? Il processo di velocizzazione della giustizia «passa attraverso una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati». Nordio introduce nel dibattito, dunque, il tema delle depenalizzazioni.

Tema sul quale la sua coalizione non si è mai esposta. Dovremmo capire, dunque, quali sono i reati che intende depenalizzare: i piccoli reati minori o i reati amministrativi dei colletti bianchi?

Chi è Carlo Nordio

Nato a Treviso 75 anni fa, Nordio è in magistratura dal 1977 ed è l’esponente più anziano del nuovo esecutivo. Ha trascorso a Venezia la sua carriera in toga e ha condotto l’inchiesta sulle Brigate Rosse Venete.

Negli anni ’90 ha conquistato notorietà grazie alle indagini sulle tangenti delle Coop Rosse. In quel periodo, polemizza con i colleghi milanesi che si occupano di Mani Pulite.

Nel 2017 è andato in pensione, e ha cominciato ad avvicinarsi sempre più alle posizioni di centrodestra. Ha attaccato le riforme dei 5 stelle e ha sostenuto i referendum della giustizia promossi dal leader della Lega Matteo Salvini.

Nordio si è dimostrato favorevole ai quesiti che FdI non appoggiava, come, per esempio, quello contro la legge Severino. Questo punto non è stato inserito tra le sue priorità, ma il neo guardasigilli crede che la legge anticorruzione deve essere limitata.

Nonostante la differenza di vedute, Giorgia Meloni lo ha indicato come candidato al Quirinale, prima di eleggerlo alla camera e di riuscire a farlo diventare Ministro della Giustizia.

I limiti della riforma Cartabia

Nordio prenderà il posto di Marta Cartabia, autrice di riforme che hanno modificato molto le regole del processo penale. Ma che cosa ne pensa sull’improcedibilità, ovvero il meccanismo in grado di uccidere i processi se non si concludono entro un certo lasso di tempo in Appello? «Con la ministra Cartabia a breve avremo un incontro. La sua riforma andava nella direzione assolutamente giusta, ma aveva dei limiti».

Spiega il neo ministro che la vecchia maggioranza politica non ne consentiva l’attuazione vera e propria, poiché era composta da giustizialisti, non garantisti.

Oggi ci sono idee decisamente diverse. Dunque, risulta evidente che Nordio abbia intenzione di intervenire anche sulle riforme della giustizia Cartabia.

Gli auguri al nuovo Guardasigilli

Al nuovo ministro sono arrivati molti auguri dagli addetti ai lavori: dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Anm ma anche da David Ermini, vicepresidente uscente del Csm.

Sono arrivati anche appelli da magistrati come Nicola Gratteri: «Mi auguro che il nuovo ministro della Giustizia faccia il contrario di quello che ha fatto il governo uscente che ci ha lasciato riforme che – contrariamente a quanto richiesto dall’Europa – rallentano la definizione dei processi dato che già mancano 1600 magistrati».

Gratteri ha fornito all’ex collega anche consigli non richiesti: «Sarebbe auspicabile aumentare l’età pensionabile dei magistrati su base volontaria da 70 fino a 75 anni. Questa è una cosa che si può fare anche dopodomani. Un’altra cosa che il governo Meloni può fare da subito è fermare l’emorragia dei fuori ruolo, ci sono in giro 250 magistrati per Ministeri, sarebbe il caso che almeno la metà tornasse a scrivere sentenze o a fare indagini».

La lotta alla mafia

Fuori dal mondo della magistratura, invece, realtà come l’associazione Wikimafia definiscono il nuovo ruolo di Nordio come un «pessimo segnale per la lotta alla mafia». L’associazione creata a Milano ricorda come durante la campagna elettorale il nuovo guardasigilli abbia avanzato la proposta di risparmiare sulle intercettazioni ambientali e telefoniche, e investire quei soldi nelle assunzioni dei cancellieri.

A chi lo accusava di indebolire la lotta alla mafia aveva risposto: «Se si crede che i mafiosi parlino al telefono, si ha della mafia una visione infantile».

Scrive l’associazione antimafia: «Le affermazioni di Nordio denotano una scarsa conoscenza delle indagini antimafia più recenti, soprattutto al Nord. Senza le intercettazioni, molte cose che oggi sappiamo sulla più potente organizzazione mafiosa al mondo, la ‘ndrangheta, non le sapremmo».

L’associazione ricorda che tra i vari dossier che il nuovo ministro troverà sul suo tavolo in via Arenula ci sarà quello sull’ergastolo ostativo. Senza la riforma che il precedente Parlamento ha deciso di affossare, infatti, i boss delle stragi avrebbero la possibilità di ritornare in libertà, anche senza la collaborazione con la magistratura.

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