L’Intelligenza Artificiale potrebbe portare all’estinzione degli esseri umani

È stato recentemente svolto un sondaggio che ha visto la partecipazione di 2.778 ricercatori che si occupano di intelligenza artificiale. Dai risultati è emersa la probabilità del 5% che l’IA possa portare all’estinzione degli esseri umani.

Il 10% dei ricercatori che hanno partecipato al sondaggio afferma che le macchine, entro il 2027, saranno in grado di superare gli esseri umani in «ogni possibile compito». La metà degli intervistati, invece, ritiene che questo sarà possibile entro l’anno 2047.

Qualche sprazzo positivo c’è, visto che il 68,3% degli intervistati dichiara che «i risultati positivi derivanti dall’IA superumana» sono decisamente più probabili rispetti a quelli negativi.

Nel sondaggio emergono i disaccordi e le incertezze presenti tra i ricercatori, con opinioni differenti sull’accelerazione o sul rallentamento dei progressi.

In ogni caso, la cifra del 5% è molto significativa. Secondo l’esperta Katja Grace «è un segnale importante che la maggior parte dei ricercatori in IA non trova fortemente implausibile che l’IA avanzata distrugga l’umanità».

Prosegue: «Penso che questa generale credenza in un rischio non minuscolo sia molto più significativa della percentuale esatta di rischio. Fare previsioni è in generale difficile, e si è osservato che gli esperti del settore hanno prestazioni scarse».

I partecipanti del sondaggio sono tutti estremamente competenti in materia di IA: dunque, non presentano abilità «insolite nel fare previsioni in generale».

La maggior parte dei ricercatori esperti di IA non teme il rischio di estinzione umana a causa di un sistema di intelligenza artificiale malvagio, ma teme piuttosto il rischio di deepfake, di creazione di pericolosi virus informatici, della manipolazione dell’opinione pubblica e dei sistemi che permettono agli individui di guadagnare a spese di altri.


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PCT, notifica senza PEC: bisogna fornire una motivazione

Nuovo Regolamento Assistenza di Cassa Forense

PCT, notifica senza PEC: bisogna fornire una motivazione

Nel processo civile è ora operativo il principio secondo il quale la notifica via PEC è la regola, mentre l’eccezione è rappresentata dalla notifica con l’ufficiale giudiziario.

D’ora in poi, quando l’avvocato si rivolge all’Unep, dovrà attestare che la procedura con PEC si rivela impossibile, o in alternativa che il messaggio ha esito negativo. Nel caso in cui si riscontrino difficoltà, dovranno essere indicate nella dichiarazione ex. art. 137, comma 7, Cpc.

Il Movimento forense segnala che non c’è stata sospensione dell’efficacia dei commi 2 e 3 dell’art. 3 ter legge n.53/1994, oltre alla mancanza di codifica delle cause di imputabilità e non imputabilità al destinatario a causa dell’impossibilità o esito negativo della PEC. Inoltre, non sembra essere attiva l’apposita area web prevista dal codice della crisi d’impresa.

La riforma della giustizia Cartabia ha deciso di rendere obbligatoria la modalità telematica della notifica per il difensore, nel caso in cui i destinatari siano avvocati, altri professionisti, imprese, PA, società a controllo pubblico, gestori di servizi pubblici e soggetti con domicilio digitale seppur senza obbligo.

Fino allo scorso 31 dicembre 2023 gli avvocati potevano rivolgersi all’Unep senza dover necessariamente aver accertato che le cause dell’impossibilità della notifica via PEC fossero colpa del destinatario (sistema informatico non funzionante, casella piena).

Ora, l’ufficiale giudiziario potrà procedere soltanto su richiesta del legale in via residuale, se il legale non deve provvedere tramite PEC e nel caso di impossibilità di esecuzione della notifica per cause che non posso essere attribuite al destinatario.

Il legale deve dichiarare, nel modello di relata:

  • che la notifica è relativa ad un procedimento instaurato prima dell’entrata in vigore della Riforma, ovvero prima del 28/02/2023;
  • il destinatario non possiede PEC o domicilio digitale;
  • la notifica PEC ha avuto esito negativo non per colpa del destinatario;
  • la notifica PEC ha avuto esito negativo per colpa del destinatario, e non è stato possibile inserire l’atto nell’apposita area web in quando non esistente.

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Nuovo Regolamento Assistenza di Cassa Forense

L’Ordine degli Avvocati di Padova ha creato uno sportello gratuito contro il bullismo

Nuovo Regolamento Assistenza di Cassa Forense

Dal 1° gennaio 2024 è in vigore il Nuovo Regolamento per l’erogazione dell’Assistenza. Tale regolamento verrà applicato a qualsiasi domanda presentata successivamente al 1° gennaio 2024, anche se riferita ad eventi avvenuti prima.

Il Nuovo Regolamento prevede prestazioni in favore degli iscritti alla Cassa a sostegno della salute, della professione e della famiglia. Oltre a questo si prevede anche l’erogazione di ulteriori contributi straordinari, così come misure per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità.

Cassa Forense stabilisce una somma differente ogni anno, a seconda del numero degli iscritti, e verrà rivalutata sempre annualmente basandosi sugli indici ISTAT. L’importo non potrà superare il 12,50% del contributo integrativo dal quale si attingono i fondi destinati all’assistenza.

I destinatari delle prestazioni di assistenza sono: iscritti alla Cassa, titolari di pensione erogata dalla Cassa e i soggetti presenti agli articoli 5 n. 3; 10 n. 1 lett. b) e c); 11 n. 7 e 14 comma 2 del Regolamento.

Al fine di beneficiare delle varie prestazioni assistenziali si dovrà essere necessariamente in regola con gli adempimenti di tipo contributivo e dichiarativo.

Per ulteriori informazioni, clicca qui sopra per leggere la comunicazione di Cassa Forense.


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L’Ordine degli Avvocati di Padova ha creato uno sportello gratuito contro il bullismo

L’avvocato deve restituire il compenso se l’assistenza fornita è inutile

L’Ordine degli Avvocati di Padova ha creato uno sportello gratuito contro il bullismo

L’Ordine degli Avvocati di Padova, insieme alla dirigenza scolastica di Padova e la Provincia di Padova, ha deciso di creare lo “Sportello legale bullismo”, per affrontare e sconfiggere il bullismo.

Nelle ultime settimane è stato sottoscritto un protocollo d’intesa, finalizzato alla promozione di un ambiente sociale e scolastico inclusivo e sicuro, attraverso la sensibilizzazione dei più giovani, delle famiglie e della cittadinanza in tema di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo.

Spiega Francesco Rossi, presidente del Coa di Padova, «ogni giorno nella nostra attività professionale ci troviamo ad affrontare situazioni legate al bullismo e al cyberbullismo. Per questo abbiamo accolto con grande entusiasmo la possibilità di collaborare con la Provincia e il Provveditorato agli studi».

Prosegue: «Intendiamo offrire la nostra professionalità e la nostra competenza su questioni estremamente delicate. Un ringraziamento lo rivolgo ai colleghi che saranno impegnati in prima linea nel supporto a famiglie e insegnanti».

Lo sportello «è improntato alla massima trasparenza e al rispetto dei principi deontologici. Il servizio fornisce informazioni chiare e accessibili sul diritto civile e penale, con particolare attenzione alle leggi relative ai fenomeni del bullismo scolastico. Inoltre, è totalmente gratuito e si basa sulle competenze di avvocati che offrono pro bono la loro consulenza».

Non ci sarà alcuna promozione di servizi legali a pagamento. Lo sportello sarà presente nella sede della Provincia di Padova, e gli incontri avverranno una volta al mese su appuntamento, garantendo massima riservatezza per coloro che si affideranno al servizio.

Roberto Natale, dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale di Padova e Rovigo, dichiara: «Il bullismo è un fenomeno conosciuto da tempo, ma è indubbio che in questi ultimi anni episodi di prevaricazione, violenza verbale, fisica e psicologica hanno assunto una connotazione socialmente più allarmante».

«A questo si è poi aggiunto», continua, «il fenomeno del cyberbullismo, che essenzialmente consiste nella diffusione sui canali social di contenuti offensivi o di materiale fotografico privato, allo scopo di denigrare, deridere, umiliare qualcuno. Molti studenti, vittime di questi atti di violenza, si chiudono in sé stessi, interrompono la frequenza scolastica e cadono in situazioni di depressione. Questa la ragione per la quale è forte l’impegno di tutte le istituzioni per il contrasto a qualsiasi forma di prevaricazione e umiliazione».

Secondo il ministero della Salute il 20% delle femmine e il 19% dei maschi come meno di 11 anni sono vittime di bullismo. Tra i 13 e i 15 anni, invece, le percentuali diminuiscono al 18% per le femmine e al 15% per i maschi, mentre dopo i 15 anni i casi di bullismo sono al 10% nei maschi e al 9% nelle femmine.

Basandoci sulle statistiche delle Nazioni Unite possiamo osservare come in tutto il mondo uno studente su tre ha subito bullismo. Ogni anno, 246 milioni di minori devono affrontare violenze o bullismo in ambito scolastico.


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L’avvocato deve restituire il compenso se l’assistenza fornita è inutile

Bloccata la riforma delle pensioni degli avvocati

L’avvocato deve restituire il compenso se l’assistenza fornita è inutile

La Cassazione ha stabilito che l’avvocato, nel caso in cui la sua assistenza sia inutile, dovrà restituire il compenso precedentemente incassato.

È stato infatti respinto il ricorso da parte di un avvocato contro la condanna della restituzione di 2mila euro alla sua cliente. Il legale, inoltre, reclamava ancora circa 4mila euro.

La decisione presa dalla Corte territoriale si basa sul poco preavviso nel proporre appello da parte del legale, motivo per cui l’assistita aveva deciso di richiedere un risarcimento. L’istanza è stata respinta al mittente vista l’assenza di prove, poiché sembrava che il risultato desiderato fosse stato raggiunto dall’avvocato.

I giudici di legittimità ricordano che un avvocato deve “pagare” nel caso in cui adotti «mezzi difensivi pregiudizievoli» nei confronti del cliente, nonostante sia proprio questo a raccomandarli e a decidere la strategia da seguire – seguendo comunque le indicazioni del legale.

Tale scelta tecnica potrà essere valutata da un giudice che stabilirà se la via seguita non era adeguata rispetto al risultato che il cliente sperava di ottenere. Per la Cassazione, infatti, «lo svolgimento di un’attività professionale, da parte dell’avvocato, totalmente inutile, già ex ante pronosticabile come tale, non gli attribuisce alcun compenso».


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Bloccata la riforma delle pensioni degli avvocati

Deposito atti penali: confermata proroga del doppio binario

Bloccata la riforma delle pensioni degli avvocati

Dal 1° gennaio 2024 sarebbe dovuto scattare il sistema contributivo “puro”, ma visti i dubbi sollevati dai ministeri vigilanti, per il momento la partenza della riforma della previdenza nel mondo legale è incerta.

Il Ministero del Lavoro, con una nota del 29 dicembre 2023 indirizzata a Cassa Forense, ha riportato alcune osservazioni, bloccando e rinviando l’approvazione della delibera.

Il Governo si è concentrato principalmente sul sistema delle entrate contributive. Cassa Forense aveva stabilito l’innalzamento graduale delle aliquote contributive; in particolar modo, l’aliquota dei contributi soggettivi sarebbe dovuta aumentare dal 15 al 17%, ed erano stati rivisti al rialzo, dal 10 al 15%, i contributi volontari e quelli dei pensionati attivi.

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La riforma di Cassa Forense interviene in maniera molto importante sulle modalità di calcolo per quanto riguarda le pensioni degli avvocati. Ora, il comitato dei delegati dell’ente dovrà valutare le osservazioni mosse dai ministeri, per poi decidere se e in che modo apportare correzioni.

Quello che si sa con certezza è che le nuove pensioni per gli avvocati non partiranno nei primi mesi del 2024, poiché il dialogo tra Cassa e ministeri durerà a lungo.

Tutto questo arriva dopo la bocciatura di un’altra scelta di Cassa Forense, ovvero la non riscossione del contributo minimo integrativo nel caso dei redditi bassi.


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Deposito atti penali: confermata proroga del doppio binario

Perché diventare Avvocato?

deposito atti penali

Deposito atti penali: confermata proroga del doppio binario

Entra nel DL Milleproroghe (n. 215/2023), approvato il 28 dicembre 2023 dal Consiglio dei Ministri, la proroga per gli addetti dell’Ufficio per il processo.

È stato dato anche l’ok al DM Giustizia n. 217/2023, che consente di prolungare il doppio binario per quanto riguarda il deposito degli atti giudiziari.

I due provvedimenti sono stati pubblicati in GU n. 303/2023.

Carlo Nordio ha dato il via libera al prolungamento dei contratti dei giovani dell’Upp, assunti attraverso i concorsi precedenti. Come spiega una nota di Via Arenula, si tratta di una misura prevista dal Pnrr: «Seguiranno a breve nuove assunzioni di addetti presso gli uffici giudiziari per il completamento degli obiettivi concordati con l’Europa».

Prolungata anche la durata di 36 mesi dei contratti del personale a tempo determinato.

L’art.1, stabilisce «le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti e documenti, nonché la consultazione e gestione dei fascicoli informatici nel procedimento penale e nel procedimento civile, assicurando la conformità al principio di idoneità nel mezzo e a quello della certezza del compimento dell’atto».

Perciò, «come richiesto da magistrati e avvocati conserva il doppio binario per il deposito degli atti giudiziari con lo slittamento al 31 dicembre 2024 del processo penale telematico obbligatorio».

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Come stabilito nell’art. 10 del DL Milleproroghe, sono state spostate al 31 dicembre 2024 le disposizioni in merito al deposito tramite invio da PEC di documenti, atti e istanze nei procedimenti militari penali. Nel DL, inoltre, si prevede che il massimo periodo di permanenza dei magistrati nello stesso ufficio giudiziario, con le stesse funzioni/nello stesso gruppo di lavoro/nella stessa posizione tabellare scada in data precedente al 31 dicembre 2024.

È stata spostata al 17 ottobre 2024 la data entro il quale si potrà continuare a delegare l’ascolto dei minori ai giudici onorari.

Per quanto riguarda le impugnazioni, è scattata la proroga al 30 giugno 2024 per quanto riguarda l’efficacia delle modifiche della riforma Cartabia.


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Perché diventare Avvocato?

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Perché diventare Avvocato?

Per diventare avvocato è necessario seguire un percorso lungo e pieno di ostacoli, prima di arrivare all’esame conclusivo.

La professione dell’avvocato comporta parecchie soddisfazioni, a livello umano e professionale. Ma quali sono i principali motivi per cui buttarsi a capofitto nella professione dell’avvocato?

Il primo motivo per diventare avvocato coincide con la gestione del tempo. Infatti, sono pochissimi i lavori che ti permettono di organizzare al meglio la giornata, secondo le tue esigenze. In ogni caso, ci sono dei vincoli di tipo legale relativi alle udienze, che solitamente si svolgono di mattina.

Oltre a questo, non ci sono altri vincoli. Non dovrai mai dar conto a nessuno del tempo passato in studio e della tua organizzazione del lavoro. Potresti scrivere gli atti al mattino presto o in tarda serata.

Il lavoro di avvocato, a differenza di altri impieghi pubblici o dipendenti, è decisamente meritocratico. Quanto lavori, infatti, corrisponde a quanto guadagni. Nel corso degli ultimi 20 anni ci sono state moltissime iscrizioni alla facoltà di giurisprudenza, perché la professione dell’avvocato è ben remunerata, e perché permette l’accesso a tanti concorsi.

Lo scorso anno, invece, si è registrato un forte calo degli iscritti all’esame così come alla facoltà stessa.

Fare l’avvocato sarà molto utile al fine di destreggiarsi tra vari inconvenienti. Si tratta di una professione decisamente impegnativa, che mette davanti a continui interrogativi, ai quali bisogna rispondere con velocità e intelligenza.

Adeguare le strategie difensive agli imprevisti potrebbe terrorizzare, ma al tempo stesso rendere le cose più elettrizzanti, evitando di incorrere nella classica monotonia del lavoro d’ufficio.

Esiste un fattore umano importantissimo che non deve essere trascurato in questa scelta. Nel corso dell’esistenza, troviamo figure professionali che accompagnano i momenti più belli, così come i più brutti. L’avvocato fa parte proprio di queste figure, intervenendo nel risolvere diversi problemi dei loro clienti.

Alcuni casi coinvolgono molti sentimenti, positivi e negativi. Ebbene, per un avvocato vedere un cliente soddisfatto e felice del risultato ottenuto crea un fortissimo senso di gratitudine.

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Il settore della giustizia è uno dei pochi in cui si assiste ad una fortissima espansione digitale. Da anni, ormai, si assiste alla trasformazione del processo civile telematico.

Un’espansione digitale di questo calibro è una spinta importante, poiché permette di vedere sentenze, caricare atti e svolgere gran parte delle attività lavorative comodamente dal proprio ufficio.

Le varie competenze acquisite come avvocato, congiuntamente ad una pratica quotidiana, potranno essere riconvertite in settori differenti. Dunque, un avvocato potrebbe lasciare la libera professione per diventare giurista d’impresa, o, ancora, dedicarsi ai concorsi pubblici.

L’avvio della carriera, soprattutto nel mondo della libera professione, è un momento molto delicato. Cassa Forense, per questi motivi, ha messo a disposizione alcuni incentivi per gli avvocati neoiscritti. Il contributo minimo soggettivo viene ridotto nei primi 6 anni d’iscrizione alla Cassa, se tale data decorre prima dei 35 anni d’età.

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Il mondo legale è in continua evoluzione, vista anche la sempre maggior richiesta di specializzazione in determinate branche del diritto. Tale aspetto permette ai giovani di scegliere qual è il loro settore di preferenza, utilizzando master, stage e dottorati per potersi specializzare.

Anche se oggigiorno si tende ad affermare che il mondo dei professionisti legali sia in crisi, le opportunità di guadagno sono ancora molto elevate, come nel caso del diritto amministrativo o societario, che, non essendo ancora saturi, permettono l’accesso a degli ottimi guadagni, proporzionati rispetto alle competenze e al lavoro dell’avvocato.


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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 35922, afferma che i limiti al diritto di critica valgono anche per il lavoratore sindacalista. Infatti, tale mansione, non salva in alcun modo il dipendente dal rischio di licenziamento a causa delle offese pubblicate sul profilo Facebook accessibile a tutti.

Nello specifico, sono stati contestati alcuni commenti su Facebook «gravemente lesivi dell’immagine e del prestigio dell’azienda nonché dell’onorabilità e dignità dei suoi responsabili».

Riportiamo qualche esempio:

  • «Si informano tutti i gentili colleghi […] che, qualora si voglia aderire e iscriversi alla Fit-Cgil perché trattati come stracci»;
  • «Il vecchio oggi di prima mattina va a caccia dei suoi autisti che si sono iscritti al sindacato per fargli le solite minacce o false promesse»;
  • «Come mai questi hanno tutta questa fottuta paura che la gente si iscrive? Io personalmente l’unica risposta che mi riesco a dare è che hanno qualcosa da nascondere e non sono puliti”;
  • “Sto vecchio di merda sempre a rompere i coglioni alla gente il sabato mattina, ma andasse a fare un giro in montagna».

L’azienda è legittimata a licenziare il sindacalista, «sul rilievo che i fatti contestati e ritenuti addebitabili al dipendente, a titolo di dolo o di negligenza grave e ingiustificabile, travalicassero ogni limite di critica e di satira e impedissero la prosecuzione del rapporto di lavoro».

L’ex dipendente, dopo aver proposto ricorso, sostiene di essere stato oggetto di «licenziamento discriminatorio per ragioni di appartenenza sindacale […] per aver escluso la scriminante del diritto di critica».

Per la Corte, al lavoratore viene «garantito il diritto di critica, anche aspra, nei confronti del datore di lavoro […] ma ciò non consente di ledere sul piano morale l’immagine del proprio datore di lavoro con riferimento a fatti non oggettivamente certi e comprovati, poiché il principio della libertà di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 Cost. incontra i limiti posti dell’ordinamento a tutela dei diritti e delle libertà altrui e deve essere coordinato con altri interessi degni di pari tutela costituzionale».

La Cassazione, inoltre, ricorda che i limiti previsti nel diritto alla critica vengono applicati anche ad un rappresentante sindacale, sottolineando che il lavoratore agisce in duplice veste, poiché «quale lavoratore, è soggetto allo stesso vincolo di subordinazione degli altri dipendenti, (mentre) in relazione all’attività di sindacalista si pone su un piano paritetico con il datore di lavoro, con esclusione di qualsiasi vincolo di subordinazione, giacché detta attività, espressione di una libertà costituzionalmente garantite dall’art. 39 Cost., in quanto diretta alla tutela degli interessi collettivi».

Per concludere, la Corte di merito ha seguito i principi di diritto sopracitati, escludendo il legittimo esercizio di diritto alla critica per le espressioni «intrise di assai sgradevole volgarità» utilizzate dal sindacalista, pubblicate su Facebook e accessibili a tutti.


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Arriva l’It Wallet: è l’addio definitivo a SPID e CIE?

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Arriva l’It Wallet: è l’addio definitivo a SPID e CIE?

Nel 2024 debutterà l’It Wallet, il cosiddetto “portafoglio digitale”, che sostituirà le identità digitali come CIE e SPID. L’obiettivo è rendere più facile e veloce il rapporto tra cittadini e PA.

In realtà, It Wallet non sostituirà le identità digitali, che, dunque, non smetteranno di esistere. Il portafoglio digitale fungerà semplicemente da contenitore, divenendo in tal modo il principale strumento per poter interagire con la PA.

It Wallet consentirà la conservazione dei propri documenti in formato digitale, affinché possano essere sempre presenti nel nostro smartphone.

All’interno del nuovo portafoglio digitale sarà possibile conservare carta d’identità, CIE, SPID, tessera sanitaria, tessera della disabilità e più avanti anche patente di guida, documenti privati e tessera elettorale.

Dichiara Vincenzo Fortunato, del comitato interministeriale per la transizione digitale: «A gennaio-febbraio sarà pronto e pubblicizzato il wallet. Avrà all’interno la carta di identità elettronica ma anche la tessera sanitaria digitale, licenza di guida, carta europea della disabilità».

Alcuni utenti potranno utilizzare It Wallet già negli ultimi giorni del 2023 in veste di tester, per tutti gli altri il portafoglio digitale sarà disponibile entro la metà del 2024. Per accedervi bisogna avere l’app IO, che necessita di SPID o CIE per l’accesso.

Per Alessio Butti, sottosegretario all’Innovazione, il sistema «è in fase di elaborazione e prevede due soluzioni», ovvero una privata e una pubblica, che abbiano «medesimi standard tecnologici, per garantire l’interoperabilità e per fornire le stesse garanzie ai cittadini».

Si stima che 42,5 milioni di cittadini useranno It Wallet entro il 2025. CIE e SPID contano già 39,3 milioni e 36,4 milioni di utenti, nonostante il lento tasso di crescita registrato negli ultimi due anni.


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