Liberazione Sala, Del Noce (UNCC): “Una vittoria per la libertà di stampa, i diritti umani e i valori democratici”

Roma, 8 gennaio 2025 – “Siamo profondamente sollevati e immensamente felici per la liberazione della giornalista Cecilia Sala. Il suo ritorno rappresenta una vittoria non soltanto per lei e per i suoi cari, ma anche per la libertà di stampa e per il diritto di ogni professionista dell’informazione di poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza” – dichiara Alberto Del Noce, Presidente dell’Unione Nazionale delle Camere Civili.

La vicenda di Cecilia Sala richiama con forza l’attenzione sull’importanza delle garanzie di libertà, democrazia e rispetto della legalità. “Ogni azione che lede la libertà di espressione mette in pericolo i principi fondamentali su cui si basa la nostra società civile. Difendere e proteggere l’attività dei giornalisti significa dare forza al diritto di cronaca e all’esercizio dell’informazione, pilastri imprescindibili di un ordinamento democratico,” sottolinea Del Noce.

Il lieto esito di questa vicenda rappresenta una conferma dell’impegno delle istituzioni e della comunità internazionale nella tutela dei diritti umani e nella salvaguardia dello Stato di diritto. “La giustizia e la verità devono sempre prevalere. Ben tornata, Cecilia: la tua voce e il tuo lavoro continuano a testimoniare l’importanza di difendere con forza i valori di democrazia e libertà,” conclude il Presidente.


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Maddalena (Anm): App disastrosa, da Arenula assoluta indifferenza ai problemi della giustizia

ROMA, 8 gennaio – “Il bilancio del primo giorno dell’App per il processo penale telematico è disastroso. Avevamo lanciato un allarme pochi giorni fa e ora purtroppo vediamo i risultati in praticamente tutti i tribunali italiani: disagi e rinvii che pesano sempre sui cittadini. Un bilancio desolante: nei giorni in cui si vota un’inutile e dannosa riforma costituzionale diventa plastica l’assoluta indifferenza di via Arenula ai problemi reali della giustizia italiana”. Così la vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati Alessandra Maddalena.

Via Arenula, invece, ribadisce al Dubbio che «il ministero ha messo a disposizione dei magistrati italiani i dispositivi di firma digitale necessari per il processo penale telematico già da settembre del 2024. Se il magistrato non attiva il dispositivo di firma digitale, come è suo preciso onere, non è un malfunzionamento imputabile al ministero. La cosiddetta “profilatura” dell’utente è una procedura indispensabile per accedere ai sistemi informatici, che, come è ovvio, deve essere richiesta dall’utente al servizio assistenza. Se il magistrato non chiede la propria “profilatura” non può accedere al sistema informatico, perché non è riconosciuto dallo stesso».

In conclusione, «non siamo di fronte a un malfunzionamento del sistema informatico, bensì a una mancanza organizzativa dell’utente».


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Digitalizzazione in tribunale, flop al debutto: processi bloccati e caos in aula

Il primo giorno utile dopo le festività dell’applicativo ministeriale per la digitalizzazione del processo penale, obbligatorio dal 1° gennaio per tutti i tribunali italiani, si trasforma in un disastro organizzativo: i documenti non possono essere depositati in forma cartacea, ma l’app, quando non è bloccata, funziona a rilento. La connessione è insufficiente e, in alcuni casi, mancano persino i cavi per collegare i computer.

Tribunali nel caos: rinvii e attese interminabili

Gli avvocati raccontano di continui spostamenti tra le aule per problemi tecnici, mentre testimoni e legali abbandonano le sedi giudiziarie dopo mezza giornata di attesa.

I giudici, senza direttive chiare, si chiedono come proseguire: “Rinviamo tutti i processi?” è la domanda ricorrente. E non sono pochi: a Roma, si tratta di decine di udienze, tra dibattimentali e preliminari, bloccate per ore. La resa arriva verso l’ora di pranzo: il tribunale autorizza nuovamente il deposito in forma analogica.

In una nota ufficiale, la presidenza del Tribunale di Roma elenca i problemi riscontrati: rallentamenti, blocchi, fascicoli digitali invisibili e atti che risultano “pervenuti” ma che non possono essere aperti. Nulla è cambiato rispetto alle criticità segnalate già a giugno 2024 e ribadite in una relazione dello scorso dicembre.

Anche le procure in difficoltà, ma la Cassazione salva la carta

La situazione non è migliore in procura: magistrati e pm si trovano di fronte a continui errori nell’apertura dell’applicativo. Alcuni documenti, depositati settimane prima, risultano impossibili da scaricare, alimentando il timore che atti rilevanti non vengano esaminati.

A peggiorare il quadro, anche il caricamento dei documenti da parte dei pm è un’impresa. Il rischio? Valanghe di richieste di inammissibilità da parte della difesa.

Tuttavia, una recente sentenza della Cassazione del 5 novembre ha stabilito che il mancato deposito telematico non è causa di nullità. Nel caso di malfunzionamenti, i documenti depositati in forma cartacea rimangono validi. Una decisione che offre un margine di respiro, ma che sottolinea il fallimento di un sistema presentato come innovativo.

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La promessa della digitalizzazione del processo penale si scontra con la realtà: server inadeguati, reti instabili e applicazioni non all’altezza bloccano il funzionamento della giustizia. A pochi giorni dall’introduzione obbligatoria del sistema telematico, i tribunali italiani sembrano fare un passo indietro.


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Riforma della giustizia: via all’esame in Aula alla Camera

Oggi l’Aula di Montecitorio inizia la discussione sugli emendamenti al disegno di legge Nordio sulla giustizia, varato dal governo Meloni lo scorso maggio. Dopo mesi di lavori in commissione, il testo arriva alla Camera per il primo passaggio parlamentare. Se approvato, il ddl passerà al Senato. La riforma contiene cambiamenti significativi, come la separazione delle carriere dei magistrati e la creazione di due nuovi Consigli superiori della magistratura (Csm).

Le novità della riforma Nordio

La misura più discussa è la separazione delle carriere: i magistrati non potranno più passare dal ruolo di pubblico ministero a quello di giudice e viceversa, eliminando una possibilità che oggi è già limitata a una sola volta nei primi dieci anni di carriera.

Inoltre, il ddl prevede due Csm distinti, uno per i pm e uno per i giudici, e introduce un’Alta corte per le questioni disciplinari, sottraendole al Csm. Anche il sistema di selezione dei componenti del Csm cambia: non saranno più eletti, ma sorteggiati. Queste modifiche, definite tecniche dal governo, sono criticate da alcuni magistrati, che temono un maggiore controllo politico sulla giustizia e una riduzione delle garanzie per i cittadini.

Chi sostiene la riforma e chi si oppone

La riforma trova il sostegno compatto del centrodestra, con Forza Italia in prima linea. Il partito di Antonio Tajani considera la giustizia una delle sue priorità: “Lavoreremo perché il testo sia approvato nel più breve tempo possibile”, ha dichiarato il ministro degli Esteri.

Tra le opposizioni, Italia Viva, Azione e +Europa condividono l’impianto del ddl e dovrebbero votare a favore. Invece, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra si oppongono duramente, sebbene le loro modifiche al testo abbiano poche probabilità di successo.

Prossimi passi e possibile referendum

Dopo il voto sugli emendamenti, la Camera dovrebbe approvare il testo entro poche settimane. Tuttavia, essendo una riforma costituzionale, l’iter richiede due votazioni in ciascun ramo del Parlamento, con un intervallo di almeno tre mesi. Il secondo passaggio potrebbe avvenire tra aprile e maggio.

Se il testo non sarà approvato con una maggioranza di almeno due terzi, potrebbe essere sottoposto a referendum. In questo caso, la parola passerebbe ai cittadini, che dovrebbero approvare o respingere la riforma.

La strada verso l’approvazione definitiva è ancora lunga, ma il governo Meloni punta a portare a termine una delle sue riforme bandiera entro il 2025.


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Sicurezza e telecomunicazioni: Europa e Italia tra Musk e il futuro digitale

Il dibattito sull’eventuale accordo tra l’Italia e SpaceX, l’azienda di Elon Musk, per l’utilizzo dei satelliti Starlink continua a infiammare l’opinione pubblica e la politica. A rilanciare il tema è stata una dichiarazione della Commissione Europea che, rispondendo alle polemiche, ha confermato la compatibilità tra il sistema di Musk e Iris², la costellazione satellitare dell’Unione Europea per la connettività sicura.

L’Europa rassicura: Italia sovrana nelle decisioni
Un portavoce della Commissione ha dichiarato che l’Italia, come Stato membro, ha piena autonomia nel valutare collaborazioni con SpaceX, sottolineando al contempo il ruolo centrale di Roma nella costruzione di Iris². Questo ambizioso progetto prevede una rete di 290 satelliti multiorbitali per garantire connettività in situazioni di emergenza e copertura in aree remote. Tra i suoi pilastri c’è l’obiettivo di rafforzare la sovranità tecnologica europea, integrando la sicurezza informatica e rispondendo a sfide come cyberattacchi e disastri climatici.

Musk e Salvini: accordo strategico o rischio per l’Italia?
Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha accolto con entusiasmo la possibilità di collaborare con Musk, definendolo “un’opportunità per la modernizzazione del Paese”. Elon Musk, dal canto suo, ha risposto sui social, sottolineando che altri Paesi europei sarebbero interessati a seguire l’esempio italiano.

Le opposizioni, però, attaccano. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, accusa il governo di mancanza di trasparenza: “Asset strategici non possono essere affidati a trattative riservate”. Partito Democratico e Alleanza Verdi-Sinistra hanno formalizzato la richiesta di un intervento del governo alla Camera per chiarire i dettagli dell’accordo.

Il sistema Starlink: vantaggi e perplessità
Secondo Bloomberg, SpaceX offre un sistema di telecomunicazioni avanzato e criptato, utile per le emergenze, le comunicazioni militari e la sicurezza nazionale. Tuttavia, alcune voci interne all’amministrazione italiana temono l’impatto sui competitor nazionali, mentre i servizi di intelligence e il Ministero della Difesa avrebbero dato luce verde al progetto.

L’Italia aveva considerato alternative, tra cui una propria costellazione satellitare, ma i costi – oltre 10 miliardi di euro – si sono rivelati proibitivi. Attualmente, il Piano Italia 1 Giga per la banda ultralarga, supportato dai fondi del PNRR, sta faticando a raggiungere gli obiettivi prefissati, aumentando la pressione per soluzioni rapide ed efficaci come quelle offerte da SpaceX.

Iris² e il futuro della connettività europea
Intanto, l’Ue prosegue con Iris², progetto finanziato da risorse europee, private e dell’Agenzia Spaziale Europea. L’Italia ospiterà uno dei tre centri di controllo presso il Fucino, affermando il suo ruolo di primo piano nello sviluppo della costellazione.

La partita tra Musk e l’Europa, con l’Italia protagonista, non è solo tecnologica, ma anche geopolitica.


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Meta rivoluziona i social: addio fact-checking su Facebook e Instagram

Meta, la società proprietaria di Facebook e Instagram, ha deciso di eliminare il programma di fact-checking, ossia il sistema di verifica dei fatti gestito da terze parti, per sostituirlo con le Community Notes, uno strumento scritto dagli utenti sul modello della piattaforma X (ex Twitter) di Elon Musk.

La mossa è stata annunciata dal CEO Mark Zuckerberg come un tentativo di “ripristinare la libertà di espressione” sulle sue piattaforme. Contestualmente, Meta rimuoverà anche alcune restrizioni sui contenuti, focalizzandosi esclusivamente su violazioni gravi, come terrorismo o sfruttamento minorile.

“Abbiamo visto questo approccio funzionare su X, dove la comunità decide quando un post necessita di contesto aggiuntivo”, ha spiegato Joel Kaplan, nuovo responsabile degli Affari Globali di Meta, nel post ufficiale che illustra il cambiamento.

Una svolta nell’era Trump

La decisione arriva in un contesto di rinnovati rapporti tra Zuckerberg e Donald Trump, recentemente rieletto presidente degli Stati Uniti. Il leader di Meta, che aveva bandito Trump da Facebook dopo l’assalto a Capitol Hill del 2021, si è riavvicinato al magnate in vista del suo nuovo mandato.

Zuckerberg ha incontrato Trump a Mar-a-Lago lo scorso novembre, ha donato un milione di dollari al fondo per la sua inaugurazione e, nelle settimane successive, ha riorganizzato i vertici di Meta nominando Kaplan al posto di Nick Clegg, esponente liberale.

In un video pubblicato per annunciare la fine del fact-checking, Zuckerberg ha attaccato duramente l’Europa e l’amministrazione Biden, accusati di promuovere leggi e politiche che “istituzionalizzano la censura”. Ha invece sottolineato l’importanza di collaborare con Trump per “contrastare i governi stranieri che minano le aziende americane”.

Critiche e alleanze

La scelta di Meta non è esente da polemiche. Da un lato, l’approccio libertario è stato accolto positivamente da figure come Elon Musk, che ha definito la decisione “cool”. Dall’altro, desta preoccupazione tra gli osservatori per i rischi di una maggiore diffusione di disinformazione e contenuti dannosi.

Ironico è che il programma di fact-checking fosse stato introdotto da Meta proprio dopo le elezioni del 2016, contestate per l’influenza delle fake news. Ora, con Trump nuovamente al potere, Zuckerberg sembra pronto a ricalibrare le sue priorità, posizionandosi come paladino del libero pensiero e consolidando una linea politica in sintonia con la nuova amministrazione.


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La riforma previdenziale per gli avvocati, entrata in vigore il 1° gennaio, si pone come una soluzione necessaria per garantire la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale per i prossimi trent’anni. L’invecchiamento progressivo della platea, la diminuzione degli iscritti attivi e il basso reddito di molti professionisti hanno messo a rischio l’equilibrio tra avvocati in attività e pensionati, con il 70% dei 237mila avvocati attivi che dichiara un reddito inferiore ai 35mila euro.

Uno dei principali cambiamenti introdotti dalla riforma è il passaggio al sistema contributivo pro rata: i versamenti effettuati fino al 2024 continueranno ad essere calcolati con il metodo retributivo, mentre quelli successivi adotteranno il sistema contributivo. A partire dal 2025, tutti i nuovi iscritti al sistema previdenziale avranno una pensione completamente contributiva. I requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche per gli iscritti più anziani rimangono invariati (70 anni con 35 anni di contributi, o 62 anni con almeno 40 anni di contributi), mentre per i nuovi iscritti la pensione potrà essere ottenuta a 70 anni con almeno cinque anni di contributi o a 65 anni con almeno 35 anni di contributi versati, con un importo pari al trattamento minimo vigente nell’anno.

Dal 2025, si prevede anche un progressivo innalzamento delle aliquote: il contributo soggettivo passerà dal 15% al 16%, salendo al 17% nel 2026 e al 18% nel 2027. I pensionati attivi pagheranno il 12,9% (rispetto al precedente 7,5%), ma beneficeranno di una retrocessione triennale pari al 6%.

La riforma introduce anche agevolazioni per i redditi più bassi e per i giovani professionisti. Fino a un reddito di 17.190 euro, si verserà solo il contributo minimo soggettivo, che scenderà da 3.354 euro a 2.750 euro. I neolaureati under 35, invece, pagheranno metà dei contributi minimi per i primi sei anni, ma vedranno riconosciuto l’anno intero ai fini dell’anzianità contributiva.


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Maurizio Marrone, Assessore alle Politiche Sociali della Regione Piemonte, ha sottolineato l’importanza della funzione rieducativa della pena, dichiarando: “La funzione rieducativa della pena deve essere reale e concreta. Bisogna infatti evitare il rinsaldarsi di un percorso di devianza e delinquenza, insegnando il rispetto per la comunità e permettendo ai ragazzi di rimediare al male fatto svolgendo servizi utili.”

Per l’anno 2025, è previsto un finanziamento di 50.000 euro per il Comune di Torino e 10.000 euro per il Comune di Novara. Le risorse saranno destinate alla realizzazione di interventi di giustizia riparativa e di comunità, coprendo le voci di spesa previste dal Protocollo.


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L’ipotesi di affidare a Starlink, la rete satellitare di Elon Musk, un’infrastruttura strategica italiana solleva interrogativi tecnici, politici e di sovranità nazionale. La possibilità che un servizio di tale portata sia gestito da un privato con enormi poteri, noto per il suo sostegno a determinate fazioni politiche e legato a un Paese straniero – seppur alleato – apre un dibattito acceso.

Sicurezza dei dati e controllo privato

Un primo nodo critico riguarda il livello di sicurezza garantito da Starlink, inclusa la protezione dei dati trasportati dai satelliti. La società propone l’uso di sistemi di cifratura propri e la gestione autonoma delle antenne terrestri necessarie a ricevere il segnale, agendo quindi come pura infrastruttura. Tuttavia, restano dubbi sulla possibilità di “porte sul retro” o di un controllo che, di fatto, potrebbe essere arbitrariamente interrotto dall’azienda stessa, come avvenuto in altri contesti.

Per garantire maggiori tutele, il Ministero degli Esteri italiano avrebbe chiesto di inserire l’accordo con Starlink in un quadro più ampio con il governo statunitense. Tale richiesta riflette la volontà di evitare un’eccessiva dipendenza da un attore privato, specie alla luce dell’allineamento politico tra Giorgia Meloni, Donald Trump e lo stesso Musk, il quale attraverso la sua piattaforma X (ex Twitter) spinge per rafforzare le destre su scala globale.

L’alternativa europea: Iris2

In contrapposizione, l’Unione Europea punta sulla propria autonomia strategica con Iris2, una rete di 290 satelliti progettata per garantire una comunicazione sicura e indipendente. Tuttavia, il progetto – ancora sulla carta – è segnato da ritardi e incertezze: la consegna, inizialmente prevista per il 2027, è stata posticipata al 2030. Anche l’Italia, attraverso Telespazio, partecipa al consorzio, seppur con un ruolo secondario rispetto a Francia e Germania.

Un eventuale accordo tra Meloni e Musk potrebbe essere presentato come una soluzione temporanea in attesa del completamento di Iris2. Ma sarebbe difficile non interpretarla come una scelta di campo, a favore di un imprenditore americano che ha già dimostrato di poter destabilizzare equilibri geopolitici.

Il PNRR e la rete italiana

Starlink ha anche avanzato proposte per risolvere uno degli obiettivi più problematici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: la copertura delle aree remote del Paese con connessioni veloci. Dove Fibercop e Open Fiber incontrano difficoltà nel portare la fibra, Starlink si propone come alternativa.

La connessione satellitare è già oggetto di un imminente bando per sperimentazioni in aree montane della Lombardia, dove Starlink è la favorita. Attualmente conta circa 40.000 abbonati in Italia, ma la tecnologia di Musk è ancora più lenta e instabile rispetto alla fibra. Tuttavia, una nuova generazione di satelliti, in grado di comunicare direttamente con i telefoni senza bisogno di antenne, potrebbe presto rivoluzionare il mercato.

Una sfida tra interessi pubblici e privati

Con un costo di 300 milioni di euro per ogni satellite geostazionario, come quelli già in orbita dall’Italia, l’opzione Starlink appare meno onerosa e tecnologicamente avanzata. Ma il rischio di affidare un’infrastruttura nazionale a una società privata con legami politici e una visione fortemente orientata al profitto pone seri interrogativi.

Il governo italiano è chiamato a valutare attentamente le implicazioni di una tale decisione, tra la necessità di garantire la sovranità digitale e quella di colmare rapidamente i divari infrastrutturali del Paese. Sullo sfondo, l’Europa osserva, divisa, mentre Musk si prepara a conquistare nuovi mercati con la sua visione futuristica delle telecomunicazioni.


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Quando l’avvocato si affida a ChatGPT e l’IA “si inventa” i precedenti

Un curioso episodio avvenuto negli Stati Uniti ha fatto il giro del mondo, rimbalzando dalle pagine della BBC a quelle del New York Times. A New York, un avvocato ha presentato al giudice un’analisi dettagliata e ricca di “precedenti” legali a favore del suo cliente. Tutto sembrava impeccabile, almeno fino a quando gli avvocati della controparte hanno provato a verificare le citazioni. Risultato? Nessuno dei precedenti citati esisteva.

La spiegazione è arrivata poco dopo: l’avvocato si era affidato a ChatGPT, l’intelligenza artificiale di OpenAI, per supportarlo nella ricerca giuridica. Tuttavia, l’IA si era letteralmente inventata i precedenti legali, probabilmente per “compiacere” il suo interlocutore. Questo fenomeno, noto in ambito tecnologico come “allucinazione”, mette in luce un aspetto critico dell’uso dell’intelligenza artificiale: pur essendo in grado di produrre risposte apparentemente convincenti, l’IA non è immune da errori, né tantomeno da fantasie.

Un monito per i professionisti
L’episodio ha scatenato un acceso dibattito sulla responsabilità nell’uso delle nuove tecnologie. Gli esperti sottolineano che le IA, per quanto avanzate, sono strumenti che richiedono un rigoroso controllo umano. “Non si può delegare ciecamente alle macchine la responsabilità di decisioni delicate, soprattutto in settori come quello legale, dove la precisione e l’affidabilità delle fonti sono fondamentali”, affermano i critici.

Una nuova era per il lavoro umano?
Al di là del caso specifico, l’episodio offre un interessante spunto di riflessione sul futuro del lavoro. Secondo alcune analisi, l’intelligenza artificiale potrebbe portare alla perdita di milioni di posti di lavoro. Ma c’è anche chi sostiene che, per ogni lavoratore sostituito da un’IA, nasceranno nuove professioni, come quella dei “fact-checker di intelligenza artificiale”, figure incaricate di verificare l’accuratezza e la correttezza delle risposte fornite dagli algoritmi.

Tra tecnologia e responsabilità
Il caso dell’avvocato di New York ci ricorda che, per quanto potente, la tecnologia non è infallibile. Sta agli esseri umani utilizzare questi strumenti con discernimento e responsabilità, senza dimenticare che, alla fine, il controllo finale spetta a noi. Come direbbe qualcuno parafrasando il diritto romano: “Nullum ChatGPT sine diligentia.”


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