Gli effetti della guerra dei Chip tra USA e Cina

Con l’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina saranno diversi gli impatti sulle imprese di tutto il mondo, intrappolate nel conflitto tra le due più grandi economie mondiali.

L’amministrazione Biden ha deciso di emettere grandi restrizioni sull’esportazione dei chip. Le nuove regole commerciali arrivano in un momento in cui gli USA temono il sempre maggior potere geopolitico della Cina.

In ogni settore le imprese dovranno analizzare la propria supply chain per capire in che modo e quanto la guerra commerciale interesserà i loro affari.

Spiega Alex Capri, un ricercatore che si occupa di commercio globale: «Una catena del valore globale completamente razionalizzata significa che il capitale, le competenze e la produzione migrano verso il loro punto più efficiente. Quei giorni sono finiti per tutti i beni strategici, non solo per i semiconduttori».

Lo scorso ottobre gli USA hanno istituito nuovissimi controlli sulle esportazioni, che bloccano la vendita di semiconduttori avanzati e strumenti per produrli ad alcuni produttori cinesi. Questi prodotti potranno essere commercializzati soltanto se l’azienda cinese possiede una licenza speciale.

A metà dicembre l’amministrazione Biden ha ampliato queste restrizioni impedendo a 36 produttori di chip cinesi di accedere alle tecnologie statunitensi. Questi controlli sulle esportazioni contengono restrizioni sui semiconduttori utilizzati all’interno delle intelligenze artificiali.

Lo scopo è quello di negare alla Cina di accedere ad una tecnologia avanzata che potrebbe potenzialmente utilizzare per migliorare la potenza militare e per violare diritti umani.

Ci sono casi in cui le restrizioni possono essere revocate, ma non senza il controllo e l’approvazione da parte degli Stati Uniti, che certificano che un’azienda non utilizzerà i semiconduttori per scopi malevoli.

I primi effetti della guerra commerciale

Si vedono già i primi impatti delle regole sull’esportazione. Per esempio, Apple doveva collaborare con YMTC per una funzione dell’ultimo iPhone. La procedura per certificare l’azienda come fornitore era già stata avviata, ma l’amministrazione Biden ha deciso di lanciare l’offensiva contro i produttori cinesi.

Anche Nvidia e AMD sono state colpite da queste restrizioni. Ma non sono interessati soltanto i produttori di chip americani da questa guerra commerciale, dato che le nuove regole impongono il divieto a tutte le imprese statunitensi di commerciare con società che esportano tecnologie soggette a restrizioni.

Alibaba, Baidu, Huawei, SenseTime e Megvii faticheranno a procurarsi chip avanzati per portare a termine i loro lavori. Spiega Josep Bori, direttore di GlobalData: «Non saranno più in grado di acquistarli da Nvidia o AMD e i fornitori cinesi di chip AI come HiSilicon, Cambricon, Horizon Robotics o Biren Technology non saranno in grado di produrre i propri chip AI».

Fornitori «come Taiwan Semiconductor Manufacturing Company stanno obbedendo al divieto degli Stati Uniti e i produttori cinesi non sono ancora in grado di produrre qualcosa di più piccolo di 14 nanometri».

Ci sono alcune aziende non cinesi che hanno deciso di cominciare a spostare la loro capacità produttiva al di fuori della Cina. TSMC, per esempio, ha installato i suoi impianti di produzione in Europa e negli Stati Uniti.

Charlie Dai, direttore della ricerca della società Forrester afferma: «Oltre ai produttori di chip e semiconduttori in Cina ogni azienda della catena di fornitura di chipset avanzati, come i produttori di veicoli elettronici e di apparecchiature HPC (high performance computing) sarà colpita».

«Ci saranno danni collaterali», continua, «all’ecosistema tecnologico globale in ogni area, come la progettazione di chip, la produzione di strumenti e la fornitura di materie prime».

Le interdipendenze tra USA e Cina sono difficili da sciogliere nell’immediato, quindi le imprese potrebbero non avvertire immediatamente il contraccolpo. È improbabile che le restrizioni abbiano un effetto diretto sulla capacità dei produttori globali di chip di produrre semiconduttori, dal momento che non hanno investito in Cina per produrre chip lì».

Ma le nuove regole impatteranno sulla catena per i produttori di chip. La Cina, «essendo la seconda economia più grande del mondo, è un mercato enorme per molte aziende globali di semiconduttori e ci sarà un impatto sui loro piani di crescita e di entrate».

«Potrebbero ridimensionare i loro piani per la produzione di chip, che richiedono ingenti investimenti, a causa di problemi di flusso di cassa a breve termine. A lungo termine, accelererà la produzione locale di chip in India, Vietnam, Malesia, Singapore e altri Paesi».

Per lungo tempo Taiwan è stata in testa nella classifica dei produttori di chip semiconduttori. Ora, però, India, Francia, Giappone, Regno Unito e Australia stanno offrendo degli incentivi al fine di attrarre investimenti nei semiconduttori.

Le restrizioni commerciali potrebbero causare ulteriori cambiamenti a lungo termine per la produzione e per il commercio globali. Queste sanzioni «incoraggeranno maggiori investimenti manifatturieri nella produzione di telefoni, automobili, elettronica, elettrodomestici, macchinari, apparecchiature di telecomunicazione al di fuori della Cina, a partire da India e Vietnam».

Tale spostamento nella produzione «era già in atto, a causa del mercato locale in India e della strategia di diversificazione per mitigare le interruzioni della catena di approvvigionamento. Ma le restrizioni sui chip saranno incentivo per aumentare la produzione di esportazione anche dall’India e da altri Paesi».

La maggior parte delle aziende potrebbe non dover trattare in maniera diretta con le società cinesi interessate da questi divieti. Tuttavia, bisognerà comunque valutare in maniera attenta tutta la catena di fornitura tecnologica.

«Nelle aziende che lavorano su progetti di intelligenza artificiale, sia per automatizzare le linee di produzione o per fornire assistenza automatica ai propri clienti, i CIO devono considerare attentamente i propri fornitori».

Se qualcuno «è cinese, l’azienda potrebbe subire interruzioni. Per esempio, se utilizzate il cloud Alibaba per i carichi di lavoro di formazione AI. O se acquistate chip AI da Horizon Robotics».

Ci si deve chiedere se i fornitori cinesi potranno fornire gli stessi livelli di supporto e tecnologia in futuro, e se ci sono problemi nell’accedere a chip o tecnologie avanzate da partner occidentali.

È necessario «rivalutare i propri criteri di selezione dei fornitori dal punto di vista della resilienza della supply chain, vale a dire quanto sia esposta al problema dei chip semiconduttori in Cina. Devono identificare potenziali vulnerabilità nei progetti tecnologici, incluso il calcolo ad alte prestazioni aziendali. E valutare le capacità di tali fornitori in termini di aggiornamenti futuri, roadmap tecnologia e capacità di supporto».

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