Concorso in magistratura: pubblicati i risultati delle prove scritte

ROMA — Il Ministero della Giustizia ha pubblicato sul proprio sito i risultati ufficiali delle prove scritte: su 2.634 partecipanti sono 567 gli aspiranti magistrati che hanno ottenuto l’idoneità e si preparano ora ad affrontare le prove orali.

Gli elenchi, affissi all’albo del Ministero il 5 giugno 2025 e consultabili online tramite Spid nell’area personale di ciascun candidato, riportano il voto numerico per chi ha superato le prove e la dicitura “NI” per i non idonei.

Le prossime tappe
Gli orali prenderanno il via il 3 settembre 2025 alle ore 8:30, presso la sede del Ministero della Giustizia in via Arenula 70 a Roma. I candidati riceveranno la convocazione attraverso il proprio Ufficio di Procura di riferimento a partire da metà giugno.

L’ordine di chiamata per le prove orali seguirà l’estrazione delle Corti d’Appello, che vede in apertura Catania, seguita da Ancona, Palermo, Torino, Reggio Calabria, Trieste, Trento e via via tutte le altre sedi fino a Bari e L’Aquila.

Modalità di consultazione dei risultati
Per conoscere l’esito della propria prova scritta, ogni candidato potrà accedere, a partire dalle ore 16:00 del 5 giugno, all’area riservata sul portale del Ministero utilizzando le credenziali Spid.

Per eventuali informazioni o chiarimenti, il Ministero ha messo a disposizione il numero 3666066777, attivo dalle ore 16:00 alle 18:00, con la direzione della dott.ssa Vania Contrafatto.


LEGGI ANCHE

Procura di Roma: nuove linee guida per i sequestri di telefoni e dispositivi digitali

In assenza di un consenso univoco della Cassazione, la Procura romana adotta un orientamento che consente l’acquisizione senza preventiva autorizzazione giudiziaria, imponendo però un rigoroso…

Esami avvocato: audio incriminato a Brescia

“Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi” sottoposto alle verifiche del ministero della Giustizia Non c’è pace per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato in…

Giovanni Amoroso è il nuovo presidente della Corte Costituzionale

"L'Europa è la nostra stella polare", ha dichiarato il neoeletto che guiderà la Consulta fino al 2026.

Affitti senza registrazione, il contratto è nullo: cosa rischiano proprietari e inquilini

ROMA — Affittare un immobile senza registrare il contratto non è soltanto una violazione fiscale, ma comporta anche gravi conseguenze giuridiche. La normativa italiana prevede infatti che ogni contratto di locazione, sia per uso abitativo che commerciale, debba essere redatto in forma scritta e registrato entro trenta giorni dalla firma. Fanno eccezione solo gli affitti brevi, con durata complessiva annua inferiore a trenta giorni.

La registrazione serve a conferire data certa e validità all’accordo, rendendolo opponibile a terzi e garantendo la corretta tassazione dei canoni. Ma cosa accade se il contratto non viene registrato? La risposta arriva dalla legge e dalla giurisprudenza: il contratto è nullo.

Un accordo inesistente
Un contratto nullo è considerato come mai stipulato. Di conseguenza, l’inquilino può rifiutarsi di versare il canone e, se ha già pagato, ha diritto di richiederne la restituzione entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile, invocando le norme sul pagamento indebito. Inoltre, non valgono più nemmeno le regole sulla durata minima della locazione: l’inquilino può lasciare l’immobile in qualunque momento senza preavviso e senza motivazione, mentre il proprietario può richiederne il rilascio immediato.

Proprietari senza tutela immediata
Per il locatore le ripercussioni sono rilevanti. Non potrà più ottenere un decreto ingiuntivo per i canoni non versati né procedere con lo sfratto. L’unico strumento a disposizione resta la causa ordinaria per occupazione senza titolo, con la possibilità di richiedere un indennizzo per il periodo di utilizzo dell’immobile. Tuttavia, la somma riconosciuta sarà inferiore al canone originariamente pattuito.

Le vie per sanare il contratto
Esiste comunque una possibilità di regolarizzare la situazione: il proprietario può procedere con la registrazione tardiva del contratto, pagando le sanzioni previste. In tal modo l’accordo acquista efficacia retroattiva dal momento della stipula e l’inquilino torna a essere obbligato a rispettarne le condizioni, compreso il pagamento dei canoni.


LEGGI ANCHE

Processo tributario: la Corte si pronuncia sulla nuova disciplina delle prove in appello

La Corte Costituzionale dichiara parzialmente illegittima la riforma del 2023: limitazioni irragionevoli al deposito di documenti in appello

Pignoramento presso terzi cambia da giugno 2022

Dal 22 giugno 2022 il pignoramento presso terzi cambierà: nuovo onere per il creditore Grazie alla Riforma del Processo Civile dal 22 giugno 2022 cambierà il sistema…

mani ammanettate

Rapina i suoi avvocati e fugge dall’udienza: arrestato dopo 23 giorni

L’uomo, in macchina verso il tribunale insieme ai suoi legali, li ha minacciati con un punteruolo per rubare telefono e chiavi dell’auto

Abusi edilizi, la Cassazione chiude ai condoni tardivi: demolizione insufficiente a estinguere il reato

ROMA — Due pronunce ravvicinate della Corte di Cassazione rimettono ordine nella materia degli abusi edilizi, riaffermando limiti precisi alle sanatorie e chiarendo i casi in cui la demolizione di un’opera illecita non basta a estinguere il reato.

Con la sentenza n. 20665/2025, la Suprema Corte ha bocciato il tentativo di ottenere, a distanza di anni e fuori dai termini fissati dalla legge di condono, una verifica di condonabilità mediante parere legale richiesto al Comune. Una prassi diffusa in alcune amministrazioni locali, che i giudici hanno definito irrilevante e priva di fondamento giuridico. Solo la concessione di un permesso di costruire in sanatoria, richiesto nei tempi previsti dalla normativa, può infatti giustificare la sospensione di un ordine di demolizione. L’eventuale adeguamento dell’opera alle prescrizioni urbanistiche successivamente alla scadenza dei termini di legge non consente di sanare retroattivamente l’abuso.

Demolizione non salva dal reato
In una seconda decisione, la n. 20661/2025, la Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore della Repubblica avverso una sentenza di non luogo a procedere motivata dall’avvenuta demolizione di un manufatto abusivo durante il processo. In quel caso, però, l’intervento edilizio ricadeva in un’area archeologica vincolata, soggetta al Codice dei beni culturali. E secondo l’articolo 181 di tale normativa, il reato paesaggistico può considerarsi estinto soltanto se il responsabile rimette in pristino l’area prima che l’autorità amministrativa ne ordini la rimozione. L’intervento tardivo, dunque, non basta.


LEGGI ANCHE

CNF vicino al popolo ucraino

Avvocatura mondiale mostra sostegno al popolo ucraino colpito dalla crisi con iniziativa Cnf Gli avvocati di tutto il mondo si mostrano uniti da un pensiero comune di sostegno per il popolo ucraino…

società di capitali

L’UNCC chiede la cancellazione delle società di capitali dagli albi degli avvocati

È di pochi giorni fa la notizia che l’Unione Nazionale delle Camere Civili ha inoltrato ai Consigli dell’Ordine degli avvocati competenti per territorio una «istanza…

L’importanza della tutela dei minori online

Pur essendo dei nativi digitali, bambini e adolescenti faticano a comprendere a fondo tutti i rischi del mondo del web, in particolar modo dei social…

Decreto Sicurezza, scontro tra Governo e Avvocatura: “Punitivo e liberticida”

ROMA — È un clima di forti contrasti quello che accompagna l’entrata in vigore definitiva del nuovo Decreto Sicurezza. Se da un lato il Governo esprime soddisfazione per il “forte gradimento” che il provvedimento avrebbe raccolto tra i cittadini, dall’altro giungono critiche severe da parte dell’Avvocatura e di illustri costituzionalisti, che ne contestano i contenuti e le finalità.

Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato come la richiesta di maggiore sicurezza non rappresenti un passo verso modelli autoritari, ma una condizione necessaria per garantire la libertà. Una lettura opposta arriva dall’ex presidente della Corte costituzionale Ugo De Siervo, tra i promotori di un appello al Capo dello Stato affinché rimandi il testo alle Camere, ritenendo il decreto sbilanciato verso un approccio repressivo, lesivo dei diritti dei più deboli e volto a ridurre gli spazi di dissenso.

Le critiche dell’Avvocatura
L’Organismo Congressuale Forense ribadisce il proprio dissenso, evidenziando i rischi di un utilizzo punitivo e simbolico del diritto penale. Il coordinatore Mario Scialla denuncia l’illusione di risolvere i problemi sociali attraverso il carcere e l’aumento delle pene, mentre Carlo Morace, responsabile del Gruppo Penale OCF, avverte: “Il decreto comprime le libertà individuali, criminalizza il dissenso e colpisce soggetti fragili, aggravando la condizione carceraria e limitando le possibilità di difesa per gli innocenti”.

Preoccupazioni sulle nuove norme
A destare particolare allarme, per l’Avvocatura, è l’introduzione di fattispecie di reato giudicate vaghe e di difficile definizione, come la resistenza passiva o il blocco della circolazione durante le manifestazioni, che rischiano di aprire la strada a interpretazioni arbitrarie e di compromettere i principi costituzionali di legalità e determinatezza.

Le Camere penali si astengono
Già a maggio, le Camere penali avevano proclamato l’astensione dalle udienze per protestare contro il decreto, accusato di introdurre reati inutili, aggravanti immotivate e di alimentare una visione penale della marginalità sociale e della protesta politica. L’avvertimento, ora, è che l’aumento della popolazione carceraria e la restrizione delle misure alternative rischiano di aggravare ulteriormente la già difficile situazione delle carceri italiane.


LEGGI ANCHE

Doppia conforme: quando il ricorso in Cassazione non è ammesso

La Suprema Corte ribadisce il principio: se le sentenze di primo e secondo grado coincidono nei fatti e nelle motivazioni, il giudizio di legittimità non…

airtag tracciamento

Tracciamento della posizione con AirTag di Apple: come proteggersi

Sin dal momento della loro presentazione, è stato chiaro come gli AirTag di Apple potessero rappresentare una minaccia per la privacy. Nel 2021, Apple ha…

Identità digitale, rinnovata la convenzione Spid per altri cinque anni

Con oltre 41 milioni di utenti e un tasso di utilizzo dell’89%, l’Italia si conferma ai vertici europei per diffusione dell’identità digitale. In arrivo novità…

Sequestro preventivo, la Cassazione conferma: nessun termine massimo per le misure patrimoniali

ROMA — Non è incostituzionale né irragionevole una disciplina che prevede limiti di durata solo per le misure cautelari personali e non anche per quelle patrimoniali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20658, depositata il 4 giugno 2025, respingendo la questione di costituzionalità sollevata dal rappresentante legale di un’azienda destinataria di un sequestro preventivo disposto nell’ambito di un’indagine per dichiarazione fraudolenta.

Il ricorso lamentava l’assenza di termini massimi entro cui ottenere una decisione definitiva, come invece accade per le misure che incidono sulla libertà personale o per i sequestri previsti dalla normativa antimafia. Ma per la Suprema Corte il confronto non regge: le misure cautelari reali e quelle personali rispondono infatti a logiche e valori diversi.

Due piani distinti di tutela
Secondo i giudici di legittimità, la libertà personale gode di una tutela costituzionale più intensa rispetto al patrimonio, perché incide direttamente sull’inviolabilità della persona. Il sequestro di beni, al contrario, può essere contemperato con gli interessi pubblici in gioco, anche senza la previsione di termini perentori.

La sentenza ribadisce inoltre che l’assenza di scadenze rigide per i sequestri patrimoniali non comporta vuoti di tutela per il cittadino, poiché il vincolo reale decade immediatamente se il provvedimento viene annullato o revocato. Diversamente, nel caso delle misure personali, la scadenza dei termini massimi non impedisce al giudice di adottare nuove misure restrittive, purché meno afflittive.

Una scelta del legislatore non irragionevole
La Corte ha infine ricordato che spetta al legislatore fissare i confini e i tempi delle misure cautelari, e che la distinzione tra libertà personale e patrimonio è una scelta discrezionale, ritenuta pienamente legittima e conforme ai principi costituzionali.


LEGGI ANCHE

vaccinazione datore di lavoro

Il datore di lavoro può chiedere ai dipendenti l’avvenuta vaccinazione?

Con l’introduzione del Green Pass e la diffusione di nuove varianti COVID negli ambienti di lavoro ci si chiede se non sia il caso di…

nuova strategia italiana sull’Intelligenza artificiale

Nuova strategia italiana sull’IA

13 esperti selezionati dal Governo, assieme ad AGID, hanno creato un nuovo documento, che sarà valido per il periodo 2024/2026. Presenti 10 punti che qualificano…

Successioni: da quest’anno cambia tutto, addio al coacervo e nuove regole per l’imposta

Dal 1° gennaio 2025 è entrato in vigore il Decreto Successione e Donazioni: eredi chiamati all’autoliquidazione dell’imposta e addio al calcolo cumulativo con le donazioni.

Codice di procedura penale, il ministro annuncia: ‘È tempo di riforma’

ROMA — La giustizia italiana resta un cantiere perenne, al centro di continue tensioni politiche e istituzionali. Il tema più caldo è ancora quello della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, un principio ispirato al modello anglosassone e rilanciato con forza dall’attuale esecutivo. Il Guardasigilli spinge su questa riforma, che prevede anche la nascita di un’Alta Corte disciplinare e un nuovo Consiglio superiore della magistratura, ma il dibattito si accende.

Le toghe, infatti, denunciano il rischio di un disegno punitivo, mascherato da riforma ordinamentale. Secondo i dati, la sezione disciplinare del CSM ha sanzionato il 42% dei magistrati coinvolti nei procedimenti, e c’è chi si chiede perché serva un nuovo organo se quello attuale funziona. Le critiche al sistema disciplinare e alla gestione correntizia sono state feroci, anche da parte degli stessi magistrati: emblematico il caso Palamara, che ha definito il Consiglio un “verminaio” e un “mercato delle vacche”.

Il governo, dal canto suo, difende il progetto, sostenendo che la riforma ridurrà il potere delle correnti e restituirà indipendenza alla magistratura. Saranno però gli elettori a decidere, con un referendum previsto dopo l’approvazione della riforma costituzionale.

Sul tavolo c’è anche il nodo del codice di procedura penale, che il ministro intende riscrivere per renderlo più aderente al modello accusatorio. Una revisione attesa da anni, già invocata dagli studiosi e divenuta impellente dopo casi controversi come quello di Garlasco, che ha riacceso il dibattito sulla necessità di una revisione delle norme sull’appello e sulle intercettazioni.

A proposito di queste ultime, il recente limite di 45 giorni — con eccezioni per mafia e terrorismo — ha suscitato polemiche, accusato di ostacolare le indagini. Il ministro replica che la riservatezza delle comunicazioni resta un valore costituzionale primario e che le intercettazioni devono essere uno strumento mirato, non un mezzo di controllo generalizzato.

Nel frattempo, alcune norme come la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio hanno già prodotto effetti positivi nella pubblica amministrazione. E la battaglia sulle carriere separate resta il vero banco di prova di questa stagione di riforme.


LEGGI ANCHE

Responsabilità 231: l’ente risponde solo per i reati dei vertici o di chi è sotto la loro vigilanza

Una recente sentenza della Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità amministrativa degli enti: fuori chi non riveste ruoli apicali o non è soggetto al controllo…

ddl nordio respinti emendamenti

Giustizia: respinti emendamenti al ddl Nordio

Si è conclusa la maratona notturna della commissione giustizia della Camera sul ddl Nordio. Dopo 10 ore d’esame, sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati…

prescrizione nordio

La prescrizione cambia un’altra volta

Martedì 16 gennaio 2024 alla Camera è stata ricevuta la prima approvazione relativa alla proposta di legge che reintroduce la prescrizione. Si tratta della quarta…

DAP, si insedia Stefano De Michele

Roma, 5 giugno 2025 – È già al lavoro nel suo studio in largo Luigi Daga il nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Stefano Carmine De Michele.
Alla tradizionale cerimonia di insediamento era presente questa mattina il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, che, insieme a De Michele, ha salutato i direttori generali e i direttori degli Uffici e delle Divisioni del Dipartimento, nonché il personale che ha affollato l’Aula Minervini.
“È un bel momento” ha dichiarato Nordio, “che si inserisce nel potenziamento della nostra struttura. E’ arrivato un nuovo Capo sul quale abbiamo fiducia assoluta”.
“Ringrazio il ministro per la fiducia che ha voluto accordarmi in questo prestigiosissimo incarico. E ringrazio il ministro perché, venendo qui, ha voluto omaggiare l’intera Amministrazione”, ha detto il Capo del DAP.
Romano, 65 anni, Stefano Carmine De Michele è stato nominato con d.P.R. del 27 maggio 2025. Succede a Lina Di Domenico, che dal gennaio scorso ricopriva l’incarico di capo del Dipartimento facente funzioni.
A margine dell’insediamento del nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ha incontrato oggi al DAP una delegazione del Ministero della Giustizia francese, da tre giorni al Dipartimento per una visita di studio finalizzata a valutare le possibili condizioni per la creazione in Francia di un Corpo di polizia penitenziaria con compiti di Polizia giudiziaria.
La missione della delegazione transalpina fa seguito alla fruttuosa visita a Roma del Ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, e all’incontro con il Guardasigilli Nordio del febbraio scorso. In quell’occasione il Ministro francese aveva manifestato grande interesse per il modello italiano di gestione dei detenuti alta sicurezza o sottoposti al regime speciale, previsto dall’art. 41 bis dell’Ordinamento Giudiziario, e il desiderio di approfondire gli aspetti normativi e le prassi che in Italia, da decenni, hanno prodotto risultati di livello.
La delegazione francese, guidata dal magistrato di collegamento presso il Ministero della Giustizia Yves François Le Clair, era composta dall’Ispettore Generale della Giustizia Martine Bardet e dagli ispettori di Giustizia Aline Batoz e Thierry Landais.
Nel corso dei tre giorni di incontri sono state approfondite le norme istitutive del Corpo di polizia penitenziaria, la formazione prevista per i suoi appartenenti, le attività di Polizia giudiziaria svolte all’interno delle carceri e le peculiari specificità riguardanti il Gruppo Operativo Mobile (GOM) e il Nucleo Investigativo Centrale (NIC), con particolare attenzione all’analisi di alcuni casi di studio.
La delegazione ha infine visitato la Casa circondariale di Roma Rebibbia e l’Ufficio comando del reparto di Polizia Penitenziaria ed è stata ricevuta dai vertici di GOM e NIC presso la Scuola di formazione “Giovanni Falcone”.

LEGGI ANCHE

pignoramenti più veloci

Istituito l’Osservatorio Nazionale sull’Equo Compenso

Il Ministero della Giustizia ha istituito l’Osservatorio Nazionale sull’Equo Compenso, previsto dalla legge n. 49 del 21 aprile 2023. L’Osservatorio avrà il compito di vigilare…

Meloni pronta al sorpasso su Renzi: il governo entra nella top four della longevità

Il 12 agosto supera quota 1.024 giorni e diventa il quarto esecutivo più duraturo della Repubblica. Ma l’obiettivo è ambizioso: battere il record di Berlusconi…

trattamento dati giudiziari servicematica

Trattamento dei dati giudiziari. Il Garante approva il decreto ministeriale

Il Garante Privacy ha espresso parere positivo a proposito del decreto del Ministero della Giustizia sul trattamento dei dati giudiziari. I dati giudiziari relativi a…

Ransomware: la minaccia invisibile che colpisce aziende e cittadini

Sono tra le minacce informatiche più pericolose e diffuse degli ultimi anni, capaci di paralizzare aziende, istituzioni e persino interi settori pubblici. I ransomware continuano a rappresentare un rischio concreto per la sicurezza digitale di privati e imprese. Si tratta di software malevoli che, una volta infiltrati nei dispositivi, bloccano i dati e chiedono un riscatto per sbloccarli, spesso minacciando la distruzione o la diffusione di informazioni riservate.

La portata del fenomeno resta significativa. Secondo le ultime rilevazioni di settore, quasi sette aziende su dieci dichiarano di essere state colpite da ransomware nell’ultimo anno, nonostante un lieve calo rispetto ai dodici mesi precedenti. E il vero problema non è solo il numero di attacchi, ma la capacità di recupero dei dati: meno del 10% degli attaccati è riuscito a ripristinare quasi integralmente i propri archivi, mentre la maggior parte ha recuperato meno della metà delle informazioni compromesse.

Ma come avviene un attacco ransomware? La tecnica più diffusa è il phishing, con e-mail o messaggi ingannevoli che simulano comunicazioni da parte di colleghi, enti pubblici o aziende note. Questi messaggi contengono allegati infetti o link che, se cliccati, installano il malware nel dispositivo. Non mancano, poi, siti web trappola e banner pubblicitari compromessi che possono veicolare l’infezione.

Una volta attivato, il ransomware comunica con un server remoto controllato dagli hacker, bloccando i file e, in alcuni casi, diffondendosi ad altri dispositivi collegati in rete o sincronizzati in cloud. Segue poi la richiesta di riscatto, solitamente in criptovaluta, per ottenere la chiave di sblocco. Tuttavia, anche pagando, il recupero dei dati non è mai garantito.

Difendersi richiede una combinazione di attenzione e tecnologia. È fondamentale non aprire allegati o link sospetti, nemmeno se apparentemente inviati da conoscenti, e scaricare solo software da fonti ufficiali. L’installazione di antivirus aggiornati, sistemi di backup regolari e il costante aggiornamento di sistemi operativi e applicazioni sono ulteriori misure indispensabili.

In caso di infezione, il consiglio degli esperti è di rivolgersi a professionisti del settore, evitare di cedere al ricatto e denunciare l’accaduto alla Polizia Postale.


LEGGI ANCHE

Apple dice addio alle Sim

Il trend, partito da Apple, coinvolgerà tutti i produttori di smartphone. Alla fine spariranno più di 8 miliardi di Sim fisiche, che verranno sostituite da…

ANM a sostegno di Emergency, Sant’Egidio e associazionismo cattolico

Le colombe acquistate saranno donate dall’Associazione nazionale magistrati in parte alla Comunità di Sant’Egidio che le distribuirà agli istituti penitenziari in vista della Pasqua

atto in pdf da scansione è valido ai fini della notifica

L’atto in pdf da scansione è valido ai fini della notifica

La terza sezione civile della Corte di Cassazione ha emesso una sentenza, la 532/2020, particolarmente interessante ai fini del processo telematico poiché indica che un…

La digitalizzazione dello Stato cambia gli equilibri tra i poteri

La transizione digitale non sta solo rivoluzionando il modo in cui cittadini e imprese interagiscono con la pubblica amministrazione. Sta incidendo, in modo più profondo e strutturale, sugli equilibri istituzionali alla base dell’organizzazione dello Stato. La separazione dei poteri, principio cardine di ogni ordinamento democratico, si trova oggi a confrontarsi con nuove dinamiche determinate dalla diffusione di tecnologie digitali e sistemi automatizzati.

L’impatto di questo processo è visibile su più fronti. Da un lato, l’utilizzo crescente di algoritmi per assegnare incarichi pubblici o gestire pratiche amministrative modifica le modalità di esercizio delle funzioni pubbliche. Dall’altro, l’obbligo di utilizzare strumenti digitali per accedere a servizi fondamentali — come nel caso dell’identità digitale — crea nuove forme di dipendenza tecnologica all’interno delle strutture statali.

Questo cambiamento si manifesta su due livelli distinti. Il primo è quello normativo, dove il diritto si trova a dover regolamentare un settore in continua evoluzione. In alcuni casi, le corti hanno applicato norme preesistenti per gestire questioni digitali, supplendo all’inerzia dei legislatori che, in diversi contesti, hanno ritardato l’approvazione di nuove leggi, consentendo alla digitalizzazione di procedere senza adeguati strumenti di controllo.

Il secondo livello riguarda le infrastrutture. Le pubbliche amministrazioni, sempre più dipendenti da sistemi digitali per svolgere le proprie attività, rischiano di subire rallentamenti o inefficienze in caso di problemi tecnologici. Questa dipendenza introduce nuovi equilibri e squilibri tra i poteri dello Stato, rafforzando alcune funzioni e indebolendone altre, a seconda dell’efficienza dei sistemi utilizzati.

Il costituzionalismo contemporaneo si trova così davanti alla necessità di aggiornare i principi di garanzia e di equilibrio istituzionale alla luce di queste trasformazioni. La sfida è assicurare che l’adozione delle tecnologie digitali avvenga nel rispetto dei diritti fondamentali e senza compromettere il corretto bilanciamento tra i poteri dello Stato, che resta essenziale per il funzionamento di una democrazia solida e trasparente.


LEGGI ANCHE

Multe salate per chi usa Google Analytics 3

Rieccoci qui, 90 giorni dopo che il Garante della Privacy aveva imposto ai gestori dei siti web di adeguarsi al provvedimento secondo cui Google Analytics…

Bye Bye Internet Explorer!

Per anni è stato il browser più utilizzato al mondo, ma dal 15 giugno il software è stato sostituito dal successore Edge, lanciato nel 2015. Il…

Errore di ChatGPT in memoria difensiva: nessuna condanna per lite temeraria

Il Tribunale di Firenze esclude la responsabilità aggravata per l’uso di sentenze inesistenti fornite dall’IA

Giustizia civile ancora in affanno: tempi lunghi e rischio precariato per gli assunti PNRR

ROMA — Nonostante gli sforzi e i concorsi straordinari finanziati con i fondi del PNRR, il sistema della giustizia civile continua a mostrare segnali di sofferenza. Gli obiettivi fissati a livello europeo per ridurre i tempi dei processi sembrano ancora lontani e la gestione dell’arretrato resta problematica in molti uffici giudiziari, aggravata dall’aumento di nuove cause in materie particolarmente delicate come immigrazione e cittadinanza.

Dal 2021 a oggi il Ministero della Giustizia ha bandito tre concorsi per reclutare personale a tempo determinato — figure amministrative, tecnici IT, contabili e operatori di cancelleria — destinati a supportare il lavoro dei magistrati e velocizzare la definizione dei procedimenti. Tuttavia, a fronte di circa 11.500 assunzioni, i numeri non bastano: in alcuni settori i fascicoli sono addirittura aumentati e i tempi di smaltimento dei procedimenti civili restano al di sopra della soglia critica fissata a due anni.

Secondo gli ultimi dati, a fine 2024 il numero di cause civili pendenti nei tribunali era calato rispetto al 2019, ma solo del 20%, ben lontano dalla riduzione del 40% che sarebbe dovuta arrivare entro il 2026. Anzi, in alcuni uffici, complice il flusso di nuovi fascicoli, la situazione è peggiorata. Anche le Corti d’appello fanno fatica a tenere il passo, nonostante la pressione sugli uffici per rispettare le scadenze.

Intanto, preoccupa il futuro degli assunti PNRR: i loro contratti scadranno il 30 giugno 2026 e senza un piano di stabilizzazione si rischia di perdere personale già formato e operativo. I sindacati avvertono che si tratta di una penalizzazione non solo per i lavoratori, ma per l’intero sistema giudiziario, che senza investimenti strutturali continuerà a soffrire di carenze di organico e inefficienze croniche.

Se entro un anno non arriveranno misure concrete per prorogare o rendere stabile almeno una parte di questi contratti, la giustizia rischia di perdere un’occasione importante di rinnovamento, rallentando ulteriormente il processo di modernizzazione tanto atteso.


LEGGI ANCHE

riforma fiscale avvocati tributaristi

Nominati i componenti del direttivo della Scuola Superiore della Magistratura: ecco i nomi

Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ha approvato le nomine di sei magistrati e un professore che faranno parte del Direttivo della Scuola Superiore della…

Brasile, la Corte Suprema annulla la sospensione di X, la piattaforma torna attiva

La piattaforma X, di proprietà del magnate sudafricano Elon Musk, tornerà operativa in Brasile dopo che la Corte Suprema ha annullato la sospensione imposta lo…

giudice pace verona interlinea riforma cartabia

Sbagli l’interlinea? Anche se vinci la causa, devi pagare le spese

Il Giudice di Pace di Verona ha applicato alla lettera il Dm Giustizia 110/2023, concentrandosi sulla dimensione dei caratteri, sulle interlinee, sui margini e sulla…

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Acn
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
Microsoft
Apple
vmvare
Linux
veeam
0
    Prodotti nel carrello
    Il tuo carrello è vuoto