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Sbagli l’interlinea? Anche se vinci la causa, devi pagare le spese

Il Giudice di Pace di Verona ha applicato alla lettera il Dm Giustizia 110/2023, concentrandosi sulla dimensione dei caratteri, sulle interlinee, sui margini e sulla sinteticità dell’atto.

Nel Dm si prevede un massimo di 40 pagine in caso di citazioni e ricorsi, abbassandosi a 26 per le repliche e scendendo a 5 pagine per le note scritte in sostituzione dell’udienza. Viene posta attenzione anche alla tecnica utilizzata per la redazione dell’atto, che deve seguire caratteri con dimensioni di 12 punti, interlinea di 1,5 e margini di 2,5 cm.

Il Gdp veronese ha deciso di compensare le spese, penalizzando la parte vittoriosa e causando l’insorgenza dell’avvocatura, che ora chiede l’intervento del Guardasigilli Carlo Nordio.

Già lo scorso giugno erano stati contestati i vincoli del Dm da parte dall’Anf, che aveva etichettato tali criteri come «il punto più basso di una riforma del processo civile nata sotto una cattiva stella e che peggiora di giorno in giorno sotto gli occhi attoniti degli operatori del diritto».

A dar vita ai timori espressi nei mesi scorsi ci ha pensato il Giudice di Pace veronese, che ha penalizzato anche la parte che aveva ragione con l’obbligo di partecipazione alle spese legali. Nessun rimborso, dunque, per la parcella dell’avvocato, per le notifiche, per le marche da bollo, per il contributo unificato o per gli esborsi sostenuti per i consulenti.

Giampaolo di Marco, segretario generale dell’Anf, esprime il suo sconcerto: «Vanto un credito e mi pago le spese. Perché? Perché in Italia da qualche tempo la Giustizia è un format, non un potere dello Stato, o meglio è un potere chiuso in sinteticità e chiarezza, in caratteri e spazi inclusi, insomma un format. Poco importa se dietro al format ci sia un debito o un credito, una vita o un’eternità. L’importante sono sinteticità e chiarezza, in poche righe e senza dar troppo fastidio a chi deve leggere».

Si chiede ancora l’intervento del ministro della Giustizia Nordio: «Chiediamo al ministro Nordio di intervenire prima che si inneschi una deriva dannosa, burocratica e potenzialmente lesiva del diritto di difesa. Avevamo avvertito sui rischi di questa riforma: non si è voluto ascoltare chi tutti i giorni assicura il diritto di difesa dei cittadini e ora è urgente farlo».


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