Decreto Sostegni: ecco tutte le novità

Dai contributi alle imprese e alle famiglie, passando per il voucher viaggi

Approvato alla Camera il Disegno di legge di conversione del decreto Sostegni: molte le misure per imprese e famiglie. Tra tutti: confermato il Fondo per genitori separati o divorziati, posticipate le scadenze degli sfratti e riconfermato il reddito di cittadinanza. Infine, elargiti ristori alle startup e contributi e finanziamenti per enti locali e regioni; nasce il fondo per le città d’arte.

Decreto Sostegni: aiuti per imprese e famiglie alla luce delle restrizioni anti-contagio.

Mercoledì 19 maggio il decreto Sostegni diventa legge: ennesimo provvedimento in aiuto alle famiglie e imprese colpite dalle conseguenze della pandemia. Dunque, i suoi ambiti di applicazione sono molti: oltre ai già citati, segnaliamo la maggior attenzione rivolta alle donne e giovani. Inoltre, gli sgravi fiscali alle piccole imprese, ai comuni, alle città d’arte e alle attività turistiche della montagna.

La volontà è che il decreto Sostegni costituisca il punto di partenza per introdurre nuove e importanti riforme soprattutto in ambito socio-sanitario. Quindi, più fondi per vaccini e antivirali, per velocizzare la somministrazione delle dosi nonché per un incremento del personale sanitario. Importanti novità anche sul fronte fiscale: stralcio delle cartelle esattoriali fino a 5000euro e sospensione canone rai per i bar.

Inoltre, particolari tutele ai lavoratori dipendenti e contributi mirati alle partite Iva: confermato il contributo di cassa integrazione per Covid. Agevolazioni per le assunzioni di lavoratori fragili e indennità per i lavoratori dello spettacolo e gli stagionali. Infine, per i genitori: bonus baby-sitter, agevolazioni per lo smart working e congedi straordinari per seguire i figli nella didattica a distanza.

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L’insegnante è un pubblico ufficiale

Interruzione servizi informatici settore penale per modifiche correttive, migliorative ed evolutive in tutti i distretti di Corte di Appello

Si comunica che, al fine di consentire l’installazione di modifiche correttive e migliorative sui sistemi di cognizione penale, si procederà ad attività di aggiornamento nei distretti di Corte di Appello, nel giorno 25/5/2021 dalle ore 14:00 alle ore 17:00.
In detto arco temporale i servizi di deposito sul Portale del Processo Penale Telematico e sul Portale NDR non saranno disponibili, anche se fosse rilasciata la relativa ricevuta di deposito.

Le modifiche potrebbero interessare l’intero territorio nazionale coinvolgendo anche i sistemi del civile.

Link alla notizia: https://pst.giustizia.it/PST/it/pst_3_1.wp?previousPage=pst_3&contentId=NEW9107

L’insegnante è un pubblico ufficiale

Carcere per il genitore che rivolge minacce per i voti del figlio

L’ ordinanza della Cassazione n.14958/2021 stabilisce che rivolgere parole intimidatorie ad un insegnante per condizionarne il giudizio riguardo un alunno, è reato. Infatti, tutelato dall’art.336, l’insegnante riveste il ruolo di pubblico ufficiale: in alcun modo può essere costretto o influenzato. Dunque, per chiunque lo costringa a compiere un atto contrario ai propri doveri, la pena è la reclusione.

Cercare di condizionare preordinatamente la valutazione del docente sul figlio è reato

Napoli. Frase minatoria pronunciata ad un docente per fargli cambiare la valutazione scolastica sul figlio della convivente. Per altro, anche sulla base del riscontro dei testimoni, il contenuto di questa frase pronunciata dal genitore era palese e non equivocabile. Perciò, il gesto dell’uomo è stato ritenuto una minaccia a pubblico ufficiale, violenza che costituisce reato.

Dopo la conferma della sentenza di marzo 2015 da parte della Corte d’Appello, l’uomo ricorre in Cassazione. La difesa dell’imputato si regge sul fatto che nessuno dei testimoni avesse saputo riferire precisamente le espressioni utilizzate dall’uomo. Infatti, sostengono le memorie difensive, l’imputato avrebbe proferito parole di disappunto, non di minaccia, nei confronti del docente.

Tuttavia, la Cassazione non avvalora la tesi della difesa e conferma la pena di 6 mesi di reclusione. Oltre a ciò, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di 3.00 euro in favore della cassa delle ammende. Del resto, già in passato, ad ogni occasione di esprimersi a tal riguardo la Corte di Cassazione aveva chiarito la sua posizione.

 

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Incidente con macchina altrui: chi paga?

In caso di incidente stradale con auto in prestito chi è responsabile

L’ipotesi di usare l’auto in prestito di un’altra persona non è infrequente, anzi, soprattutto nel caso di un familiare.  Dunque, altrettanto raro è l’accadimento di un incidente con macchina altrui: situazione che apre ad un ventaglio di possibilità conseguenti. Dall’incidente causato dal conducente dell’auto in prestito, fino all’incidente con auto rubata, passando per l’incidente causato dall’altro conducente.

Ad ogni tipologia di incidente corrisponde una determinata responsabilità o modalità risarcitoria

Capita spesso di prendere in prestito da o di prestare un’auto ad un’altra persona, ma che succede in caso di sinistro? Innanzitutto, ai sensi dell’art.2054 del Codice Civile, se il conducente provoca l’incidente per colpa propria, il titolare dell’auto è corresponsabile. Tuttavia, in questo caso la responsabilità è solo civile (dunque, relativa al risarcimento danni): la responsabilità penale (del tutto personale) ricade unicamente sul conducente.

Invece, se l’incidente è causato dalla colpa dell’altro conducente, sia il conducente che il proprietario dell’auto hanno diritto di risarcimento. Dunque, l’assicurazione del titolare dell’auto colpevole rimborserà sia per le lesioni fisiche che per i danni materiali. Il risarcimento dei danni fisici e materiali avviene anche nel caso in cui l’auto in prestito sia senza priva di copertura Rc-auto.

L’ultimo caso in esame, è quello dell’incidente realizzato a mezzo e per colpa di auto rubata. Infatti, in questo caso l’intero procedimento differisce dai precedenti per modalità e tempistiche. Qui, il proprietario dell’auto è corresponsabile assieme al conducente (ladro) fino alla mezzanotte del giorno in cui sporge denuncia di furto.

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Nuova posizione del minore nel processo

Nei giudizi che li riguardano, i minori sono parte sostanziale, non soltanto formale

La Corte di Cassazione torna nuovamente a pronunciarsi in merito al ruolo del minore in un procedimento giudiziario per il suo affidamento. Infatti, l’ordinanza n.3159/2021 afferma che il minore -portatore di interessi diversi rispetto a quelli dei suoi genitori- rappresenta una parte sostanziale. Dunque, per tutelare appieno i suoi diritti, egli deve essere ascoltato direttamente attraverso un atto processuale del giudice.

Non ascoltare direttamente il minore rappresenta violazione dei suoi diritti e del contraddittorio

Treviso. Padre ricorre in cassazione dopo la disposizione del Tribunale d’Appello di Venezia di collocare la figlia -minorenne- presso la madre. Non solo: lo stesso Tribunale avrebbe stabilito di lasciar decidere l’affidamento della stessa minore ai Servizi Sociali. Tutto ciò senza che la Corte abbia mai, lamenta l’uomo, ascoltato direttamente la bambina coinvolta.

In effetti, secondo normativa nazionale e internazionale (articoli 337 e 315 bis c.c, comma 3; 336 bis c.p.c; 360 c.p.c., comma 1, n.3; oltre che art.6 Convenzione di Strasburgo 25/01/1996, ratificata con L.n. 77 del 2003; art. 12 Convenzione di New York sui diritti del fanciullo) tale inadempimento della Corte causerebbe, esso stesso, la nullità dell’intero procedimento. Dunque, per la Suprema Corte il motivo del ricorso è fondato: i minori sono parti sostanziali nei procedimenti giudiziari che li vedono coinvolti. Pertanto, in questi procedimenti giudiziari, il minore deve essere ascoltato direttamente, altrimenti si tratta di violazione del principio di contraddittorio.

Inoltre, la Suprema Corte specifica che esiste un caso in cui si può accettare il mancato ascolto del minore. Si tratta di quando vi sia una espressa motivazione sull’assenza di discernimento che ne giustifichi l’omissione. In tutti gli altri casi, il contributo “indiretto” del bambino non è in alcun modo equiparabile alla sua audizione come atto processuale del giudice.

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Dalla convenzione dell’ONU alle leggi nazionali: opuscolo in difesa dei disabili

Nasce un opuscolo sui diritti delle persone con disabilità: una panoramica di facile consultazione sui reati discriminatori contro le persone i disabili. La volontà è di conciliare tutta la normativa attualmente vigente in materia conciliando il livello internazionale con quello nazionale. Inoltre, all’attenzione per le norme a tutela si affianca un excursus sui reati e comportamenti penalmente rilevanti.

Un’ aggravante speciale se la vittima dell’illecito è una persona disabile

L’OSCAD pubblica “L’odio contro le persone disabili”: opuscolo che sposa l’approccio sancito dalla Convenzione dell’ONU sui diritti delle Persone con disabilità. Infatti, l’idea è che la disabilità scaturisca dall’iterazione tra la minoranza (fisica, mentale, intellettiva, sensoriale) della persona e le barriere che ne impediscono la piena partecipazione alla società. Inoltre, la disabilità (disability) emerge come un insieme di “caratteristiche” da proteggere dal rischio di discriminazione (l’Art. 2 della Dichiarazione universale dei Diritti umani e Art. 14 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”).

L’opuscolo chiarisce efficacemente come le tutele nei confronti dei disabili esistano, in Costituzione (artt.2 e 3), anche sul piano nazionale. Inoltre, un focus importante è dato alla condizione di “particolare vulnerabilità”: riconoscimento che implica -necessariamente- una serie importante di diritti imprescindibili. Infatti, secondo l’Art.36 legge 104, quando ad essere vittima dell’illecito è un disabile, deve essere applicata -in maniera trasversale alle diverse fonti del diritto- un’aggravante speciale.

In particolare, nel caso della violenza sessuale (Art.609 bis, comma 2 del Codice Penale) è specificato che -per avere rilevanza penale- l’accertamento dell’abuso della condizione di disabilità deve essere accertato caso per caso. Invece, riguardo i maltrattamenti presso le case di riposo, si fa riferimento alla condizione di disabilità come aggravante ai delitti di percosse, minacce e violenza privata. Infine, bullismo e cyberbullismo: qualora la vittima sia disabile, tutte le fattispecie di reato saranno integrate dalle rispettive aggravanti (Legge n.71/2017, art. 36 o 61, comma 1, n.5).

Opuscolo integrale “L’odio contro le persone disabili”

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Esame avvocati: ministero rischia mega risarcimento

Comunicazione fermo dell’applicativo SIAMM Spese di Giustizia

Si comunica che dalle ore 16:00 alle 17:00 di martedì 18 Maggio 2021 si procederà al fermo dell’applicativo SIAMM Spese di Giustizia (Registro Spese Pagate, Prenotate e Foglio Notizie) per il rilascio degli interventi di manutenzione correttiva.

Il servizio riprenderà alle ore 17:00 di martedì 18 Maggio 2021.

Le modifiche potrebbero interessare l’intero territorio nazionale coinvolgendo anche i sistemi del civile.

link alla notizia: https://pst.giustizia.it/PST/it/pst_3_1.wp?previousPage=pst_3&contentId=NEW9090

Esame avvocati: ministero rischia mega risarcimento

La piattaforma in tilt, all’esame da Avvocato 2021 visibili i dati dei candidati

Dati sensibili degli iscritti all’esame di abilitazione alla professione di Avvocato pubblicati in seguito al Data Breach del sito. Ora, il Ministero della Giustizia deve notificare la violazione al Garante entro 72 ore dalla scoperta della problematica. A questo punto, seguirà reclamo, al cui esito la parte lesa potrà agire dinanzi al Tribunale per ottenere il risarcimento.

La violazione dei dati prevede la stessa disciplina regolante le “attività pericolose”

13 Maggio 2021: esame abilitante alla professione di Avvocato; 25 mila aspiranti legali tentano di accedere al portale del Ministero della Giustizia. Qui, invece di trovare i propri dati, si trovano davanti dati anagrafici e sensibili di altri iscritti. Inoltre, subito dopo l’accesso al sistema, per click effettuati da altri utenti, alcuni candidati si vedono rientrare tra i rinunciatari.

Dunque, si tratta di Data Breach subìto dal Ministero della Giustizia: violazione all’integrità, alla riservatezza e alla disponibilità dei dati. Ora, il Ministero deve notificare la violazione al Garante, entro 72 ore, poi, quest’ultimo valuterà se comunicare l’avvenuto ai singoli interessati. Infatti, questi ultimi vedrebbero la loro eventuale richiesta di risarcimento sicuramente accolta: la violazione dei dati viene trattata come le “attività pericolose” (ex. Art.2050 c.c.)

A questo punto, l’azione principale che gli aspiranti avvocati lesi dal Data Breach potrebbero intraprendere è il reclamo. Disciplinato dall’Art. 77 GDPR, tale atto -circostanziato- serve a rappresentare una violazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali. In effetti, il suo vantaggio principale è la rapidità: al massimo dodici mesi dopo, la parte lesa potrà agire per il risarcimento.

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Lavoratrice risarcita per condotte discriminatorie

Lavoratrice risarcita per condotte discriminatorie

Va risarcita perché invitata a rimanere a casa dal lavoro dopo la maternità

Con discorsi persuasivi era stata invitata a non rientrare al lavoro dopo la maternità, per non creare troppi problemi all’azienda. Per la Cassazione, questa è una condotta discriminatoria meritevole di risarcimento perché va contro il “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna”.

Così, la Corte accoglie la richiesta di una lavoratrice, condannando la S.r.l. datrice ed una sua superiore al pagamento dei danni e degli interessi legali.

E’ atto discriminatorio persuadere la lavoratrice a non rientrare dopo la maternità

La vicenda processuale vede la Corte accogliere la domanda di una lavoratrice nei confronti della S.r.l. datrice e di una sua superiore per atti discriminatori. Infatti, tra gennaio e giugno 2010, queste ultime avrebbero commesso atti discriminatori nei suoi confronti, al fine di indurne il licenziamento. La Corte ha ritenuto fondata la richiesta risarcitoria della lavoratrice in violazione al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, art. 6 legge 28 novembre 2005, n.246.

Tuttavia, dopo la sconfitta in appello, la società datrice ricorre in Cassazione, adducendo i seguenti motivi di doglianza:

  • la condotta contestata alla dipendente non è qualificabile come discriminatoria;
  • la condotta contestata alla società non è discriminatoria in quanto il comportamento della dipendente è stato imprevedibile e istantaneo, quindi non evitabile;
  • la diretta superiore della dipendente non è la persona con la quale ella si è relazionata e -comunque- si tratta di un mero alterco tra colleghe.

Infine, dopo aver analizzato tutti i motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la Società e la dipendente al pagamento dei danni pari a 10.000 euro e al pagamento dell’intero costo del procedimento legale. Infatti, la Corte afferma: “A prescindere dalla formale collocazione gerarchica, [la dipendente] era autorizzata ad esprimere per conto della Società datrice posizioni in ordine al rientro dalla maternità […]”. Infine: “[La dipendente ha tenuto] un atteggiamento alla cui assunzione […] evidentemente si sentiva autorizzata o del quale poteva essere addirittura investita, ove fosse stato affidato a lei il compito di sospingere verso una decisione “spontanea” che la società non avrebbe potuto unilateralmente assumere […]”.

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Anagrafe digitale: tutte le sfide del futuro

Attualmente, collegandosi all’ANPR -Anagrafe Unica Nazionale della popolazione residente- i cittadini possono svolgere alcuni importanti servizi in modo autonomo e senza uscire di casa. L’Anagrafe digitale permette infatti, con il solo collegamento al sito, di verificare l’esattezza dei dati presenti e di richiedere alcuni certificati. Inoltre, il ventaglio di vantaggi non riguarda solo i privati cittadini ma anche la Pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi.

Che cos’è l’ANPR (anagrafe nazionale della popolazione residente)

L’ANPR è la banca dati nazionale dove confluiscono tutte le anagrafi comunali. Il suo fine è di migliorare qualità ed efficienza dei servizi già offerti dalla pubblica amministrazione. Ad oggi, coinvolge 56 milioni di Cittadini.

Nella situazione attuale –ancora sperimentale– l’ANPR, in un archivio, raccoglie tutte le informazioni dei contribuenti. Tale archivio verrà utilizzato successivamente per condividere queste informazioni sul piano nazionale, come se fosse un unico database.  Dunque, in futuro diventerà punto di riferimento per l’intera pa, proprio come per i gestori di pubblici servizi e per i privati.

I promotori di questo servizio sono: Agenzia delle Entrate, Ministero dell’Interno, Sogei e AgId. Infatti, la collaborazione tra questi diversi enti sarà fondamentale per portare ad un effettivo miglioramento degli scambi di dati. Inoltre, questo nuovo sistema offrirà un importante risparmio nei costi della fruizione dei servizi per l’intera pa.

ANPR e vantaggi per il cittadino

L’anagrafe unica offre, altresì, vantaggi che riguardano prettamente le necessità del singolo cittadino residente in un comune nazionale aderente.
A tal proposito nasce l’applicazione Smart ANPR: una piattaforma alla quale si accede tramite SPID o CIE.

Nello specifico, si tratta di un sistema che permette ai cittadini di accedere alle certificazioni anagrafiche, in bollo o in esenzione, senza recarsi fisicamente allo sportello

Riferimenti di legge

Dpr 17 luglio 2015, n. 126, dal 18 agosto 2015, sono state adeguate le disposizioni del Dpr 30 maggio 1989, n. 223.

 

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