Omicidio Cecchettin, l’arringa della difesa: “L’ergastolo è una pena vendicativa”

“Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L’ergastolo è il tributo che lo Stato di diritto paga alla pena vendicativa.” Con queste parole l’avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta, ha aperto la sua arringa davanti alla Corte d’Assise di Venezia. Il giovane di 23 anni è reo confesso dell’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, un caso che ha scosso l’opinione pubblica.

Dopo la richiesta di ergastolo avanzata dal PM Andrea Petroni, la difesa ha puntato a smontare le aggravanti di crudeltà, premeditazione e atti persecutori, chiedendo il riconoscimento di attenuanti generiche “quantomeno equivalenti”. Caruso, affiancato dalla collega Monica Cornaviera, ha ribadito: “Non si tratta di negare la gravità dei fatti, ma di applicare la giustizia secondo il principio di legalità e non la legge del taglione.”

Turetta, presente in aula, ha ascoltato in silenzio. Assente invece Gino Cecchettin, padre di Giulia. La sentenza è attesa per il 3 dicembre.


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Streaming illegale: smantellata rete da 22 milioni di utenti, 11 arresti

Un’operazione internazionale coordinata dalla Procura di Catania ha portato allo smantellamento della più grande rete di streaming illegale, con un bacino di 22 milioni di utenti. L’indagine, denominata “Taken Down”, ha coinvolto oltre 270 operatori della Polizia Postale, che hanno eseguito 89 perquisizioni in 15 regioni italiane.

Con il supporto delle forze di polizia di Regno Unito, Olanda, Svezia, Svizzera, Romania e Croazia, sono state effettuate ulteriori 14 perquisizioni all’estero, portando all’identificazione di 102 persone coinvolte. Tra queste, 11 sono state arrestate in Croazia. L’operazione rappresenta un duro colpo alla pirateria digitale internazionale.


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Palazzo giustizia Potenza. Nordio: “Addolorato per incidente. Un dovere la sicurezza sul lavoro”

Roma, 26 novembre 2024 – “Apprendo con sgomento e dolore la notizia dell’incidente in cui ha perso la vita un lavoratore che stava prestando la propria opera nel Palazzo di Giustizia di Potenza.

Esprimo le più sentite condoglianze alla famiglia cui assicuro la massima vicinanza. La sicurezza sul lavoro é un dovere cui dobbiamo attendere a tutela dei diritti fondamentali di ogni cittadino ed è una priorità assoluta per ogni Paese civile. Ho fiducia nell’operato della magistratura sulla rigorosa ricognizione delle condizioni di sicurezza che erano in atto in quel momento”. Così il ministro Nordio a proposito dell’incidente nel palazzo di giustizia a Potenza, dove stamane è morto un operaio.


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Piattaforme e motori di ricerca online di dimensioni molto grandi: valutazione dei rischi a norma del regolamento sui servizi digitali

A partire da questa settimana, i fornitori dei primi 19 motori di ricerca online di dimensioni molto grandi (VLOSE) e piattaforme online di dimensioni molto grandi (VLOP) designati nell’aprile 2023 devono pubblicare per la prima volta le loro relazioni annuali di valutazione dei rischi e di revisione, a norma del regolamento sui servizi digitali.

Tali relazioni devono includere le valutazioni effettuate dai fornitori di piattaforme e motori di ricerca online di dimensioni molto grandi per individuare e analizzare i rischi derivanti dai loro servizi, quali la diffusione di contenuti illegali, la disinformazione o la protezione dei minori. Tali relazioni illustrano inoltre le misure messe in atto da piattaforme e motori di ricerca per attenuare i rischi individuati.

Con la pubblicazione di queste relazioni, il regolamento sui servizi digitali porterà a una nuova era di trasparenza e responsabilità nell’industria tecnologica, contribuendo a proteggere gli utenti e la società da potenziali danni e promuovendo un ambiente online più sicuro e responsabile.

Maggiori informazioni sulle relazioni e sugli obblighi di pubblicazione sono disponibili qui.

La Commissione organizzerà inoltre seminari in cui i fornitori di tali servizi designati saranno invitati a presentare le valutazioni dei rischi pubblicate ai coordinatori nazionali dei servizi digitali, alle organizzazioni della società civile e ad altre parti interessate. Tali seminari dovrebbero svolgersi all’inizio del 2025.


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Venezia, PEC in tilt: malfunzionamenti nel sistema di deposito telematico

Da giovedì scorso, gli avvocati che tentano di depositare atti presso il Tribunale di Venezia attraverso il sistema telematico stanno incontrando un ostacolo inaspettato: un errore di “casella PEC piena”. Questo problema sta rallentando significativamente le procedure, creando disagi sia per i professionisti che per le Cancellerie civili.

Un guasto critico nei server
L’origine del problema risiede nel malfunzionamento di uno dei due server responsabili della gestione delle PEC del sistema giustizia in Veneto. Con un server inattivo, l’unico rimasto operativo è costretto a sostenere l’intero carico di lavoro, operando al limite della capacità. Questo sovraccarico ha generato ritardi nei processi fino a 24 ore. Poiché il sistema di gestione PEC respinge automaticamente i messaggi non processati entro 24 ore, molti avvocati si trovano impossibilitati a completare i depositi.

L’intervento del Presidente del Tribunale
A fronte di questa emergenza, il Presidente del Tribunale di Venezia, dr. Salvatore Laganà, ha adottato misure straordinarie per garantire la continuità delle attività. Con provvedimento urgente, è stato autorizzato:

  • Il deposito cartaceo degli atti presso le Cancellerie civili;
  • L’invio degli atti via PEC direttamente alle singole Cancellerie, bypassando il sistema telematico;
  • L’accesso libero al Tribunale negli orari di apertura per la consegna fisica degli atti.

Il provvedimento resterà in vigore fino alla completa ripresa del funzionamento regolare del dominio giustizia.

Zandonà: “Un vuoto nei dati”
Sulla questione è intervenuto anche Matteo Zandonà, CEO di Servicematica, azienda leader nella digitalizzazione della giustizia. “Il problema è che i depositi cartacei porteranno a un’altra criticità: non si troveranno nel sistema informatico, nemmeno in futuro. Questo creerà un vuoto nei dati, con conseguenze per la gestione dei procedimenti.”

 


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Immigrazione: il Ministero interviene a chiarimento

Roma, 26 novembre 2024 – “La disposizione transitoria era stata introdotta nel testo originario del decreto-legge per consentire alle Corti di appello di organizzarsi per far fronte alle nuove competenze loro attribuite. A seguito dell’intervento sul decreto-legge in sede di conversione, quelle competenze sono state sostituite da altre, che ugualmente richiedono interventi organizzativi, implicanti anche alcune modifiche del sistema informatico.

Pertanto, l’esigenza alla base della originaria disposizione transitoria, tesa a posticipare di 30 giorni l’operatività delle competenze attribuite alle Corti di appello, permane rispetto alle nuove.

Ciò ha determinato l’esigenza di coordinare la disposizione transitoria in quanto essa richiama proprio ed esclusivamente la competenza inizialmente attribuita dal decreto-legge, ora soppressa, mentre la nuova competenza è definita da altre disposizioni (del medesimo Capo IV del d.l.).

A tal fine, si è coerentemente espunto dalla disposizione transitoria la sola menzione delle nuove competenze attribuite originariamente dal dl, conservando il resto del testo, assicurando così che la norma transitoria, riferita ora all’intero Capo IV del dl, conservi la sua finalità (fin dall’origine perseguita) di posticipare di 30 giorni l’operatività delle nuove competenze attribuite alle Corte di appello”. Così una nota del Ministero della Giustizia.


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Schedati a vita: l’impossibilità di sparire dalle banche dati

Nonostante le assoluzioni e le archiviazioni, chiunque venga denunciato rischia di rimanere segnato nelle banche dati delle forze dell’ordine per anni. È il caso di molti cittadini che, dopo essere stati coinvolti in indagini, si ritrovano iscritti nelle liste “Interforze”, una banca dati che raccoglie informazioni derivanti da attività di polizia. Secondo l’avvocato Nicola Canestrini (raccolta dalla giornalista Simona Musco per Il Dubbio), che ha richiesto la cancellazione dei dati di alcuni suoi assistiti, l’unico modo per ottenere l’aggiornamento è rivolgersi direttamente alle autorità competenti, ma anche una sentenza di assoluzione non garantisce l’eliminazione automatica dei dati.

La legge prevede che le informazioni vengano conservate per un massimo di 20 anni, creando un paradosso: anche se le accuse erano infondate, le persone coinvolte continuano ad essere registrate e a essere oggetto di sospetti. Nonostante le disposizioni della Corte di Giustizia Europea che impongono la cancellazione dei dati non più necessari, il sistema burocratico italiano rende quasi impossibile ottenere giustizia, alimentando un clima di sfiducia e ingiustizia per i cittadini.


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Il troppo lavoro non giustifica la mancata formazione degli avvocati: la sentenza del Consiglio Nazionale Forense

Roma, 9 luglio 2024 – L’intensa attività lavorativa non può essere utilizzata come giustificazione per non adempiere agli obblighi di formazione e aggiornamento professionale. Questo…

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M5S, Grillo chiede di ripetere il voto sulla Costituente

Beppe Grillo ha richiesto la ripetizione delle votazioni online svolte dai membri del Movimento 5 Stelle sulle modifiche statutarie, tra cui l’abolizione del suo ruolo di garante. La proposta, approvata da oltre il 60% degli iscritti durante il “processo costituente” promosso da Giuseppe Conte, prevede cambiamenti significativi nello statuto del M5S. Grillo, in qualità di garante, ha invocato una clausola che gli consente di chiedere la ripetizione del voto se non ha partecipato almeno la metà degli iscritti aventi diritto.

Giuseppe Conte ha risposto con una dura critica sui social, accusando Grillo di tentare un sabotaggio e di voler minare la democrazia interna al movimento. Nonostante il contenzioso, Conte ha confermato l’intenzione di rivotare le modifiche statutarie per rafforzare la partecipazione democratica.


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Il caso è ancora in fase di valutazione da parte dei pm, che entro la fine dell’anno dovranno decidere se procedere con una citazione diretta a giudizio per Ferragni e gli altri indagati.


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Omicidio Mario Cerciello Rega: Lee Elder condannato a 15 anni

Lee Elder Finnegan è stato condannato definitivamente a 15 anni e due mesi per l’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma nel luglio del 2019. La Corte d’Appello ha ridotto la pena inizialmente inflitta a Elder, che era stata dell’ergastolo in primo grado, a 22 anni in appello, per poi arrivare a 15 anni dopo un passaggio in Cassazione.

Insieme a Elder, era stato accusato anche Gabriele Natale Hjorth, che sconta la sua condanna di 11 anni e 4 mesi agli arresti domiciliari. Nonostante la sua partecipazione alle fasi preparatorie del delitto, la Corte ha distinto il suo ruolo da quello di Elder, ritenendo il suo contributo meno determinante, sebbene il procuratore generale abbia sottolineato la sua responsabilità giuridica nell’omicidio.

Il caso, che ha suscitato polemiche, rimane al centro di discussioni legali, con il sostituto procuratore che ha definito Natale un coautore dell’omicidio, nonostante le sue difese cercassero di attenuare la gravità del suo coinvolgimento.


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Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

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