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DDL Intelligenza Artificiale, OCF: “Avvocatura e magistratura vengano coinvolte in sede istituzionale”

Considerazioni su una legge italiana sull’intelligenza artificiale laddove già esiste un dispositivo comunitario – l’AI Act recentemente approvato dal Parlamento europeo – e, soprattutto, un forte richiamo affinché i portatori di interesse vengano coinvolti su un tema di tali implicazioni, ampiezza e ricadute.

Su questi temi l’Organismo Congressuale Forense, l’organo politico dell’Avvocatura italiana, è intervenuto alla Talk to the Future Week, la 5 giorni organizzata dall’Ordine degli Avvocati di Milano e dedicata al tema dell’Intelligenza artificiale che ha preso avvio ieri per concludersi il 10 maggio.

Accursio Gallo Segretario dell’OCF ha dichiarato: “L’attenzione del Governo all’intelligenza artificiale è senz’altro apprezzabile, tuttavia occorre evitare che la recente proposta governativa di DDL IA si riduca a una sorta di duplicato dell’AI Act europeo, oltre a intervenire sul merito della proposta negli aspetti che ancora appaiono troppo generici”.

Sul primo punto Gallo ha sottolineato che “l’Europa deve esprimere una legislazione chiaramente unitaria, evitando il proliferare di tante differenti legislazioni locali, a meno che non si riesca a distinguere chiaramente tra aspetti ‘quadro’ a livello europeo e singole declinazioni a livello locali, come peraltro già ha fatto la Spagna nel 2021”.

Relativamente all’iter parlamentare che attende il DDL approvato Gallo ha aggiunto: “su un tema di tale portata, come Organismo Congressuale Forense chiediamo si dia avvio a un tavolo in sede istituzionale a cui accreditare componenti fondamentali della società civile quali l’Avvocatura e la Magistratura affinché possano apportare i propri fondamentali contributi sui fronti etico e giuridico”.

Per l’OCF occorrono regole chiare in grado di abilitare l’innovazione e, al tempo stesso, tutelare i diritti delle persone e la stabilità della democrazia, in un quadro normativo italiano evoluto in materia di IA.

Serve inoltre superare alcuni profili di scarsa concretezza presenti nel DDL quali, per fare due esempi: l’art. 4 che riguarda i minori di 14 anni che non possono accedere a sistemi di intelligenza artificiale se non con il consenso dei genitori, non considerando che l’accesso a servizi diffusissimi quale Siri, Alexa o Google Home già rappresenta la regola per adolescenti e bambini; l’art 17 dove relativamente all’ambito sanitario si richiama il diritto a essere informati sui “vantaggi” circa l’utilizzo di tecnologia di IA in termini diagnostici e terapeutici ma non si fa alcun accenno ai potenziali svantaggi e rischi.


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VIII Rapporto Censis sull’avvocatura: dati non confortanti

Quanti sono gli avvocati in Italia? Si riduce, nel 2023, dell’1,3% il numero degli iscritti alla Cassa, ma in diverse regioni del Paese il numero di avvocati per mille abitanti resta uguale o superiore a sei (6,6 in Calabria, 6,0 in Campania, contro una media nazionale pari al 4,0 per mille). La quota delle donne avvocato sul totale torna, nel 2023, a 47,1%, riportando la distribuzione fra uomini e donne avvocato a quella che era nel 2014. Sale a 48,3 anni l’età media degli avvocati, dato lontano dalla media della popolazione italiana che è pari a 46,6 anni; nello stesso tempo, il tasso di dipendenza (cioè, il numero di avvocati attivi per ogni pensionato) è sceso a 6,7 (era 7,7 nel 2019) mentre il numero dei pensionati è cresciuto nel 2023 del 4,5%. Il 2023 ha registrato 8.043 cancellazioni fra gli iscritti a Cassa Forense; 6.393 le nuove iscrizioni, ma il saldo è negativo per 1.650 unità. Inoltre, sono state 5.408 le cancellazioni da parte di donne avvocato, la metà circa con un’anzianità professionale inferiore ai 10 anni. È quanto emerge dall’VIII Rapporto Censis sull’avvocatura, realizzato dal Censis per la Cassa Forense.

Si riduce l’area del «disagio professionale». Il 54,2% degli avvocati, con una leggera diminuzione rispetto al 2023, definisce abbastanza critica o molto critica la propria condizione professionale (al Sud il dato è intorno al 60%). Per il 50,2% degli avvocati le prospettive 2024-2025 restano stabili, ma per il 27,9% non saranno positive. Non a caso, il 34,6% lascerebbe la professione prevalentemente a causa dei costi eccessivi e del basso ritorno economico. I redditi medi annui fra il 2021 e il 2022 crescono del 5,3% e in parte riescono a conservare il potere d’acquisto della categoria, esposto come altre agli effetti dell’inflazione. Sempre fra il 2021 e il 2022 si è consolidato il rimbalzo della ripresa che ha avuto avvio alla fine del 2021: al Sud, fra i giovani e fra le donne avvocato si riscontra un tasso di crescita dei redditi annui superiore alla media (rispettivamente: +8,1% fra le donne 30-34enni e +11,6% fra le 35-39enni, in confronto al +7,5% del Sud e al +9,5% della Calabria).

Cosa deve cambiare e cosa sta cambiando nella professione di avvocato. Nell’ambito dell’assetto normativo della professione, gli avvocati sollecitano: una regolamentazione della figura dei collaboratori di studio, senza però trasformare il professionista in un lavoratore subordinato (è d’accordo il 48,7% degli avvocati); una revisione delle incompatibilità con qualsiasi attività di lavoro subordinato, anche se con orario di lavoro limitato (il 34,9% è d’accordo); l’estensione dell’esclusività dell’attività dell’avvocato in tutti quegli ambiti in cui può sorgere un contenzioso (per il 46,4%). La quota dell’attività stragiudiziale sul totale del fatturato dei professionisti è in media pari al 40,7%. Nello stesso tempo il 63,3% afferma che i metodi di risoluzione delle controversie alternativi al procedimento giudiziale (Adr) allungano i tempi e i costi della giustizia, mentre il 41,7% concorda con il fatto che l’Adr riduce il ruolo degli avvocati e della giurisdizione. Ampia è l’area di scetticismo sul raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr sulla riforma della Giustizia: il 29,7% non crede che la riforma del processo civile verrà portata a compimento nei tempi previsti; un altro 35,1% afferma che gli obiettivi saranno raggiunti solo in parte. L’intelligenza artificiale è percepita dagli avvocati come un’opportunità piuttosto che una minaccia: lo afferma il 58,7% dei professionisti.

L’innovazione passa dagli studi strutturati. Ma forse i più chiari segnali di cambiamento nella professione possono essere individuati dall’esperienza degli studi strutturati. Fra questi emerge soprattutto un fattore comune: la consapevolezza del valore della condivisione delle competenze e delle esperienze professionali, che costituisce il motivo fondamentale della scelta dello studio strutturato. Tale consapevolezza deriva da motivazioni di diversa natura che sono riconducibili a una natura sempre più complessa e articolata della domanda di servizi in campo legale, che richiede la collaborazione e l’intervento di competenze integrate e diversificate e, forse più importante di tutto, la convinzione di poter offrire alla committenza un servizio che garantisca un maggiore livello di qualità complessiva.


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«Accogliamo con favore l’annuncio del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, riguardante l’inserimento dell’avvocato nella Costituzione nel disegno di legge sulla separazione delle carriere. Questo rappresenta un importante riconoscimento della fondamentale funzione degli avvocati nella società. Quale difensore dei diritti e dei principi fondamentali, l’avvocato riveste un ruolo cruciale nel garantire la tutela dei diritti dei cittadini. Il rafforzamento della posizione dell’avvocato nella Carta non solo conferisce un riconoscimento formale alla nostra professione e rappresenta un passo significativo verso la salvaguardia dell’indipendenza e dell’autonomia degli avvocati, ma assicura anche un beneficio per la magistratura, consolidando la complessiva autonomia della giurisdizione da ogni altro potere».

Lo ha detto il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Francesco Greco, intervenendo questa mattina alla presentazione del Rapporto sull’avvocatura 2024 realizzato da Cassa Forense in collaborazione con il Censis.


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Nel 2023 si è ridotto dell’1,3% il numero degli avvocati iscritti a Cassa Forense. In alcune regioni del Paese il numero dei legali ogni mille abitanti rimane uguale oppure superiore a 6, mentre la media nazionale corrisponde a 4 legali ogni mille abitanti.

Le avvocate ritornano al 47,1%: dunque, la distribuzione tra uomini e donne avvocato ritorna ai livelli del 2014. L’età media dei legali sale a 48,3 anni. Il numero di avvocati attivi per pensionato scende a 6,7 e il numero dei pensionati ha registrato un aumento del 4,5%.

Sono state registrate 8.043 cancellazioni fra gli avvocati iscritti alla Cassa, mentre le nuove iscrizioni sono state 6.393. Tuttavia, la differenza è in negativo, pari a 1.650 unità.

Ci sono state, inoltre, 5.408 cancellazioni di avvocate, la metà delle quali con un’anzianità professionale che non raggiunge i 10 anni.

Questo è quanto emerso dal VIII Rapporto Censis sull’Avvocatura.

Il 54,2% degli avvocati ritiene che la propria condizione professionale sia abbastanza o molto critica. La percentuale aumenta al Sud, pari al 60%.

Per il 50,2% degli avvocati le prospettive per il 2024-2025 rimangono stabili, mentre non saranno positive per quasi il 28%. Il 34,6% dei legali abbandonerebbe la professione visti i costi troppo elevati e il poco ritorno economico.

I professionisti sollecitano:

  • La regolamentazione dei collaboratori di studio, senza trasformarli in lavoratori subordinati;
  • La revisione delle incompatibilità con le attività di lavoro subordinato;
  • L’esclusività dell’attività dell’avvocato negli ambiti in cui potrebbe nascere un contenzioso.

Il 63,3% degli avvocati ritiene che l’Adr allunghi tempi e costi, mentre il 41,7% pensa che tale pratica riduca il ruolo della giurisdizione e degli avvocati.

C’è molto scetticismo circa il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr relativi alla riforma della Giustizia: infatti, il 29,7% ritiene che la riforma del processo civile non avverrà nei tempi predisposti, mentre il 35,1% pensa che gli obiettivi verranno raggiunti soltanto in parte.

Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, invece, gli avvocati la vedono come un’opportunità, e non come una minaccia.


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legge ue violenza di genere

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Il Consiglio dell’Ue, dopo mesi di negoziati, ha approvato una direttiva per il contrasto della violenza di genere. Si tratta del primo strumento Ue che propone standard comuni per contrastare la violenza di genere.

Gli Stati membri dovranno rendere reato i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili e le violenze informatiche (stalking online, revenge porn, molestie e istigazione alla violenza).

Non esiste, tuttavia, una definizione di “stupro” comune, poiché nel corso delle negoziazioni l’argomento è stato molto discusso e contestato. Italia e Grecia, per esempio, avevano richiesto che la definizione fosse inclusa nella direttiva, mentre Francia e Germania credevano che non rientrasse nelle competenze Ue.

Nessuna definizione comune, dunque, è stata inclusa nella direttiva. Secondo Ana Redondo, ministra spagnola per l’uguaglianza, la legge è «un buon punto di partenza», anche se avrebbe privilegiato «regole più ambiziose».

Gli Stati Membri, ora, hanno tre anni di tempo per recepire tale direttiva. Sono state stabilite pene minime che vanno da uno a cinque anni di reclusione, con aggravanti se le violenze riguardano coniugi, minori, ex partner, ex coniugi, personaggi pubblici, attivisti e giornalisti.

Grazie alla direttiva sarà più semplice denunciare i casi di violenza domestica, approfondendo le norme circa la protezione e l’assistenza delle vittime. Gli Stati membri dovranno adottare misure per la prevenzione della vittimizzazione secondaria.

Nei procedimenti penali saranno ammesse prove quali atti sulle abitudini sessuali di chi ha subito violenza, ma soltanto nel caso in cui siano necessarie per il procedimento penale.


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Nordio: “Al via Cabina di regia con avvocati, commercialisti e notai”

Partirà a breve una cabina di regia presso il Gabinetto del Ministro della Giustizia con i Consigli Nazionali degli Avvocati, dei Commercialisti e dei Notai. Ad annunciarlo lo stesso Ministro Carlo Nordio nel suo intervento agli Stati generali dei Commercialisti, in corso di svolgimento a Roma.

“Questa iniziativa – ha spiegato il ministro Nordio – ci consentirà di aprire un canale di ascolto e collaborazione permanente con le professioni del comparto economico-giuridico su tutti i temi riguardanti questo settore e che l’esecutivo si troverà ad affrontare. Si tratta di una novità che testimonia la volontà del Governo di coinvolgere le professioni così significative per il nostro sistema economico e giuridico già nella fase di formazione delle norme, in una logica consultiva e di supporto all’attività normativa del Ministero”.

Per il Presidente dei Commercialisti, Elbano de Nuccio, “questa iniziativa si inserisce nel solco del modello di interlocuzione concomitante con il Governo già in essere con altri dicasteri ed ampiamente sperimentato anche con il Ministero della Giustizia. L’impostazione che la nostra categoria ha dato al suo lavoro, ossia quella di un confronto costante e concomitante con le istituzioni affinché ragioni e competenze delle professioni siano ascoltate non più solo a valle della elaborazione normativa, ma già a monte, sta dando risultati concreti. La collaborazione con avvocati e notai rappresenta il modello di interlocuzione tra professioni in cui questo Consiglio crede fermamente. Da oggi le nostre tre realtà – circa 365mila professionisti – sono insieme e con forza in campo in un lavoro in sinergia con la Giustizia e al servizio del Paese”.

“La collaborazione tra le professioni si consolida grazie a questa importante iniziativa del Ministero della Giustizia – ha affermato Giulio Biino, Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato –, che promuove la stabilità di una interlocuzione in modo da garantire efficacia e tempestività nel contributo che i professionisti dell’area economico-giuridica possono dare alla produzione legislativa delle istituzioni e all’applicazione delle norme da parte della Pubblica Amministrazione. Il Notariato c’è ed è pronto a fare la sua parte al fianco degli avvocati e dei commercialisti”.

“Accogliamo con grande favore l’iniziativa del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, di costituire una cabina di regia per un dialogo costante e costruttivo tra il Ministero e le professioni del comparto economico-giuridico – ha concluso Francesco Greco, Presidente del Consiglio Nazionale Forense –. La creazione di questa struttura testimonia ulteriormente l’attenzione verso le professioni e la volontà di coinvolgere avvocati, commercialisti e notai nel processo consultivo dell’attività ministeriale. È un segnale positivo che riconosce l’importanza del contributo delle professioni nel promuovere la certezza del diritto e sostenere lo sviluppo economico del Paese”.


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Giustizia, Trentini (Unaep), su avvocato in Costituzione con Nordio si passa dalle parole ai fatti

 “L’introduzione della figura dell’avvocato nella nostra Costituzione è una battaglia di civiltà che come Avvocati della Pubblica Amministrazione stiamo portando avanti da tempo e siamo finalmente soddisfatti nel vedere che con l’attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, c’è la concreta intenzione di passare dalle parole ai fatti“. Lo afferma in una nota l’avvocato Antonella Trentini, presidente dell’Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici (Unaep), che commenta le parole del ministro Nordio pronunciate durante gli stati generali dell’ordine dei commercialisti in corso oggi a Roma.

L’Italia, benché culla del diritto, sconta un ritardo notevolissimo sulla protezione dei tutori della legalità e della difesa, sia con riguardo agli altri Paesi europei, sia con riguardo a Paesi extraeuropei“, afferma il presidente Unaep. “Il riconoscimento del ruolo dell’avvocato passa solo dalla Costituzione, da attuarsi mediante una modifica o dell’art. 111 o dell’art. 24, in cui inserire la libertà e l’autonomia del professionista e la necessità della difesa tecnica, da rendere paritetiche all’autonomia e libertà del giudice”.

Le parole del ministro Nordio – conclude l’avvocato Trentini – ci fanno ben sperare che anche nei politici stia maturando la convinzione che senza portare sullo stesso piano l’avvocatura e la magistratura qualsiasi riforma di qualsiasi processo non otterrà mai una vera funzionalità in linea con i tempi, oramai maturi per tale riforma, l’unica davvero innovativa in termini di civiltà giuridica e di effettività delle modifiche, perché se non si parte ponendo sullo stesso piano costituzionale – e dunque di garanzia – le parti del processo, quella che deve difendere e quella che deve decidere, qualsiasi riforma sarà sempre destinata a non produrre gli effetti voluti“.


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Si sta diffondendo un nuovo malware sui sistemi Android: in pratica, le vittime vengono indotte a scaricare un finto antivirus, che, nella realtà, è un programma malevolo molto dannoso.

Tutto è partito dalla Finlandia, espandendosi successivamente nel resto del mondo. I primi casi sono stati infatti segnalati da Traficom, l’Agenzia finlandese per i trasporti e le comunicazioni.

Le vittime ricevono un SMS, che chiede di ricontattare un numero di telefono. Se chiamiamo il numero di telefono in questione, un “operatore” ci convincerà a scaricare una presunta app McAfee, poiché il nostro dispositivo è a “rischio malware”.

Tuttavia, il malware è proprio l’antivirus, che attacca home banking e i servizi che conservano dati sensibili e bancari nel dispositivo. Spesso, soprattutto con utenti meno esperti, la telefonata con il finto operatore potrebbe infondere una sensazione di sicurezza, che porta a cadere più facilmente nel tranello.

In Finlandia, per esempio, un utente ha perso ben 100.000 dollari a causa di questa truffa. Il malware in questione corrisponde ad un file APK, che non può essere scaricato dal Play Store o da qualsiasi altra fonte ufficiale: questo è il principale campanello d’allarme che dovremmo ascoltare.

Nessuna azienda seria, infatti, chiederebbe mai agli utenti di scaricare file APK.

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L’Avvocatura salernitana è scossa dalla notizia dell’avvocato Alfonso Botta, minacciato e stalkerizzato da un suo cliente, nonostante le sue richieste di tutela non ascoltate.

Dichiara Gaetano Paolino, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Salerno: «I fatti che si sono verificati in questi giorni ai danni del collega penalista sono gravissimi tenuto conto che il collega, pur esercitando il mandato ricevuto dal cliente con la consueta diligenza e deontologia, è stato vittima di ripetute aggressioni e di gravissimi, non tollerabili, atti vandalici. Conosco bene Alfonso e la sua professionalità, ed esprimo nei suoi confronti e della famiglia piena solidarietà, con fermezza e affetto, a nome mio e del Consiglio».

«Confido che le azioni della magistratura e delle forze dell’ordine», aggiunge, «già prontamente intervenute a tutela del collega e della famiglia, continueranno ad essere idonee e incisive anche attraverso la necessaria attività di tutela e vigilanza per evitare che non si verifichino più episodi analoghi».

È notorio che l’attività che, quotidianamente, viene svolta dagli avvocati, specie negli ambiti del diritto penale, sia estremamente delicata e che siano necessarie tempestive ed efficaci tutele. Come Consiglio continueremo a vigilare e a impegnarci ancora di più per garantire il rispetto pieno delle funzioni e lo svolgimento libero e indipendente dell’attività. Ribadisco la piena solidarietà al collega Alfonso Botta al quale assicureremo, ove necessario, l’assistenza necessaria per l’immediato futuro», conclude.

Valentina Restaino, tesoriere nazionale di M.G.A. Sindacato nazionale forense solleva un’altra questione, ovvero la mancanza di strutture sanitarie adeguate e soprattutto l’assenza di assistenza per le persone con disagio psicologico.

Dichiara a Il Mattino Restaino: «Senza dubbio noi avvocati siamo terminali delle insoddisfazioni e delle difficoltà dei nostri clienti. Ma non più e non meno di altre categorie professionali, penso ad esempio ai medici di pronto soccorso. Al di là della misura cautelare adottata dal giudice, sulla quale non posso esprimermi non conoscendo le carte, mi chiedo, leggendo il racconto dei fatti, come mai all’aggressore non sia mai stato fatto un Tso».

Prosegue: «Ogni giorno ci scontriamo con il mal funzionamento delle Rems e dei protocolli da adottare nei confronti di persone che hanno problemi psicologici e che spesso, una volta terminato il Tso o scontata la pena, continuano ad essere abbandonati a se stessi. Se hanno famiglie che possono sostenerli oltre a loro sono abbandonate anche le famiglie. Su questo punto occorrerebbe davvero una modifica del quadro normativo».


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«Apprendiamo che il Governo, dopo molteplici dichiarazioni di intenti, ha deciso di presentare il proprio disegno di legge sulla separazione delle carriere di Giudici e Pubblici Ministeri prima del prossimo appuntamento elettorale. Il tema della separazione delle carriere, era stato ormai da tempo dimenticato dalla politica, ed è stato posto nuovamente al centro del dibattito pubblico dal percorso intrapreso nel 2017 dall’Ucpi di raccolta delle firme per la presentazione di una legge costituzionale di iniziativa popolare». Così in una nota l’Unione Camere Penali Italiane.

«Si è così tornati a discutere di un argomento fondamentale per la giustizia penale del Paese, che si era voluto accantonare, per non urtare le sensibilità di una magistratura chiusa nelle sue dinamiche corporative e non potremo che essere soddisfatti se l’iter legislativo prendesse finalmente avvio. Si tratta – sottolineano i penalisti – di una riforma necessaria al fine di realizzare nel processo la figura di quel giudice terzo voluto dall’art. 111 della Costituzione, separato dall’accusa e dalla difesa, garante dei diritti dei cittadini».

«Nel merito non abbiamo mai pensato che la nostra proposta fosse immodificabile e non potesse subire interventi correttivi anche migliorativi e valuteremo pertanto laicamente anche l’ipotesi dell’introduzione dell’Alta Corte per il disciplinare dei magistrati e quella del sorteggio temperato per l’elezione dei componenti togati del Csm, quando potremo leggere il testo elaborato dal Governo. Resta fermo che la necessaria separazione delle carriere dovrà essere attuata nel rispetto dell’indipendenza della magistratura che rappresenta un bene fondamentale per la tenuta della nostra democrazia. Siamo altresì convinti che la obbligatorietà dell’azione penale debba essere conservata e che tuttavia, stante la peculiare natura di tale principio, lo stesso debba essere democraticamente modulato nella sua concretezza», conclude la nota.


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