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Obbligo formativo. L’esonero ha valore retroattivo

Un avvocato diventa oggetto di un procedimento disciplinare da parte del COA di riferimento per non aver rispettato l’obbligo formativo nel trienni 2008/2010, come previsto dall’art. 9 del regolamento di formazione continua.

L’avvocato ricorre al CNF che ne accoglie parzialmente la richiesta, modificando la sanzione da censura ad avvertimento.
Il CNF non è d’accordo con il ricorrente e ritiene che l’obbligo formativo non possa considerarsi adempiuto “anche attraverso una professionalità aliunde acquisita sul campo e mediante lo svolgimento ad alti livelli della professione forense”, tantomeno attraverso una formazione autonoma. Ancor meno giustifica la mancata formazione a causa di “impegni professionali ritenuti assorbenti”.

L’avvocato però non è soddisfatto e si rivolge in Cassazione evidenziando come la decisione del CNF non abbia tenuto conto dell’esclusione all’obbligo di formazione da parte degli avvocati ultrasessantenni.

Il legale ha infatti superato i 60 anni proprio nel triennio di riferimento. Pertanto, ai sensi dell’art. 11 della i. n. 247/2012, in vigore al momento dell’applicazione della sanzione disciplinare, il legale era già escluso dall’obbligo formativo.

La Cassazione ritiene il motivo fondato.

OBBLIGO FORMATIVO E RETROATTIVITÀ

Del resto, è lo stesso Regolamento sulla formazione continua n. 6/2014 del Cnf all’art. 15 a prevedere che “Sono esentati dall’obbligo di formazione […] gli avvocati dopo venticinque anni di iscrizione all’albo o dopo il compimento del sessantesimo anno di età”.

Secondo la Cassazione, questa disposizione si applica anche retroattivamente, poiché nel caso in questione si può fare riferimento all’art. 65 della legge n. 247/2012 che al comma 1 dice:

“Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate”

E al comma 5 aggiunge:

“Le norme contenute nel codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato.”

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Vaccinazione nei luoghi di lavoro, anche negli studi professionali

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Vaccinazione nei luoghi di lavoro, anche negli studi professionali

Il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS – CoV-2/Covid 19 nei luoghi di lavoro” è il piano per diffondere il vaccino attraverso i luoghi di lavoro, compresi gli studi professionali.

Sottoscritto da Confprofessioni il 6 aprile scorso, il Piano punta:
– ad accrescere la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro,
– a velocizzare il piano vaccinale nazionale per controllare la diffusione della pandemia.

L’obiettivo è, ovviamente, la ripresa celere delle attività produttive e sociali del paese.

IL PROTOCOLLO CONDIVISO DI AGGIORNAMENTO

Al documento è seguito il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” che va ad aggiornare i precedenti Protocolli sottoscritti successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare quelli del 14 marzo e il 24 aprile 2020.

Allo stato attuale, le attività produttive possono continuare solo in presenza di condizioni che assicurino ai lavoratori adeguati livelli di protezione. Il mancato rispetto delle misure di tutela può determinare la sospensione dell’attività fino a che le condizioni di sicurezza non vengano ripristinate.

VACCINAZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO

Il protocollo per le vaccinazioni all’interno delle aziende e degli studi professionali è composto da 16 punti, di cui ora diamo una veloce panoramica:

1 La vaccinazione dei dipendenti di un’azienda o di uno studio rientra tra le attività di sanità pubblica.

2 I datori di lavoro possono manifestare l’intenzione di predisporre punti straordinari di vaccinazione nei luoghi di lavoro per somministrare il vaccino ai dipendenti che ne abbiano fatto richiesta.

3 Nella predisposizione dei piani aziendali, i datori si muovono secondo le regole del Protocollo del 24 aprile 2020, con il supporto del medico competente e di altri eventuali organismi aziendali.

4 I datori presentano i piani all’azienda sanitaria di riferimento.

5 I datori devono specificare il numero di vaccini richiesti per permettere all’azienda sanitaria di organizzarsi con la fornitura.

6 I costi per la realizzazione del piano e per la somministrazione dei vaccini sono a carico del datore, mentre la fornitura dei vaccini, dei dispositivi di somministrazione (aghi e siringhe), degli strumenti formativi e di registrazione è a carico dei servizi sanitari regionali.

7 I dipendenti devono essere informati a dovere sull’iniziativa.

8 Le adesioni alla vaccinazione da parte dei lavoratori devono essere volontarie, la raccolta deve rispettare la riservatezza ed evitare forme di discriminazione.

9 Il medico competente informa i lavoratori su vantaggi e rischi della vaccinazione, sul tipo di vaccino disponibile, acquisisce il consenso informato, valuta lo stato di salute del richiedente.

10 La vaccinazione avviene a opera di personale sanitario formato e nei luoghi dell’azienda che rispettino criteri di idoneità.

11 Il medico competente si occupa della registrazione delle vaccinazioni, sempre nel rispetto della riservatezza dei dati personali.

12 I datori possono scegliere di non svolgere la vaccinazione in azienda ma in strutture sanitarie private, mediante convenzioni, con oneri a proprio carico ad esclusione del costo dei vaccini che è assicurato dai servizi sanitari regionali.

13 I datori di lavoro esclusi dalla nomina del medico competente e che non possono affidarsi a strutture private possono avvalersi delle strutture sanitarie INAIL. Trattandosi di un’iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri sono a carico dell’INAIL.

14 Nel caso si affidi a una struttura sanitaria privata o all’INAIL, il datore deve comunicare il numero di dipendenti che si vaccineranno. Sarà la struttura ad occuparsi degli aspetti organizzativi e di registrazione.

15 Se la vaccinazione avviene durante l’orario di lavoro, il tempo richiesto rientra in questo.

16 Ai medici competenti e al personale sanitario di supporto è offerto un corso di formazione tramite la piattaforma ISS. Verrà predisposto materiale informativo destinato ai datori di lavoro e ai dipendenti.

Per maggiori informazioni, qui il link al “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro“.

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Riforma della giustizia tributaria, istituita la Commissione di lavoro

Con il comunicato n.72 dello scorso 12 aprile 2021, i Ministeri dell’Economia e delle Finanze e della Giustizia hanno dato notizia dell’istituzione della Commissione interministeriale che si occuperà della riforma della giustizia tributaria.

In particolare, la commissione si formulerà proposte per la riduzione degli arretrati e della durata dei processi.

Come riportato nello stesso comunicato, solo nel ricorso in Cassazione il contenzioso tributario “rappresenta una delle componenti principali dell’arretrato accumulato” con “50.000 ricorsi pendenti stimati a fine 2020” e “una percentuale di riforma delle decisioni di appello del 45%“.

Ci si aspetta dunque che la Commissione interministeriale sulla giustizia tributaria trovi delle soluzioni che vadano a modificare l’ordinamento processuale, alleggeriscano il carico di lavoro e velocizzino i tempi. 

LA COMMISSIONE PER LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA

La Commissione è formata da 16 componenti, presieduta da Giacinto della Cananea, docente di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi di Milano e componente del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, e con vicepresidente Fabrizia Lapecorella, Direttore generale delle Finanze presso il Mef.

La Commissione presenterà ai Ministri, entro il 30 giugno 2021, una relazione sui lavori svolti e sulle proposte di intervento.

SULLA RIFORMA

Nel comunicato dei due Ministeri si legge:

“Una riforma strutturale della giustizia tributaria rientra tra le priorità d’azione indicate dal Governo ed è coerente con le indicazioni dell’Unione europea.”

L’idea di una riforma non è però una novità di questo momento.
Sono già in corso due indagini conoscitive, una presso la Commissione Finanze della Camera e una presso la Commissione Finanze del Senato. Entrambe hanno come obiettivo raccogliere dati per formulare una riforma del sistema tributario, che va dalla revisione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche al potenziamento della giustizia tributaria.

Qui il tsto completo del comunicato stampa n.72 “Giustizia tributaria, al via la commissione interministeriale Giustizia-MEF“.

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CNF e Decreto Sostegni. Gli emendamenti

Il CNF ha preparato un pacchetto di emendamenti al Decreto Sostegni D.L. 41/2021.

Le modifiche richieste riguardano gli ISA, la ritenuta d’acconto, i versamenti di autoliquidazione.

La presidente facente funzioni del Cnf, Maria Masi, ha sottolineato l’urgenza di adottare misure a sostegno degli avvocati che, nonostante la pandemia «hanno continuato a svolgere il proprio lavoro nelle condizioni consentite, non di rado mettendo a rischio la propria salute e la propria sicurezza personale per continuare a garantire il diritto di difesa di ogni persona».

In particolare, è necessario alleggerire la «pressione fiscale sugli avvocati, considerato che le vicende di carattere eccezionale ed emergenziale continueranno a incidere in maniera rilevante anche sul periodo d’imposta 2021».

LE RICHIESTE DEL CNF

Come riporta sul sito del Consiglio Nazionale Forense, le richieste sono le seguenti:

– la disapplicazione degli Isa, gli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale;
– la compensazione dei debiti fiscali tramite crediti per spese, diritti e onorari spettanti agli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, senza alcun limite di carattere finanziario e temporale;
– l’estensione di un mese, fino al 30 giugno, della disapplicazione della ritenuta d’acconto per i contribuenti che non hanno dipendenti e che presentano ricavi non superiori a 400.000 euro nel periodo di imposta 2019
– la sospensione dei versamenti da autoliquidazione con scadenza ad aprile, maggio e giugno 2021.

Come riportato in un articolo su Il Dubbio, le proposte del CNF sono in linea a quelle presentate dai Consigli nazionali di altre professioni.

La senatrice Fiammetta Modena, componente delle commissioni Bilancio e Giustizia, ritiene che gli emendamenti verranno approvati, soprattutto quello relativo alla compensazione tra imposte e crediti derivanti dal patrocino a spese dello Stato. Vi è infatti un precedente con la legge di bilancio 2016.
Gli emendamenti proposti dal Cnf potrebbero trasformarsi negli artt. 6-bis, 6-ter, 6-quater, del Decreto Sostegni.

Qui il testo completo del comunicato sugli emendamenti presentati dal CNF.

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Cassa Forense aiuta gli avvocati under 35

Esame avvocato in partenza al 20 maggio

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Cassa Forense aiuta gli avvocati under 35

Segnaliamo un’iniziativa di Cassa Forense a favore dell’accesso al credito da parte degli avvocati under 35.

Tra le varie misure previste dal Regolamento per l’erogazione dell’assistenza, Cassa Forense ha previsto un nuovo bando riguardante prestiti in favore dei giovani avvocati iscritti.

Il bando prevede di coprire somme da 5 mila 15 mila euro, rimborsabili anche in 5 anni.

L’obiettivo è permettere agli avvocati under 35, coloro cioè che si trovano all’inizio della propria attività professionale, di alleviare il peso delle spese necessarie all’avviamento di uno studio.

IL BANDO: BENEFICIARI E REQUISITI DI AMMISSIONE

Possono partecipare al bando tutti gli iscritti a cassa forense che non abbiano compiuto il 35° anno di età alla data di presentazione della domanda. Sono esclusi i praticanti.

Il richiedente:

– deve essere iscritto alla Cassa da almeno due anni, vanno conteggiati anche eventuali periodi di praticantato;
deve essere in regola con le comunicazioni reddituali alla Cassa (Modelli 5);
– deve aver dichiarato, nell’ultimo Modello 5, un reddito netto professionale non superiore ad € 40.000,00;
non deve aver beneficiato delle agevolazioni previste dal medesimo bando presentato negli anni 2017, 2018, 2019 e 2020.

Il sostegno di Cassa Forense nel coprire gli interessi è valido solo in presenza dell’iscrizione all’Ente. Nel caso in cui l’avvocato beneficiario si cancellasse, il contributo andrebbe a cadere e il pagamento integrale degli interessi ricadrebbe sul professionista.

ULTERIORI INFORMAZIONI

L’ammissione al credito è sottoposta all’insindacabile giudizio della Banca Popolare di Sondrio, a cui è affidata l’erogazione delle quote.

Cassa Forense si fa carico al 100% degli interessi passivi da versare all’Istituto di credito, fino ad esaurimento dell’importo disponibile, pari ad € 1.000.000,00.

Inoltre, Cassa Forense fornisce agli iscritti con un reddito professionale inferiore ad € 10.000,00 la garanzia fideiussoria, sempre fino a esaurimento dell’importo disponibile, pari ad € 2.500.000,00.

I beneficiati sono tenuti a sottoscrivere il contratto di prestito con Banca Popolare di Sondrio. Il contratto va firmato entro i 60 giorni successivi alla comunicazione di ammissione e la mancata firma fa decadere il beneficio.

COME PRESENTARE LA DOMANDA

La richiesta di ammissione al bando va inviata entro il 30 ottobre 2021 a Cassa tramite la procedura online presente sul sito web dell’Ente. Le domande presentate in modalità diversa da questa non saranno considerate.

Alla domanda va allegata un’autocertificazione in cui indicare le finalità del prestito. Cassa Forense mantiene il diritto di verificare, anche a posteriori, la veridicità di quanto dichiarato.

Le domande verranno considerate seguendo la data di presentazione, fino ad esaurimento dei fondi disponibili.

Per una panoramica completa e approfondita delle condizioni, vi consigliamo di leggere il testo completo del bando per servizio di prestiti agli iscritti under 35 – anno 2021 di Cassa Forense.

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Esame avvocato in partenza al 20 maggio

Il futuro dei concorsi pubblici sta nell’Intelligenza Artificiale?

esame avvocato servicematica

Esame avvocato in partenza al 20 maggio

Finalmente si procederà con l’esame avvocato 2020, già rimandato due volte a causa delle difficoltà dovute alla pandemia. Lo scorso 13 aprile 2021 è infatti stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto attuativo che ne stabilisce le modalità.

L’esame coinvolgerà circa 26 mila candidati.

ESAME AVVOCATO E PANDEMIA

Entro il 24 aprile dovranno essere scelte le materie, mentre si sa già che le prove orali avverranno a partire dal 20 maggio.

A proposito delle date delle prove, a marzo la Min. Cartabia aveva dichiarato:

Potrà esserci uno slittamento di poche settimane, rispetto alle date di metà aprile, per l’avvio delle sessioni, ma confidiamo di concludere entro luglio, cioè per la stessa epoca in cui di solito si completa la correzione degli scritti”.

Dato il perdurare della pandemia, l’esame avvocato verrà svolto secondo modalità straordinarie: nessuna prova scritta, bensì due prove orali.

LE DUE PROVE ORALI

La prima prova verte attorno un quesito di stampo pratico-applicativo in una materia, a scelta del candidato, tra diritto civile, penale o amministrativo.
Il candidato ha a disposizione un’ora dalla dettatura del quesito: mezz’ora per l’esame preliminare, mezz’ora per la discussione vera e propria.

Alla seconda prova sono ammessi i candidati che hanno conseguito nella prima almeno 18 punti. La prova riguarda 5 materie, oltre a ordinamento e deontologia forense. Il tempo a disposizione va dai 45 ai 60 minuti.

Nella seduta che ha portato alla firma del Decreto sull’esame avvocato, la Min. Cartabia ha indicato i 1.500 membri delle sottocommissioni esaminatrici.
Per questa edizione, il numero delle sottocommissioni sarà maggiore, ma il numero di componenti diminuisce, da 5 a 3. Per la prima volta, poi, potranno far parte delle commissioni anche i ricercatori universitari a tempo determinato e i magistrati militari.

A seguito della pubblicazione del Decreto, la Commissione centrale si occuperà del sorteggio delle Corti di appello. Successivamente, verrà estratta la lettera alfabetica da cui inizieranno le prove e verrà stabilito il calendario.

Il singolo candidato riceverà notizie sulla data e luogo d’esame almeno 20 giorni prima dello svolgimento della stessa. Il candidato deve rendere noto, entro il 24 aprile, quali siano le materie scelte per le prove. La mancata comunicazione verrà interpretato come una rinuncia alla prova.

La prima prova orale si svolge in modalità ibrida. Il candidato sarà presente nella sede d’esame insieme al segretario della sottocommissione; gli altri componenti della commissione saranno invece collegati da remoto.

Le prove sono pubbliche, ma da remoto. Significa che possono collegarsi alla videoconferenza fino a 40 partecipanti che ne facciano richiesta, a patto che disattivino microfoni e telecamere.

COSA SUCCEDE IN CASO DI POSITIVITÀ A COVID

Se un candidato scopre di essere positivo al COVID o dimostra di non poter partecipare all’esame per comprovati motivi di salute, può chiedere il rinvio della prova al presidente della sottocommissione.

La nuova prova dovrà comunque avvenire entro 10 giorni dalla fine delle condizioni limitanti.

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Il futuro dei concorsi pubblici sta nell’Intelligenza Artificiale?

Parcelle avvocati, valido il potere di opinamento dei COA

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Il futuro dei concorsi pubblici sta nell’Intelligenza Artificiale?

Nel Recovery Plan è previsto un piano di assunzioni nell’amministrazione pubblica il cui obiettivo è rafforzare il sistema in vista delle riforme del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Le assunzioni dovrebbero dare nuova linfa vitale a una PA italiana malconcia, caratterizzata da scarse competenze e un’età media del personale elevata.

I Ministro per la Semplificazione, Renato Brunetta, ha proposto di migliorare la selezione del personale attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale nei concorsi pubblici.

Il deputato Alessandro Fusacchia, a capo dell’intergruppo parlamentare sull’Intelligenza Artificiale, ha proposto un’interrogazione parlamentare per capire “in cosa consista esattamente il ricorso all’intelligenza artificiale”.

Come spiegato nell’articolo Intelligenza artificiale nei concorsi pubblici? Il Governo faccia attenzione a questi problemi, pubblicato su Agenda digitale e da cui prendiamo spunto, l’AI è uno strumento valido ma delicato, sopratutto a causa del rischio di discriminazioni.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E GDPR

L’applicazione dell’Intelligenza Artificiale ai concorsi pubblici mal si inserisce nella cornice data dall’articolo 22 del GDPR.

“Processo decisionale automatizzato relativo alle persone fisiche, compresa la profilazione”

1. L’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona.

2. Il paragrafo 1 non si applica nel caso in cui la decisione:

a) sia necessaria per la conclusione o l’esecuzione di un contratto tra l’interessato e un titolare del trattamento;

b) sia autorizzata dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento, che precisa altresì misure adeguate a tutela dei diritti, delle libertà e dei legittimi interessi dell’interessato;

c) si basi sul consenso esplicito dell’interessato.

3. Nei casi di cui al paragrafo 2, lettere a) e c), il titolare del trattamento attua misure appropriate per tutelare i diritti, le libertà e i legittimi interessi dell’interessato, almeno il diritto di ottenere l’intervento umano da parte del titolare del trattamento, di esprimere la propria opinione e di contestare la decisione.

4. Le decisioni di cui al paragrafo 2 non si basano sulle categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9, paragrafo 1, a meno che non sia d’applicazione l’articolo 9, paragrafo 2, lettere a) o g), e non siano in vigore misure adeguate a tutela dei diritti, delle libertà e dei legittimi interessi dell’interessato.

Per prima cosa, bisogna dunque capire se sia possibile garantire che i candidati ai concorsi pubblici non vengano valutati solo tramite sistemi automatizzati.

Anche il consenso al trattamento dei dati è problematico, poiché vi è uno squilibrio di potere tra l’interessato (il candidato) e il titolare del trattamento (la PA).

Per applicare l’Intelligenza Artificiale ai concorsi pubblici è necessario avere una legge più precisa, che indichi misure chiare a tutela degli interessi dei candidati.

Intanto, al GDPR presto si affiancherà il Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale.
Come spiegato dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, lo scopo del Regolamento è promuovere un’intelligenza artificiale trasparente e affidabile, tutelando i diritti fondamentali delle persone, soprattutto nelle applicazioni che presentano un elevato rischio di discriminazioni ed errori.

GLI ALGORITMI E IL RISCHIO DI DISCRIMINAZIONI

Gli algoritmi alla base dell’Intelligenza Artificiale sono creati da tecnici a partire da dati. L’AI non è capace di riflessione: analizza ciò che ha a disposizione e poi impara dall’esperienza.

Il rischio è che il set di dati su cui viene costruita l’AI porti involontariamente a forme di discriminazione sulla base dell’etnia, del sesso, del stato di salute o altri dettagli personali.

Senza contare l’eventuale mancanza di trasparenza su dati utilizzati per la costruzione dell’AI, ulteriore fattore di rischio.

Giusto per fare capire quanto l’Intelligenza Artificiale possa risultare discriminante, vi portiamo il caso di Amazon.

Nel 2015 l’azienda selezionava il personale attraverso un sistema AI basato sui curricula ricevuti e valutati nei 10 anni precedenti. Poiché in quell’arco di tempo Amazon non aveva mai assunto donne per quei ruoli, l’algoritmo aveva imparato a escludere le candidature femminili, indipendentemente dalle loro potenzialità.

CONCLUSIONI

Come si può applicare l’Intelligenza Artificiale ai concorsi pubblici di casa nostra?

Lo spiega ancora Fusacchia: “per questi concorsi non si può eliminare il contatto diretto tra chi seleziona e chi è selezionato, né ridurre tutta la selezione a test per quanto perfezionati e a titoli valutati attraverso algoritmi.
[…] È possibile conciliare la velocità con l’uso di strumenti di selezione più adeguati, lasciando alle commissioni una responsabile discrezionalità nella selezione dopo una verifica che, specie per le posizioni più qualificate, deve dare un peso non secondario anche alle competenze psico-attitudinali, alle capacità organizzative, e – importantissime – alle motivazioni”.

 

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Parcelle avvocati, valido il potere di opinamento dei COA

Lo scorso 19 febbraio, il CNF ha emesso una delibera con cui si è espresso a proposito del persistere o meno del potere di opinamento da parte dei COA nel momento in cui un avvocato acceda al procedimento monitorio per ottenere la liquidazione della propria parcella.

ABROGAZIONE DEL SISTEMA TARIFFARIO E SUPERAMENTO DEL POTERE DI OPINAMENTO

Il 10 febbraio 2021 il COA di Torino, con una propria delibera, ha manifestato la propria posizione riguardo l’orientamento locale secondo cui, abrogato il sistema tariffario, non sia più necessario per un avvocato accedere al procedimento monitorio per ottenere la liquidazione delle parcelle esibendo le stesse insieme al parere di congruità reso dal COA (articoli 633, comma 1, n. 3, e 636 c.p.c.).

In sostanza, tale orientamento sostiene che l’abrogazione del sistema tariffario derivante dall’articolo 9 del D.L. n. 1/2012, abbia determinato implicitamente non solo l’abrogazione degli articoli sopracitati ma il superamento del potere di opinamento delle parcelle da parte del COA.

LE CONSIDERAZIONI DEL CNF

Il CNF spiega che l’abrogazione del sistema tariffario non ha cancellato il potere di opinamento da parte del COA.
Nel testo della delibera si legge che:

– “la portata abrogativa del menzionato art. 9 riguarda le tariffe come criterio di determinazione del compenso, e dunque incide sui criteri attraverso cui è esercitato il potere di opinamento, e non investe la sua persistenza in capo al Consiglio dell’Ordine forense”;

il potere di opinamento è espressamente indicato nell’art. 29 lett. l) dell’attuale ordinamento forense, “in forza del quale il Consiglio dà pareri sulla liquidazione dei compensi spettanti agli iscritti” e che tale norma “integra pacificamente ius superveniens rispetto al DL. 1/20122″;

– anche la Procura generale presso la Corte di Cassazione sostiene la medesima posizione sul potere di opinamento del COA, sostenendo che l’art. 9 del D.L. n. 1/2012 non ha “inciso sugli strumenti processuali che l’ordinamento appresta per la tutela dell’avvocato né ha comportato l’ablazione della possibilità di avvalersi del parere del Consiglio dell’Ordine al fine di chiedere, ed ottenere, un decreto ingiuntivo”. Si può invece evidenziare un “mutamento della disciplina dei criteri sulla base dei quali detto potere viene esercitato, sostituendo alle tariffe previgenti i parametri individuati con decreto del Ministro della Giustizia ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 247/12 (cfr. p. 9)“;

Per tutti questi motivi il CNF invita i COA a continuare a esercitare il potere di opinamento come prescritto dall’art. 29.

 

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Vaccinazione obbligatoria? Ok per l’Europa

In un periodo in cui il tema della vaccinazione è di attualità, è interessante la pronuncia della Corte CEDU dello sorso 8 aprile sull’obbligo vaccinale per i bambini.

VACCINAZIONE OBBLIGATORIA E CEDU

La decisione della Corte CEDU è sorta dal caso Vavřička e altri contro la Repubblica Ceca (ricorsi 47621/13 e altri).

I ricorsi sono partiti da alcuni genitori multati o i cui figli non sono stati ammessi alla scuola materna a causa della mancata vaccinazione obbligatoria.

I ricorrenti hanno visto in ciò una violazione dell’art.8 della Convenzione CEDU, sul rispetto della vita privata.

Art.8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare

1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Da un lato ci sono dunque i genitori che ritengono che le decisioni riguardanti la propria salute o, in questo caso, quella dei propri figli minorenni, rientri nella sfera inviolabile della vita privata

L’ART.8, TRA VITA PRIVATA E SALUTE PUBBLICA

…dall’altro, però, lo stesso art. 8 indica l’esistenza di deroghe al rispetto della stessa.

L’articolo ha infatti lo scopo di proteggere l’individuo da ingerenze arbitrarie dello Stato. Ma vi sono casi, quelli indicati nel comma 2, in cui tale tutela decade. Tra queste vi è anche la protezione della salute.

I giudici di Strasburgo non hanno infatti evidenziato alcuna violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da parte della Repubblica Ceca.

La vaccinazione obbligatoria imposta dallo Stato ha come obiettivo la protezione da malattie che rappresentano un rischio per la salute, sia individuale che collettiva. Permettono di salvare vite, di liberare risorse sociali e anche finanziarie. Senza considerare gli effetti positivi sulla riduzione dei costi che malattie prevenibili comporterebbero per il sistema sanitario nazionale.

CONCLUSIONI

Dalla pronuncia della Corte CEDU possiamo dedurre che se la vaccinazione obbligatoria viene imposta per tutelare la salute pubblica non può essere ritenuta una violazione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Gli Stati possono imporre liberamente l’obbligo di vaccinazione dei bambini, stabilire multe per i genitori novax ed escludere i piccoli non vaccinati dalla scuola.

L’obbligo è giustificato dalla necessità di tutelare sia l’individuo sia la comunità da malattie ben note ed evitare un calo dei tassi di vaccinazione che potrebbe compromettere la gestione generale di tali malattie.
Il fine è tutelare, attraverso un’azione solidale a livello di società, i soggetti più deboli.

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Arriva l’estensione della fatturazione elettronica anche ai forfettari

Il MEF chiede all’Europa il permesso per l’estensione della fattura elettronica anche ai forfettari.

LE RICHIESTE DELL’ITALIA

Il prossimo 31 dicembre scade l’autorizzazione concessa dall’UE all’Italia per l’introduzione della fatturazione elettronica anche tra privati (Decisione di esecuzione UE 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018). Il nostro paese si appresta dunque a presentare alcune richieste in materia.
In particolare:

  • una proroga almeno triennale dell’obbligo,
  • l’estensione anche a chi opera in regime forfettario.

Infatti, professionisti, autonomi e ditte individuali in regime forfettario sono al momento esonerati dall’uso della fattura elettronica.

L’ESTENSIONE AI FORFETTARI

L’estensione della fattura elettronica ai forfettari parte da tre presupposti:
– aiuta a combattere l’evasione fiscale,
semplifica il lavoro dell’Erario,
– la sua introduzione non ha comporta un incremento incisivo dei costi a carico delle partite iva, quindi anche i forfettari possono permettersela. Lo scorso 26 marzo, il Direttore Generale delle Finanze del MEF, Fabrizia Lapecorella, ha così commentato: “l’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica non ha generato particolari criticità e gli operatori economici sono riusciti ad adeguare i propri sistemi recependo rapidamente la nuova modalità di fatturazione”.

C’è da dire che, seppur esentate, le p.iva in regime forfettario possono già da tempo aderire volontariamente alla fatturazione elettronica.

Difatti, di una possibile estensione dell’obbligo anche ai forfettari si era già parlato con la Legge di Bilancio 2020. L’idea era poi stata abbandonata a favore della scelta facoltativa, in cambio della riduzione di un anno dei termini di decadenza per gli avvisi di accertamento, da 5 a 4 anni.

FATTURA ELETTRONICA,EVASIONE E PRIVACY

Lapecorella vede l’estensione della fattura elettronica ai forfettari come il mezzo per “completare sia le finalità anti-evasive sia le finalità di semplificazione, permettendo di avere un quadro completo del fatturato prodotto sul territorio nazionale”.

Rimane però da sciogliere il nodo della tutela dei dati personali. Il Garante della Privacy non è ancora soddisfatto sulle modalità di conservazione dei dati contenuti nelle fatture elettroniche da parte dell’Agenzia delle Entrate, considerate eccessive rispetto alle finalità.

 

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