Bonus a tempo: da settembre carta spesa, elettrodomestici, psicologo e auto elettriche

ROMA – Settembre si apre con un pacchetto di bonus che tocca diversi ambiti della vita quotidiana: alimentazione, elettrodomestici, salute e mobilità sostenibile. Si tratta di misure pensate soprattutto per le famiglie a basso reddito, ma accomunate da un problema di fondo: le risorse sono limitate, e chi vorrà approfittarne dovrà muoversi per tempo.

La carta “Dedicata a te”

Confermata anche per quest’anno la card prepagata di 500 euro erogata da Poste Italiane. Non serve fare domanda: sarà l’Inps a comunicare ai Comuni gli elenchi dei beneficiari. Ne hanno diritto i nuclei con Isee fino a 15mila euro, a patto che non percepiscano altri sussidi nazionali o locali. L’assegnazione seguirà criteri di priorità: prima le famiglie numerose con figli sotto i 14 anni, poi quelle con figli minorenni, infine gli altri aventi diritto. Lo stanziamento complessivo ammonta a 500 milioni, sufficienti a coprire circa un milione di carte. La spesa dovrà riguardare esclusivamente beni alimentari di prima necessità.

Il bonus elettrodomestici

In attesa del decreto ministeriale, l’avvio ufficiale è previsto per ottobre. Lo sconto sarà del 30% fino a un massimo di 100 euro, che diventano 200 per le famiglie con Isee sotto i 25mila euro. L’agevolazione riguarda sette categorie di prodotti ad alta efficienza energetica: lavatrici e lavasciuga (classe A), forni (classe A), cappe (classe B), lavastoviglie e asciugatrici (classe C), frigoriferi e congelatori (classe D), piani cottura. Per ottenere il contributo sarà necessario rottamare il vecchio apparecchio e completare la richiesta sulla piattaforma PagoPA. Ma con soli 48 milioni di fondi disponibili, il numero di beneficiari sarà ridotto.

Il bonus psicologo

Dal 15 settembre sarà attiva la procedura online sul portale Inps. Il contributo, pensato per sostenere i costi delle sedute di psicoterapia, varia in base all’Isee: fino a 1.500 euro con Isee sotto i 15mila, 1.000 euro tra 15mila e 30mila, 500 euro tra 30mila e 50mila. In ogni caso, il limite massimo è di 50 euro a seduta. Le risorse stanziate ammontano a 9,5 milioni, un budget che renderà il bonus disponibile solo per una platea ristretta di richiedenti.

Auto elettriche e rottamazione

Con uno stanziamento ben più consistente – 597 milioni di euro – parte l’incentivo per chi decide di passare a un’auto elettrica. Il contributo è destinato a chi ha un Isee sotto i 40mila euro, ma con vincoli aggiuntivi: residenza in città oltre i 50mila abitanti, zone ad alto pendolarismo o titolarità di microimprese. Lo sconto arriva al 30% del prezzo, con un tetto di 11mila euro (20mila per le microimprese). Obbligatoria la rottamazione di un veicolo tradizionale. L’obiettivo è sostenere circa 39mila nuove immatricolazioni, ma la piattaforma informatica per le domande non è ancora operativa.

Una corsa contro il tempo

Gli incentivi di settembre rappresentano un sostegno concreto per le famiglie in difficoltà e un segnale verso la transizione ecologica e il benessere psicologico. Tuttavia, le cifre messe a disposizione dal governo rischiano di rendere le misure un beneficio “per pochi”. Sarà quindi una vera e propria corsa contro il tempo: chi presenterà domanda per primo avrà più possibilità di accedere ai fondi.


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Bruxelles apre le porte al commercio Usa: stop ai dazi sui beni industriali

BRUXELLES – L’Unione europea prova a rilanciare i rapporti commerciali con gli Stati Uniti attraverso una mossa attesa da tempo: l’azzeramento dei dazi sui beni industriali americani. Una decisione che scioglie il nodo più delicato, quello delle auto, e che promette un impatto immediato sull’industria europea, a partire da quella automobilistica.

La Commissione ha presentato due proposte legislative: la prima prevede la rimozione totale delle tariffe sui prodotti industriali di provenienza statunitense – macchinari, componenti per auto, legno, carta, ceramica, cuoio – con un beneficio stimato per le imprese Usa di circa 5 miliardi di euro. Contestualmente, Washington si è impegnata a ridurre i dazi sulle vetture prodotte in Europa, che scenderanno dal 27,5% al 15% con effetto retroattivo dal 1° agosto. Solo per il mese di agosto, le case automobilistiche del Vecchio Continente risparmieranno oltre 500 milioni di euro.

Un’intesa che però avrà anche un costo: il bilancio comunitario perderà circa 3,6 miliardi di entrate tariffarie. «Si tratta di un sollievo per il nostro settore e di un segnale di cooperazione concreta», ha commentato il commissario Ue al Commercio Maroš Šefčovič, sottolineando che l’accordo «getta le basi per affrontare insieme sfide globali come l’acciaio».

La seconda proposta legislativa riguarda il settore agroalimentare. Verranno concesse quote agevolate per alcuni prodotti statunitensi considerati “non sensibili”: frutti di mare, frutta a guscio, latticini, cereali, semi oleosi, carne di maiale e persino bisonte. Esclusi invece i comparti più delicati per l’Ue, come manzo, pollame, riso ed etanolo. Prorogata infine per cinque anni l’esenzione dai dazi sull’aragosta, introdotta nel 2020, ora estesa anche a quella lavorata.

Ma i vantaggi non saranno a senso unico. Dal prossimo settembre alcune merci europee – sughero, aeromobili e loro componenti, prodotti farmaceutici generici e materie prime chimiche – entreranno sul mercato americano con dazi pari a zero o quasi.

Resta però l’incognita politica. Il presidente Usa Donald Trump ha già minacciato nuove tariffe punitive verso quei Paesi che introdurranno regole fiscali o digitali giudicate “discriminatorie”, oltre a possibili restrizioni sull’export di tecnologia e semiconduttori.

In attesa dell’approvazione definitiva da parte degli Stati membri e del Parlamento europeo, l’accordo segna comunque una tregua nei rapporti commerciali transatlantici, offrendo respiro a un’industria europea che, tra crisi energetica e rallentamento della domanda, aveva bisogno di un segnale forte da Bruxelles.


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Pensioni, lo stop all’aumento dell’età potrebbe costare 3 miliardi: tutte le novità dal 2027

Il nodo pensioni torna al centro del dibattito politico ed economico. Il blocco dell’aumento di tre mesi dell’età pensionabile previsto dal 1° gennaio 2027, legato agli adeguamenti automatici alla speranza di vita, potrebbe costare fino a 3 miliardi di euro alle casse dello Stato. È quanto emerge dalle prime stime dei tecnici del Ministero del Lavoro, che stanno elaborando un dossier sulla base dei dati delle pensioni liquidate nel 2024.

Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha già aperto alla possibilità di un intervento legislativo per neutralizzare l’adeguamento, ma il prezzo da pagare sarebbe tutt’altro che trascurabile.


Vecchiaia e contributi

Senza modifiche, dal 2027 la pensione di vecchiaia scatterebbe a 67 anni e 3 mesi con almeno 20 anni di assicurazione. Per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, la pensione sarebbe erogata a parità di requisiti solo se l’importo non risultasse inferiore all’assegno sociale (538,69 euro nel 2025). In caso contrario, l’accesso sarebbe posticipato a 71 anni e 3 mesi con almeno 5 anni di contributi effettivi.


Pensione anticipata

Dal 2027, i requisiti per l’uscita anticipata diverrebbero più rigidi:

  • 42 anni e 1 mese di contributi per le donne,
  • 43 anni e 1 mese per gli uomini,
    a cui si aggiungerebbe una finestra mobile di 3 mesi.

Per i dipendenti pubblici iscritti alle Casse ex Inpdap, la finestra si allungherebbe progressivamente: 5 mesi nel 2026, 7 nel 2027 e fino a 9 dal 2028.


Contributivo puro e importi minimi

Per i lavoratori nel sistema interamente contributivo, serviranno 64 anni e 3 mesi di età e almeno 20 anni e 3 mesi di contributi effettivi, con importi minimi vincolanti:

  • almeno 3 volte l’assegno sociale (1.616,07 euro nel 2025),
  • ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio,
  • e a 2,6 volte per chi ha due o più figli.

Il tetto massimo, invece, non potrà superare 4 volte il trattamento minimo (3.017 euro mensili) per le mensilità di anticipo.


Lavoratori precoci e usuranti

Per i cosiddetti precoci, l’uscita sarà possibile con 41 anni e 3 mesi di contributi, a condizione che 12 mesi siano stati versati prima dei 19 anni e che il lavoratore rientri in categorie tutelate (disoccupati, invalidi oltre il 74%, caregiver o addetti a mansioni gravose). Anche in questo caso, le finestre mobili per i dipendenti pubblici si allungheranno progressivamente.

Chi svolge lavori usuranti, che oggi accede con quota 97,6, dal 2027 vedrà i requisiti salire a 61 anni e 10 mesi e quota 97,9.


Totalizzazione nazionale

Nel regime di totalizzazione, l’età pensionabile aumenterà a 66 anni e 3 mesi con finestra di 18 mesi, mentre per la pensione di anzianità serviranno 41 anni e 3 mesi con finestra di 21 mesi.


Il bivio del governo

L’esecutivo dovrà decidere se congelare l’adeguamento all’aspettativa di vita, accollandosi un costo stimato in 3 miliardi, oppure lasciare scattare l’aumento automatico dal 2027. Una scelta che pesa tanto sui conti pubblici quanto sulle aspettative dei lavoratori vicini alla pensione.


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Casa ai giovani, taglio Irpef e bollette più leggere: il cantiere della nuova manovra

Un piano casa per le giovani coppie, un nuovo intervento sull’Irpef, il contenimento strutturale delle bollette e misure a favore di famiglia, natalità e scuola paritaria. Sono questi i punti cardine attorno a cui ruota il cantiere della prossima manovra di bilancio, così come delineato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni nelle anticipazioni sugli obiettivi di fine legislatura.

Abitazioni per i giovani: il Piano Casa

La priorità dichiarata riguarda il tema abitativo. L’obiettivo è offrire abitazioni a prezzi calmierati, con particolare attenzione alle giovani coppie. Attualmente resta attiva solo la garanzia statale fino all’80% del mutuo per gli under 36 che acquistano la prima casa, mentre sono scadute a fine 2024 le agevolazioni fiscali sulle imposte e sull’Iva.

Il progetto di social housing, illustrato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, prevede l’impiego di 660 milioni già stanziati con le ultime leggi di Bilancio, da spendere entro il 2030, con la possibilità di attingere a fondi europei (InvestEu e Bei). Il piano, che punta su partenariati pubblico-privati, mira a rispondere al disagio abitativo soprattutto nelle aree urbane più colpite.

Irpef, nuovo taglio per il ceto medio

Dopo l’accorpamento delle prime due aliquote entrato in vigore nel 2024, che ha portato al 23% l’imposta per i redditi fino a 28 mila euro, il governo punta ora a ridurre la seconda aliquota dal 35% al 33%, innalzando lo scaglione da 50 a 60 mila euro lordi. Una misura che allargherebbe i benefici al ceto medio, ma che richiede coperture strutturali da almeno 4 miliardi di euro annui.

Il problema restano le risorse: il concordato preventivo biennale per le partite Iva non ha generato gli incassi sperati, mentre la Lega, che esprime il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, spinge su altre priorità, come una nuova rottamazione delle cartelle e l’estensione della flat tax al 15% per le partite Iva fino a 100 mila euro (oggi il limite è 85 mila).

Le opposizioni criticano l’impostazione, giudicando inefficace il sostegno ai redditi falcidiati dal fiscal drag e troppo indulgente verso gli autonomi.

Natalità e scuola paritaria

Un altro tassello della manovra sarà il Piano nazionale per la famiglia 2025-2027, con focus sul sostegno alla natalità e sulla parità scolastica. L’obiettivo è garantire un pieno esercizio della libertà educativa e contrastare il calo demografico attraverso incentivi concreti a favore delle famiglie.

Energia: obiettivo abbassare i costi strutturalmente

Il governo punta infine a un taglio stabile del prezzo dell’energia, oggi ancora troppo alto rispetto agli altri Paesi europei. Nel 2024, il costo medio dell’elettricità in Italia è stato quasi il doppio di quello francese, un divario che pesa tanto sulle imprese quanto sulle famiglie.

Un cantiere ancora aperto

La strada resta complessa: tra vincoli di bilancio e coperture da individuare, la manovra dovrà mediare tra esigenze diverse della maggioranza. Ma l’esecutivo scommette sulla centralità di tre direttrici – casa, fisco e natalità – per dare un segnale concreto alle famiglie italiane e accompagnare la legislatura verso le scadenze decisive.


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AI e lavoro, i giovani più a rischio: cala del 13% l’occupazione negli entry level

L’intelligenza artificiale è un alleato o un rivale per i lavoratori? Da quando il lancio di ChatGPT, quasi tre anni fa, ha trasformato l’AI in un fenomeno globale, il dibattito è più acceso che mai. Ora uno studio della Stanford University, appena pubblicato, fornisce dati concreti: l’impatto non è uniforme, ma varia in base all’età, al ruolo e alla complessità delle mansioni svolte.

I giovani e i ruoli entry level i più penalizzati

Secondo l’analisi, che prende in esame l’occupazione statunitense tra il 2021 e luglio 2025, il gruppo più colpito è quello dei lavoratori tra i 22 e i 25 anni, in particolare nei ruoli di primo ingresso nel mercato del lavoro. Qui il calo relativo dell’occupazione ha raggiunto il 13% dalla fine del 2022 a oggi, ossia dal momento in cui l’AI generativa ha iniziato a diffondersi in modo capillare.

Il caso emblematico riguarda lo sviluppo software. Compiti un tempo affidati ai neolaureati o agli sviluppatori junior possono oggi essere svolti dai sistemi di intelligenza artificiale. I ricercatori ricordano che nel 2023 l’AI risolveva meno del 5% dei problemi di codifica sulla piattaforma di benchmark Swe-Bench; nel 2024 la percentuale è schizzata al 72%, segnalando un salto di efficienza che mette in discussione le mansioni di ingresso nel settore.

Lo stesso vale per attività standardizzabili come l’assistenza clienti, dove gli algoritmi conversazionali riescono a coprire buona parte delle interazioni di base con gli utenti.

Chi resiste: esperienza e settori ad alto contenuto umano

Il rischio di sostituzione cala drasticamente per i lavoratori più esperti, che possono contare su competenze trasversali e su un bagaglio consolidato di esperienze. Ma anche per chi opera in settori dove il contributo umano resta imprescindibile.

È il caso della sanità, dove l’AI può affiancare medici e operatori nel supporto diagnostico o nella gestione dei dati, ma difficilmente sostituire la componente decisionale ed empatica. In questi contesti, il tasso di occupazione non solo non arretra, ma in alcuni casi cresce, favorito dall’integrazione dell’AI come strumento complementare.

Un mercato del lavoro in trasformazione

La fotografia scattata dallo studio conferma dunque che l’AI non produce un impatto uniforme. Da un lato, riduce la domanda di mansioni semplici e ripetitive, soprattutto tra i più giovani e nei settori digitali; dall’altro, valorizza le competenze esperte e i contesti in cui il giudizio umano è decisivo.

Il futuro del lavoro, suggeriscono i ricercatori, dipenderà dalla capacità di formazione e riqualificazione continua: solo così i lavoratori più giovani potranno trasformare l’AI da minaccia a opportunità.


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Pensione di reversibilità all’ex coniuge: decorrenza dal mese successivo al decesso, non dalla domanda

Un nuovo intervento della Corte di Cassazione ridefinisce i confini della pensione di reversibilità in caso di concorrenza tra coniuge superstite ed ex coniuge. Con l’ordinanza n. 23851/2025, i giudici di legittimità hanno stabilito che la quota spettante all’ex coniuge decorre dal primo giorno del mese successivo al decesso del pensionato, e non dalla data di presentazione della domanda.

Un diritto previdenziale, non successorio

La Suprema Corte ha ribadito che la reversibilità ha natura previdenziale autonoma, distinta dai diritti ereditari. Di conseguenza:

  • la decorrenza della prestazione deve essere fissata dal mese successivo alla morte del pensionato;

  • l’Inps è l’unico soggetto legittimato a effettuare conteggi e a corrispondere arretrati;

  • eventuali importi già versati in eccesso al coniuge superstite devono essere recuperati dall’ente previdenziale come indebito oggettivo, ai sensi dell’art. 2033 del Codice civile.

Criteri di riparto tra ex e coniuge superstite

Il parametro principale resta la durata del matrimonio, ma la Cassazione apre a correttivi di equità, attribuendo al giudice margini di valutazione in base a:

  • le condizioni economiche complessive delle parti, con attenzione a chi versi in maggiore fragilità;

  • l’eventuale convivenza prematrimoniale, riconosciuta come elemento giuridico autonomo;

  • la percezione di assegni divorzili, che incide sull’equilibrio nella suddivisione delle quote.

La determinazione delle percentuali, sottolinea la Corte, è questione di merito rimessa al giudice del caso concreto, purché rispettosa degli orientamenti consolidati.

Impatto pratico per Inps e beneficiari

La pronuncia ha effetti immediati: l’Inps sarà chiamato a ricalcolare e conguagliare le prestazioni, riconoscendo la decorrenza dal mese successivo al decesso e garantendo così il pagamento degli arretrati. Per i beneficiari, la decisione porta maggiore chiarezza sui tempi e sugli importi spettanti, riducendo il rischio di lunghe controversie.


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Agenzia delle Entrate, quasi 100 mila candidati per 2.700 posti: a fine ottobre il maxi-concorso

L’Agenzia delle Entrate si prepara a un nuovo maxi-concorso. Dopo il bando pubblicato l’11 luglio e chiuso l’11 agosto, sono 97.367 gli aspiranti funzionari che hanno presentato domanda. Il concorso – il secondo di questo tipo dopo quello del 2023 – mette in palio 2.700 posti distribuiti tra sedi centrali e territoriali e, secondo le anticipazioni, la prova scritta dovrebbe svolgersi a Roma a fine ottobre 2025.

Un concorso annuale

La strategia dell’Agenzia è ormai chiara: trasformare il maxi-concorso in un appuntamento ricorrente. Dopo i funzionari tributari del 2023 e quelli della pubblicità immobiliare nel 2024, l’obiettivo è intercettare ogni anno nuovi laureati, spesso appena usciti dalle sessioni estive, e immetterli rapidamente in organico, con assunzioni previste già entro Natale.

Più selettivo del 2023

Se il precedente concorso aveva attratto oltre 129 mila domande, questa edizione presenta caratteristiche più restrittive:

  • è riservata ai soli laureati magistrali;
  • la prova scritta è stata ampliata con due materie aggiuntive – diritto dell’Unione Europea e diritto fallimentare e della crisi d’impresa;
  • si contenderanno un posto 35 candidati in media, contro i 33 del 2023.

In base alla serie storica, tuttavia, solo circa la metà dei candidati effettivamente presenti all’esame sostiene la prova scritta, riducendo la platea reale.

La distribuzione dei posti

I 2.700 funzionari saranno destinati a diverse regioni, con alcune quote riservate al contrasto agli illeciti fiscali:

  • Lombardia: 555 posti (di cui 10 al settore illeciti di Milano);
  • Lazio: 463 posti (170 nelle strutture centrali);
  • Campania: 222 posti (5 al settore illeciti di Napoli);
  • Puglia: 165 posti (5 al settore illeciti di Bari);
  • Sicilia: 165 posti (5 al settore illeciti di Palermo).

Ogni candidato dovrà indicare una sola sede – regionale, provinciale o centrale – pena l’esclusione.

La prova scritta

La selezione si baserà su un’unica prova a quesiti a risposta multipla. Le materie previste sono:

  • diritto tributario e teoria dell’imposta,
  • diritto civile e commerciale,
  • diritto amministrativo,
  • diritto dell’Unione Europea,
  • diritto fallimentare e della crisi d’impresa,
  • contabilità aziendale,
  • diritto penale con focus sui reati contro la P.A. e i reati tributari.

Saranno inoltre verificate le competenze di inglese e di informatica di base. La prova si intende superata con almeno 21/30; la graduatoria finale sarà pubblicata su InPA e sul sito dell’Agenzia.

Prospettive occupazionali

I vincitori saranno assunti a tempo indeterminato e rappresenteranno un tassello fondamentale nel processo di rafforzamento dell’Agenzia, chiamata a gestire compiti sempre più complessi legati alla digitalizzazione, al contrasto all’evasione e all’applicazione delle nuove normative fiscali europee.


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Consumi, l’Italia spende di più in tecnologia e tempo libero: cala il peso di cibo ed energia

Gli italiani tornano a spendere, ma con nuove priorità. A dirlo è l’Ufficio Studi di Confcommercio, che in un’analisi sui consumi delle famiglie negli ultimi trent’anni fotografa un cambiamento radicale nelle abitudini di spesa: tecnologia e tempo libero crescono a ritmi vertiginosi, mentre cibo ed energia scivolano ai minimi storici.

Tecnologia superstar: +3.000%

Nel 1995 la spesa pro capite per informatica e telefonia era marginale. Oggi rappresenta uno dei motori principali dei consumi, con un incremento reale di quasi il 3.000%. Solo nel 2025 la spesa media per apparecchiature informatiche ha toccato i 248 euro, contro i 44 euro registrati nel 2007.

Il tempo libero accelera

La voglia di svago non è da meno: i servizi culturali e ricreativi hanno segnato un aumento reale di oltre il 120%. Crescono anche viaggi e vacanze (+18%) e la ristorazione (+25,7%), pur senza aver ancora colmato il gap lasciato dal biennio pandemico.

Cibo ed energia in calo

Al contrario, le spese per beni essenziali mostrano un trend opposto. Alimentari e bevande segnano un -5,1% rispetto al 1995, l’abbigliamento perde lo 0,5% e il consumo reale di energia domestica crolla del 35,1%. Quest’ultimo dato, spiega Confcommercio, è legato soprattutto all’efficienza energetica e al risparmio, nonostante il forte aumento dei prezzi unitari.

I numeri del 2025

La spesa pro capite reale si attesta a 22.114 euro, in crescita rispetto ai 19.322 euro del 1995 e ai 21.875 euro del 2024, ma ancora sotto il picco del 2007 (22.334 euro). Per alimentari e bevande si spendono 3.395 euro a testa, meno dei 4.538 euro destinati alla cura della persona. La casa resta la voce più pesante con 6.480 euro, seguita dai pubblici esercizi con 1.702 euro.

Consumi solidi, ma frenati dalla percezione

I fondamentali economici appaiono solidi: redditi disponibili oltre i livelli pre-Covid, occupazione record, inflazione intorno al 2% e spread sotto i 90 punti. Tuttavia, avverte Confcommercio, «gli italiani percepiscono il proprio reddito peggiore di quanto sia realmente e quindi spendono meno di quanto potrebbero».

Un miglioramento della fiducia, spiega l’associazione, potrebbe spingere i consumi verso un +1% e portare il PIL del 2025 a crescere dello 0,7%.

L’appello di Sangalli

«Gli italiani tornano a spendere ma con prudenza, privilegiando soprattutto la tecnologia», osserva il presidente Carlo Sangalli. «Pesano le incertezze internazionali e l’impatto dei dazi. Per far ripartire i consumi serve fiducia: dalla riforma fiscale possono arrivare segnali concreti per famiglie e imprese».


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La spinta verso l’internazionalizzazione e la doppia transizione – verde e digitale – ha portato le imprese italiane dell’elettronica e dell’elettrotecnica a un fatturato aggregato che supera i 100 miliardi di euro, di cui un terzo realizzato all’export. Tuttavia, dietro questi numeri record si nasconde una criticità che rischia di compromettere lo sviluppo: la carenza di competenze tecniche specialistiche.

Il problema: mancano tecnici e ingegneri
Secondo una ricerca condotta da Thea Group insieme al Servizio studi Anie e al Research Department di Intesa Sanpaolo, il 75% delle aziende del comparto segnala difficoltà a reperire tecnici e operai specializzati. Si tratta di figure che rappresentano l’85% delle assunzioni programmate. Il risultato? Il 70% delle imprese ammette di aver dovuto rallentare o sospendere progetti strategici, mentre il 29% ha perso opportunità di mercato, soprattutto per la concorrenza di settori alternativi come automotive, energia e logistica.

«Serve concretezza – afferma Andrea Moretti, amministratore delegato della Palazzoli di Brescia –. Dobbiamo semplificare la burocrazia, investire nella formazione tecnica e creare incentivi reali per le aziende. Solo così il nostro Paese potrà essere attrattivo per i talenti». Palazzoli, che fattura 70 milioni di euro e cresce del 10% annuo, ha assunto 30 persone nel 2024 e punta a mantenere questo ritmo.

La competizione tra settori e il rischio di fuga dei talenti
A complicare lo scenario è la crescente competizione interna: «Il settore ferroviario oggi compete direttamente con altri comparti per attrarre profili tecnici – spiega Michele Viale, managing director di Alstom Italia –. Nel 2023 la filiera ferroviaria ha generato 6,4 miliardi di fatturato, con il 23% destinato all’export. Solo nel 2024 abbiamo inserito oltre 400 nuove risorse».

Un problema condiviso anche da ABB, che gestisce circa 500 posizioni aperte: «Le difficoltà maggiori riguardano automazione industriale, elettrificazione e digitalizzazione – sottolinea Emiliano Diotallevi, country HR manager –. Il mercato è molto competitivo e le competenze tecniche sono richieste in più settori».

I profili più cercati
Oltre a operai qualificati, le imprese puntano su ingegneri elettrici, progettisti meccanici, esperti di digitalizzazione industriale e sostenibilità. «La forza lavoro va potenziata sia nei reparti produttivi sia nella progettazione», afferma Ludovica Zigon, board member del Gruppo Getra, leader nella produzione di trasformatori e sistemi di interconnessione.

Il nodo formazione e il ruolo delle istituzioni
Per colmare il gap, il settore chiede interventi concreti: più investimenti in formazione tecnica e professionale, percorsi rapidi per le competenze digitali, e politiche di attrazione dei talenti dall’estero. «Serve una narrazione positiva dell’industria italiana – aggiunge Moretti – per valorizzare un comparto che offre opportunità di crescita e innovazione».


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Sanità digitale, l’AI impara senza violare la privacy: la rivoluzione del Federated Continual Learning

Algoritmi che riconoscono patologie da immagini radiologiche o predicono l’evoluzione di una malattia partendo dai dati clinici. È questa la promessa dell’Intelligenza Artificiale in sanità. Tuttavia, la sua adozione negli ospedali resta complessa: mancano dataset omogenei e, soprattutto, è necessario tutelare la privacy dei pazienti.

Proprio per superare questi ostacoli nasce il Federated Continual Learning, un approccio che unisce due concetti chiave: il Federated Learning, che consente la collaborazione tra più strutture senza condividere dati sensibili, e il Continual Learning, che permette all’AI di aggiornarsi costantemente senza perdere le conoscenze acquisite.


Il nodo della privacy e la sfida dei dati distribuiti

Gli ospedali raccolgono informazioni preziose, ma frammentate in silos e protette da vincoli normativi. In questo contesto, il Federated Learning ha rappresentato una svolta: ogni struttura addestra il modello sui propri dati e invia solo i parametri appresi a un sistema di aggregazione centrale, preservando la riservatezza dei pazienti.

Ma il settore sanitario è in continua evoluzione: emergono nuove patologie, cambiano i protocolli clinici, e i pazienti possono revocare il consenso. Per questo serve un’AI capace di adattarsi senza “dimenticare” il passato, evitando il fenomeno del catastrophic forgetting. È qui che entra in gioco il Continual Learning.


Federated Continual Learning: come funziona

Il modello combina i due approcci. I dati restano nei centri clinici, ma l’AI aggiorna le proprie conoscenze in maniera progressiva, mantenendo la memoria delle esperienze precedenti. Alcune strategie chiave:

  • Tecniche brain-inspired: algoritmi che imitano il funzionamento del cervello, sfruttando caratteristiche stabili (feature di salienza) per conservare le informazioni più importanti.
  • Generazione di dati sintetici con GAN: per arricchire il processo di addestramento senza esporre informazioni reali, attraverso campioni artificiali privi di riferimenti ai pazienti.
  • Experience replay distribuito: ogni nodo (ospedale) “ripassa” le esperienze passate utilizzando dati sintetici condivisi, evitando la perdita di conoscenze e rispettando la privacy.

Questa combinazione è stata validata su due scenari clinici reali: la diagnosi automatica di tubercolosi tramite radiografie toraciche e la classificazione di lesioni cutanee, dove la qualità visiva influisce sulla precisione diagnostica.


Un modello adattivo per la medicina del futuro

Il Federated Continual Learning è una risposta concreta alle sfide della sanità digitale: sfrutta la potenza collaborativa delle reti ospedaliere senza compromettere la riservatezza e garantisce sistemi sempre aggiornati, capaci di adattarsi ai cambiamenti clinici.

«L’idea è creare modelli che apprendano in modo sicuro e distribuito, consolidando la memoria nel tempo», spiega il team di ricerca impegnato nello sviluppo di queste tecnologie nell’ambito del Dottorato Nazionale in Intelligenza Artificiale coordinato dall’Università Campus Bio-Medico di Roma.


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