Green pass e sport- quando serve

Green pass e sport: quando serve?

Le regole generali per l’utilizzo del green pass, all’aperto e al chiuso, per ogni singolo sport

 

Dopo l’emanazione del decreto legge dello scorso 23 luglio, dal 6 agosto 2021 il Green Pass diventa obbligatorio per “piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, limitatamente alle attività al chiuso”. Questo significa che chi ha più di 12 anni deve necessariamente esibire la certificazione verde -in forma cartacea o digitale- per allenarsi in sala o nuotare in vasca. Non solo: oltre alla presentazione del Pass rimane in vigore il rispetto dei protocolli già esistenti -quali la misurazione della temperatura, l’obbligo della mascherina (se lo sport è al chiuso o negli spogliatoi) e il rispetto della distanza interpersonale.

Green pass: quando e per quali sport è obbligatorio?

Va premesso che in zona bianca e esclusivamente all’aperto è possibile svolgere attività fisica senza alcun documento. Va premesso altresì che per le attività in palestra e al chiuso il Green Pass va sempre esibito. Inoltre, in entrambe le situazioni, serve -come è sempre stato- il certificato medico attestante la sana e robusta costituzione.

 

 

A questo punto potreste chiedervi come mai, se Green Pass non è obbligatorio all’aperto, molti impianti sportivi scoperti invece lo richiedono. In effetti, questo si rende necessario soprattutto per l’utilizzo di docce e spogliatoi che, invece, sono al chiuso. Tuttavia, è importante ricordare che qualora si desideri godere esclusivamente delle zone esterne -quindi si accetti di non avere accesso né agli spogliatoi, né al bar-, basta compilare una autocertificazione.

Ora, non tutti i passaggi sull’obbligatorietà dei tamponi e Green Pass sono chiarissimi. A ciò, si va ad aggiungere uno specifico atteggiamento adottato da ogni singola disciplina. Allora, per fugare i dubbi e fare chiarezza, vediamo insieme come le varie realtà sportive si stanno adattando a questa situazione pandemica.

 

Green pass per il calcio

Inizialmente, la Figc aveva previsto un tampone a tutti i livelli, per tutti gli atleti, anche quelli provvisti di Pass. Tuttavia, dallo scorso 19 agosto, la situazione è parzialmente cambiata e merita un approfondimento.

Ora, per le attività dilettantistiche e giovanili agonistiche di livello regionale (non nazionale), lo screening iniziale con tampone prima del raduno è facoltativo per i soggetti muniti di Green Pass.

Invece, tale attività di monitoraggio si conferma obbligatoria, indipendentemente dal possesso o meno della certificazione verde, per le attività dilettantistiche e giovanili di livello nazionale -campionati di Eccellenza maschile e femminile e Serie C di Calcio a 5 maschile e femminile o relative alle fasi finali nazionali di competizioni regionali.

Circa gli allenamenti, anche se svolti parzialmente al chiuso, “considerata la frequente necessità di utilizzo di spazi e sale al chiuso per i quali è obbligatoria la Certificazione verde è necessario un tampone molecolare o antigenico entro le 48 ore precedenti ciascuna seduta di allenamento per i non vaccinati e non guariti, e per i soggetti non vaccinati con l’intero ciclo vaccinale”.

 

Green Pass per la pallavolo

Trattandosi di attività al chiuso, fino agli under 13 la pallavolo richiede obbligatoriamente il Green Pass. Dunque, chi non è vaccinato deve presentare screening negativo risalente a massimo 48 ore prima.

Lo stesso obbligo vale per la serie A e B, sia maschile che femminile: il tampone negativo deve essere relativo ad un arco temporale compreso tra le 48/72 ore precedenti gli allentamenti e/o competizioni.

Dalla serie C in giù è necessario tampone molecolare o antigenico 48/72 ore prima del giorno della ripresa dell’attività sportiva. Inoltre, prima delle competizioni il tampone diventa obbligatorio per tutti coloro che non hanno il Green Pass in corso di validità.

 

Green Pass per il basket

Al di sotto dei 12 anni, i bambini sono attualmente esclusi dall’obbligo vaccinale e -perciò- non hanno alcun obbligo di Green Pass. Ecco che allora, per i corsi di mini-basket, basta presentare autocertificazione dei genitori.

Invece, al di sopra dei 12 anni è necessario presentare la Certificazione Verde o tampone negativo relativo ad un massimo di 7 giorni prima.

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Avvocati: sul sito web no alla pubblicità ingannevole

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Usare sul proprio sito il termine “gratuito” viola dovere e decoro della professione

Il Cnf, con la sentenza n. 75/ 2021 rinvia un Avvocato del Foro di Padova al Consiglio distrettuale, che inizialmente aveva archiviato il procedimento a suo carico, per violazione del codice deontologico. Alla base della sentenza, la presenza, sul sito della professionista in questione, di pubblicità concernente prezzi irrisori per le proprie prestazioni e ricorso a pubblicità comparativa. Infatti, secondo i giudici, il messaggio trasmesso è -al contempo- ingannevole e lesivo della dignità e del decoro dell’Avvocatura.

Avvocati: si può procedere a livello disciplinare anche sulla base di denuncia anonima

Succede che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati (COA) di Padova ricorra contro un provvedimento del Consiglio Distrettuale di Disciplina del Veneto con cui si dispone l’archiviazione di un procedimento a carico di una professionista iscritta. Alla base del ricorso, la segnalazione anonima di un cittadino relativa l’esistenza di un sito internet con cui la professionista reclamizza la sua attività facendo leva su prezzi bassi per le sue prestazioni, gratuità di primi appuntamenti, riscossione dei compensi solo a fine incarico e tariffe irrisorie.

 

 

A questo punto, il Consiglio archivia il procedimento: quanto pubblicato sul sito non è ingannevole e -nel complesso- la pubblicità si rivela conforme all’art. 10 della legge n. 247/2012. Quindi, il COA di Padova ricorre al Cnf sostenendo che: non è rilevante che l’esponente sia anonimo; con la sua condotta, l’Avvocato viola artt.17 e 35 del Codice Deontologico. In effetti, secondo il COA, tale pubblicità introduce prezzi inferiori alle tariffe minime e, per il linguaggio utilizzato, si potrebbe essere indotti a credere che le prestazioni sono ad un prezzo di favore -o addirittura gratuite-.

Così, il Cnf accoglie il ricorso: innanzitutto, la possibilità di procedere a livello disciplinare non riguarda l’anonimato della denuncia. In secondo luogo, nel caso in esame c’è concreta violazione degli articoli 17 e 35 del Codice Deontologico. In effetti, per gli iscritti all’albo, come già palesato in precedenza dal Cnf, vige il “divieto di adoperare forme di “pubblicità” professionale comparativa ed autocelebrativa e di offrire prestazioni professionali a compensi infimi o a forfait (…). In ultimo, nella cornice di ciò che non è permesso ai professionisti Avvocati, c’è l’utilizzo di termini quali “gratuito” in riferimento a pubblicità sulle loro prestazioni.

 

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Nuove modifiche al codice della strada

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Parcheggi riservati: donne in gravidanza, bimbi piccoli, disabili, bus scolastici e auto elettriche

Approvato ieri (2 settembre 2021) dal Governo il decreto infrastrutture recante alcune importanti novità per gli utenti della strada. Nello specifico, si tratta di modifiche alla normativa in materia di: parcheggi riservati a determinate categorie; sosta dei veicoli a due e quattro ruote. Infatti, ora, mamme in gravidanza -o con figli molto piccoli- e disabili vedono aumentare le loro tutele. Ciò significa che, dall’altra parte, in caso di violazione delle nuove norme, le sanzioni vengono elevate.

Obbligo comunale di istituire parcheggi ed aree riservati

Il nuovo decreto infrastrutture proroga al 15 ottobre la scadenza -stabilita in legge di bilancio 2021 per lo scorso 30 giugno- entro la quale, con ordinanza, i comuni devono istituire “spazi riservati destinati alla sosta gratuita dei veicoli adibiti al servizio delle donne in stato di gravidanza ovvero a prevedere la gratuità della sosta dei veicoli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria muniti di contrassegno speciale, nelle aree di sosta o di parcheggio a pagamento, qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati”.

 

 

Lo stesso diritto al parcheggio riservato va anche alle famiglie con bambini di età inferiore ai 2 anni. Per poterne beneficiare, sarà necessario fare richiesta del “permesso rosa” al comune, il quale ne andrà a definire modalità di erogazione e condizioni, con apposito regolamento comunale.

Non solo. Il nuovo decreto infrastrutture prevede anche che, nel caso in cui un disabile trovi il proprio posto riservato occupato, egli possa parcheggiare all’interno delle strisce blu, senza pagare. In effetti, la disposizione estende a livello nazionale una norma che fino ad ora è stata attuata a livello comunale. In questo modo, si toglie incertezza alle persone diversamente abili che, di volta in volta, dovevano verificare il regolamento vigente ora nell’una, ora nell’altra città. Infine, è a discrezione del comune, la facoltà di riservare parcheggi a bus scolastici, auto elettriche e -eventualmente- allo scarico merci, limitatamente ad alcuni giorni ed ore.

Le nuove sanzioni per il divieto di sosta

Per la realizzazione ed il rispetto effettivo di quanto sopra descritto, si prevede, in caso di violazione, un forte aumento delle sanzioni. Dunque, il divieto di sosta sancito dall’art. 158 comma 2 del Codice della Strada viene esteso: agli spazi riservati allo stazionamento e alla fermata dei veicoli adibiti al trasporto scolastico; agli spazi riservati alla sosta dei veicoli utilizzati da donne in gravidanza o da genitori con figlio al di sotto dei due anni muniti di permesso rosa. Ora, nel caso di una loro violazione, scatta la sanzione amministrativa: la quale, nel caso di ciclomotori o motoveicoli a due ruote, va da un minimo di 80 euro ad un massimo di 328 euro; mentre, la stessa va da 165 a 660 euro se la violazione viene commessa con i restanti veicoli.

Invece, quando non si rispetta il divieto di sosta nelle fermate degli autobus, vengono applicate le sanzioni previste dal comma 5 dell’art. 158 CdS. Lo stesso accade in caso di sosta nella fermata dei filobus o dei mezzi che circolano su rotaie, e negli spazi destinati ai veicoli in servizio di piazza, proprio come nelle corsie e carreggiate riservate ai mezzi pubblici e nelle aree pedonali urbane.

Inasprite le sanzioni anche nel caso di parcheggio senza diritto nello spazio dei disabili (già contemplate dall’art. 188 del CdS). In questo caso, le multe salgono: da un minimo di 168 euro ad un massimo di 672 (attualmente siamo invece ad 87 e 344). Allo stesso modo, aumentano le sanzioni previste per chi, seppur munito dell’autorizzazione al parcheggio, non ne rispetti le condizioni ed i limiti. Qui, la sanzione minima e la massima salgono rispettivamente ad 87 e 344 euro (contro gli attuali 42 e 173 euro).

 

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Avvocato- 4euro per un procedimento

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L’equo compenso deve essere interpretato in modo elastico

Nonostante le battaglie degli avvocati per il riconoscimento del rispetto della loro professione siano ormai all’ordine del giorno, è di qualche giorno fa una sentenza che è destinata a far molto discutere. Infatti, nella sentenza n. 9404/2021, il Tar del Lazio sostiene che, nel caso in cui l’Avvocato presti la propria opera professionale per la P.A., egli debba accettare anche 4 euro a procedimento. Ciò, in quanto, in questi casi, è l’Avvocatura di Stato a fare tutto il lavoro e la Pubblica Amministrazione -d’altro canto- deve rispettare precisi limiti di spesa.

L’equo compenso non è applicabile quando la prestazione viene resa alla Pubblica Amministrazione

Succede che un Consiglio dell’Ordine laziale ricorra al TAR per ottenere l’annullamento dell’”Avviso pubblicato dall’I.N.P.S., sul proprio sito istituzionale il 18 gennaio 2021, al fine di acquisire la disponibilità di n. 77 professionisti avvocati per svolgere incarichi di domiciliazione e/o sostituzione in udienza presso gli Uffici giudiziari del circondario del Tribunale di Roma”. In particolare, i ricorrenti sottolineano che prevedere un compenso medio di 4,2 euro per udienza, costituisca una palese violazione dei minimi tariffari e -al contempo- del principio dell’equo compenso (legge n. 247/2012 e dalla legge della regione Lazio n. 6/2019).

 

 

Tuttavia, il TAR del Lazio rigetta il ricorso, giudicandolo infondato. Ciò, in quanto dalla normativa sui compensi degli avvocati (artt. 13 e 13 bis legge n. 247 del 2012 e art. 19-quaterdecies decreto-legge n. 148/2017) emerge che “in tema di compensi in favore degli avvocati, la regola è data dalla libera pattuizione mentre l’eccezione (in caso ossia di mancato accordo tra le parti) dal rispetto dei minimi tariffari di cui all’apposito decreto ministeriale (DM n. 55/2014).” A questo punto, il TAR precisa che il riferimento alle tariffe si rende necessario solo nei casi in cui l’avvocato stipula convenzioni con banche o assicurazioni, le quali godono notoriamente di maggior forza contrattuale.

Invece, quando la prestazione è resa alla Pubblica Amministrazione, il concetto di equo compenso non può essere interpretato troppo rigidamente. Infatti, secondo il TAR, è necessario bilanciare da un lato l’esigenza di contenimento della spesa pubblica, dall’altro il fatto che il dominus di queste cause resta l’Avvocatura di Stato, che fa il lavoro più complesso ed elaborato. In questo quadro, il compenso di 4 euro per udienza “si dimostra perfettamente coerente con i princìpi di cui all’art. 36 Costituzione […]”.

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Arriva l’ok del cts alla proposta di prolungamento della scadenza del green pass

Tanto auspicato quanto atteso, arriva l’ok del Comitato tecnico scientifico all’estensione del Green pass fino a 12 mesi. Quindi, nel momento in cui si sarà completato il ciclo vaccinale, il certificato verde avrà validità di un anno. Tuttavia, a tutte le questioni aperte, come ad esempio quella sulla terza dose del vaccino, l’esecutivo dovrà dar risposta in tempi rapidi.

Green pass: categorie in scadenza e soggetti guariti

Medici, infermieri e lavoratori della sanità hanno iniziato il loro ciclo vaccinale tra fine dicembre 2020 ed inizio gennaio 2021. Dunque, considerando che, attualmente, il green pass ha una validità di nove mesi, per il personale sanitario, il tempo a disposizione è poco. Inoltre, la medesima situazione si presenterà, entro poche settimane, per gli insegnanti, altra categoria prioritaria.

 

 

In questo quadro, l’estensione della validità temporale del green pass è strumento che permette di arrivare alla terza dose proprio per questi soggetti maggiormente esposti. Linea, per altro, adottata in piena condivisione con altri paesi, tra cui la vicina Francia. Nel frattempo proseguono le vaccinazioni in vista del rientro tra i banchi a settembre: più del 90% del personale scolastico e universitario ha ricevuto almeno una dose; nei giovanissimi tra i 12-15 anni la percentuale arriva al 40%, mentre nella fascia 16-19 si arriva al 67%.

Vale la pena ricordare che in molti casi il certificato verde sarà obbligatorio dal primo settembre. Questo accadrà, per esempio, per gli operatori scolastici (professori e personale Ata), per trasporti a lunga percorrenza (treni, navi, aerei) e per tutte le attività come bar e ristoranti, per i quali -in realtà- l’obbligo è già in vigore. Un’altra questione da affrontare rimane quella dei guariti che, proprio alla luce delle disposizioni, si sono sottoposti ad una sola dose di vaccino ed ora si vedono negare il lasciapassare.

 

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Avvocati l’età aumenta il reddito

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Report di Cassa Forense: 13 mila gli iscritti in pensione ancora in attività

In Italia, un avvocato in pensione di età compresa tra i 65 e i 69 anni ha un reddito medio superiore agli 80.000 euro annui. Invece, un under 40 in attività non arriva a 25.000 euro. Tale disparità emerge prepotente dall’analisi del report di Cassa Forense sui numeri dell’avvocatura del 2020 che, come ogni anno dagli anni ’80, raccoglie i dati sui suoi iscritti.

Cassa Forense, Report 2020: il reddito medio più alto è maturato dai legali pensionati

Secondo quanto si legge nello studio della Cassa Forense relativo all’anno 2020, sono 13.735 gli avvocati pensionati ancora in attività. Per altro, tra questi rientrano coloro i quali maturano il reddito medio più alto; si tratta dei legali pensionati di età compresa tra i 65 ed i 69 anni, con 83.615 euro l’anno. Una somma notevolmente differente da quella invece percepita da tutte le altre fasce di iscritti, frutto della somma tra pensione e guadagni per l’attività che ancora si continua a svolgere.

 

 

Nella fattispecie, la differenza diventa notevole nel momento in cui si vanno ad accostare questi numeri con quelli degli avvocati più giovani: in Italia, un under 40 percepisce mediamente 23.226 euro all’anno. Ora, escludendo dal conteggio i pensionati ancora in attività, la fascia d’età che percepisce il reddito maggiore è quella compresa tra i 60 ed i 64 anni: 65.515 euro. Segue la fascia 55-59: 60.498; chiudono la serie gli under 30, con 12.844 euro. Dunque, è dopo i 40 anni che si inizia a migliorare, con 30. 245 euro di reddito annuo.

Volendo andare ulteriormente a fondo con l’analisi, la differenza diventa ancor più netta inserendo la variante di genere nel paragone. Infatti, le donne percepiscono un reddito medio di 24.889 euro: meno della metà di quello maschile, che si attesta invece attorno ai 53.849 euro. Anche a livello geografico si registrano notevoli differenze: al nord si percepiscono 57.600 euro mentre al sud e nelle isole 24.124 euro (al centro 44.245).

 

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Sentenza Lexitor non applicabile all’ordinamento italiano

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Niente rimborso dei costi up-front dopo l’estinzione anticipata del mutuo

La sentenza “Lexitor” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea non sarebbe pertinente all’ordinamento italiano. Ciò significa che il mutuatario che estingue anticipatamente il contratto non può ottenere il rimborso dei costi up front. Questa è la decisione espressa nella sentenza -resa il 23 agosto- del Giudice di Pace di Ferentino (dott. Antonio Velucci).

Sentenza Lexitor: esclusa l’efficacia di quella Direttiva Europea nel nostro ordinamento

Succede che l’attore estingua anticipatamente il contratto di un mutuo e che, perciò, decida di convenire in giudizio con l’istituto bancario. Il suo scopo sarebbe l’ottenimento del rimborso pro quota dei ratei residui di tutti gli oneri finanziari di tipo recurring (quelli continuativi, connessi alla durata del finanziamento ma non alla durata del contratto -spese di istruttoria, commissioni per gli intermediari, apertura della pratica etc.) versati e non goduti. Tuttavia, succede che la banca convenuta evidenzi il fatto che il contratto esclude ogni rimborso di costi up front (accessori, collegati all’erogazione del finanziamento e non connessi alla durata del contratto), nel pieno rispetto della normativa nazionale.

 

 

Sull’argomento è intervenuta la Corte di Giustizia Europea (Causa C- 338/18, 11 settembre 2019) nella sentenza cosiddetta Lexitor, decidendo sulla questione pregiudiziale sottoposta da un giudice polacco. Così, secondo la CGUE, l’art. 16, paragrafo 1 direttiva n. 12008/48 “deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Ora, nonostante tale presa di posizione, parte della giurisprudenza italiana si è pronunciata più volte con un indirizzo opposto.

E’ il caso del giudice di pace di Ferentino, il quale, per avallare la sua conclusione, richiama una serie di recentissimi provvedimenti (la maggior parte dei quali datati 2021) che ritengono la sentenza Lexitor europea non pertinente all’ordinamento italiano. Infatti, “[l’ordinamento italiano], rispetto a quello polacco, è certamente già più favorevole per il cliente, annoverando una puntuale disciplina dei diritti restitutori, in caso di estinzione anticipata del finanziamento”. Per questo motivo, la domanda del mutuatario viene respinta: in caso di estinzione anticipata del contratto di mutuo si ha diritto al solo rimborso dei costi recurring.

 

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Avvocati: definitivo addio ai cinque mandati

Le Commissioni alla Camera e al Senato approvano il decreto che elimina il vincolo dei cinque affari l’anno per rimanere avvocato

Secondo il decreto del Ministro della giustizia del 25 febbraio 2016, n.47, condizione sine qua non per rimanere iscritti all’albo degli avvocati è la dimostrazione di esercizio della professione forense in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente. Il che significa, trattare almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l’incarico professionale è conferito da altro professionista (cfr. art.2, comma 2, lett. 2). Tuttavia, il vincolo dei cinque affari annui è chiaramente destinato ad avere vita breve.

Avvocati e obbligo cinque affari annui: l’UE bacchetta l’Italia, l’Italia risponde riformulando la norma

Già nel nostro articolo Avvocati: addio obbligo 5 affari avevamo introdotto il tema di come l’obbligo dei cinque affari annui previsto per gli avvocati, secondo l’UE, “[possa] di fatto comportare una restrizione quantitativa tale da incidere sull’esercizio della professione”. Di qui la necessità di rivedere la normativa in materia; nasce così lo schema di decreto elaborato dal Ministero della Giustizia che modificherebbe tale D.M. n. 47/2016 e che avrebbe già ottenuto sia l’avallo del Consiglio di Stato (n. 1012/2021), che il parere favorevole della Commissione Giustizia al Senato (lo scorso 20 luglio) proprio come della Commissione Giustizia alla Camera (4 agosto scorso). A questo punto, mancherebbe soltanto l’adozione definitiva del provvedimento da parte del Ministero della Giustizia.

 

 

Infatti, allo scopo di scongiurare un aggravamento della procedura di infrazione, il Ministero della Giustizia sopprime la lettera c) articolo 2, comma 2 del D.M. 47/2016. Ciò, in quanto l’accertamento dell’effettività, della continuità e dell’abitualità dell’esercizio della professione forense sarebbero già garantiti da requisiti quali: la titolarità di partita iva, l’uso di locali e di almeno una utenza telefonica riservata all’attività professionale, la titolarità di un indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al Consiglio dell’Ordine, l’assolvimento dell’obbligo di aggiornamento professionale, una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione.

Se, come avevamo già visto, il Cnf non si dice affatto concorde nell’appoggiare tale modifica, il Consiglio di Stato -invece- ne esprime parere favorevole. Su questa stessa linea si muovono le Commissioni alla Camera e al Senato, le quali ritengono ampiamente motivata la tesi sostenuta dall’ Unione Europea. Nello specifico, essi convengono nel sostenere che il vincolo dei cinque affari annui violi il principio di proporzionalità tra prescrizione imposta e obiettivo perseguito (garantire l’effettivo e corretto esercizio della professione). Alla luce di quanto detto, lo schema di D.M. consentirebbe di conformare la normativa nazionale a quella europea e, senza compromettere in alcun modo la tutela dei destinatari dei servizi, andrebbe ad interrompere la procedura di infrazione in atto.

 

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La lettera di Carruba a Il dubbio

La lettera di Carruba a Il dubbio

“Troppi avvocati, ora un esame di riabilitazione straordinario”

E’ di oggi la pubblicazione, da parte del giornale Il Dubbio, della lettera rivolta allo stesso giornale da parte dall’avvocato Carruba -Ordine degli Avvocati di Roma-. L’argomento centrale dell’epistola è il ruolo dell’avvocato e la progressiva perdita di credibilità dello stesso di fronte ad un incessante aumento nel numero degli iscritti ai vari albi territoriali. A questo punto, Carruba, nel proporre una soluzione avanza una provocazione; vediamo quale.

La proposta di Carruba: “esame di riabilitazione straordinario a cui sottoporci tutti”

La lettera firmata dall’Avvocato Carruba, dell’Ordine degli Avvocati di Roma, e pubblicata oggi da Il dubbio pone i riflettori su una problematica finora probabilmente poco affrontata, ma dall’indubbia rilevanza tanto etico-professionale quanto socio-culturale. Lo stesso incipit, utilizzando il sostantivo “ipertrofia” in riferimento alla professione forense, sembra subito mettere in chiaro tone of voice e personale punto di vista a riguardo. E, in effetti, solo due righe più in basso si arriva al punto: “In Italia siamo troppi”, e ciò pone la base ad alcuni importanti problemi.

 

 

Il riferimento è, innanzitutto, alla corsa al ribasso nei corrispettivi e, in secondo luogo, allo svilimento del valore della professione. Infine, l’effetto definito “peggiore”: il “decadimento complessivo della qualità e della competenza nell’esercizio della professione forense a discapito della difesa dei diritti di chi si rivolge alle toghe”. In questo ambito rientrano, a detta dello stesso Carruba, la decadenza del rispetto della deontologia, della dialettica con i Magistrati, della correttezza tra Colleghi, “sino alle qualità delle stesse difese messe in campo”.

Per altro, la riflessione dell’Avvocato non sembra voler in alcun modo ledere all’autorevolezza dei giovani avvocati: “chi è bravo, competente, all’altezza […] avrebbe tutto da guadagnare”. Da cosa? Dalla sua proposta, immediatamente conseguente: un esame di riabilitazione straordinario cui sottoporre tutti gli attuali iscritti all’albo, indipendentemente dall’età. L’obiettivo sarebbe quello di “dimezzare il numero degli iscritti agli Ordini territoriali”, ponendo così un freno alla deriva attualmente in atto.

 

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Alcoltest valido anche su incoscienti

Alcoltest: è valido anche su incoscienti

Conducente responsabile anche senza avviso difensivo se l’incoscienza deriva da condotta illecita

La Quarta sezione Penale della Corte di Cassazione, sentenza n. 28466/2021, si esprime circa il caso di un conducente in stato di ebbrezza sottoposto ad alcoltest in stato di incoscienza. Nello specifico, il soggetto in questione non sarebbe nemmeno stato avvisato dalla polizia giudiziaria di farsi assistere dal difensore di fiducia.

Alcoltest: paradossale sarebbe “immunità” a conducenti la cui incoscienza sia conseguenza della loro stessa condotta illecita

Succede che la Corte d’Appello confermi la sentenza di primo grado che vede responsabile Tizio per il reato art. 186, comma 2 lett. C), 2-bis e 2- sexies, cod. strada. Succede quindi che il difensore dell’imputato ricorra in Cassazione lamentando la nullità della sentenza per omesso avviso all’imputato (ex art. 114 disp. Atto cod. proc. Pen.) degli accertamenti alcolimetrici. Nella fattispecie, sarebbe contestata l’affermazione secondo cui l’imputato si trovasse in stato di incoscienza al momento dell’accertamento da parte della Polizia giudiziaria.

 

 

Succede allora che la Cassazione giudichi il ricorso come inammissibile, per i seguenti motivi:

  • L’imputato entra in ospedale in codice rosso, dunque incosciente: è lo stesso operante a confermarlo;
  • Gli avvisi difensivi non possono essere dati a soggetti in stato di totale incoscienza (art. 114 disp. Atto cod. proc. Pen.);
  • Affermare la correttezza della misura secondo la quale, essendo incosciente, allora non è possibile espletare valido accertamento equivarrebbe ad introdurre una sorta di causa di non punibilità;

Infine, (4)) sarebbe paradossale attribuire un’”immunità” a soggetti il cui stato di incoscienza sia conseguenza della loro stessa illecita condotta. In effetti, lo scopo dell’Alcoltest -proprio come di ogni articolo del codice della Strada- è di assicurare l’incolumità degli utenti della strada. Esimere dal controllo soggetti la cui condotta è talmente illecita da costituire condizione eccezionale significherebbe introdurre una sorta di causa di non punibilità in nessun modo prevista dalla legge.

 

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Servicematica

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