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Cyberavvocato: cambierà la professione con l’IA?

L’intelligenza artificiale cambierà il ruolo dell’avvocato e l’esercizio della professione forense?

Il Covid-19 ha favorito l’avanzata del cosiddetto Cyberuomo: ora emblema della nuova realtà post-pandemica. Si compone di intelligenza umana e intelligenza artificiale e sembra stia rivoluzionando in particolare il mondo del lavoro. A questo proposito, si parlerà dunque di un cyberprofessionista, capace di sconvolgere l’attuale sistema.

Cyber-professionista nel mondo legale: l’intelligenza artificiale sostituirà l’avvocato? L’intervista per Forbes

Per quanto riguarda il mondo forense, si parla della nascita del cyberavvocato: la nuova figura con intelligenza ibrida che affianca e completa la figura dell’avvocato. Tuttavia, questa figura non andrebbe a stravolgere o sostituire il ruolo e la funzione “tradizionale” dell’avvocato.

 

 

Per avere un quadro più completo sul ‘Cyberavvocato’ e sul suo ruolo all’interno del mondo legale, Forbes intervista Carlo Gagliardi, managing partner di Deloitte Legal. Vediamo assieme quali sono state domande e risposte in merito a questa curiosa novità.

Intelligenza ibrida e Cyberavvocatol’IA nel mondo del lavoro

Innanzitutto, si prevede una divisione sinergica dei compiti tra l’attività umana e quella tecnologica. Ovvero, si chiede all’intelligenza artificiale:

  • la gestione delle attività di routine;
  • l’automazione di una serie di attività ripetitive o di processo;
  • l’analisi di grandi moli di dati come la Big Data, ora possibile solo con tecnologie avanzate.

Quindi, si tratta di un’attività di affiancamento per l’avvocato. In particolare sarà utile anticipare problematiche legali con l’analisi predittiva. Ossia, la capacità di analizzare informazioni complesse per prefigurare scenari futuri. Il risultato, l’unione delle forze e delle competenze è la cosiddetta intelligenza ibrida.

Dunque, l’intelligenza umana si svincola dalla necessità di gestire la quotidianità, la routine o alcuni processi complessi ma ripetitivi delle attività legali. Ora, si può concentrare prevalentemente sulle attività strategiche, decisionali e ad alto valore aggiunto con un impatto significativo anche nella dimensione privata.

Difatti, migliora l’equilibrio tra lavoro e vita privata: riduce la frustrazione che deriva dall’esecuzione di compiti e attività a basso valore aggiunto.

Cyberavvocato: i vantaggi della digitalizzazione in ambito legale

Ora, grazie ad alcune soluzioni tecnologiche legali si migliora l’efficienza e l’efficacia dei servizi per il cliente. Dunque, sarà più fluida la comunicazione tra:

  • gli avvocati interni;
  • le funzioni aziendali;
  • i consulenti esterni.

Così, si gestiscono in totale trasparenza le risorse e si potranno monitorare i KPI.

 

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Google fornisce dati personali agli USA

Privacy a rischio: la multinazionale Google trasferisce i dati delle persone al governo statunitense

L’account e gli indirizzi IP degli utenti registrati in Google non sembrano essere così al sicuro come si potrebbe pensare. Infatti, pare che nel momento in cui la Casa Bianca richieda alla multinazionale di avere un certo tipo di dati, questi vengano effettivamente comunicati. Il problema? Chiunque potrebbe diventare un potenziale criminale.

Big Tech e Stati Uniti: la collaborazione permette il passaggio dei dati personali

Se il Governo degli Stati Uniti d’America chiede delle informazioni, le Big Tech (le 5 maggiori multinazionali dell’IT occidentali) rispondono e le forniscono. Effettivamente, si tratta di una pratica lecita e stabilita nella sentenza Schrems II e in particolare alla sezione 702 del FISA. Tra le altre cose, qui si evince che le aziende sono obbligate a concedere agli Stati Uniti l’accesso alle informazioni di soggetti stranieri che utilizzano servizi americani.

 

 

Tuttavia, sembra che quanto detto non sia abbastanza per gli USA, che pretenderebbero la ricevuta di una moltitudine di dati da Google. Vediamo assieme i casi.

Trasferimento dei nostri dati personali dalle multinazionali IT al nuovo continente: i casi

Innanzitutto, un primo caso si riscontra nel 2019, quando si indagava su dei reati sessuali commessi ai danni di una minore. Quindi, gli investigatori si sono rivolti a Google ai fini di individuare i colpevoli del reato. Chiedevano alla multinazionale di fornire informazioni su chiunque avesse cercato il nome della vittima. Oppure, informazioni correlate al caso come il nome di sua madre o il suo indirizzo, per un arco temporale di 16 giorni.

Successivamente, a Google si chiedeva di fornire i dati dell’account e gli indirizzi IP di tutte le persone corrispondenti ai criteri di ricerca. Indubbiamente, anche se si trattasse di pochi account coinvolti, è una vicenda che desta perplessità e preoccupazione. Effettivamente, si tratterebbe di uno dei casi di keyword warrant di maggiore portata mai registrati.

Tuttavia, è bene ricordare che il Garante della Privacy europeo non agisce nella stessa maniera e una simile situazione non è verosimile nel “vecchio continente”.

Ad oggi, gli unici due casi simili resi noti al pubblico sono:

  • nel 2020, quando si chiedevano i dati di chiunque avesse cercato l’indirizzo di una vittima di incendio doloso in un caso che coinvolgeva il cantante R Kelly;
  • nel 2017, quando un giudice del Minnesota chiedeva a Google di fornire informazioni su chiunque avesse cercato il nome di una vittima di frode all’interno di una precisa città.

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Notifica atti pubblica amministrazione: ora digitale

Digitalizzazione delle notifiche degli atti della PA: come funziona la nuova procedura

Il Garante della Privacy da giudizio positivo alla proposta di rendere digitale la notifica degli atti della PA. Ora, si potrà accedere con SPID e ci sarà la possibilità di delega digitale. L’aggiornamento si rifà ai sensi dell’art. 26, comma 15, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76 (modificato in seguito dalla l. 11 settembre 2020, n. 120).

Piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione: passaggi e soggetti coinvolti

Il Garante Privacy richiama il dpcm che tratta di “Piattaforma per la notificazione degli atti della pubblica amministrazione”. Qui, si illustrano le procedure e gli individui coinvolti nella digitalizzazione degli atti. L’accesso avviene tramite SPID o CIE.

 

 

Innanzitutto, le PA mittenti accedono alla Piattaforma tramite funzionari scelti, poi autorizzati a svolgere le attività. A loro volta, anche i soggetti destinatari accedono alla piattaforma allo stesso modo. A questo punto, la PA mittente:

  • Carica il documento da notificare;
  • Identifica il destinatario;
  • Individua il domicilio digitale speciale e quello fisico;
  • Comunica i dati al gestore.

A questo punto, se il documento e la messa a disposizione rispettano le regole, il Gestore gli attribuisce un codice IUN. Altrimenti, comunica al mittente l’impossibilità di procedere alla notificazione ed elimina automaticamente i documenti caricati.

Notifica atti PA: Garante Privacy e rispetto del dpcm del d.l. 16 luglio 2020

Quindi, è il Gestore che effettua la notificazione: prima, presso il domicilio digitale di Piattaforma eletto dal destinatario; poi, presso il domicilio digitale speciale, se eletto. Infine, al “domicilio digitale generale“, indirizzo presente in uno degli elenchi di cui all’INI-PEC, all’IPA o all’INAD. Se tutti questi domicili digitali risultano saturinon validi o non attivi, il Gestore procede a un secondo tentativo d’invio.

Quando il destinatario accede alla Piattaforma può reperireconsultare e acquisire i documenti notificati, visualizzando:

  • mittente;
  • data e ora di messa a disposizione;
  • atto notificato;
  • storico del processo di notifica, compresi gli atti opponibili a terzi;
  • gli avvisi di mancato recapito;
  • il codice IUN.

Dunque, il destinatario può scaricare e inviare a terzi la copia del documento.

Inoltre, il Gestore attesta la data e l’ora in cui il destinatario o il delegato accedono, tramite la Piattaforma, all’atto notificato. Questo è possibile grazie ad un sistema di marcatura temporale certificato opponibile a terzi.

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dark web

Dati in vendita sul dark web

Dark web: Contatti di quasi quattromila manager italiani venduti, rischio “ceo-fraud”

L’organizzazione per la sicurezza informatica Yoroi scopre che nel deep web venivano venduti oltre 3.887 contatti.

Ora, l’annuncio del fatto è pubblicato dallo pseudonimo “yukiomishima” su di uno dei principali forum underground più utilizzati. Quant’è alto il rischio? Si pensi solo che sono coinvolti contatti telefonici ed email di centinaia di importanti aziende private e pubbliche, a rischio frode.

Leak pericoloso: nel deep web migliaia di dati di aziende e personale in vendita

Come anticipato, il leak coinvolge centinaia di organizzazioni italiane come:

  • i principali istituti bancari nazionali;
  • istituti locali;
  • assicurazioni;
  • società nel mondo dell’energia e delle multi utilities.

In effetti, il Cert di Yoroi individua il leak nel deep web per un lotto di 3.887 contatti di:

  • dipendenti e collaboratori delle organizzazioni;
  • dirigenti e responsabili;
  • contatti diretti di amministratori delegati;
  • CFO;
  • direttori e responsabili IT.

Ora, il problema principale riguarda il tentativo di frode. Una fra tutte è la “Ceo-fraud”: ovvero, quella frode che si compie quando il criminale impersonifica la voce di una qualsiasi persona. Difatti, anche con pochi campioni a disposizione riescono a ricostruire il timbro con qualità sufficiente ad ingannare un utente distratto al telefono. Si tratta di una tecnica già sperimentata in furti e frodi ad Hong Kong proprio ai danni di banche locali.

Attacchi di social engeneering nel dark web e il rischio di frode delle aziende italiane

Oltre a questo, il rischio si estende anche in attacchi di social engineering mirati. Infatti, riuscendo a ingannare un dirigente dell’azienda a installare un finto aggiornamento software, un semplice malware metterà a rischio i dati più sensibili della società.

Da tempo i cyber criminali sono sempre più attenti nel curare gli aspetti di social engineering per guadagnare accessi ai sistemi, phishing, smishing e vishing. Difatti, si tratta di tecniche affinate da tempo, campagne di attacco mirate e temporizzate. Ad esempio, come quelle che sono operate a ridosso delle scadenze fiscali italiane.

Inoltre, i criminali che prendono di mira gli istituti bancari osservano e monitorano i periodi più propizi, come quelli di cambiamento, di migrazione tecnologica o di fusione.

Per concludere, Yoroi ha scoperto in questi giorni un attacco informatico a centinaia di aziende manifatturiere tramite finti documenti Word ed Excel. Questi contenevano il malware Dridex. Si noti che tale attacco sfrutta librerie binarie caricate direttamente da Microsoft Excel, sfruttandone i file.

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Vecchi crediti? Erede deve riaprire partita Iva

Per i vecchi crediti dell’avvocato, i suoi eredi devono riaprire partita Iva

Nel caso di vecchi crediti dell’avvocato, gli eredi del deceduto devono riaprire la partita Iva del de cuius. Infatti, è necessario fatturare le prestazioni effettuate dallo stesso professionista sia nei confronti dei titolari di partita Iva, che dei clienti non soggetti passivi ai fini Iva. Lo stabilisce l’Agenzia delle Entrate, con la risposta n.785 del 2021.

IL CASO

Succede che l’erede di un avvocato presenti il quesito alle Entrate. In particolare, ad un anno dal decesso egli vede emergere “posizioni creditorie residue” con “accordi per il […] pagamento”. Dunque, gli occorrono chiarimenti nell’ambito delle modalità di assolvimento dell’Iva per i vecchi crediti residui.

 

 

Ora, nella loro risposta, le Entrate si soffermano sulla definizione del momento in cui si verifica la cessazione dell’attività. In effetti, si stabilisce che tale cessazione si verifica quando il professionista chiude tutti i rapporti professionali, fattura le prestazioni svolte e dismette i beni strumentali. In definitiva, per cessare un’attività non basta semplicemente interromperla.

Al contrario, servirà concludere tutte le operazioni dirette a definire i rapporti giuridici pendenti, soprattutto nell’ambito di crediti strettamente connessi allo svolgimento stesso dell’attività professionale. Per questo motivo, gli eredi non possono chiudere la partita Iva del professionista defunto finché non incassano l’ultima parcella.

LA SENTENZA

Nella definizione della situazione, l’Agenzia delle Entrate fa riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 8059, del 2016. Allora, «Il compenso di prestazione professionale è imponibile ai fini IVA, anche se percepito successivamente alla cessazione dell’attività […]». Perciò, qualora (come in caso di decesso) il de cuius non abbia fatturato la prestazione, tale obbligo si trasferisce agli eredi. Infine, essi dovranno fatturare la prestazione eseguita dal de cuius non in nome proprio ma in nome dello stesso de cuius.

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MacOs Monterey e Service1

Il 25 ottobre 2021 è uscito il nuovo sistema operativo Apple macOS Monterey, Release 12.0.1 (21A559).

Tuttavia, se si tratta del sistema operativo che stai usando, ti sarai accorto che oltre a tutti i vantaggi che questo aggiornamento porta con sé, Monterey può anche causare alcuni problemi, quali:

  • Alcune app si chiudono inaspettatamente;
  • Alcune app si bloccano e nemmeno si aprono.

E’ necessario specificare che questo inconveniente può capitare anche con la Service1.

Quindi, come risolvere il problema se hai OS Monterey e le app si bloccano o si chiudono inaspettatamente?

Se la Service1 è già installata sul tuo MAC procedi così:

  1. Entra in Preferenze del sistema – Sicurezza e Privacy – Privacy
  1. Inserisci Service1 nell’Accessibilità e nell’Accesso Completo al Disco

Se, invece, devi ancora installare la Service1, procedi seguendo la nostra guida completa

 

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Cade sul tapis roulant in aeroporto: di chi è la responsabilità?

Il Tribunale dà ragione alla donna caduta e condanna la società di gestione

Ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo il caso fortuito (art. 2051, Codice Civile).Questa sentenza si pone sulla scia delle pronunce precedenti, che in merito sono tutte concordi: si devono portare prove documentali. E ciò vale per entrambe le parti: l’attore deve dimostrare il nesso di causalità tra gestione della cosa e danno. Il danneggiante deve dimostrare che il danno è imputabile al caso fortuito, a terzi o al fatto del danneggiato.

La caduta in aeroporto e la responsabilità della società di gestione dell’aeroporto

Succede che il Tribunale di Civitavecchia si pronunci in merito ad una vicenda che vede contrapposti una passeggera aerea e la società di gestione dell’aeroporto di Roma Fiumicino.

 

 

LA VICENDA

Per imbarcarsi sul volo per Dubai, una donna deve attraversare un’area dell’aeroporto munita di tapis roulant. Nel farlo, dopo aver pestato una busta trasparente di un compact disk che si trova sullo stesso congegno, cade rovinosamente a terra. A seguito del sinistro, la passeggera riporta danni agli arti inferiori, anche permanenti.

A questo punto, la stessa donna chiede al Tribunale di Civitavecchia la condanna della società aeroportuale al risarcimento del danno, in quanto custode del tapis roulant (art. 2051 codice civile).

LA SENTENZA

A seguito dell’istruttoria, costituita da testimonianze e consulenza tecnica, il Giudice accoglie la domanda dell’attrice. Infatti, è stato dimostrato il nesso di causalità tra la gestione del tapis roulant (cosa in custodia) ed i danni occorsi alla passeggera, oltre che alla mancanza della prova del caso fortuito. Quindi, per il Giudicante, la società poteva esibire prove atte a dimostrare che si era adoperata per evitare il danno (ad es. i turni di pulizie e controllo del tapis roulant etc), mentre si è limitata a riferire che la presenza della busta era da ricondurre ad uno “sfortunato evento”, il che interrompe il nesso di causalità.

Non è tutto: la società non ha nemmeno dimostrato che sul luogo del sinistro era presente personale pronto a prestare immediati soccorsi alla danneggiata. Ora, data la natura intrinsecamente pericolosa del tapis roulant, solo comportamenti particolari possono sollevare il custode da proprie responsabilità.

Dunque, il Giudicante, nell’accogliere la domanda dell’attrice, applica principi elaborati da consolidata giurisprudenza ed evidenzia l’importanza dell’onere della prova in giudizio. Onere che ricade su entrambe le parti, per rafforzare le proprie pretese processuali. Perciò, se l’allusione generica ad uno “sfortunato evento” non costituisce alcuna prova, assumono rilevanza gli elementi che mettono in evidenza in materia univoca il nesso di causalità custodia della cosa- danni biologici patiti, avvalorando la tesi dall’attrice.

 

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Quando è l’esame d’avvocato 2022?

Esame avvocato: come iscriversi e fare domanda per l’abilitazione all’esercizio della professione

È pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto n. 91, bando di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, sessione 2022. Il testo apporta la firma della Ministra della Giustizia Marta Cartabia e si sviluppa in tredici articoli. Di seguito, tutte le informazioni utili da sapere sulle prove d’esame di Stato, in svolgimento presso 26 Corti d’Appello del Paese.

Domanda d’iscrizione e procedura di registrazione per esame avvocato 2022

Il 21 febbraio 2022 segna la data di inizio delle prove d’esame per l’abilitazione alla professione forense. Prima di tale momento, è necessario adempiere a questioni burocratiche per quanto riguarda la domanda d’iscrizione. Questo e molto altro, come modalità di sorteggio per gli oraliprescrizioni anti COVID-19, modalità di comunicazione delle materie scelte, sono presenti nel detto decreto.

 

 

Innanzitutto, la domanda di partecipazione all’esame si deve inviare per via telematica dal 1° dicembre 2021 al 7 gennaio 2022. Per poter essere ammesso all’esame, è necessario versare una somma di 78,91 euro, utilizzando la procedura di iscrizione all’esame. Qui, nell’apposita sezione saranno presenti due istanze di pagamento digitale da assolvere tramite la piattaforma PagoPA.

La prima istanza di pagamento si configura con la tassa del valore di 12,91 euro e il contributo spese di 50,00 euro, per un totale di 62,91. Invece, la seconda istanza riguarda il pagamento dell‘imposta di bollo di 16,00 euro. Se non si effettua il pagamento entro la data di scadenza della domanda di partecipazione si verrà esclusi dalla procedura.

La domanda d’iscrizione per l’esame di stato dell’avvocatura

La domanda di partecipazione si invierà utilizzando l’apposita procedura informatica, resa disponibile dal 1° dicembre 2021 per la ricezione delle domande. Qui, il candidato verrà guidato dalla procedura all’accettazione dei dati per la privacy per la compilazione della domanda. Poi, procederà prima al pagamento delle posizioni debitorie (PagoPA) e, successivamente, all’invio della domanda.

Di seguito tutto il procedimento da seguire:

  1. Collegarsi al sito del Ministero della Giustizia;
  2. Nella barra del Menù, cliccare su Strumenti;
  3. Nell’elenco che compare, selezionare la voce Concorsi, esami, selezioni e assunzioni;
  4. Registrarsi con credenziali SPID di secondo livello;
  5. Inserire i dati personali nella sezione anagrafica – eventualmente da aggiornare tempestivamente

Al termine della procedura di invio verrà visualizzata una pagina di risposta che contiene il collegamento al file, in formato .pdf nominato domanda di partecipazione. Si noterà che nel form è necessario selezionare la Corte di appello cui è diretta la domanda, da individuarsi ai sensi dell’art. 45 della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

Inoltre, il candidato dovrà indicare il Consiglio dell’ordine degli avvocati, tra quelli ricompresi nel distretto della Corte di appello cui è diretta la domanda. Quest’ultima avrà certificato il compimento della pratica forense. Infine, con la presentazione della domanda il candidato esprimerà l’opzione per le materie di esame prescelte per la prima e per la seconda prova orale.

Prove d’esame 2022, procedure per le prove all’esercizio dell’avvocatura

La commissione centrale avrà il compito di abbinare mediante sorteggio le Corti di appello, entro il termine di 10 giorni dalla data di scadenza della presentazione delle domande. Dunque, assegnerà ogni Corte che esaminerà i candidati oltre che comunicare l’esito dell’abbinamento alle Corti. I sorteggi e abbinamenti tra le sedi avvengono in differenti fasce, che si possono visionare all’art.5 del detto decreto.

Quindi, il Presidente di ciascuna Corte di appello che esaminerà i candidati procede al sorteggio delle sottocommissioni dinnanzi alle quali ogni candidato dovrà sostenere la prima prova orale. Per fare ciò, si estrarrà a sorte la lettera dell’alfabeto che determina l’ordine di svolgimento della prova. L’iter verrà effettuato mediante l’applicativo gestionale fornito dalla Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati.

Dopo il sorteggio, le sottocommissioni procedono con la predisposizione dei calendari di esame, previa verifica della disponibilità dei locali per svolgere le singole prove. Successivamente, si inseriranno i vari dati nell’area personale di ogni candidato, almeno 20 giorni prima della data stabilita. L’inserimento vale a tutti gli effetti come comunicazione nei confronti del candidato.

L’effettiva durata della seconda prova orale deve essere determinata dalla sottocommissione secondo criteri di ragionevolezza ed equità.

Esame avvocato: materie sessione 2022

Ricordiamo che l’esame consta di due prove:

  1. È pubblica e consiste nell’esame e nella discussione di una questione pratico-applicativa, nella forma della soluzione di un caso;
  2. Pubblica qualora si svolga in presenza e di durata compresa fra 45 e 60 minuti. Consiste nella discussione di brevi questioni relative a cinque materie scelte preventivamente dal candidato.

Esame di Stato per l’abilitazione professionale forense: Valutazione delle prove, idoneità, specifiche

Ora, ogni componente della sottocommissione d’esame dispone di 10 punti di merito per valutare il candidato e la prima prova. Di conseguenza, alla seconda prova orale si ammetteranno i candidati che hanno conseguito, nella prima prova orale, un punteggio di almeno 18 punti.

Allo stesso modo, anche per quanto riguarda la valutazione della seconda prova orale, ogni componente della sottocommissione d’esame dispone di 10 punti di merito per ciascuna delle sei materie. Qui, i candidati idonei sono coloro che ottengono nella seconda prova orale un punteggio complessivo non inferiore a 108 punti ed un punteggio non inferiore a 18 punti in almeno cinque materie.

Infine, una specifica: i candidati con disabilità devono indicare nella domanda l’ausilio necessario, nonché l’eventuale necessità di tempi aggiuntivi, producendo la relativa documentazione sanitaria. Per la prima prova orale, il candidato con Dsa potrà chiedere l’applicazione del 30% di tempo aggiuntivo per l’esame preliminare del quesito o l’assegnazione. Così, riceverà l’assistenza nella lettura e nella scrittura, per mano di un incaricato della commissione.

 

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No iscrizione a ruolo senza contributo unificato

Manovra 2022: se non si versa il contributo unificato niente iscrizione a ruolo

Da oggi, martedì 16 novembre, il testo della manovra di bilancio 2022 è al Senato. In particolare, in esso, art. 192, si trovano le “Disposizioni in materia di contributo unificato“, che introducono alcune modifiche al DPR n. 115/2002. Infatti, la nuova norma stabilisce che chi non paga il contributo unificato non potrà effettuare l’iscrizione a ruolo nelle cause. Ora, andiamo a vedere nel dettaglio di che cosa si tratta e qual è la reazione dell’avvocatura.

Contributo unificato e valore della causa: avvocatura insorge contro norma del Bilancio

Da martedì 16 novembre il testo della Manovra di Bilancio 2022 è in Senato. Come anticipato pocanzi, le modifiche più rilevanti rispetto al tema del contributo unificato si riscontrano all’art. 192, intitolato “Disposizioni in materia di contributo unificato”. In particolare, quest’ultimo introduce alcune modifiche al DPR n. 115/2002, in materia di spese di giustizia. Allora, all’art. 16 comma 1 viene aggiunto:

 

 

In caso di omesso pagamento del contributo unificato, ovvero nel caso in cui l’importo versato non è corrispondente al valore della causa dichiarato dalla parte ai sensi dell’articolo 15, comma 1, anche quando sono utilizzate modalità di pagamento con sistemi telematici, il personale incaricato non deve procedere all’iscrizione al ruolo.

Effettivamente, è da subito chiaro che la disposizione ha un’importante valenza. Infatti, essa vieta al personale d’iscrivere a ruolo le cause se:

  • Il contributo unificato non viene pagato;
  • In base al valore della controversia, il contributo unificato non viene pagato nella misura esatta.

I vantaggi dell’obbligo di pagamento del contributo unificato per il ruolo: l’ anti-evasione

Dunque, perché apportare questa novità? La ragione si evince nella relazione illustrativa della Manovra 2022. Qui, si afferma che l’entrata in regime del processo civile telematico ha dato il via a un aumento progressivo dell’evasione dall’obbligo di pagamento del contributo unificato. Quest’ultimo, veniva spesso assolto attraverso l’apposizione di una marca da bollo sulla nota d’iscrizione, che poi veniva annullata dalla Cancelleria.

Perciò, annullare l’iscrizione a ruolo a chiunque non abbia prima assolto all’obbligo di pagamento risolve diversi problemi. Tra i quali:

  • Evitare che la Cancelleria provveda a un adempimento;
  • Scongiurare l’avvio della procedura del recupero dell’importo da devolvere, che comprende anche tempi e costi di notifica;
  • Riscuotere immediatamente il contributo unificato;
  • Ridurre notevolmente i tempi del processo;

Ognuno di questi vantaggi apre nuove possibilità per realizzare entrate più velocialleggerendo il lavoro di riscossione. In questo modo, ci si potrà focalizzare nell’attività di smaltimento dell’arretrato, accumulatosi negli anni dal 2015 al 2020.

Cnf e Aiga: l’obbligo di contributo unificato è di dubbia costituzionalità, i problemi sono altri

Tra i pareri contrari nei confronti della nuova norma emerge in primis l’Aiga, che manifesta il suo sconcerto attraverso un Comunicato Stampa. Il Presidente dell’associazione ritiene che essa “subordina l’accesso alla giustizia e la tutela dei cittadini ad adempimenti meramente fiscali”. Rincara la dose affermando che spesso il malfunzionamento dei sistemi di pagamento resi disponibili dal Ministero della Giustizia sono il vero problema. Oppure, che molto dipende anche dalla prassi dei singoli Tribunali, difformi rispetto alle circolari interpretative emesse dallo stesso Ministero.

Quindi, l’Associazione dei giovani Avvocati auspica a un ripensamento della norma da parte del Governo. La loro tesi afferma che il problema principale da risolvere sia piuttosto l’inefficienza degli uffici giudiziari, responsabile di compromissione dell’accesso alla giustizia. Di conseguenza, i Consigli degli Ordini degli avvocati di RomaMilano e Napoli, come l’Aiga, chiedono:

  • Al governo, di ritirare la proposta;
  • Ai parlamentari, di respingere l’attuale riformulazione della norma.

Ora, anche il Cnf non si fa attende e dice la sua sulla questione attraverso un Comunicato Stampa. Qui, il Consiglio manifesta la propria perplessità: pare che la norma sia anticostituzionale e abbia tristi finalità. Ovvero, ritiene che con l’introduzione di questa regola si subordinerebbe l’accesso alla giustizia al pagamento di una somma di denaro. E quindi:

  • Si impedisce l’accesso alla giustizia ai cittadini meno abbienti
  • Si aggrava ulteriormente la condizione degli avvocati, spesso costretti ad anticipare il costo del contributo che è poi difficile recuperare.

Anf e Ocf: norma anticostituzionale e aggravante per le condizioni dei cittadini

Giampaolo di Marco, segretario dell’Anf pubblica un Comunicato Stampa in cui denuncia che il Governo mette in difficoltà il cittadino. In altre parole, egli ritiene che “mette con le spalle al muro il cittadino che intende rivolgersi alla giustizia per tutelare i propri diritti”. Inoltre, egli evidenzia che in questo modo chi vuole accedere alla giustizia deve pagare e paga di conseguenza le inefficienze dello Stato.

Infine, l’Organismo Congressuale Forense rifiuta nettamente la norma attraverso un Comunicato Stampa. Tra le altre cose, qui si dispone anche la convocazione dell’assemblea ordinaria dell’organismo. Inoltre, al proposito della norma il coordinatore Giovanni Malinconico afferma che:

Si tratta di una disposizione che, col pretesto di combattere l’evasione, si mostra punitiva non tanto verso l’avvocatura, quanto verso gli utenti i cui diritti gli Avvocati difendono col risultato che chi ha meno disponibilità economiche potrebbe rinunciare a chiedere giustizia. Un ritorno al Medioevo.

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Protocollo d’intesa tra Cnf e Procura Europea

Cnf-Eppo: ecco il protocollo con le best practice degli uffici decentralizzati in Italia

L’8 novembre 2021 si sottoscrive un protocollo d’intesa tra il Consiglio Nazionale Forense (Cnf) e la Procura Europea (Eppo). Con ciò, entrambe le parti si impegnano nell’individuazione delle modalità di regolamentazione delle richieste come da ex art. 335 c.p.p. Per fare ciò, gli organismi in questione porteranno a termine azioni congiunte con finalità di promozione e diffusione di best practice.

Il protocollo tra Cnf e Eppo sulle modalità di regolamentazione delle richieste

Innanzitutto, ricordiamo che la EPPO ha sede in Lussemburgo ed è un organismo indipendente dell’Unione Europea. In effetti, da giugno 2021, essa ha il compito di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Ue. Nasce delle disposizioni del Trattato di Lisbona e come cooperazione rafforzata tra 22 dei 27 membri dell’UE.

 

 

Come anticipato, il protocollo è una stipula d’impegno reciproco con l’obiettivo comune di stabilire le modalità di regolamentazione delle richieste (ex art. 335 c.p.p.). Tali richieste sono state formulate dai difensori delle persone iscritte nel registro delle notizie di reato della Procura europea. Allo stesso modo, il protocollo s’impegna e risponde anche alle richieste sullo stato del procedimento giudiziario.

Al fine di adempiere a tali finalità si organizzeranno eventi comuni per informare su:

  • le attività svolte dalla Procura europea;
  • i temi del diritto alla difesa all’interno del quadro costituzionale nazionale ed europeo;
  • la realizzazione comune di programmi di formazione continua;
  • incontri di studio e di ricerca per gli iscritti dei rispettivi ordinamenti professionali.

È possibile visionare il documento ufficiale qui.

 

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