Genitori separati e vaccini

Vaccino ai figli di genitori separati

Cosa succede nel caso di vaccino del figlio di due genitori separati, in disaccordo?

Affinché si possa effettuare il vaccino ad un minorenne è necessario avere il consenso di entrambi i genitori. Tuttavia, tale unanimità di consenso non è sempre semplice da ottenere, soprattutto nel caso di figli di genitori separati. A tal proposito, è necessario analizzare il punto di vista legale della vicenda anche nel caso di figli quasi maggiorenni.

Il Tribunale opta per l’opzione meno pregiudizievole nei confronti del figlio

Dallo scorso 2 giugno, in tutta Italia si è aperta la campagna vaccinale contro il Covid-19 anche ai minorenni. Nello specifico, affinché il minore sia vaccinato, è sufficiente presentare il consenso di entrambi i genitori. Tuttavia, soprattutto nel caso di figli di genitori separati –e spesso solamente per ripicca, tale unanimità non è poi così scontata.

Legalmente, il punto di partenza è la non obbligatorietà del vaccino anti Covid-19, proprio come contro papilloma virus e meningite. Tuttavia, in questi ultimi due casi, generalmente non si autorizzava la vaccinazione anche perché “non esisteva un grave pregiudizio vista la scarsa diffusione delle malattie sul territorio nazionale”. Cosa che -evidentemente- non vale per il Covid-19. Dunque, se la separazione è in corso, a giudicare la controversia è il giudice della separazione.

Invece, se separazione o affidamento sono già definiti, il genitore favorevole alla vaccinazione può proporre ricorso (ex art. 709 ter c.p.c.) al Tribunale territoriale competente. Infine, nel caso di figli quasi maggiorenni, la giurisprudenza tende a dare forte peso alla volontà del minore. Infatti, pur essendo ancora formalmente minorenne, la soluzione potrebbe trovarsi proprio nell’ascolto del ragazzo e nella sua volontà di autodeterminarsi.

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Si comunica che a causa di anomalie da parte del sistema Ministeriale (non di Servicematica), si stanno verificando delle interruzioni temporanee. Consigliamo di ripetere l’operazione in un secondo momento, se non dovesse andare a buon fine.

Ricordiamo che sarà possibile depositare telematicamente con Service1, creando un nuovo fascicolo ed inserendo il numero di RG.

Legge mail ex servicematica

Ex spione condannato per due reati

Leggere email della ex e tentare di conoscerne il traffico telefonico è reato

Processo penale per l’ex marito che legge le email della moglie e accede al sito del gestore telefonico per monitorarne il traffico. La Cassazione definisce il reato in questione come violazione della corrispondenza e accesso abusivo ad un sistema informatico. In effetti, si tratta di reato anche se l’imputato è l’effettivo proprietario della Sim e ne conosce le credenziali.

La tutela della riservatezza prescinde da ragionamenti connessi al diritto di proprietà

L’ex marito legge le email della moglie e accede al sito del gestore telefonico della stessa per conoscerne il traffico telefonico. La Corte d’Appello (ai sensi dell’art.81 comma 2 artt. 615 ter e 616 c.p) qualifica il fatto in accesso abusivo a sistema informatico o telematico e violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza. In questo quadro, la pena viene definita in tre mesi di reclusione; quindi, l’imputato ricorre in Cassazione.

I motivi di ricorso sollevati dall’ex marito vanno dall’intervenuta prescrizione alla mancanza di violazione passando per l’eccessiva somma risarcitoria stabilita. In effetti, la Cassazione annulla i reati penali per prescrizione, però dichiara inammissibile per manifesta infondatezza il terzo motivo sollevato dall’uomo. Infatti, l’accesso abusivo ad una casella di posta elettronica protetta da password costituisce -parallelamente- delitto di accesso abusivo del sistema informatico e violazione di corrispondenza.

Nello specifico è in relazione all’acquisizione del contenuto delle email custodite nell’archivio che tale reato concorre con quello di violazione di corrispondenza,. Infine, si tratta di reato anche se l’imputato è l’effettivo proprietario della Sim e ne conosce le credenziali. Infatti, la tutela della riservatezza prescinde da ragionamenti connessi al diritto di proprietà: confermato l’importo di 1.500 euro a risarcimento del danno.

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affido condiviso servicematica

Separazione, affido condiviso: modelli di Brindisi

Il Tribunale di Brindisi propone un facsimile di ricorso per separazioni consensuali e giudiziali

Era il 2017, quando il Tribunale di Brindisi elaborava proprie linee guida e modelli in grado di orientare la giurisprudenza. Oggi, il medesimo gruppo di lavoro, aggiunge al precedente documento un fac-simile di ricorso unilaterale per la separazione. In esso si trovano: regolamentazione delle condizioni della separazione e regolamento e specificazione spese straordinarie per i figli minori.

Piano genitoriale: l’affidamento dei minori deve basarsi sulla pariteticità dei genitori

La separazione tra coniugi è un momento complesso: bisogna bilanciare gli interessi contrapposti delle parti, rispettando l’ordinamento legislativo vigente. In questo quadro, si inseriscono il documento del 2017, e poi quello dell’8 aprile scorso, ad opera del Tribunale di Brindisi. In effetti, si tratta dello stesso gruppo di lavoro che elabora un documento basato sulla pariteticità -sia teorica che pratica- dei genitori (art.337-ter c.c.).

Dunque, al centro c’è la garanzia del diritto alla bigenitorialità: “il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori”. Non solo: “di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. A tal fine, il documento contiene un fac-simile di ricorso unilaterale per la separazione con la regolamentazione delle condizioni e spese per figli minori.

Infatti, secondo il Tribunale, la via ordinaria e principale di separazione dev’essere l’affidamento rivolto ad entrambi i genitori in maniera condivisa. Quindi, salvo specifiche eccezioni, anche dal punto di vista economico, ciascun genitore deve contribuire direttamente al mantenimento del figlio minore. Infine, al documento, è affiancato un modello di Piano Genitoriale (PG), da redigere -congiunto o disgiunto- per impegnare pariteticamente, con pienezza e continuità, entrambi i genitori.

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avvocati e sostituti

Avvocati responsabili dei compiti dei sostituti

E’ responsabile disciplinarmente l’avvocato che affida compiti alla sostituta senza controllarne l’esecuzione

Il CNF si è recentemente espresso riguardo il caso di responsabilità di un avvocato sui compiti lavorativi della sua sostituta. Infatti, se il legale sollevava motivi di responsabilità diretta da parte della stessa sostituta, la sentenza n.219/2020 non lascia margini di dubbio. Infatti, si definisce “violazione deontologica” il caso in cui un avvocato affidi “a collaboratori compiti che avrebbe dovuto svolgere personalmente […] omettendo di verificarne l’esecuzione”. 

Violazione deontologica avvocato: egli è responsabile anche per il fatto del sostituto

Succede che all’Auls della Romagna venga notificato, a istanza di un avvocato -creditore precedente, un atto di pignoramento presso terzi. Poi, succede che all’avvocato venga comunicato via pec l’avvenuto pagamento della somma, prima ancora della stessa notifica dell’atto. Perciò, avendo assolto al suo obbligo di legge, il terzo -debitore- non compare all’udienza indicata in suddetto atto.

Tuttavia, nel corso dell’udienza, non viene dato atto di tale comunicazione, dunque il Giudice emette ordinanza di assegnazione (art. 553 c.p.c.). A questo punto, l’Ausl diffida l’avvocato dal procedere esecutivamente nei suoi confronti, però tale diffida rimane senza effetto. A questo punto, il Consiglio Distrettuale di Disciplina avvia un procedimento nei confronti dell’Avvocato.

Ed è proprio lo stesso CDD a dichiarare l’Avvocato responsabile della violazione “del dovere di esercitare l’attività professionale con lealtà e correttezza e del dovere di verità”. Inoltre, se la mancata produzione fosse effettivamente addebitabile al sostituto, l’avvocato avrebbe avuto comunque molteplici occasioni per rimediare. La sentenza successiva, del CNF, conferma tale provvedimento evidenziando la violazione dei doveri di lealtà, correttezza e verità da parte dell’Avvocato.

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Decreto ponte assegno unico figli

Assegno unico figli: attuato decreto ponte

Ne beneficeranno coloro che ad oggi non hanno alcun diritto all’assegno

Dal primo luglio, entra in vigore il decreto ponte sull’assegno unico per i figli approvato nel CdM del 4 giugno. E’ un provvedimento a copertura del periodo 1 luglio- 31 dicembre 2021, in attesa dell’effettivo assegno unico che partirà il 1 gennaio 2022. La grande novità della misura riguarda la platea dei beneficiari: l’esecutivo ne prevede attorno ai 1,8 milioni.

Assegno unico: che cos’è, come ottenerlo e quali sono gli importi

Assegno Unico: misura messa del Governo per “riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico […]”. Si tratta di una misura innovativa in quanto ci si aspetta che ne beneficeranno 1,8 milioni di famiglie italiane. Tuttavia, dopo un avvio più volte rimandato, il prossimo 1 luglio parte il decreto ponte, rivolto ad una platea specifica.

Infatti, tale misura si rivolge alle famiglie prive dei presupposti per ricevere gli assegni familiari, colmando il vuoto lasciato dalla normativa precedente. Inoltre, per accedere al beneficio, è necessario che il nucleo familiare del richiedente non superi i 50 mila euro annui di Isee. Oltre a ciò, il richiedente deve necessariamente essere residente in Italia da almeno due anni e i figli devono essere minorenni.

L’importo dell’assegno ponte viene corrisposto per ogni figlio: in base al numero di figli; secondo la situazione economica (Isee). Infatti, all’aumentare del livello dell’Isee diminuisce il valore dell’assegno: la forbice va da 30 euro a circa 217euro per ciascun figlio. Infine, l’assegno ponte è compatibile: con il Reddito di cittadinanza; con la fruizione di eventuali altre misure economiche erogate da Regioni e Comuni a sostegno dei figli a carico. 

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avvocato vincono cinque affari

Avvocati: addio obbligo 5 affari

Consiglio di Stato elimina l’obbligo dei 5 affari l’anno per rimanere avvocati

Attualmente, in Italia, per rimanere iscritti all’albo, vige l’obbligo di esercitare la professione forense in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente. Ciò si concretizza con il vincolo dei cinque affari annui: se si scende sotto questa soglia, si è esclusi dall’albo. Tuttavia, dopo le raccomandazioni dell’Ue, il ministero sembrerebbe voler modificare il decreto, non senza polemiche da parte del CNF.

Il vincolo dei cinque affari annui è destinato ad avere vita breve.

In Italia, per rimanere iscritti all’albo, vige l’obbligo di esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione forense. Ne consegue l’obbligatorietà di trattare almeno cinque affari l’anno, pena esclusione dall’albo nazionale. Tuttavia, secondo la Commissione dell’Unione Europea, questa norma limiterebbe la flessibilità intrinseca alla professione stessa dell’avvocato.

Infatti, secondo l’Ue: “non sembra esservi alcun nesso tra l’obbligo di trattare almeno cinque affari per ciascun anno e la garanzia del corretto esercizio della professione di avvocato”. Al contrario, si rivelerebbero molto più utili al mantenimento della competenza, i corsi di formazione continua, per aggiornamenti. Dunque, al fine di scongiurare un aggravamento della procedura di infrazione, il Ministero della Giustizia decide di modificare il decreto.

Tuttavia, alla decisione di modifica del decreto, si contrappone la volontà del CNF, a favore della soglia minima dei cinque affari. In questo quadro, si inserisce il parere del Consiglio di Stato: viene adottato il decreto, in linea con l’impegno europeo. Infine, considerando la formulazione della nuova norma, i giudici amministrativi specificano che non compromette la tutela dei destinatari dei servizi.

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“Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi” sottoposto alle verifiche del ministero della Giustizia

Non c’è pace per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato in questo 2021. In effetti, stanno facendo polemica le affermazioni da parte dei commissari di Lecce agli orali di Brescia. L’audio è ora sottoposto alle verifiche del ministero della Giustizia, dopo che le associazioni dei praticanti hanno chiesto aiuto alla Cantabria.

Un sistema volto al contingentamento all’accesso secondo uno standard di spazio

Nel corso di questi ultimi mesi ci è capitato di scrivere in merito all’esame di abilitazione per aspiranti avvocati. Tuttavia, se pensavamo che le problematiche e successive polemiche ad esso connesse fossero concluse, ci sbagliavamo. Infatti, qualche giorno fa è emerso, fragoroso, il caso dell’audio di Brescia finito sul web e nella chat.

Nello specifico, lo scorso 4 giugno, i commissari di Lecce inviati a Brescia, valutando un aspirante avvocato, dimenticano l’audio accesso. Dunque, tutti i collegati hanno ascoltato in diretta affermazioni quali: «Quanti ne avete promossi fino ad ora? Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi». Infine, l’audio finisce dapprima sul web e nelle chat, successivamente nelle mani del ministero della Giustizia, per verifiche.

A tal proposito si esprime il Coordinamento dei giovani giuristi italiani, esplicitando la consapevolezza che non tutti possano abilitarsi alla professione forense. Tuttavia, si tiene a precisare altresì che questo è “un sistema volto al contingentamento all’accesso non secondo uno standard di merito”. Infatti, anche nella sua versione di “orale rafforzato”, l’esame per l’esercizio della professione palesa una realtà basata su criteri di “spazio”.

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Gratuito patrocinio: transazione e compenso legale

Il compenso all’avvocato spetta anche se la transazione non lo prevede

Un avvocato, dopo essersi rivolto al Tribunale, inizialmente aveva visto respingere il riconoscimento delle proprie spettanze. Il motivo: gli assistiti sono giunti ad una transazione in cui però non era previsto il compenso per la sua assistenza legale. Tuttavia, la Cassazione stabilisce che la transazione della lite non è di ostacolo alla liquidazione del compenso all’avvocato del patrocinio.

Gratuito patrocinio: compenso dell’avvocato non deve necessariamente essere specificato nella transazione

Accade che un avvocato si rivolga al Tribunale dopo aver assistito due soggetti con patrocinio gratuito. Nello specifico, i suoi assistiti sarebbero giunti ad una transazione in cui non vi è alcun indice di compenso per l’assistenza legale. Dunque, egli si muove per ottenere la liquidazione delle sue spettanze, ma inizialmente il Tribunale rigetta la sua istanza.

Quindi, l’avvocato si oppone e, in ricorso, il Tribunale accoglie le sue doglianze: si procede con la liquidazione del suo compenso. A questo punto, interviene il Ministero della Giustizia, che ricorre alla suprema corte: il compenso doveva essere contemplato nell’accordo di transazione. Tuttavia, la Cassazione ne respinge il ricorso: la transazione della lite prescinde dalla liquidazione del compenso dovuto all’avvocato.

Dunque, si afferma il principio secondo cui, l’avvocato della parte ammessa al patrocinio gratuito deve comunque essere liquidato. Infatti: “la rivalsa dello Stato comunque presuppone e postula il diritto del difensore della parte ammessa al patrocinio alla liquidazione delle sue spettanze”. Infine: “Non sembra […] configurabile un onere del difensore di attivarsi allo scopo di inserire nell’accordo transattivo anche la liquidazione del proprio onorario”.

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