Milleproroghe caos all’esame delle modifiche

Governo sotto quattro volte durante la valutazione delle modifiche al decreto Milleproroghe

Nella giornata di ieri, si tenevano le votazioni in commissione alla Camera rispetto alle modifiche del decreto Milleproroghe. Nella notte, il governo va sotto quattro volte e in alcuni casi la maggioranza si spacca. Comunque, passano gli emendamenti riguardo il dietrofront sull’Ilva e sul tetto al contante e si approvano alcune norme che andremo ora a vedere.

Caos all’esame delle modifiche al Milleproroghe: dietrofront sull’Ilva e sul tetto al contante

È l’unione tra i partiti della Lega e Fratelli d’Italia che rende possibile una marcia indietro sul tetto del contante. Dunque, se dal 1° gennaio doveva scendere alla soglia di 1000 euro, ora torna per la durata di un anno a 2000. Di conseguenza, la modifica fa sì che la soglia più bassa entri in vigore il 1° gennaio dell’anno prossimo. La modifica passa per un solo voto e con il parere contrario del governo.

Invece, per quanto riguarda i fondi per le bonifiche, si registrano scontri anche all’interno della stessa maggioranza. Tra l’altro, durante l’esame delle modifiche il governo dava parere contrario all’emendamento che cancella l’articolo sull’ex Ilva. Però, è stato approvato ugualmente: la norma originaria cambiava la destinazione di parte dei fondi Riva; ora, tornano a utilizzarsi per le bonifiche.

“Non avremmo potuto accettare che le risorse destinate alle bonifiche delle aree contaminate dello stabilimento ex-Ilva di Taranto venissero dirottate su altri fini. Grazie ad un emendamento del Pd abbiamo» restituito quei 575 milioni di euro agli interventi di ambientalizzazione”

Questa la dichiarazione in merito da parte di Ubaldo Paganocapogruppo democratico in commissione Bilancio a Montecitorio, che prosegue dicendo:

“Abbiamo riaffermato un principio e che è alla base delle nostre battaglie: la decarbonizzazione è un obiettivo imprescindibile ma non può essere perseguito a detrimento di altri doveri dello Stato, come il ripristino di un ambiente salubre dove l’acciaieria ha inquinato”.

Decisioni in merito a istruzione e sperimentazione degli animali

Contrariamente ai pareri d’opposizione che il governo aveva nei riguardi del contante e Ilva, si dimostra favorevole a un tema scolastico. Ossia, è favorevole ad una riformulazione sulle graduatorie per l’istruzione. Tuttavia, questa viene bocciata dalle commissioni.

Infine, il governo riceve una cocente sconfitta anche su un’altra questione, dove ancora una volta anche la maggioranza si è divisa. Ossia, la questione della sperimentazione sugli animali: sarà ancora possibile, fino a luglio 2025 procedere con la sperimentazione. In particolare, negli studi sugli xenotrapianti d’organo sulle sostanze d’abuso, tra cui rientrano i farmaci.

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Si comunica che a causa di anomalie da parte del sistema Ministeriale (non di Servicematica), si riscontrano ritardi nella ricezione della terza pec.

Non ci sono comunicazioni da parte del Ministero sulla procedura da eseguire.

Consiglio: contattare la cancelleria di riferimento e verificare se è arrivato il deposito telematico.

Bocciato referendum su responsabilità dei magistrati

Corte Costituzionale ammette i 5 referendum della Lega e ne ferma altri 3

Tre giudizi di inammissibilità e cinque di ammissibilità: questo l’esito del secondo round alla Corte Costituzionale che si esprime sugli 8 referendum in programma. Nello specifico, si promuovono le proposte della Lega mentre si bocciano i quesiti sostenuti da radicali e associazioni. Hanno fatto maggior scalpore le bocciature a cannabis ed eutanasia legale. Ma vediamo ora nello specifico cos’è invece passato.

Bocciato referendum su responsabilità civile magistrati, cannabis ed eutanasia legale, via al dibattito

Indubbiamente, ora il dibattito politico si accenderà sulle tematiche legate all’approvazione dei quesiti del centrodestra. In particolare, tre fra i referendum ammessi sono di importanza rilevante. Ossia, i seguenti.

Innanzitutto, il raggiungimento di una separazione di fatto tra le funzioni di giudice e quelle di pubblico ministero. Si tratta di una battaglia storica del centrodestra che coinvolge in pieno il mondo dell’avvocatura. Infatti, ora sarà obbligatorio scegliere una funzione specifica dopo il superamento del concorso per l’ingresso in magistratura. E quella sarà, sempre.

Inoltre, sarebbero un evento epocale se ricevessero l’approvazione definitiva anche:

La Legge Severino

In particolare, riordiamo che la Legge Severino riguarda la decadenza per i parlamentari condannati definitivamente e per gli amministratori locali, anche in caso di condanna di primo grado. Questa specifica si annullerebbe e dunque si passerebbe alla valutazione compiuta dall’autorità giudiziaria sull’interdizione dai pubblici uffici.

La custodia cautelare

A questo proposito, la custodia cautelare resta possibile solo in questi due casi:

  • Pericolo di fuga;
  • Inquinamento delle prove.

Dunque, si cancellerebbe il pericolo di ripetizione di un altro reato della stessa specie di quello per il quale si sta procedendo. Inoltre, scatta la sanzione con pena superiore a 4 o 5 anni se la misura si eseguirà in carcere.

Inoltre, cederebbe anche la possibilità d’applicazione della misura per il reato di finanziamento illecito ai partiti.

Bocciato referendum su responsabilità civile magistrati, passano due quesiti Riforma Cartabia

Infine, ricordiamo due “minori” quesiti altrettanto ammessi alla Corte Costituzionale nella giornata di ieri. Parliamo di:

  • Voto degli avvocati nei consigli giudiziari;
  • Firme a sostegno delle candidature al Csm.

 

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Corte UE contro il ricorso di Ungheria e Polonia sullo Stato di diritto

Oggi, la Corte europea di Giustizia respinge il ricorso che i governi della Polonia e Ungheria presentavano. Esso riguardava il regolamento che condiziona l’esborso del denaro comunitario al rispetto dello stato di diritto. Nei mesi scorsi, anche l’avvocato generale si esprimeva contro il ricorso e ora la Commissione europea potrebbe agire contro i due paesi.

Respinto ricorso sullo Stato di diritto, l’esborso del denaro comunitario per Polonia e Ungheria

Ora, la magistratura ordinaria ricorda nella sua sentenza che:

Il regolamento mira […] a proteggere il bilancio dell’Unione europea da pregiudizi derivanti in modo sufficientemente diretto da violazioni dei principi dello stato di diritto, e non già a sanzionare, di per sé, violazioni del genere […] il rispetto da parte degli Stati membri dei valori comuni sui quali l’Unione si fonda […] giustifica la fiducia reciproca tra tali Stati

Poi, a questa testimonianza si aggiunge il commento della Corte europea di Giustizia, che afferma:

“Poiché tale rispetto costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei Trattati, l’Unione deve essere in grado, nei limiti delle sue attribuzioni, di difendere tali valori”.

Quindi, i giudici comunitari chiedevano ai governi ungherese e polacco di assumersi i costi dell’iter processuale. Inoltre, ricordiamo che la sentenza non può essere oggetto di appello.

Il parere dei liberali: violazione dello stato di diritto? Si blocchino i fondi

A tal proposito, forti sono le voci dei liberali di Renew Europe, che spiegano in un comunicato che la Commissione non ha più scuse. Infatti, proseguono, deve ora applicare il Regolamento già approvato l’anno scorso che prevede di bloccare fondi di coesione nel caso di violazione dello stato di diritto. Effettivamente, Bruxelles si tratteneva finora nell’applicazione delle norme, in attesa della sentenza.

Nello specifico, qual è il danno che affligge i due governi?

  • Varsavia: una controversa riforma della giustizia;
  • Budapest: non rispetta la libertà d’espressione.

Respinto ricorso sullo stato di diritto per Polonia e Ungheria, uno sguardo su quest’ultima

A questo punto, ricordiamo che i piani sono propedeutici all’esborso del denaro proveniente dal Fondo per la Ripresa e la Resilienza. Dunque, alla Polonia spetterebbero sussidi per 23,9 miliardi di euro. Invece, all’Ungheria il denaro a fondo perduto ammonta a 7,2 miliardi di euro.

Tra l’altro, la sentenza aggrava ulteriormente la spaccatura nell’Unione europea in un contesto internazionale difficile. I giorni scorsi si caratterizzavano per essere in piena campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Allora, il premier Viktor Orbán faceva intuire la possibilità per l’Ungheria di uscire dall’Unione europea.

Questo fa strano se si considera che nell’ultimo Eurobarometro gli ungheresi si dimostravano tra i più europeisti. Effettivamente, il 53% degli ungheresi ritiene l’Unione “un luogo di stabilità in un mondo caotico”. La media europea è del 50%.

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Giudice condanna Facebook a riaprire l’account di un complottista

Tribunale di Venezia riapre un profilo Facebook chiuso per disinformazione sulla pandemia

Il caso risale all’estate scorsa: un profilo della piattaforma Facebook – ora Meta – postava un link ad un articolo in cui si negava la pandemia. Quindi, il social network seguiva la propria policy contraria alle teorie complottistiche sul Covid-19 e chiude il profilo. Successivamente, un residente di Camponogara, in provincia di Venezia, fa ricorso.

Tribunale di Venezia sostiene il ricorrente e condanna Facebook con una penale

Ebbene sì, la policy della multinazionale Meta ha regole severe contro l’incitamento e la diffusione di notizie false sulla pandemia. Ma il fatto di aver condiviso il link di cui si parlava non è la sola motivazione alla chiusura del profilo dell’individuo di cui la vicenda tratta. Infatti, ad egli viene contestato anche l’uso contemporaneo di più profili differenti nella stessa piattaforma social.

Sicché, a quest’ultima contestazione il ricorrente si giustifica affermando che i diversi profili gli servivano per gestire le attività professionali di aziende di amici. A questo punto, il Tribunale di Venezia gli dà ragione con le seguenti parole contenute nella sentenza:

“la chiusura è non giustificata sul piano contrattuale e lesiva di interessi fondamentali come quello alla vita privata e familiare ed alla libera manifestazione del pensiero”

Invece, l’apertura e la fruizione attiva dei diversi profili social non sarebbe intesa dai giudici veneziani come una “condizione adeguata e sufficiente” al blocco. Così, il Tribunale di Venezia condanna Facebook a riaprire il profilo del soggetto in questione. Inoltre, lo fa attribuendo alla condanna una penale di 100 euro al giorno per ogni giorno di ritardo.

 

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Corte Costituzionale ritiene inammissibile il referendum sull’omicidio del consenziente: non tutela la vita

Il 15 febbraio la Corte Costituzionale pubblica un Comunicato con cui afferma che il referendum sull’eutanasia è inammissibile. Secondo il parere della Corte la ragione è che l’omicidio del consenziente non tutela la vita, specialmente nei confronti della difesa dei più vulnerabili. Dunque, l’abrogazione dell’art. 579 Codice Penale non preserverebbe la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana.

Eutanasia legale? Corte Costituzionale dice no e boccia il primo dei referendum

Il referendum sull’eutanasia è il primo degli 8 presi in esame dalla Corte Costituzionale nella giornata di ieri. Nonostante si potesse pensare al raggiungimento di un cambiamento in questo delicato quesito, la Corte Costituzionale smentisce le aspettative. La Legge non cambia, non ci sarà alcuna abrogazione parziale dell’articolo del Codice Penale e tale sentenza si depositerà tra qualche giorno.

Le reazioni alla notizia dell’inammissibilità del suicidio consenziente

In linea generale, sembra che le reazioni politiche siano di dispiacere, indipendentemente dal partito di cui fanno parte. Primo fra tutti, ecco il commento di Enrico Letta, segretario del PD:

“La bocciatura da parte della Corte costituzionale del referendum sull’eutanasia legale deve ora spingere il Parlamento ad approvare la legge sul suicidio assistito, secondo le indicazioni della Corte stessa”

Al secondo posto, troviamo Matteo Salvini, segretario della Lega, che afferma di essere dispiaciuto poiché la bocciatura di un referendum non è mai una buona notizia. Mentre Giuseppe Conte fa notare come comunque ci fosse un vuoto normativo che il M5S avrà cura di colmare.

Per quanto riguarda personaggi dallo stretto legame con l’Associazione Luca Coscioni invece, troviamo solo sconfitta e sconforto. Infatti, queste le parole di Mina Welby:

Non me lo aspettavo. Dalla Corte costituzionale mi è arrivata una stilettata al cuore. Sono senza parole e molto triste. Sto pensando a cosa poter fare, vorrei portare avanti l’eredità di mio marito perché era lui che voleva una buona legge sul fine vita. Ora voglio far pressione sui parlamentari perché la legge su cui stanno lavorando diventi una buona legge, che includa tutte le persone che ne avranno bisogno”.

Infine, anche per Marco Cappato – tesoriere dell’Ass. Luca Coscioni – la bocciatura è una pessima notizia per la democrazia del Bel Paese. Tuttavia, sostiene che “la battaglia per l’eutanasia legale non si ferma”.

Chi invece è a favore?

Comunque, non mancano anche i pareri favorevoli alla decisione della Corte Costituzionale. Ad esempio, la senatrice di Udc Paola Binetti afferma che “sulla vita non si vota”. Invece, Alberto Gambino di Scienza e Vita commenta così la questione:

“Soddisfazione e gratitudine verso l’alto magistero dei giudici costituzionali attenti alla tutela dei principi della Carta costituzionale e delle persone più fragili”

 

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Arriva il decreto con le Linee Guida per la prima prova verso l’abilitazione forense

Ai sensi dell’art. 6 comma 4 del decreto legge n. 139/2021 Marta Cartabia adotta le Linee Guida per gli esami di abilitazione all’avvocatura. Queste arrivano alle Commissioni d’esame dei diversi distretti italiani per la formulazione dei quesiti della prima prova orale. Il fine delle linee guida è l’omogeneità su oggetto, struttura e materie.

Ecco il Decreto con le Linee Guida per l’esame orale all’abilitazione dell’avvocatura

Dunque, la prima prova orale ha come obiettivo misurare le conoscenze di diritto sostanziale e diritto processuale del candidato. E, lo fa attraverso la discussione di una questione pratico-applicativa nella forma della soluzione di un caso. Sarà il candidato a scegliere la materia, tra le seguenti possibilità:

  • Materia regolata dal codice civile;
  • “” dal codice penale;
  • Diritto amministrativo.

Per quanto riguarda lo svolgimento della prova, si assegna un’ora complessiva di tempo dal momento della dettatura del quesito. Nello specifico, mezz’ora si dedicherà all’esame preliminare del quesito e un’altra mezz’ora alla discussione. Poi, durante l’esame preliminare del quesito il candidato può consultare:

  • Codici (anche commentati esclusivamente con la giurisprudenza);
  • Leggi;
  • Decreti dello Stato.

Inoltre, il quesito non deve essere di carattere meramente teorico nonché sostanziale o esclusivamente processuale. Poi, dovranno presentare una struttura uniforme che si costituisce in questo modo:

  • Breve esposizione di un caso prospettabile nell’esperienza professionale;
  • Indicazione di circostanze utili a individuare i profili o gli elementi di valore per il diritto sostanziale e processuale;
  • Posizione del quesito al candidato, che assume le vesti del legale.

Invece, per quanto riguarda il caso, esso si dovrà formulare in maniera tale da poterlo riferire a uno o più istituti di diritto sostanziale o processuale.

La valutazione alla prima prova orale per l’abilitazione alla professione forense

A questo punto, quali sono i criteri di valutazione delle prove del candidato? Anzitutto, la prova andrà a verificare le capacità del candidato di elaborare in tempo breve il caso. E, di individuare eventuali rimedi ad esso grazie al supporto dei testi di legge con la sola annotazione della giurisprudenza. Inoltre, fondamentale è il modo di discutere il caso in questione, che dovrà essere sintetico ed efficace.

In altre parole, ecco un elenco dei criteri di valutazione ai quali le Commissioni devono riferirsi per il giudizio sui candidati:

  • Correttezza della forma espositiva, anche sotto il profilo grammaticale e sintattico, padronanza nell’uso del linguaggio giuridico;
  • Chiarezza, logicità̀, completezza, sinteticità̀, rigore metodologico dell’esposizione;
  • Capacità di individuare i nuclei problematici, le questioni di diritto, gli istituti sostanziali e processuali coinvolti, la disciplina applicabile, gli eventuali orientamenti giurisprudenziali e dottrinali;
  • Dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici trattati, strettamente pertinenti al quesito da risolvere;
  • Capacità di stabilire nessi tra gli istituti sostanziali e processuali che vengono in rilievo;
  • Dimostrazione di concreta capacità di prospettare soluzioni plausibili di problemi giuridici, sulla base del diritto sostanziale e del diritto processuale, anche attraverso riferimenti essenziali agli orientamenti giurisprudenziali e ad eventuali esperienze maturate durante la pratica professionale;
  • Capacità di argomentare adeguatamente e in modo persuasivo la soluzione del caso prospettata all’esito dell’esame preliminare;
  • Dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarità̀.

 

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Like su post razzisti, è istigazione all’odio

Mettere “mi piace” a contenuti di carattere antisemita sui social corrisponde a istigazione all’odio?

Mettere un “mi piace” a un post razzista sui social network è reato di istigazione all’odio (604 bis)? Forse non sempre, ma si sa che leggere il pensiero e la personalità di qualcuno online diventa sempre più facile. Di conseguenza, risulta semplice anche capire il soggetto dietro la tastiera, specialmente considerando tutte le attività a cui si lega. Ecco quindi il caso di specie che coinvolge la Cassazione con la sentenza n. 4534.

Like su post razzisti è istigazione all’odio se l’attività social dell’indagato è specifica

Il primo passo che l’investigazione compie nella verifica della questione è proprio il semplice “like” a post dal chiaro intento razziale. In effetti, il gradimento dimostra non solo quello che un individuo pensa, ma anche che ci tiene che più persone leggano tale post e approvino il suo messaggio. Difatti, ricordiamo che l’algoritmo di Facebook prevede una crescente diffusione del post se più e più persone vanno a interagire con esso.

Successivamente, l’indagine al caso deve proseguire e allargare sempre più gli orizzonti sino a prendere in considerazione l’attività generale del soggetto. Innanzitutto, nel caso in questione l’individuo condivideva idee fondate sulla superiorità della razza sulle piattaforme:

  • Facebook;
  • VKontacte;
  • Whatsapp.

Inoltre, gli investigatori rilevano il rilancio di tali messaggi da diversi account e su diverse altre piattaforme, e tutti riconducevano all’indagato. Per di più, verificano l’avvenire di alcuni incontri fisici con gli “adepti” di tale individuo.

Cosa ne pensa la difesa, il ricorso e la sentenza della Cassazione

Al proposito, la difesa sosteneva che:

  • contatti fisici con chi presumibilmente aderiva all’organizzazione non poteva considerarsi indice valido nel giudizio di un reato di propaganda di idee on line;
  • like sono semplici espressioni di gradimento. Ergo, non potevano dimostrare né l’appartenenza al gruppo né la condivisione degli scopi immorali e illeciti.

Inoltre, la difesa insisteva sul fatto che tali azioni non sfociavano comunque mai nell’antisemitismo né andavano oltre la libera manifestazione del pensiero.

A questo punto, la Cassazione contesta le motivazioni della difesa con la sentenza n. 4534. Infatti, la Suprema Corte fa notare anzitutto che l’adesione e condivisione riguardava proprio contenuti discriminatori e negazionisti. Ossia, dicevano che gli ebrei sono nemici indiscussi e che la Shoah è una semplice invenzione.

Infine, non giudicano scontata la diffusione di tali messaggi sui social network, dove è risaputo sia molto facile divenire virali se lo si vuole. Al proposito, nella sentenza si legge che:

“La funzionalità newsfeed, ossia il continuo aggiornamento delle notizie e delle attività sviluppate dai contatti di ogni singolo utente è, infatti, condizionata dal maggior numero di interazioni che riceve ogni singolo messaggio”.

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Whistleblowing nuove direttive UE: a che punto è l’Italia

L’Italia non recepisce la direttiva della Commissione europea sui segnalatori di illeciti

La Commissione europea intende avviare una procedura d infrazione nei confronti dell’Italia rispetto al non recepire la direttiva sul whistleblowing. Ossia, a causa del suo ignorare l’impegno a portare alla luce fatti corruttivi o sospetti di illeciti che possono minacciare l’interesse pubblico. Effettivamente, il termine per il recepimento di tale direttiva era dicembre 2021, ma sembra che il governo italiano ancora non voglia curarsene.

Whistleblowing: Italia non recepisce direttiva UE e Commissione europea vuole aprire una procedura d’infrazione

Si tratterebbe di un passaggio fondamentale, in quanto tale direttiva va anzitutto a integrare la Legge 30 novembre 2017, n. 179. Così, si disporrebbe di uno strumento fondamentale e utile alla lotta alla corruzione. A tal proposito, sorgono molte critiche principalmente da parte di The Good Lobbyorganizzazione non governativa che si occupa di trasparenza.

Infatti, quest’ultima esordisce con “Il mancato recepimento è una bella figuraccia a livello internazionale”. E continua: “Nulla è stato fatto. Non male per un governo che si trova ad affrontare la più importante fetta del PNRR e che la trasparenza è più capace a predicarla che applicarla”. Infine, da il colpo di grazia: “E spiace notare che il governo italiano, oggi preso a modello da altri paesi e dalla stampa internazionale, risulti totalmente disinteressato all’argomento a differenza di Francia, Spagna e Portogallo”.

A tale scia di disappunto si unisce anche il Centro Studi Enti Locali (CSEL) che realizza un dossier con dati scoraggianti. Infatti, qui si evince che nel periodo tra il 2018 e il 2021 c’è un preoccupante calo del 45% del numero di segnalazioni di illeciti inviate all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). Tra l’altro, proprio il Presidente dell’Anac a inizio anno denunciava l’inadempienza dell’Italia in questo modo:

“I whistleblower svolgono un ruolo essenziale nel portare alla luce fatti corruttivi o fondati sospetti di illeciti che possono minacciare l’interesse pubblico. In tutti i paesi che riconoscono questo istituto, le segnalazioni hanno permesso la protezione di interessi comuni fondamentali, nonché il recupero di ingenti risorse pubbliche”.

Direttiva UE whistleblower: chi riguarda e quali sono le sue caratteristiche

Nello specifico, la direttiva UE di cui si parla include nella definizione di whistleblower anche quei soggetti che sono fuori dalla tradizionale relazione lavorativa. Come:

  • Consulenti;
  • Membri dei consigli direttivi;
  • Ex dipendenti;
  • Candidati a posizioni lavorative.

Inoltre, la direttiva possiede queste caratteristiche:

  • Fornisce protezione a coloro che assistono i whistleblower;
  • Considera irrilevanti le motivazioni che spingono alla segnalazione;
  • Permette ai whistleblower di denunciare illeciti direttamente nel luogo di lavoro oppure alle autorità competenti;
  • Introduce il divieto di ogni tipo di ritorsione;
  • Prevede sanzioni per coloro che ostacolano il diritto a segnalare;
  • Attuano ritorsioni o non rispettano l’obbligo di mantenere la confidenzialità;
  • Richiede agli Stati membri di garantire l’accesso a un servizio gratuito, comprensivo e indipendente di assistenza all’interno del settore pubblico. Quindi, compresa anche l’assistenza legale e finanziaria;
  • Introduce l’obbligo di prendere in carico le segnalazioni e di mantenere il whistleblower informato entro un tempo ragionevole.

Whistleblowing: Italia non recepisce direttiva UE e non applica altre leggi come il lobbying

Data la sua importanza messa in luce dalle specifiche sopra indicate, The Good Lobby e Transparency International lanciavano l’allarme già da un mese. Così, invitavano il governo italiano a prestare attenzione alla direttiva, a muoversi e porre rimedio. Quindi, The Good Lobby continua a sottolineare:

“è un tassello fondamentale per evitare che le risorse europee del Recovery Fund finiscano in mano al malaffare. È essenziale per garantire maggiori tutele contro le ritorsioni perché permetterà di scegliere fra diversi canali di segnalazione, anche al di fuori della propria azienda o amministrazione. Un aspetto fondamentale che, in futuro, potrebbe prevenire il ripetersi di tragedie come quelle della funivia del Mottarone. Sappiamo infatti che un ex dipendente aveva segnalato internamente il guasto dell’impianto e aveva subito minacce di licenziamento. Se solo la Direttiva europea fosse stata in vigore, avrebbe potuto segnalare anonimamente la mancanza di sicurezza della funivia tramite un canale esterno e si sarebbe potuta evitare una tragedia in cui hanno perso la vita 14 persone”.

Tuttavia, da parte del governo italiano giunge solo un assordante silenzio. Tra l’altro, questo si scontra col buon risultato che l’Italia raggiunge nell’indice annuale 2021 del Cpi. Cionondimeno, anche qui si evidenziava che rimangono nel Bel Paese delle criticità sul whistleblowing e regolamentazione del lobbying. Infatti, l’Italia non risulta ancora in linea con le direttive europee.

Per concludere, si attendono anche snodi legislativi in merito al recepimento della direttiva UE 2019/37 sul whistleblowing, anche in tema di antiriciclaggio. Nello specifico, manca all’appello la pubblicazione del registro dei titolari effettivi. Così come si attende l’approvazione del Senato alla legge sul lobbying.

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