Avvocato in difficoltà: il sostegno economico di Cassa Forense non è per tutti

Avvocato in difficoltà: il sostegno economico di Cassa Forense non è per tutti

A differenza di ciò che si potrebbe pensare, il sostegno economico previsto da Cassa Forense non è una misura garantita a qualsiasi avvocato in difficoltà.

IL CASO

Un avvocato in difficoltà ricorre in Cassazione dopo che Cassa Forense gli nega il sostegno economico.

I motivi del ricorso da lui presentati sono:

  1. l’aiuto gli è stato negato perché ha superato di poco la soglia di reddito stabilita come parametro in uno solo dei due anni indicati nel regolamento per il trattamento assistenziale.
    Secondo l’avvocato, il regolamento non è stato interpretato in maniera corretta, non considerando la natura solidaristica delle disposizioni in esso contenute.
  2. Cassa Forense non avrebbe verificato se la sua richiesta fosse o meno giustificata, dando rilievo eccessivo alla soglia di reddito e, quindi, interpretando in maniera troppo rigida il regolamento.
  3. Sarebbe stato violato l’art. 132 n.4 c.p.c. poiché la sua domanda  di sostegno economico sarebbe stata rigettata senza considerare “le ragioni in fatto e in diritto presentate”.

SOSTEGNO ECONOMICO PER L’AVVOCATO IN DIFFICOLTÀ: LA LIBERTÀ DI CASSA FORENSE

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e con l’ordinanza n. 27541/2020 spiega che Cassa Forense ha piena autonomia regolamentare e può «dettare disposizioni anche in deroga a di disposizioni di legge precedenti». Pertanto, è libera di decidere come e quando erogare il sostegno economico e il reddito lordo dell’avvocato in difficoltà è il parametro di riferimento.

Per quanto riguarda i motivi presentati, la Cassazione ritiene inammissibili quelli legati alla cattiva interpretazione del regolamento,  poiché «la normativa ha valore negoziale per cui è sindacabile in sede di legittimità solo se vengono violati i canoni ermeneutici dei contratti ai sensi dell’art 1362 c.c e seguenti».

L’ultimo motivo appare poi totalmente infondato poiché non vi sono evidenze di una tale violazione. Il vizio di cui all’art.132 ricorre «solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente», cosa che non può dirsi del caso di specie, anche alla luce degli altri motivi presentati.

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Validità della procura alle liti rilasciata per il giudizio di cognizione

Validità della procura alle liti rilasciata per il giudizio di cognizione

La procura alle liti rilasciata per il giudizio di cognizione ordinaria è valida anche per la fase esecutiva della sentenza?

La domanda trova risposta nell’ordinanza n. 23753/2020 della Corte di Cassazione.

Nel caso di riferimento, un soggetto si opponeva, ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ.,  all’atto di precetto con il quale un altro soggetto gli intimava di liberare un immobile e di pagare le spese legali relative alla sentenza esecutiva.

L’opponente deduceva che tale precetto fosse stato intimato senza una procura alle liti valida, in quanto nell’atto si faceva riferimento a una procura rilasciata a margine di un precetto emesso in data precedente rispetto al titolo esecutivo.

Il Tribunale rigettava l’opposizione. Infatti, nonostante la differenza nelle date, il difensore della controparte risultava comunque munito di procura alle liti e pertanto l’atto di precetto era da considerarsi valido.

IL RICORSO

L’opponente decide però di ricorrere in Cassazione, proponendo due motivi.

1) Il ricorrente afferma che «la tempestiva e specifica contestazione sulla legittimazione del legale costituisce inevitabilmente una “linea di frattura”», impeditiva della possibilità che gli effetti della procura difensiva conferita per il giudizio di cognizione possono estendersi alla redazione dell’atto di precetto.

La Cassazione ritiene che l’idea di una “ linea di frattura” sia «del tutto sganciata da ogni substrato normativo, che, del resto, il ricorrente neppure tenta di individuare».
Inoltre, ricorda che il giudice  ha il potere-dovere di verificare se dal materiale istruttorio risultino «fatti ad immediata confutazione della tesi azionata, tra cui appunto la sussistenza di una valida procura, sia pure in relazione ad atto diverso rispetto a quello indicato».

2) Il ricorrente denuncia la falsa applicazione degli artt.82, 83 e 166 cod. proc. civ., anche in relazione all’art. 91 cod. proc. civ., sostenendo che anche nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi il difensore della controparte avrebbe agito privo di mandato.

La Cassazione evidenzia che «la formulazione di una simile eccezione nel corso del giudizio di merito non si trova traccia nella sentenza impugnata, né il ricorrente ha ottemperato all’onere di indicare specificatamente quando e come egli avrebbe tempestivamente eccepito il difetto di ius postulandi in capo al difensore della controparte».

Pertanto, il ricorso risulta infondato.

LA VALIDITÀ DELLA PROCURA ALLE LITI

Nell’ordinanza, la Cassazione ricorda che più volte ha «affermato che la procura rilasciata al difensore per il giudizio di cognizione deve essere intesa non solo come volta al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte vittoriosa dal bene oggetto della controversia, ma anche all’attuazione concreta del comando giudiziale, cioè al conseguimento di quel bene attraverso l’esecuzione forzata, quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte».

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Sicurezza informatica, Italia ancora indietro

Sicurezza informatica, Italia ancora indietro

In tema di sicurezza informatica, aziende, professionisti e PA italiani non sono ancora abbastanza preparati. A dimostrarlo ci pensano i dati del DESI, il Digital Economy and Society Index, che pone l’Italia al 24° posto nella graduatoria dei Paesi UE. Peggio di noi solo Polonia, Grecia, Romania e Bulgaria.

SICUREZZA INFORMATICA: IL CONTESTO

Per capire bene la situazione italiana bisogna considerate 4 punti.

1) Il mondo digitale sta diventando un luogo sempre più minaccioso: il numero di attacchi informatici, malware, data breach e compromissioni è in crescita, così come i costi medi per affrontare i danni che ne conseguono.

2) La maggior parte degli attacchi è eseguito da personaggi non particolarmente competenti in materia informatica che, invece, utilizzano piattaforme di “hackeraggio automatizzato”.

3) Buona parte degli attacchi informatici nasce da comportamenti non corretti da parte degli utenti oggetto degli attacchi.

4) Sul mercato sono disponibili moltissime risorse per prevenire ed eventualmente affrontare gli attacchi: software, hardware, buone pratiche, competenze e, soprattutto, professionisti.

Tutto ciò cosa ci dice?

Che molti attacchi potrebbero essere facilmente evitati.
La sicurezza informatica non è infatti un’arte miracolosa, ma il prodotto della consapevolezza dei rischi che si corrono.

Nel nostro paese questa consapevolezza manca ancora, sia  in materia di cybersecurity nazionale che a livello di singola azienda: i rischi vengono sottovalutati o ignorati, i budget messi a disposizione per rafforzare le difese sono scarsi o assenti, la volontà di affidarsi a professionisti del settore latita.

MA NON BASTA IL GDPR?

Un errore in cui molte attività cadono è quello di confondere la compliance, cioè la conformità a specifiche norme, con la sicurezza.

Seguire ciò che è indicato in materia di sicurezza informatica nel GDPR o in altre leggi e regolamenti è un’ottimo presupposto. Ma non è abbastanza.

Lo scopo di tutti questi documenti è creare un ambiente informatico che possa prevenire alcuni rischi, ma non offrono alcuna protezione.

La protezione vera deriva da sistemi informatici che sono in grado di bloccare eventuali attacchi. Servono quindi strumenti adeguati e tecnici in grado di configurarli e mantenerli sempre attivi e aggiornati.

COMINCIARE DALLE PICCOLE COSE

Si potrebbe credere che la sicurezza informatica sia un obiettivo raggiungibile solo da grandi aziende che dispongono di cospicue risorse economiche.

In realtà, anche le attività più piccole e persino i privati possono seguire semplici regole per affrontare le minacce informatiche:

– dotarsi di un buon antivirus
– dotarsi di un firewall
aggiornare i software utilizzati
– evitare software gratuiti
– scegliere password elaborate
– non scaricare file dubbi
– non aprire mail di cui non si sia certi
– non utilizzare reti wi-fi pubbliche
– non connettere tutti i dispositivi alla stessa rete wi-fi o almeno staccarli quando non servono
spegnere gli assistenti vocali quando non servono (sono sempre in ascolto)
– porre attenzione alle informazioni personali o aziendali che si condividono sui social o tramite chat
– fare backup regolari
– stabilire delle regole per chi lavora in smartworking e utilizza strumenti aziendali
– se possibile, per lavorare utilizzare un dispositivo diverso da quello usato per lo svago o almeno non farlo usare a nessun altro (es.:i figli).

Se vuoi migliorare la sicurezza informatica della tua azienda o del tuo studio, contattaci.

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Riforma dell’equo compenso, ecco le novità

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È in fase di valutazione la riforma dell’equo compenso per i professionisti iscritti agli ordini (medici esclusi).

La proposta di riforma nasce dalla valutazione del progressivo peggioramento dei redditi dei professionisti nonostante la legge 172/2017 che ha introdotto l’equo compenso per gli avvocati (riferimento art. 13-bis della legge 247/2012).
Con la successiva legge di conversione, le disposizioni sono state estese a tutti i professionisti iscritti ad ordini e collegi.

IL MANCATO RISPETTO DELL’EQUO COMPENSO

Nonostante la spinta normativa, non si è visto alcun effetto concreto. Anzi, ancora oggi si assiste alla pubblicazione da parte della Pubblica Amministrazione di bandi che non prevedono alcun compenso.

È dunque necessario giungere a stabilire una retribuzione minima che sia sempre garantita, non solo per rispettare il lavoro di un’intera classe di professionisti ma anche a tutela di una figura, quella forense, che ha il fondamentale ruolo di salvaguardare la giustizia di un intero paese.

LA PROPOSTA DI RIFORMA

La proposta prevede che l’equo compenso venga stabilito in base non solo alla quantità di lavoro previsto dalla prestazione, ma anche dalla qualità.
Dovrebbero essere considerati, per esempio, il contenuto, le caratteristiche e anche l’eventuale continuità nel tempo della prestazione (in caso di attività che debbano essere ripetute).

Equo è dunque il compenso che, considerati questi elementi, risulta conforme ai parametri definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del D.L. 1/2012.

Viene inoltre arricchito l’elenco delle clausole vessatorie, cioè quelle clausole che rendono i contratti (soprattutto con la PA) particolarmente svantaggiosi per il professionista.

Tra le nuove aggiunte vi è la clausola che impone al professionista di rinunciare a un rimborso delle spese connesse alla prestazione professionale pattuita.

L’OSSERVATORIO NAZIONALE SULL’EQUO COMPENSO

A maggiore garanzia del rispetto dell’equo compenso, la proposta di riforma chiede l’istituzione di un Osservatorio nazionale sull’equo compenso presso il Ministero della Giustizia. L’Osservatorio sarà composto da un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli ordini professionali e sarà presieduto dal Ministro della giustizia o da un delegato.

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Con l’ordinanza n. 25289/2020 dell’11 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha fornito delucidazioni sulla legittimità della rimessione in termini.

COSTITUZIONE OLTRE I TERMINI E TEMPESTIVITÀ

Un cliente fa causa al suo commercialista per ottenere un risarcimento e il Tribunale accoglie l’istanza.
Il professionista ricorre ma:
– si è costituito oltre il termine di dieci giorni dalla notifica via PEC,
– ha chiesto immediatamente la rimessione in termini sottolineando di aver spedito tempestivamente la busta telematica per la costituzione in giudizio,
– ha fatto notare che la cancelleria ha rifiutato il deposito a causa del mancato versamento del contributo unificato.

La Corte di Appello non ha individuato nella mancata “tempestiva costituzione” alcuna causa imputabile al commercialista, pertanto ha accolto l’istanza di rimessione in termini e il ricorso.
Il cliente però eccepisse l’improcedibilità proprio a causa della tardiva costituzione del professionista.

Si giunge così in Cassazione, presso cui il cliente sostiene la nullità della sentenza per la violazione e la falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4), per difetto di motivazione sulla rimessione in termini, e anche la violazione e la falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, per l’erronea rimessione in termini.

LA TEMPESTIVITÀ DELLA RIMESSIONE IN TERMINI

La Cassazione ritieni il ricorso infondato per i seguenti motivi:

  1. la rimessione in termini, sia nell’art. 184-bis c.p.c. che nell’ art. 153 c.p.c., comma 2,  richiede tempestività da parte di chi incorre nella decadenza dei termini per cause a lui/lei non imputabili. Con tempestività si intende immediatezza nel reagire alla mancanza;
  2. con “immediatezza della reazione” non si intende che “l’istanza di rimessione debba intervenire, comunque, entro il termine del quale si alleghi essere stata impossibile l’osservanza per causa non imputabile alla parte” ma “solo come necessità che la parte istante si attivi in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo”.

Nel caso in questione, la Cassazione ha considerato avvenuto il deposito telematico nel momento in cui è stata generata la ricevuta di avvenuta consegna. Pertanto, il presupposto della tempestività sia stato rispettato.

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Fattura elettronica, codici errore relativi alla conformità del formato fattura (00103, 00105, 00106, 00200, 00201)

Fattura elettronica, codici errore relativi alla conformità del formato fattura (00103, 00105, 00106, 00200, 00201)

Riportiamo i codici errore relativi alla conformità del formato fattura.

La verifica garantisce che il contenuto del documento segua le regole indicate nelle specifiche tecniche.

Codice: 00103

La firma digitale apposta manca del riferimento temporale (se il file è stato firmato con firma elettronica qualificata)

Codice: 00105

Il riferimento temporale della firma digitale apposta non è coerente (se il file è stato firmato con firma elettronica qualificata)

Codice: 00106

File/archivio vuoto o corrotto

Codice: 00200

File non conforme al formato

Codice: 00201

Riscontrati più di 50 errori di formato

Cliccando sulle seguenti categorie potete scoprire il significato dei codici errore per le fatture ordinarie e semplificate, divisi per tipologia:

errori nomenclatura ed unicità del file trasmesso (00001, 00002);

errori dimensioni del file (00003);

errori verifica di integrità del documento (00102);

errori verifica di autenticità del certificato di firma (00100, 00101, 00104, 00107);

errori verifica di coerenza sul contenuto (00400, 00401, 00403, 00411, 00413, 00414, 00415, 00417, 00418, 00419, 00420, 00421, 00422, 00423, 00424, 00425, 00427, 00428, 00429, 00430, 00437, 00438, 00443, 00444, 00445, 00460, 00471, 00472, 00473, 00474);

errori verifica di validità del contenuto della fattura (00300, 00301, 00303, 00305, 00306, 00311, 00312, 00313, 00320, 00321, 00322, 00323, 00324, 00325, 00326, 00330);

errori verifiche di unicità della fattura (00404, 00409).

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Dati informatici: sono beni mobili e possono essere rubati

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Per la Corte di Cassazione anche i dati informatici rientrano nella categoria dei beni mobili, pertanto possono essere oggetto di furti.

Negli anni le pronunce in materia si sono sempre più allineata a questa visione e la sentenza n. 11959 della Cassazione Penale, Sez. II, del 13 aprile 2020, ne è l’esempio più recente e definitivo.

La Suprema Corte ha affermato che i dati informatici«sono qualificabili “cose mobili” ai sensi della legge penale e, pertanto, costituisce condotta di appropriazione indebita la sottrazione da un personal computer aziendale, affidato per motivi di lavoro, dei dati informatici ivi collocati, provvedendo successivamente alla cancellazione dei medesimi dati e alla restituzione del computer “formattato”».

L’orientamento precedente considerava i dati informatici come beni immateriali, pertanto non ne contemplava il reato di furto o di appropriazione indebita.

PERCHÈ I DATI INFORMATICI SONO BENI MOBILI

La conclusione della Cassazione si basa su due argomenti fondamentali:

1) i files sono costituiti da codice binario che occupa spazio all’interno dei sistemi informatici in cui sono conservati e archiviati. Possono essere creati, copiati ed eliminati e ognuna di queste operazioni è rilevabile dal sistema operativo. Inoltre, possono essere trasferiti da un supporto informatico a un altro, senza subire modifiche. Se dovessero subire modifiche, lo spazio da loro occupato aumenterebbe o diminuirebbe;

2) anche le operazioni di trasferimento del denaro oggigiorno avvengono prevalentemente in modalità informatica, senza un reale spostamento di banconote e monete. Eppure, l’hackeraggio di un conto bancario è furto di denaro, sebbene non vi sia la sottrazione fisica di questo.

In conclusione, pur non essendo tangibili, i dati informatici hanno le stesse caratteristiche dei beni mobili: sono soggetti a detenzione, sottrazione, impossessamento, appropriazione, e possiedono anche la capacità di «spostarsi autonomamente ovvero di essere trasportati da un luogo ad un altro».  Per tali motivi, sono assoggettati alla stessa disciplina penale.

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Fattura elettronica, codici errore relativi all’integrità del documento (00102)

Riportiamo i codici errore relativi all’integrità del documento trasmesso.

Se il file è firmato, la verifica garantisce che il documento ricevuto non abbia subito modifiche dopo l’apposizione della firma.

Codice: 00102

File non integro

Qui di seguito potete scoprire il significato dei codici errore per le fatture ordinarie e semplificate divisi per tipologia:

errori nomenclatura ed unicità del file trasmesso (00001, 00002);

errori dimensioni del file (00003);

errori verifica di autenticità del certificato di firma (00100, 00101, 00104, 00107);

errori verifica di conformità del formato fattura (00103, 00105, 00106, 00200, 00201);

errori verifica di coerenza sul contenuto (00400, 00401, 00403, 00411, 00413, 00414, 00415, 00417, 00418, 00419, 00420, 00421, 00422, 00423, 00424, 00425, 00427, 00428, 00429, 00430, 00437, 00438, 00443, 00444, 00445, 00460, 00471, 00472, 00473, 00474);

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L’AIGA, Associazione italiana giovani avvocati, ha comunicato che è stato depositato presso il Senato un emendamento all’art. 23 del Decreto Ristori, D.L. n. 137 del 28/10/2020, promesso dall’associazione stessa e firmato dalla Senatrice Alessandra Maiorino (M5S).

L’emendamento si prefigge l’obiettivo di riconoscere il semestre di praticantato forense nel caso in cui il praticante non avesse assistito al numero minimo di udienze previsto dall’art. 8, comma 4, del D.M. n. 70/2016.
Il periodo di riferimento è quello compreso tra l’11 maggio 2020 e il 31 gennaio 2021, segnato dalle conseguenze delle misure di contenimento all’epidemia di COVID sullo svolgimento della giustizia.

Il Presidente dell’Aiga, Antonio De Angelis, ha dichiarato che si tratta «di agevolare il compimento della pratica forenseper tutti i praticanti che, a causa dei rinvii dovuti all’emergenza Covid-19, non hanno potuto presenziare al numero minimo di udienze previsto dalla normativa per il riconoscimento del semestre di pratica professionale».

L’avv. Carlo Foglieni della Giunta Nazionale sottolinea che l’obiettivo dell’emendamento è «uniformare la disciplina a livello nazionale evitando così che, in assenza di una normativa ad hoc, il riconoscimento o meno del semestre di pratica venga rimesso alla discrezionalità del singolo Consiglio dell’Ordine con conseguente disparità di trattamento da un circondario all’altro».

L’auspicio è che l’emendamento venga definitivamente approvato dal Senato.

IL TESTO DELL’EMENDAMENTO PER RICONOSCERE IL PRATICANTATO DURANTE COVID

A.S. 1994

Emendamento
Art. 23
Maiorino, Gaudiano, Evangelista, D’angelo, Lannutti, Fenu, Angrisani,
Gallicchio, Leone
Dopo l’articolo, inserire il seguente:
“Art. 23 bis.
(Disposizioni per l’esercizio del tirocinio professionale, di cui all’articolo 41 della Legge 31 dicembre 2012)
1. Il semestre di tirocinio professionale, di cui all’articolo 41 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, ricadente nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine, di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è da considerarsi svolto positivamente anche nel caso in cui il praticante non abbia assistito al numero minimo di udienze di cui all’articolo 8, comma 4, del decreto del Ministro della giustizia 17 marzo 2016, n. 70″.

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La digitalizzazione della giustizia trova un’ulteriore spinta nelle disposizioni previste nella Manovra 2021. L’obiettivo è sempre quello di rendere i processi più veloci ma, in questo caso, anche accelerare l’iter per ottenere gli indennizzi previsti della Legge Pinto.

A tale scopo è stata prevista la modalità digitale per la presentazione delle domande di pagamento.

LA LEGGE PINTO

La Legge Pinto (L. 89/2001) tratta gli indennizzi previsti in caso di violazione della ragionevole durata dei processi. Nella Manovra 2021 è contemplata una modifica alla legge in modo da consentire una procedura di pagamento più veloce, sia per gli indennizzi in caso di processi lenti che per altre somme.

GIUSTIZIA LENTA E LA DIGITALIZZAZIONE PREVISTA NELLA MANOVRA 2021

La modifica riguarda l’art. 5-sexies.

Nella versione attuale dell’articolo è previsto che il creditore utilizzi specifici modelli per presentare la richiesta di pagamento a cui poi allegare una serie di documenti.

La versione modificata vede l’aggiunta di un ulteriore comma con il quale viene introdotta la modalità telematica.
Saranno futuri decreti del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da emanare entro il 31 dicembre 2021, a illustrare con precisione le modalità di esecuzione.

I VANTAGGI DELLA MODALITÀ TELEMATICA

La procedura telematica permetterà ai creditori di presentare la richiesta di pagamento tramite una piattaforma digitale che consentirà una comunicazione più semplice dei dati richiesti per la pratica. Inoltre, tramite la piattaforma gli utenti avranno modo di controllare autonomamente lo stato della loro pratica.

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Le misure in materia di giustizia del Decreto Legge “Ristori-bis”

Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
Agid
RDP DPO
CSA STAR Registry
PPPAS
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